domenica 30 giugno 2013

CASO MORO, OVVERO I 55 GIORNI DI COMUNICATI BR !!! PARTE 2°

 
 

COMUNICATO N° 6:

L'interrogatorio al prigioniero Aldo Moro è terminato. Rivedere trenta anni di regime democristiano, ripercorrere passo passo le vicende che hanno scandito lo svolgersi della controrivoluzione imperialista nel nostro paese, riesaminare i vari momenti delle trame di potere, da quelle "pacifiche" a quelle più sanguinarie, con cui la borghesia ha tessuto la sua offensiva contro il movimento proletario, individuare attraverso le risposte di Moro le specifiche responsabilità della DC, di ciascuno dei suoi boss, nelI'attuazione dei piani voluti dalla borghesia imperialista e dei cui interessi la DC è sempre stata massima interprete, non ha fatto altro che confermare delle verità e delle certezze che non da oggi sono nella coscienza di tutti i proletari.
Non ci sono segreti che riguardano la DC il suo ruolo di cane da guardia della borghesia, il suo compito di pilastro dello Stato delle Multinazionali, che siano sconosciuti al proletariato. Il perché è molto semplice. I proletari, gli operai, tutti gli sfruttati conoscono bene che cosa significa il regime democristiano, perchè l'hanno vissuto e lo vivono sulla loro pelle; contro il potere della borghesia hanno sempre opposto la più strenua resistenza, hanno lottato e combattuto contro la schiavitù del lavoro salariato, per la liberazione delle infinite energie che un pugno di padroni e di multinazionali ha continuamente saccheggiato e rapinato, contro uno Stato che è sempre servito a perpetuare il dominio della classe più feroce che la storia abbia mai prodotto: la borghesia imperialista. Quali misteri ci possono essere del regime DC da De Gasperi a Moro che i proletari non abbiano già conosciuto e pagato con il loro sangue? "Centrismo", "centro-sinistra", "strategia della tensione", "governo delle astensioni", ecc. sono i termini con cui la DC e i suoi complici si sono incaricati di mantenere sotto il giogo imperialista il nostro paese, di costringere il proletariato alle ferree condizioni di sfruttamento che la borghesia vorrebbe perpetuare in eterno, di condannare all'emarginazione e alla miseria quelle parti di proletariato che l'interesse del capitale multinazionale non ritiene "conveniente utilizzare", di scatenare il terrore e i massacri dei sicari fascisti e di Stato ogni qual volta la lotta proletaria ha messo in discussione il loro potere. Ed oggi, che tutto il sistema di dominio dell'imperialismo sta attraversando l'ultimo atto di una crisi mortale, che cosa hanno da offrire la DC, la borghesia e il suo Stato? Ancora sfruttamento, ancora disoccupazione, ancora emarginazione, ancora il genocidio politico delle avanguardie comuniste con cui vorrebbe annientare l'esigenza del proletariato di lottare per una società diversa senza più sfruttati e sfruttatori, per una società comunista. L'essenza dello Stato Imperialista, di cui la DC come sempre si è fatta massima rappresentante, è oggi sotto i nostri occhi in tutta la sua evidenza, senza il mistificante velo di una "democrazia" formale di cui si era ammantata: rastrellamenti e arresti in massa, stato d'assedio, leggi speciali, tribunali speciali, campi di concentramento.
 
Stendere una cappa di terrore controrivoluzionario sull'intera società è l'unico sistema con cui questo Stato, questo regime DC sorretto dall'infame complicità dei partiti cosiddetti di "sinistra" vorrebbe soffocare ed allontanare lo spettro di un giudizio storico che il proletariato ha già decretato.
Non ci sono quindi "clamorose rivelazioni" da fare, ma nostro compito e quello di tutti i rivoluzionari è di organizzare il proletariato, di costruire la forza che eseguirà in modo definitivo la condanna della borghesia e dei suoi servi. Certo, I'interrogatorio ad Aldo Moro ha rivelato le turpi complicità del regime, ha additato con fatti e nomi i veri e nascosti responsabili delle pagine più sanguinose della storia degli ultimi anni, ha messo a nudo gli intrighi di potere, le omertà che hanno coperto gli assassini di Stato, ha indicato l'intreccio degli interessi personali, delle corruzioni, delle clientele che lega in modo indissolubile i vari personaggi della putrida cosca democristiana e questi, (nessuno si stupirà), agli altri dei partiti loro complici.
Gli scandali, le corruttele, le complicità dei boss democristiani, se li rendono ancora più odiosi, non sono però l'aspetto principale; fanno parte certamente della logica con cui questo putrido partito ha sempre governato, ma quello che conta è la funzione controrivoluzionaria della DC, il suo "servizio" agli ordini delle multinazionali, la sua trentennale opera antiproletaria. Comunque, come abbiamo già detto, tutto sarà reso noto al popolo, e a questo punto facciamo una scelta. La stampa di regime è sempre al servizio del nemico di classe; la menzogna, la mistificazione sono per essa la regola, ed in questi giorni ne ha dato una prova superlativa, il suo compito è quello di "utilizzare" l'informazione come arma contro il proletariato, e le organizzazioni rivoluzionarie. Le informazioni in nostro possesso quindi, verranno diffuse attraverso la stampa e i mezzi di divulgazione clandestini delle Organizzazioni Combattenti, e soprattutto verranno utilizzate per proseguire con altre battaglie il processo al regime ed allo Stato. Per quel che ci riguarda il processo ad Aldo Moro finisce qui. Processare Aldo Moro non è stato che una tappa, un momento del più vasto processo allo Stato ed al regime che è in atto nel paese e che si chiama: GUERRA DI CLASSE PER IL COMUNISMO.
 
Le responsabilità di Aldo Moro sono le stesse per cui questo Stato è sotto processo. La sua colpevolezza è la stessa per cui la DC ed il suo regime saranno definitivamente battuti, liquidati e dispersi dall'iniziativa delle forze comuniste combattenti. Non ci sono dubbi. ALDO MORO E' COLPEVOLE E VIENE PERTANTO CONDANNATO A MORTE. ESTENDERE ED INTENSIFICARE IL PROCESSO AL REGIME E L'ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI. CREARE, ORGANIZZARE OVUNQUE IL POTERE PROLETARIO ARMATO. RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. Per il comunismo - Brigate rosse.
 
17 APRILE: Amnesty International offre la sua mediazione. L'allora segretario dell'Onu Kurt Waldheim lancia il suo primo appello.
18 Aprile: Grazie ad una singolare infiltrazione d'acqua, Polizia e Carabinieri scoprono in un appartamento in via Gradoli 96 un "covo" delle Brigate rosse. I brigatisti sono però assenti. Quasi contemporaneamente a Roma viene trovato il "comunicato n.7" in cui si annuncia l'avvenuta esecuzione di Moro e l'abbandono del corpo nel Lago della Duchessa. Il comunicato si rivelerà un falso, preparato probabilmente da Tony Chichiarelli, un falsario con legami con la "Banda della Magliana". Il messaggio si presentò subito con altre caratteristiche completamente diverse dai precedenti: era breve, scritto con stile sarcastico, nonostante la brevità conteneva diversi errori di ortografia, non c'erano gli slogan conclusivi, il foglio era più corto del solito, non c'era il numero 1 e al suo posto viene usata la lettera "l" minuscola, alcune lettere appaiono diverse a prima vista, l'intestazione "Brigate rosse" era scritta a mano. Nonostante ciò la relazione degli esperti garantì l'autenticità del comunicato.

FALSO COMUNICATO N° 7: IL PROCESSO AD ALDO MORO

Oggi 18 aprile 1978, si conclude il periodo "dittatoriale" della DC che per ben trent'anni ha tristemente dominato con la logica del sopruso. In concomitanza con questa data comunichiamo l'avvenuta esecuzione del presidente della DC Aldo Moro, mediante "suicidio". Consentiamo il recupero della salma, fornendo l'esatto luogo ove egli giace. La salma di Aldo Moro è immersa nei fondali limacciosi (ecco perché si dichiarava impantanato) del lago Duchessa, alt. mt. 1800 circa località Cartore (RI) zona confinante tra Abruzzo e Lazio. È soltanto l'inizio di una lunga serie di "suicidi": il "suicidio" non deve essere soltanto una "prerogativa" del gruppo Baader-Meinhof. Inizino a tremare per le loro malefatte i vari Cossiga, Andreotti, Taviani e tutti coloro i quali sostengono il regime. P.S. - Rammentiamo ai vari Sossi, Barbaro, Corsi, ecc. che sono sempre sottoposti a libertà "vigilata". 18/4/1978 Per il Comunismo - Brigate Rosse.
 
20 APRILE: Le Br fanno trovare il vero "Comunicato n.7", a cui è allegata una foto di Moro ritratto con una copia di "Repubblica" del 19 aprile: Zaccagnini riceve una lettera in cui Moro lo rimprovera della sua intransigenza. Il settimo comunicato venne annunciato, poco dopo le 12, con una telefonata al Messaggero. Il comunicato si trovava in via dei Maroniti, dietro la sede del Messaggero, in una busta arancione contenente anche una foto Polaroid di Moro con in mano la copia della Repubblica del 19 aprile, prova evidente che era ancora vivo. Il comunicato venne poi diffuso anche a Torino, Genova e Milano.

COMUNICATO N° 7

È passato più di un mese dalla cattura di Aldo Moro, un mese nel quale Aldo Moro è stato processato così come e sotto processo tutta la DC e i suoi complici; Aldo Moro è stato condannato così come è stata condannata la classe politica che ha governato per trent'anni il nostro Paese, con le infamie, con il servilismo. alle centrali imperialiste, con la ferocia antiproletaria. La condanna di Aldo Moro verrà eseguita così come il Movimento Rivoluzionario s'incaricherà di eseguire quella storica e definitiva contro questo immondo partito e la borghesia che rappresenta. Detto questo occorre fare chiarezza su alcuni punti.

1. In questo mese abbiamo avuto modo di vedere una volta di più la DC e il suo vero volto. È quello cinico e orrendo dell'ottusa violenza controrivoluzionaria. Ma abbiamo visto anche fino a che punto arriva la sua viltà.
Ancora una volta la DC, come ha fatto per trent'anni, ha cercato di scaricare le proprie responsabilità, di confondere con l'aiuto dei suoi complici la realtà di uno Stato Imperialista che si appresta ad annientare il movimento rivoluzionario, che si appresta al genocidio politico e fisico delle avanguardie comuniste.
In Italia, come d'altronde nel resto dell'Europa "democratica" esistono dei condannati a morte: sono i militanti combattenti comunisti. Le leggi speciali, i tribunali speciali, i campi di concentramento sono la mostruosa macchina che dovrebbe stritolare nei suoi meccanismi chi combatte per il comunismo.
Gli specialisti della tortura, dell'annientamento politíco, psicologico e fisico, ci hanno spiegato sulle pagine dei giornali nei minimi dettagli (l'hanno detto, mentendo con la consueta spudoratezza, a proposíto del "trattamento" subito da Aldo Moro, che invece è stato trattato scrupolosamente come un prigioniero politico e con i diritti che tale qualifica gli conferisce; niente di più ma anche niente di meno), quali effetti devastanti e inumani producano lo snaturare l'identità politica dell'individuo, l'isolamento prolungato, le raffinate ed incruente sevizie psicologiche, i sadici pestaggi ai quali sono sottoposti i prigionieri comunisti. E dovrebbe esserlo per secoli, tanti quanti ne distribuiscono con abbondanza i tribunali speciali.
 
E quando questo non basta c'è sempre un medico compiacente, un sadico carceriere che si possono incaricare di saldare la partita. Questo è il genocidio politico che da tempo e per i prossimi anni la DC e i suoi complici si apprestano a perpetrare. Noi sapremo lottare e combattere perché tutto ciò finisca, e non rivolgiamo nessun appello che non sia quello del Movimento Rivoluzionario di combattere per la distruzione di questo Stato, per la distruzione dei campi di concentramento, per la libertà di tutti i comunisti imprigionati.
 
L'appello "umanítario" lo lancia invece la DC. E qui siamo nella più grottesca spudoratezza. A quale "umanità" si possono mai appellare i vari Andreotti Fanfani, Leone, Cossiga, Piccoli, Rumor e compari? Ma ora è arrivato il tempo in cui la DC non può più scaricare le proprie responsabilità politiche, può scegliersi i complici che vuole, ma sotto processo prima di tutto c'è questo immondo partito, questa lurida organizzazione del potere dello Stato.
Per quanto riguarda Aldo Moro ripetiamo - la DC può far finta di non capire ma non riuscirà a cambiare le cose - che è un prigioniero politico condannato a morte perché responsabile in massimo grado di trent'anni di potere democristiano di gestione dello Stato e di tutto quello che ha significato per i proletari.
Il problema al quale la DC deve rispondere è politico e non di umanità; umanità che non possiede e che non può costituire la facciata dietro la quale nascondersi, e che, reclamata dai suoi boss, suona come un insulto.
Nei campi di concentramento dello Stato imperialista ci sono centinaia di prigionieri comunisti, condannati alla "morte lenta" di secoli di prigionia.
Noi lottiamo per la libertà del proletariato, e parte essenziale del nostro programma politico è la libertà per tutti i prigionieri comunisti.
Il rilascio del prigioniero Aldo Moro può essere preso in considerazione solo in relazione della LIBERAZIONE DI PRIGIONIERI COMUNISTI. La DC dia una risposta chiara e definitiva se intende percorrere questa strada; deve essere chiaro che non c'è ne sono altre possibili. La DC e il suo governo hanno 48 ore di tempo per farlo a partire dalle ore 15 del 20 aprile; trascorso questo tempo ed in caso di un ennesima viltà della DC noi risponderemo solo al proletariato ed al Movimento Rivoluzionario, assumendoci la responsabilità dell'esecuzione della sentenza emessa dal Tribunale del Popolo.

2. Il comunicato falso del 18 aprile. È incominciata con questa lugubre mossa degli specialisti della guerra psicologica, la preparazione del "grande spettacolo" che il regime si appresta a dare, per stravolgere le coscienze, mistificare i fatti, organizzare intorno a sé il consenso. I mass-media possono certo sbandierare, ne hanno i mezzi, ciò che in realtà non esiste; possono cioè montare a loro piacimento un sostegno ed una solidarietà alla DC, che nella coscienza popolare invece è solo avversione, ripugnanza per un partito putrido ed uno Stato che il proletario ha conosciuto in questi trent'anni e nei confronti dei quali, nonostante la mastodontica propaganda del regime, ha già emesso un verdetto che non è possibile modificare. C'è un altro aspetto di questa macabra messa in scena che tutti si guardano bene dal mettere in luce, ed è il calcolo politico e l'interesse personale dei vari boss DC. Come sempre è accaduto per la DC, i giochi di potere sono un elemento ineliminabile del]a sua corruzione, del suo modo di gestire lo Stato. Sono un elemento secondario ma molto concreto, e ci illuminano ancora di più di quale "umanità" è pervasa la cosca democristiana.
 
Aldo Moro che rinchiuso nel carcere del popolo ormai ne è fuori, ce li indica senza reticenze, e nel caso che lo riguarda vede come in particolare il suo compare Andreotti cercherà con ogni mezzo di trasformarlo in un "buon affare" (così lo definisce Moro), come ha sempre fatto in tutta la sua carriera e che ha avuto il suo massimo fulgore con le trame iniziate con la strage di piazza Fontana, con l'uso oculato e molto personale dei servizi segreti che vi erano implicati. Andreotti ha già le mani abbondantemente sporche di sangue, e non ci sono dubbi che la sceneggiata recitata dai vari burattini di Stato ha la sua sapiente regia. La statura morale dei democristiani è nota a tutti, rilevarla può solo renderceli più odiosi, e rafforzare il proposito dei rivoluzionari di distruggere il loro putrido potere. Di tutto dovranno rendere conto e mentre denunciamo, come falso e provocatorio il comunicato del 18 aprile attribuito alla nostra Organizzazione, ne indichiamo gli autori: Andreotti e i suoi complici. LIBERTA PER TUTTI I COMUNISTI IMPRIGIONATI! CREARE ORGANIZZARE OVUNQUE IL POTERE PROLETARIO ARMATO! RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE! 20/4/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse.
 
21 APRILE: La direzione DC ribadisce la "linea della fermezza", ma la famiglia Moro le chiede di accettare le condizioni delle Br. La direzione PSI, all'unanimità, si dice favorevole alla trattativa.
22 APRILE: Messaggio di Papa Paolo VI agli "uomini delle Brigate rosse" perché liberino Moro "senza condizioni".
24 APRILE: Il "Comunicato n°8" delle Br venne stato trovato verso mezzogiorno del 24 aprile. Zaccagnini riceve un'altra lettera di Moro, che chiede funerali senza uomini di Stato e politici.

COMUNICATO N° 8

La risposta della Democrazia Cristiana - Alle nostre richieste del comunicato n. 7 la DC ha risposto con un comunicato di due frasi. Di questo comunicato si può dire tutto tranne che è "chiaro" e "definitivo". Nella prima frase la DC afferma la sua "indefettibile fedeltà allo Stato, alle sue istituzioni, alle sue leggi". Che di questo Stato della borghesia imperialista la DC è il pilastro fondamentale non è una novità; le leggi dello Stato imperialista la DC non solo le rispetta ma, scegliendosi di volta in volta i complici, le leggi le fa, le impone, e le applica sulla pelle del proletariato. Basta ricordare l'ultimo pacchetto di leggi speciali varate con un decreto del governo Andreotti con cui si sancisce il diritto delle varie polizie del regime di perquisire, arrestare, torturare, chiunque e dovunque, senza alcun limite alla propria ferocia.
Per fare queste leggi la DC e il suo Governo hanno impiegato poco più di un quarto d'ora e i loro complici le hanno felicemente approvate.
Quindi, la prima frase del comunicato della DC non dice con chiarezza assolutamente nulla rispetto alla nostra richiesta dello scambio di prigionieri politici. Da parte nostra riaffermiamo che Aldo Moro è un prigioniero politico e che il suo rilascio è possibile solo se si concede la libertà ai prigionieri comunisti tenuti in ostaggio nelle carceri del regime. La DC e il suo Governo hanno la possibilità di ottenere la sospensione della sentenza del Tribunale del Popolo, e di ottenere il rilascio di Aldo Moro: diano la libertà ai comunisti che la barbarie dello Stato imperialista ha condannato a morte, la "morte lenta" dei campi di concentramento.
 
Nessun equivoco è più possibile, ed ogni tentativo della DC e del suo Governo di eludere il problema con ambigui comunicati e sporche e dilatorie manovre, sarà interpretato come il segno della loro viltà e della loro scelta (questa volta chiara e definitiva) di non voler dare alla questione dei prigionieri politici l'unica soluzione possibile. Da più parti ci viene chiesto di precisare in concreto quali sono i prigionieri comunisti a cui la DC e il suo Governo devono dare la libertà. Innanzi tutto nelle carceri, nei lager di regime sono rinchiusi a centinaia dei proletari comunisti l'avanguardia del movimento proletario che lotta e combatte per una società comunista. Tra questi ci sono dei condannati alla "morte lenta": sono quei compagni che nel seno della lotta proletaria hanno imbracciato il fucile, hanno scelto di porsi alla testa del movimento rivoluzionario e di costruire l'organizzazione strategica per la vittoria della rivoluzione comunista e l'instaurazione del potere proletario.
Mentre ribadiamo che sapremo lottare per la liberazione di TUTTI i comunisti imprigionati, dovendo, realisticamente, fare delle scelte prioritarie è di una parte di questi ultimi che chiediamo la libertà. Chiediamo quindi che vengano liberati: SANTE NOTARNICOLA, MARIO ROSSI, GIUSEPPE BATTAGLIA, AUGUSTO VIEL, DOMENICO DELLI VENERI, PASQUALE ABATANGELO, GIORGIO PANIZZARI, MAURIZIO FERRARI, ALBERTO FRANCESCHINI, RENATO CURCIO, ROBERTO OGNIBENE, PAOLA BESUSCHIO e, oltre che per la sua militanza di combattente comunista, in considerazione del suo stato fisico dopo le ferite riportate in battaglia, CRISTOFORO PIANCONE.
 
Chi cerca di vedere per il prigioniero Aldo Moro una soluzione analoga a quella a suo tempo adottata dalla nostra Organizzazione a conclusione del processo a Mario Sossi, ha sbagliato radicalmente i suoi conti. A questo punto le nostre posizioni sono completamente definite e solo una risposta immediata e positiva della DC e del suo Governo data senza equivoci, e concretamente attuata potrà consentire il rilascio di Aldo Moro. SE COSI NON SARA', TRARREMMO IMMEDIATAMENTE LE DEBITE CONSEGUENZE ED ESEGUIREMO LA SENTENZA A CUI ALDO MORO E' STATO CONDANNATO.
La DC e il suo Governo nel tentativo di scaricare le proprie responsabilità incaricano (ma anche in questo caso non vogliono essere chiari) la Caritas Internationalis a prendere "contatti". Noi allo stato attuale delle cose non abbiamo bisogno di alcun "mediatore", di nessun intermediario. Se la DC e il suo governo designano la Caritas Internationalis come loro rappresentante e la autorizzano a trattare la questione dei prigionieri politici, lo facciano esplicitamente e pubblicamente. Noi non abbiamo niente da nascondere, né problemi politici da discutere in segreto o "privatamente". Gli appelli umanitari - Alcune personalità del mondo borghese e alcune autorità religiose, ci hanno inviato con molto clamore appelli cosiddetti umanitari per il rilascio di Aldo Moro. Ne prendiamo atto ma non possiamo fare a meno di nutrire qualche sospetto; che cioè dietro il presunto spirito umanitario ci sia invece un concreto sostegno politico e propagandistico alla Democrazia Cristiana, e sia in realtà un "far quadrato" intorno alla cosca democristiana come sta avvenendo per tutte le componenti Nazionali ed Internazionali della borghesia imperialista e delle sue organizzazioni, a quelle americane e quelle europee. Ora queste insigni personalità hanno tredici nomi di altrettanti uomini condannati a morte, e per la liberazione dei quali hanno la possibilità di appellarsi alla DC e al suo governo in nome della stessa "umanità'", "dignità cristiana" o altri "supremi ideali" ai quali dicono di riferirsi, dimostrando così la loro proclamata imparzialità ed estraneità ad ogni calcolo politico.
 
Sta ad essi ora dimostrare che il loro appello si pone veramente al di sopra delle parti e non è invece una turpe e subdola mistificazione, e che i nostri sospetti nei loro confronti sono soltanto dei pregiudizi. LIBERTA PER TUTTI I COMUNISTI IMPRIGIONATI! CREARE, ORGANIZZARE OVUNQUE IL POTERE PROLETARIO ARMATO! RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE! Per il comunismo Brigate Rosse
 
25 APRILE: Appello di Kurt Waldheim alle Brigate rosse.
29 APRILE: Lettere di Moro sono recapitate al presidente della Repubblica Giovanni Leone, del Senato Amintore Fanfani, della Camera Ingrao, a Craxi, Piccoli, Pennacchini, Dell'Andro, Andreotti e Tullio Ancora.
30 APRILE: Mario Moretti telefona a casa Moro e dice che solo un intervento di Zaccagnini, immediato e chiarificatore può salvare la vita del presidente DC.
2 MAGGIO: Craxi indica a Zaccagnini i nomi di due terroristi ai quali si potrebbe concedere la grazia per motivi di salute.
5 MAGGIO: Andreotti ripete il no alle trattative. Un'ora dopo arriva il Comunicato n°9 e l'ultima lettera di Moro alla moglie: «...mi hanno detto che tra poco mi uccideranno. Cara Norina, ti bacio per l'ultima volta».

COMUNICATO N° 9: ALLE ORGANIZZAZIONI COMUNISTE COMBATTENTI, AL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO, A TUTTI I PROLETARI.

Compagni, la battaglia iniziata il 16 marzo con la cattura di Aldo Moro è arrivata alla sua conclusione. Dopo l'interrogatorio ed il Processo Popolare al quale è stato sottoposto, il Presidente della Democrazia Cristiana è stato condannato a morte. A quanti tra i suoi compari della DC, del governo e dei complici che lo sostengono, chiedevano il rilascio, abbiamo fornito una possibilità, l'unica praticabile, ma nello stesso tempo concreta e reale: per la libertà di Aldo Moro, uno dei massimi responsabili di questi trent'anni di lurido regime democristiano la libertà per tredici Combattenti Comunisti imprigionati nei lager dello Stato imperialista. LA LIBERTA QUINDI IN CAMBIO DELLA LIBERTA.
In questi 51 giorni la risposta della DC, del suo governo e dei complici che lo sostengono, è arrivata con tutta chiarezza, e più che con le parole e con le dichiarazioni ufficiali, l'hanno data con i fatti, con la violenza controrivoluzionaria che la cricca al servizio dell'imperialismo ha scagliato contro il movimento proletario. La risposta della DC, del suo governo e dei complici che lo sostengono, sta nei rastrellamenti operati nei quartieri proletari ricalcando senza troppa fantasia lo stile delle non ancora dimenticate SS naziste nelle leggi speciali che Rendono istituzionale e "legale" la tortura e gli assassinii dei sicari del regime negli arresti di centinaia di militanti comunisti (con la lurida collaborazione dei berlingueriani) con i quali si vorrebbe annientare la resistenza proletaria.
 
Lo Stato delle multinazionali ha rivelato il suo vero volto, senza la maschera grottesca della democrazia formale, è quello della controrivoluzione imperialista armata, del terrorismo dei mercenari in divisa, del genocidio politico delle forze comuniste. Ma tutto questo non ci inganna. La ferocia, la violenza sanguinaria che il regime scaglia contro il proletariato e le sue avanguardie, sono soltanto le convulsioni di una belva ferita a morte e quello che sembra la sua forza dimostra invece la sua sostanziale debolezza.
In questi 51 giorni la DC e il suo governo non sono riusciti a mascherare, neppure con tutto l'armamentario della controguerriglia psicologica, quello che la cattura, il processo e la condanna del Presidente della DC Aldo Moro, è stato nella realtà: una vittoria del Movimento Rivoluzionario, ed una cocente sconfitta delle forze imperialiste. Ma abbiamo detto che questa è stata solo una battaglia, una fra le tante che il Movimento Proletario di Resistenza Offensivo sta combattendo in tutto il paese, una fra le centinaia di azioni di combattimento che le avanguardie comuniste stanno conducendo contro i centri e gli uomini della controrivoluzione imperialista, imprimendo allo sviluppo della Guerra di Classe per il Comunismo un formidabile impulso. Nessun battaglione di "teste di cuoio", nessun super-specialista tedesco, inglese o americano, nessuna spia o delatore dell'apparato di Lama e Berlinguer, sono riusciti minimamente ad arrestare la crescente offensiva delle forze Comuniste Combattenti.
 
A questa realtà la maggiore sconfitta delle forze imperialiste. Estendere l'attività di combattimento, concentrare l'attacco armato contro i centri vitali dello Stato imperialista, organizzare nel proletariato il Partito Comunista Combattente è la strada giusta per preparare la vittoria finale del proletariato, per annientare definitivamente il mostro imperialista e costruire una società comunista. Questo oggi bisogna fare per inceppare e vanificare i piani delle multinazionali imperialiste, questo bisogna fare per non permettere la sconfitta del Movimento Proletario e per fermare gli assassini capeggiati da Andreotti.
Per quanto riguarda la nostra proposta di uno scambio di prigionieri politici perché venisse sospesa la condanna e Aldo Moro venisse rilasciato, dobbiamo soltanto registrare il chiaro rifiuto della DC, del governo e dei complici che lo sostengono e la loro dichiarata indisponibilità ad essere in questa vicenda qualche cosa di diverso da quello che fino ad ora hanno dimostrato di essere: degli ottusi, feroci assassini al servizio della borghesia imperialista. Dobbiamo soltanto aggiungere una risposta alla "apparente" disponibilità del PSI.
Va detto chiaro che il gran parlare del suo segretario Craxi è solo apparenza perché non affronta il problema reale: lo scambio dei prigionieri. I suoi fumosi riferimenti alle carceri speciali, alle condizioni disumane dei prigionieri politici sequestrati nei campi di concentramento, denunciano ciò che prima ha sempre spudoratamente negato; e cioè che questi infami luoghi di annientamento esistono, e che sono stati istituiti anche con il contributo e la collaborazione del suo partito. Anzi i "miglioramenti" che il segretario del PSI come un illusionista cerca di far intravedere, provengono dal cappello di quel manipolo di squallidi "esperti" che ha riunito intorno a se, e che sono (e la cosa se per i proletari detenuti non fosse tragica sarebbe a dir poco ridicola) gli stessi che i carceri speciali li hanno pensati, progettati e realizzati. Combattere per la distruzione delle carceri e per la liberazione dei prigionieri comunisti, è la nostra parola d'ordine e ci affianchiamo alla lotta che i compagni e il proletariato detenuto sta conducendo all'interno dei lager dove sono sequestrati e lo faremo non solo idealmente ma con tutta la nostra volontà militante e la nostra capacità combattente. Le cosiddette "proposte umanitarie" di Craxi; qualunque esse siano, dal momento che escludono la liberazione dei tredici compagni sequestrati, si qualificano come manovre per gettare fumo negli occhi, e che rientrano nei giochi di potere, negli interessi di partito od elettorali che non ci riguardano. L'unica cosa chiara e che sullo scambio dei prigionieri la posizione del PSI è la stessa, di ottuso rifiuto, della DC e del suo governo, e questo ci basta. A parole non abbiamo più niente da dire alla DC, al suo governo e ai complici che lo sostengono.
 
L'unico linguaggio che i servi dell'imperialismo hanno dimostrato di saper intendere è quello delle armi, ed è con questo che il proletariato sta imparando a parlare. Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato. PORTARE L'ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI! ATTACCARE LIQUIDARE DISPERDERE LA DC ASSE PORTANTE DELLA CONTRORIVOLUZIONE IMPERIALISTA! RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE! Per il Comunismo Brigate Rosse "P.S. - Le risultanze dell'interrogatorio ad Aldo Moro e le informazioni in nostro possesso, ed un bilancio complessivo politico-militare della battaglia che qui si conclude, verrà fornito al Movimento Rivoluzionario e alle O.C.C. attraverso gli strumenti di propaganda clandestini".
 
fotografia del ritrovamento di Aldo Moro dentro la Renault R4

8 MAGGIO: Il presidente del Senato Fanfani viene incaricato di fare un discorso aperto alla trattativa durante la direzione DC del 9 maggio.
9 MAGGIO: In via Caetani (a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI), la polizia trova il corpo di Moro nel portabagagli di una Renault R4 rossa.

Dopo la conclusione del rapimento...

19 maggio 1978: a Roma, in via Foà, scoperta una tipografia, di Enrico Triaca, usata dalle Br durante il sequestro. Alcune apparecchiature erano appartenute ai servizi segreti.
1 ottobre 1978: irruzione dei carabinieri di Dalla Chiesa nel covo di via Monte Nevoso, a Milano. Arrestati 9 terroristi, tra cui Azzolini e Bonisoli. Trovato il memoriale Moro.
27 ottobre 1978: resa pubblica la telefonata di un br alla moglie di Moro, attribuita prima a Toni Negri e poi a Moretti.
Febbraio 1979: "L'Espresso" pubblica rivelazioni provenienti da Ernesto Viglione, giornalista di Radio Montecarlo. Secondo un sedicente brigatista, le Br e il caso Moro sarebbero state molto diversi dalla versione ufficiale. Poi il caso sembra sgonfiarsi in un tentativo di truffa, ma in appello Viglione è assolto.
17 marzo 1979: Raffaele Fiore è arrestato a Torino.
20 marzo 1979: ucciso a Roma Mino Pecorelli. Su Op aveva fatto diversi "scoop" e rivelazioni sul caso Moro e ne aveva promessi altri.
Marzo 1979: "Metropoli", rivista dell'Autonomia, pubblica un fumetto che ricostruisce il rapimento e il processo. Un anno dopo, ad aprile, "Metropoli" tornerà sulla vicenda con l'ambiguo "Oroscopone" della maga Ester, che allude ad un russo nel ruolo del "grande vecchio".
30 maggio 1979: arrestati a Roma Valerio Morucci e Adriana Faranda, usciti dalle Br dopo il caso Moro. Erano a casa della figlia di Giorgio Conforto, il cui nome comparirà nel "dossier Mitrokhin". Nel 1984 raccontano la loro versione dei fatti in un memoriale.
24 settembre 1979: ferito alla testa e arrestato a Roma Gallinari, a lungo ritenuto l'esecutore materiale dell'uccisione di Moro.
2 febbraio 1980: resa nota l'esistenza dei piani Victor, in caso di rilascio di Moro vivo e Mike, in caso di sua morte. Scalpore anche se ne aveva già parlato un libro nel 1979.
Marzo 1980: Patrizio Peci comincia a parlare. A febbraio 1982, lo fa anche Savasta.
19 maggio 1980: arrestato Bruno Seghetti.
27 maggio 1980: arrestata Anna Laura Braghetti.
4 aprile 1981: arrestato a Milano Mario Moretti.
10 giugno 1981: la commissione 32703mMoro si occupa della seduta spiritica del 2 aprile 1978 a Bologna, presente anche Romano Prodi, durante la quale è emerso il nome "Gradoli".
1 febbraio 1982: il ministro dell'Interno Rognoni annuncia la scoperta della prigione del popolo, un appartamento della Braghetti, in via Montalcini.
3 settembre 1982: ucciso a Palermo il gen. Dalla Chiesa.
24 marzo 1984: rapina alla Brink's. Gli autori, tra cui Toni Chichiarelli, lasciano materiale collegato con il caso Moro.
28 settembre 1984: ucciso a Roma Toni Chichiarelli.
Genaio 1985: individuati in Rita Algranati e Alessio Casimirri due dei tre latitanti coinvolti, di cui Morucci non ha fatto i nomi. Il terzo sarà ritenuto Alvaro Loiacono.
19 giugno 1985: ad Ostia, è arrestata Barbara Balzerani.
8 giugno 1988: in Svizzera è arrestato Alvaro Loiacono, diventato cittadino elvetico grazie alla madre.
9 ottobre 1990: Nei lavori di ristrutturazione in via Monte Nevoso, da un'intercapedine escono documenti non trovati nel 1978 e una versione più ampia del memoriale. Polemica tra Craxi e Andreotti sulle "manine" e le "manone".
9 giugno 1991: Cossiga parla di un'operazione dei Comsubin, finora sconosciuta.
13 ottobre 1993: arrestato Germano Maccari, accusato di essere il quarto carceriere di Moro. Lo stesso giorno esce la notizia che un pentito ha detto che Antonio Nirta, killer della 'ndrangheta, sarebbe stato presente in via Fani.
25 ottobre 1993: resa nota un'intervista rilasciata in estate in cui Mario Moretti si assume la responsabilità di aver ucciso Moro.
8 giugno 1994: arrestato Raimondo Etro, che avrebbe svolto un ruolo di armiere.
29 maggio 1999: trapela la notizia che il pianista russo Igor Markevitch sarebbe "l'anfitrione" fiorentino delle Br.
Febbraio 2000: la Commissione stragi acquisisce dalla Digos di Roma due faldoni che sembrano legare un nuovo elenco di Gladio, con nomi diversi da quelli conosciuti, al ritrovamento delle carte di via Monte Nevoso del 1990.
2 giugno 2000: arrestato in Corsica Alvaro Loiacono. La Francia però negherà l'estradizione.
25 agosto 2001: Maccari muore d'infarto nel carcere di Rebibbia.
5 settembre 2001: Lanfranco Pace dice che è stato Maccari ad uccidere Moro mentre Moretti era in preda a una crisi di panico e Gallinari piangeva. Ma la presunta rivelazione, fatta poco dopo la morte di Maccari, ha tutta l'aria di voler alleggerire la posizione di Moretti, addossando ad un morto la responsabilità dell'uccisione di Moro.
14 gennaio 2004: Arrestata Rita Algranati, la vedetta che segnalò l'arrivo di Moro e della scorta in Via Fani.

http://www.robertobartali.it/cap08.htm



CASO MORO, OVVERO I 55 GIORNI DI COMUNICATI BR !!! PARTE 1°

16 MARZO: Alle 9,15 un commando di brigatisti rossi tende un agguato in via Mario Fani ad Aldo Moro, presidente del Consiglio nazionale della DC, mentre va a Montecitorio per il dibattito sulla fiducia al 4° governo Andreotti, il primo governo con il sostegno del PCI.
In pochi secondi i brigatisti uccidono i due carabinieri che accompagnano Moro (Domenico Ricci, Oreste Leonardi), e i tre poliziotti dell'auto di scorta (Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi).
L'On. Moro viene caricato a forza su una Fiat 132 blu. Poco dopo, le Brigate rosse rivendicano l'azione con una telefonata all'agenzia Ansa. Ore 10 il Presidente della Camera Pietro Ingrao sospende la seduta e annuncia il rapimento di Moro. Ore 11,05, CGIL, CISL e UIL proclamano lo sciopero generale. Ore 12,46 riprendono i lavori alla Camera. Il 4° governo Andreotti ottiene la fiducia alle 20,35: votano a favore DC, PCI, PSI, PRI, PSDI, DN e Sin. Ind.; contro, PLI, MSI-DN e DP; SVP si astiene. Nella notte anche il Senato vota la fiducia.
18 MARZO: una telefonata al "Messaggero" fa trovare il "Comunicato n°1" delle Br, che contiene la foto di Moro. Il comunicato venne trovato verso mezzogiorno sul tetto di un apparecchio per fotografie formato tessera in un sottopassaggio di largo Argentina da un giornalista del Messaggero avvertito telefonicamente dai due "postini" Valerio Morucci e Adriana Faranda. In una busta arancione, di quelle commerciali, c'erano cinque copie del Comunicato e una foto Polaroid che ritraeva Moro seduto sotto una bandiera con la stella a cinque punte e la scritta "Brigate rosse".

COMUNICATO N° 1

Giovedì 16 marzo un nucleo armato delle Brigate Rosse ha catturato e rinchiuso in un carcere del popolo ALDO MORO, presidente della Democrazia Cristiana.
La sua scorta armata, composta da cinque agenti dei famigerati Corpi Speciali, è stata completamente annientata. Chi è ALDO MORO è presto detto: dopo il suo degno compare De Gasperi, è stato fino ad oggi il gerarca più autorevole, il "teorico" e lo "stratega" indiscusso di quel regime democristiano che da trenta anni opprime il popolo italiano. Ogni tappa che ha scandito la controrivoluzione imperialista di cui la DC è stata artefice nel nostro paese, dalle politiche sanguinarie degli anni '50, alla svolta del "centro-sinistra" fino ai giorni nostri con "l'accordo a sei" ha avuto in ALDO MORO il padrino politico e l'esecutore più fedele delle direttive impartite dalle centrali imperialiste.
È inutile elencare qui il numero infinito di volte che Moro è stato presidente del Consiglio o membro del Governo in ministeri chiave, e le innumerevoli cariche che ha ricoperto nella direzione della DC, (tutto è ampiamente documentato e sapremo valutarlo opportunamente), ci basta sottolineare come questo dimostri il ruolo di massima e diretta responsabilità da lui svolto, scopertamente o "tramando nell'ombra", nelle scelte politiche di fondo e nell'attuazione dei programmi controrivoluzionari voluti dalla borghesia imperialista.

Compagni, la crisi irreversibile che l'imperialismo sta attraversando mentre accelera la disgregazione del suo potere e del suo dominio, innesca nello stesso tempo i meccanismi di una profonda ristrutturazione che dovrebbe ricondurre il nostro paese sotto il controllo totale delle centrali del capitale multinazionale e soggiogare definitivamente il proletariato. La trasformazione nell'area europea dei superati Stati-nazione di stampo liberale in Stati lmperialisti delle Multinazionali (SIM) è un processo in pieno svolgimento anche nel nostro paese. Il SIM, ristrutturandosi, si predispone a svolgere il ruolo di cinghia di trasmissione degli interessi economici-strategici globali dell'imperialismo, e nello stesso tempo ad essere organizzazione della controrívoluzione preventiva rivolta ad annichilire ogni "velleità" rivoluzionaria del proletariato.
Questo ambizioso progetto per potersi affermare necessita di una condizione pregiudiziale: la creazione di un personale politico-economico-militare che lo realizzi. Negli ultimi anni questo personale politico strettamente legato ai circoli imperialisti è emerso in modo egemone in tutti i partiti del cosiddetto "arco costituzionale", ma ha la sua massima concentrazione e il suo punto di riferimento principale nella Democrazia Cristiana. La DC è così la forza centrale e strategica della gestione imperialista dello Stato.

Nel quadro dell'unità strategica degli Stati Imperialisti, le maggiori potenze che stanno alla testa della catena gerarchica, richiedono alla DC di funzionare da polo politico nazionale della controrivoluzione. È sulla macchina del potere democristiano, trasformata e "rinnovata", è sul nuovo regime da essa imposto che dovrà marciare la riconversione dello Stato-nazione in anello efficiente della catena imperialista e potranno essere imposte le feroci politiche economiche e le profonde trasformazioni istituzionali in funzione apertamente repressiva richieste dai partner forti della catena: Usa, RFT. Questo regime, questo partito sono oggi la filiale nazionale, lugubremente efficiente, della più grande multinazionale del crimine che l'umanità abbia mai conosciuto.
Da tempo le avanguardie comuniste hanno individuato nella DC il nemico più feroce del proletariato, la congrega più bieca di ogni manovra reazionaria. Questo oggi non basta. Bisogna stanare dai covi democristiani, variamente mascherati, gli agenti controrivoluzionari che nella "nuova" DC rappresentano il fulcro della ristrutturazione dello SIM, braccarli ovunque, non concedere loro tregua. Bisogna estendere e approfondire il processo al regime che in ogni parte le avanguardie combattenti hanno già saputo indicare con la loro pratica di combattimento.
E questa una delle direttrici su cui è possibile far marciare il Movimento di Resistenza Proletario Offensivo, su cui sferrare l'attacco e disarticolare il progetto imperialista. Sia chiaro quindi che con la cattura di ALDO MORO, ed il processo al quale verrà sottoposto da un Tribunale del Popolo, non intendiamo "chiudere la partita" né tantomeno sbandierare un "simbolo", ma sviluppare una parola d'ordine su cui tutto il movimento di Resistenza Offensivo si sta già misurando, renderlo più forte, più maturo, più incisivo e organizzato.

Intendiamo mobilitare la più vasta e unitaria iniziativa armata per l'ulteriore crescita della GUERRA DI CLASSE PER IL COMUNISMO. PORTARE L'ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI. DISARTICOLARE LE STRUTTURE, I PROGETTI DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA ATTACCANDO IL PERSONALE POLITICO-ECONOMICO-MILITARE CHE NE È L'ESPRESSIONE. UNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE Per il comunismo - Brigate Rosse
 
19 MARZO: Dalla finestra dello studio privato, Papa Paolo VI lancia il suo primo appello per la liberazione di Moro.
fotografia di Aldo Moro davanti al simbolo delle BR durante il sequestro

20 MARZO: Al processo di Torino, il "nucleo storico" delle Br rivendica la responsabilità politica del rapimento.
21 MARZO: Il governo approva il decreto "antiterrorismo".
23 MARZO: Il PCI approva la "linea della fermezza".
25 MARZO: Alle 16 a Torino, Roma, Milano e Genova le Br fanno trovare il "Comunicato n°2". Questo venne trovato dopo essere stato annunciato con una serie di telefonate alla "Gazzetta del popolo" e all'Ansa di Torino, al "Messaggero" e a "Radio Onda rossa" di Roma, al "Giornale nuovo" di Milano e al "Secolo XIX" di Genova. Rispetto al comunicato precedente è diverso il tipo di carta ed è battuto a "passo 10" invece che a "passo 12".

COMUNICATO N° 2

Lo spettacolo fornitoci dal regime in questi giorni ci porta ad una prima considerazione. Vogliamo mettere in evidenza il ruolo che nello SIM vanno ad assumere i partiti costituzionali. A nessuno è sfuggito come il quarto governo Andreotti abbia segnato il definitivo esautoramento del parlamento da ogni potere, e come le leggi speciali appena varate siano il compimento della più completa acquiescenza dei partiti del cosiddetto "arco costituzionale" alla strategia imperialista, diretta esclusivamente dalla DC e dal suo governo.

Si è passati cioè dallo Stato come espressione dei partiti, ai partiti come puri strumenti dello Stato. Ad essi viene affidato il ruolo di attivizzare i loro apparati per le luride manifestazioni di sostegno alle manovre controrivoluzionarie, contrabbandandole come manifestazioni "popolari"; più in particolare al Partito di Berlinguer e ai sindacati collaborazionisti spetta il compito (al quale sembra siano ormai completamente votati) di funzionare da apparato poliziesco antioperaio, da delatori, da spie del regime. La cattura di Aldo Moro, al quale tutto lo schieramento borghese riconosce il maggior merito del raggiungimento di questo obiettivo, non ha fatto altro che mettere in macroscopica evidenza questa realtà. Non solo, ma Aldo Moro viene citato (anche dopo la sua cattura!) come il naturale designato alla presidenza della Repubblica. Il perché è evidente. Nel progetto di "concentrazione" del potere, il ruolo del Capo dello Stato Imperialista diventa determinante.
Istituzionalmente il Presidente accentra già in sé, tra le altre, le funzioni di capo della Magistratura e delle Forze Armate; funzioni che sino ad ora sono state espletate in maniera più che altro simbolica e a volte persino da corrotti buffoni (vedasi Leone). Ma nello SIM il Capo dello Stato (ed il suo apparato di uomini e strutture) dovrà essere il vero gestore degli organi chiave e delle funzioni che gli competono. Chi meglio di Aldo Moro potrebbe rappresentare come capo dello SIM gli interessi della borghesia imperialista? Chi meglio di lui potrebbe realizzare le modifiche istituzionali necessarie alla completa ristrutturazione dello SIM? La sua carriera però non comincia oggi: la sua presenza, a volte palese a volte strisciante, negli organi di direzione del regime è di lunga data. Vediamone le tappe principali, perché di questo dovrà rendere conto al Tribunale del Popolo. 1955 - Moro è ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni. 1957 - Moro è ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zoli, retto dal Movimento Sociale Italiano. 1959-60 - Viene eletto segretario della DC. Sono gli anni del governo Tambroni, dello scontro frontale sferrato dalla borghesia contro il Movimento Operaio. La ferma resistenza operaia viene affrontata con la più dura repressione armata: nel luglio '60 si conteranno i proletari morti, massacrati dalla polizia di Scelba. 1963 - In quest'anno parte la strategia americana di recupero della frangia di "sinistra" della borghesia italiana con l'inglobamento del PSI nel governo, nel tentativo di spaccare il Movimento Operaio. È la "svolta" del centro-sinistra e Moro se ne assumerà la gestione per tutti gli anni successivi come Presidente del Consiglio. 1964 - È Presidente del Consiglio.


Emergono le manovre del S1FAR, di De Lorenzo e di Segni, che a conti fatti risulterà un'abile macchinazione ricattatoria perfettamente funzionale alla politica del suo governo. Quando la sporca trama verrà completamente allo scoperto, come un vero "padrino" che si rispetti, Moro affosserà il tutto e ricompenserà con una valanga di "omissis" i suoi autori. 1965-68 - È ininterrottamente Presidente del Consiglio. 1968-72 - In tutto questo periodo è ministro degli Esteri. La pillola del centrosinistra perde sempre più la sua efficacia narcotizzante e riprende l'offensiva del Movimento Operaio con un crescendo straordinario. La risposta dell'Imperialismo è stata quella che va sotto il nome di "strategia della tensione". 1973-74 - È sempre ministro degli Esteri. 1974-78 - Assume di nuovo la Presidenza del Consiglio e nel '76 diventa Presidente della DC. È in questi anni che la borghesia imperialista supera le sue maggiori contraddizioni e procede speditamente alla realizzazione del suo progetto. È in questi anni che Moro diventa l'uomo di punta della borghesia, quale più alto fautore di tutta la ristrutturazione dello SIM.

Su tutto questo ed altro ancora, è in corso l'interrogatorio ad Aldo Moro. Esso verte: a chiarire le politiche imperialiste e antiproletarie di cui la DC è portatrice; a individuare con precisione le strutture internazionali e le filiazioni nazionali della controrivoluzione imperialista; a svelare il personale politico-economico-militare sulle cui gambe cammina il progetto delle multinazionali; ad accertare le dirette responsabilità di Aldo Moro per le quali con i criteri della GIUSTIZIA PROLETARIA, verrà giudicato. 2. - IL TERRORISMO IMPERIALISTA E L'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO A livello militare è la NATO che pilota e dirige i progetti continentali di controrivoluzione armata nei vari SIM europei. I nove paesi della CEE hanno creato L'Organizzazione COMUNE DI POLIZIA che è una vera e propria centrale internazionale del terrore.
Sono i paesi più forti della catena e che hanno già collaudato le tecniche più avanzate della controrivoluzione ad assumersi il compito di trainare, istruire, dirigere le appendici militari nei paesi più deboli che non hanno ancora raggiunto i loro livelli di macabra efficienza. Si spiega così l'invasione inglese e tedesca dei super-pecialisti del SAS (Special Air Service), delle BKA (Bunderskriminalamt) e dei servizi segreti israeliani. Gli specialisti Americani invece non hanno avuto bisogno di scomodarsi, sono installati in pianta stabile in Italia dal 1945. ECCOLA QUI L'INTERNAZIONALE DEL TERRORISMO.

Eccoli qui i boia imperialisti massacratori dei militanti dell'IRA, della RAF, del popolo Palestinese, dei guerriglieri comunisti dell'America Latina che sono corsi a dirigere i loro degni compari comandati da Cossiga. È una ulteriore dimostrazione della completa subordinazione dello SIM-Italia alle centrali imperialiste, ma è anche una visione chiara di come per le forze rivoluzionarie sia improrogabile far fronte alla necessità di calibrare la propria strategia in un'ottica europea, che tenga conto cioè che il mostro imperialista va combattuto nella sua dimensione continentale.
Per questo riteniamo che una pratica effettiva dell'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO debba cominciare oggi anche stabilendo tra le Organizzazioni Comuniste Combattenti che il proletariato europeo ha espresso un rapporto di profondo confronto politico, di fattiva solidarietà, e di concreta collaborazione.
Certo, faremo ogni sforzo, opereremo con ogni mezzo perché si raggiunga fra le forze che in Europa combattono per il comunismo la più vasta integrazione politica possibile. Non dubitino gli strateghi della controrivoluzione e i loro ottusi servitorelli revisionisti vecchi e nuovi, che contro l'internazionale del terrore imperialista sapremo costruire l'unità strategica delle forze comuniste. Ciò detto va fatta una chiarificazione. Sin dalla sua nascita la nostra Organizzazione ha fatto proprio il principio maoista "contare sulle proprie forze e lottare con tenacia".
Applicare questo principio, nonostante le enormi difficoltà, è stato per la nostra Organizzazione più che una scelta giusta una scelta naturaIe; il proletariato italiano possiede in sé un immenso potenziale di intelligenza rivoluzionaria, un patrimonio infinito di conoscenze tecniche e di capacità materiali che con il proprio lavoro ha saputo collettivamente accumulare una volontà e una disponibilità alla lotta che decenni di battaglie per la propria liberazioni ha forgiato e reso indistruttibile. Su questo poggia tutta la costruzione della nostra Organizzazione, la crescita della sua forza ha le solide fondamenta del proletariato italiano, si avvale dell'inestimabile contributo che i suoi figli migliori e le sue avanguardie danno alla costruzione del PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. Mentre riaffermiamo con forza le nostre posizioni sull'Internazionalismo Proletario, diciamo che la nostra Organizzazione ha imparato a combattere, ha saputo costruire ed organizzare autonomamente i livelli politico-militari adeguati ai compiti che la guerra di classe impone.

Organizzare la lotta armata per il Comunismo costruire il Partito Comunista Combattente, prepararsi anche militarmente ad essere dei soldati della rivoluzione è la strada che abbiamo scelto, ed è questo che ha reso possibile alla nostra Organizzazione di condurre nella più completa autonomia la battaglia per la cattura ed il processo ad Aldo Moro.
Intensificare con l'attacco armato il processo al regime, disarticolare i centri della controrivoluzione imperialista. Costruire l'unità del movimento rivoluzionario nel Partito Combattente. Onore ai compagni Lorenzo Jannucci e Fausto Tinelli assassinati dai sicari del regime. 25/3/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse.
 
29 MARZO: Il comunicato numero tre delle Br venne trovato la sera del 29 marzo dopo un annuncio telefonico contemporaneo a Roma, Genova, Torino e Milano. Insieme al comunicato c'era una lettera di Moro a Cossiga. Il comunicato recava una copia della lettera al ministro dell'Interno Francesco Cossiga in cui Moro dice di trovarsi «sotto un dominio pieno e incontrollato dei terroristi» e accennava alla possibilità di uno scambio. I brigatisti scrissero di averla resa nota perché «nulla deve essere nascosto al popolo». La lettera è una delle tre che vennero consegnate. Le altre due erano indirizzate a Nicola Rana e alla moglie Eleonora.

COMUNICATO N° 3

L'interrogatorio, sui contenuti del quale abbiamo già detto, prosegue con la completa collaborazione del prigioniero. Le risposte che fornisce chiariscono sempre più le linee ccntrorivoluzionarie che le centrali imperialiste stanno attuando; delineano con chiarezza i contorni e il corpo del "nuovo" regime che, nella ristrutturazione dello Stato Imperialista delle Multinazionali si sta instaurando nel nostro paese e che ha come perno la Democrazia Cristiana. Proprio sul ruolo che le centrali imperialiste hanno assegnato alla DC, sulle strutture e gli uomini che gestiscono il progetto controrivoluzionario sulla loro interdipendenza e subordinazione agli organismi imperialisti internazionali, sui finanziamenti occulti. sui piani economici-politici-militari da attuare in Italia il prigioniero Aldo Moro ha cominciato a fornire le sue "illuminanti" risposte. Le informazioni che abbiamo così modo di recepire, una volta verificate verranno rese note al movimento rivoluzionario che saprà farne buon uso nel prosieguo del processo al regime che con l'iniziativa delle forze combattenti si è aperto in tutto il paese. Perché proprio di questo si tratta.
La cattura e il processo ad Aldo Moro non è che un momento, importante e chiarificatore, della Guerra di Classe Rivoluzionaria che le forze comuniste armate hanno assunto come linea per la costruzione di una società comunista, e che indica come obbiettivo primario l'attacco allo stato imperialista e la liquidazione dell'immondo e corrotto regime democristiano.

Aldo Moro, che oggi deve rispondere davanti ad un Tribunale del Popolo, è perfettamente consapevole di essere il più alto gerarca di questo regime, di essere il responsabile al più alto livello delle politiche antiproletarie che l'egemonia imperialista ha imposto nel nostro paese, della repressione delle forze produttive, delle condizioni di sfruttamento dei lavoratori, dell'emarginazione e miseria di intere fasce di proletariato, della disoccupazione, della controrivoluzione armata scatenata dalla DC; e sa che su tutto questo il proletariato non ha dubbi, che si è chiarito le idee guardando lui e il suo partito nei trent'anni in cui è al potere, e che il tribunale del Popolo saprà tenerlo in debito conto. Ma Moro è anche consapevole di non essere il solo, di essere, appunto, il più alto esponente del regime; chiama quindi gli altri gerarchi a dividere con lui le responsabilità, e rivolge agli stessi un appello che suona come un'esplicita chiamata di "correità".
Ha chiesto di scrivere una lettera segreta (le manovre occulte sono la normalità per la mafia democristiana) al governo ed in particolare al capo degli sbirri Cossiga. Gli è stato concesso, ma siccome niente deve essere nascosto al popolo ed è questo il nostro costume la rendiamo pubblica. Compagni, in questa fase storica, a questo punto della crisi la pratica della violenza rivoluzionaria è l'unica politica che abbia la possibilità reale di affrontare e risolvere la contraddizione antagonistica che oppone proletariato metropolitano e borghesia imperialista. In questa fase la lotta di classe assume per iniziativa delle Avanguardie rivoluzionarie la forma della Guerra.
Proprio questo impedisce al nemico di "normalizzare la situazione" e cioè di riportare una vittoria tattica sul movimento di lotta degli ultimi dieci anni, e sui bisogni, le aspettative, le speranze che essa ha generato. Certo siamo noi a volere la guerra! Siamo anche consapevoli del fatto che la pratica della violenza rivoluzionaria spinge il nemico ad affrontarla, lo costringe a muoversi, a vivere sul terreno della guerra anzi ci proponiamo di fare emergere, di stanare la controrivoluzione imperialista dalle pieghe della società "democratica" dove in tempi migliori se ne stava comodamente nascosta Ma detto questo, è necessario fare chiarezza su un punto: non siamo noi a "creare" la controrivoluzione.

Essa è la forma stessa che assume l'imperialismo nel Suo divenire: non è un "aspetto ma la sostanza", I'imperialismo è controrivoluzione. Fare emergere attraverso la pratica della Guerriglia questa fondamentale verità è il presupposto necessario della guerra di classe nelle metropoli. In questi ultimi anni abbiamo visto snodarsi i piani della controrivoluzione; abbiamo visto le maggiori città italiane poste in stato d'assedio, lo scatenarsi dei "corpi speciali" e degli apparati militari del regime contro il proletariato e la sua avanguardia; abbiamo visto le leggi speciali, i Tribunali Speciali, i campi di concentramento abbiamo visto l'attacco feroce alla classe operaia e alle sue condizioni di vita, l'opera di sabotaggio e repressione delle lotte dei berlingueriani e l'infame compito che si sono assunti per la delazione, lo spionaggio, la schedatura poliziesca nelle fabbriche. Ma abbiamo visto anche dispiegarsi il Movimento di Resistenza Proletario Offensivo (MRPO).
L'iniziativa proletaria non si è fermata, anzi si è estesa ed ha assunto i contenuti e le forme della Guerra di Classe Rivoluzionaria.
L'interesse del proletariato, I'antagonismo degli sfruttati verso il loro oppressore, i bisogni e la volontà di lottare per il Comunismo, vivono oggi nella capacità dimostrata del MRPO di sferrare l'attacco armato contro il nemico imperialista. Questo bisogna fare oggi. Estendere l'iniziativa armata contro centri economici-politici-militari della controrivoluzione, concentrare l'attacco sulle strutture e gli uomini che ne sono i fondamentali portatori, disarticolare a tutti i livelli i piani delle multinazionali imperialiste.
E' fondamentale pure realizzare quei salti politici e organizzativi che la guerra di classe impone, costruire la direzione del MRPO, assumersi la responsabilità di guidarlo, costruire in sostanza il Partito Comunista Combattente. Solo così è possibile avviarsi verso la vittoria strategica del proletariato.

La violenza e il terrorismo dello Stato Imperialista delle Multinazionali che si abbattono quotidianamente sul proletariato dimostrano che la belva imperialista possiede sì artigli d'acciaio, ma dicono anche che è possibile colpirla a morte, che è possibile annientarla strategicamente. Come pure non incantano nessuno gli isterismi piagnucolosi di chi, intrappolato nella visione legalistica e piccolo borghese della lotta di classe, si è già arreso ed ha accettato la sconfitta finendo inesorabilmente ad essere grottesco reggicoda di ogni manovra reazionaria. Il MRPO è ben altra cosa e il dispiegarsi della guerra di classe Rivoluzionaria lo sta dimostrando. Portare l'attacco allo Stato Imperialista delle Multinazionali. Estendere e intensificare l'iniziativa armata contro i centri e gli uomini della controrivoluzione imperialista.
Unificare il Movimento Rivoluzionario costruendo il Partito Comunista Combattente. 29/3/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse.
 
30 MARZO: La direzione DC decide di respingere ogni trattativa.
2 APRILE: Nuovo appello, durante l'Angelus, di Paolo VI. Vicino Bologna, presente Romano Prodi, si svolge una misteriosa seduta spiritica in cui emerge il nome "Gradoli".
4 APRILE: Il comunicato numero quattro delle Br viene trovato il pomeriggio del 4 aprile dopo una telefonata alla redazione milanese di Repubblica. Insieme al comunicato ci sono una lettera di Moro a Zaccagnini e la "Risoluzione della direzione strategica delle Br".

COMUNICATO N° 4: IL PROCESSO A MORO

Moro afferma nelle sue lettere che si trova in una situazione "eccezionale" privo della "consolazione" dei suoi compari, e perfettamente consapevole di cosa lo aspetti. In questo una volta tanto siamo d'accordo con lui.
Che uno dei più alti dirigenti della DC si trovi sottoposto ad un processo popolare, che debba rispondere ad un Tribunale del Popolo di trent'anni di regime democristiano, che il giudizio popolare nella sua prevedibile durezza avrà certamente il suo corso, è una situazione che fino ad ora è stata "eccezionale". Ma le cose stanno cambiando. L'attacco sferrato negli ultimi tempi dal Movimento Proletario, la Resistenza Offensiva contro le articolazioni del potere democristiano, contro le strutture e gli uomini della controrivoluzione imperialista, stanno modificando radicalmente questa situazione. Si sta attuando in tutto il paese, con l'iniziativa delle avanguardie combattenti, il PROCESSO AL REGIME che pone sotto accusa i servi degli interessi delle Multinazionali, che smaschera i loro piani antiproletari, che è rivolto a distruggere la macchina dell'oppressione imperialista, lo Stato Imperialista delle Multinazionali.

Il processo al quale è sottoposto Moro è un momento di tutto questo. Deve essere chiaro quindi che il Tribunale del Popolo non avrà né dubbi né incertezze, quanto meno secondi o "segreti" fini ma saprà giudicare Moro per quanto lui e la DC hanno fatto e stanno facendo contro il movimento proletario.
La manovra messa in atto dalla stampa di regime, attribuendo alla nostra Organizzazione quanto Moro ha scritto di suo pugno nella lettera a Cossiga, è stata subdola quanto maldestra. Lo scritto rivela invece, con una chiarezza che sembra non gradita alla cosca democristiana, il suo punto di vista e non il nostro. Egli si rivolge agli altri democristiani (nella seconda lettera che ha chiesto di scrivere a Zaccagnini e che noi recapitiamo e rendiamo pubblica, li chiama tutti per nome), li invita ad assumersi le loro responsabilità presenti e passate (le responsabilità che essi dovranno assumersi di fronte al Movimento Rivoluzionario, e che nel corso dell'interrogatorio il prigioniero sta chiarendo, sono ben altre da quelle accennate da Moro nella sua lettera), li invita a considerare la sua posizione di prigioniero politico in relazione a quella dei combattenti comunisti prigionieri nelle carceri di regime. Questa è la sua posizione che, se non manca di realismo politico nel vedere le contraddizioni di classe oggi in Italia, è utile chiarire che non è la nostra.

Abbiamo più volte affermato che uno dei punti fondamentali del programma della nostra Organizzazione è la liberazione di tutti i prigionieri comunisti e la distruzione dei campi di concentramento e dei lager di regime. Che su questa linea di combattimento il movimento rivoluzionano abbia già saputo misurarsi vittoriosamente è dimostrato dalla riconquistata libertà dei compagni sequestrati nei carceri di Casale, Treviso, Forlì, Pozzuoli, Lecce ecc.
Certo perseguiremo ogni strada che porti alla liberazione dei comunisti tenuti in ostaggio dallo Stato Imperialista, ma denunciamo come manovre propagandistiche e strumentali i tentativi del regime di far credere nostro ciò che invece cerca di imporre: trattative segrete, misteriosi intermediari, mascheramento dei fatti. Per quel che ci riguarda il processo ad Aldo Moro andrà regolarmente avanti, e non saranno le mistificazioni degli specialisti della controguerriglia-psicologica che potranno modificare il giudizio che verrà emesso.
Compagni, il proletariato metropolitano non ha alternative. Per uscire dalla crisi deve porsi a risolvere la questione centrale del potere. USCIRE DALLA CRISI VUOL DIRE COMUNISMO! Vuol dire: ricomposizione del lavoro manuale ed intellettuale organizzazione della produzione in funzione dei bisogni del popolo del "valore d'uso" e non più del "valore di scambio" vale a dire dei profitti di un pugno di capitalisti e di multinazionali. Tutto questo oggi è storicamente possibile. Necessario e possibile! È possibile utilizzare l'enorme sviluppo raggiunto dalle forze produttive per liberare finalmente l'uomo dallo sfruttamento bestiale, dal lavoro salariato, dalla miseria, dalla degradazione sociale in cui lo inchioda l'imperialismo.

È possibile stravolgere la crisi imperialista in rottura rivoluzionaria e questa ultima in punto di partenza di una società che costruisce ed è costruita da UOMINI SOCIALI mettendo al SUO centro l'espansione e la soddisfazione crescente dei molteplici bisogni di ciascuno e di tutti. L'Imperialismo delle Multinazionali è l'Imperialismo che sta percorrendo fino in fondo. ormai senza illusioni, la fase storica del suo declino, della sua putrefazione.
Non ha più nulla da proporre, da offrire, neppure in termini di ideologia.
La mobilitazione reazionaria delle masse in difesa di se stesso, che sta alla base della sua affannosa ricerca di consenso, non può appoggiarsi in questa fase su alcuna base economica. La controrivoluzione preventiva come soluzione per ristabilire "la governabilità delle democrazie occidentali" si smaschera ora come fine a sé. LA FORZA E' LA SUA UNICA RAGIONE! La congiuntura attuale è caratterizzata dal passaggio dalla fase della "pace armata" a quella della "guerra" Questo passaggio viene manifestandosi come un processo estremamente contraddittorio che contemporaneamente si identifica con la ristrutturazione dello Stato in Stato Imperialista delle Multinazionali. Si tratta quindi di una congiuntura estremamente importante la cui durata e specificità dipendono dal rapporto che si stabilisce tra rivoluzione e controrivoluzione: non è comunque un processo pacifico. ma, nel suo divenire, assume progressivamente la forma della GUERRA. Per trasformare il processo di guerra civile strisciante, ancora disperso e disorganizzato, in una offensiva generale, diretta da un disegno unitario è necessario sviluppare e unificare il MOVIMENTO Dl RESISTENZA PROLETARIO OFFENSIVO costruendo il PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. Movimento e Partito non vanno però confusi. Tra essi opera una relazione dialettica, ma non un rapporto di identità. Ciò vuol dire che è dalla classe che provengono le spinte, gli impulsi, le indicazioni, gli stimoli, i bisogni che l'avanguardia comunista deve raccogliere, centralizzare, sintetizzare, rendere TEORIA e ORGANIZZAZIONE STABILE e infine, riportare nella classe sotto forma di linea strategica di combattimento, programma, strutture di massa del potere proletario.

Agire da Partito vuol dire collocare la propria iniziativa politico-militare all'interno e al punto più alto dell'offensiva proletaria, cioè sulla contraddizione principale e sul suo aspetto dominante in ciascuna congiuntura, ed essere così, di fatto, il punto di unificazione del MRPO, la sua prospettiva di potere. Agire da Partito vuol dire anche dare all'iniziativa armata un duplice carattere: essa deve essere rivolta a disarticolare e a rendere disfunzionale la macchina dello Stato, e nello stesso tempo deve anche proiettarsi nel movimento di massa, essere di indicazione politico-militare per orientare, mobilitare, dirigere ed organizzare il MRPO verso la GUERRA CIVILE ANTIMPERIALISTA.
Questo ruolo di disarticolazione, di propaganda e di organizzazione, va svolto a tutti i livelli dell'oppressione statale capitalista e a tutti i livelli della composizione di classe. Non esistono quindi livelli di scontro "più alti" o "più bassi". Esistono invece, livelli di scontro che incidono ed intaccano il progetto imperialista, ed organizzano strategicamente il proletariato oppure no. Organizzare il potere proletario oggi, significa individuare le linee strategiche su cui fare marciare lo scontro rivoluzionario, ed articolare ovunque a partire da questa, l'attacco armato contro i centri fondamentali politici, economici, militari dello Stato Imperialista. Organizzare il potere proletario oggi significa organizzare strategicamente la nuova situazione.

Non bisogna spaventarsi di fronte alla ferocia del nemico e sopravvalutarne la forza e l'efficacia dei suoi strumenti di annientamento. SI PUÒ E SI DEVE VIVERE CLANDESTINAMENTE IN MEZZO AL POPOLO, perché questa è la condizione di esistenza e di sviluppo della guerra di classe rivoluzionaria nello Stato Imperialista.
In questo senso parliamo di "contenuto strategico della clandestinità", di "strumento indispensabile della lotta rivoluzionaria in questa fase" e nello stesso tempo mettiamo in guardia contro ogni altra interpretazione "difensiva" o "mitica" che sia. Nelle fabbriche, nei quartieri, nelle scuole, nelle carceri e ovunque si manifesti la oppressione imperialista, ORGANIZZARE IL POTERE PROLETARIO significa: portare l'attacco alle determinazioni specifiche dello Stato Imperialista e nel contempo costruire la unità del proletariato metropolitano nel MRPO e l'unità dei comunisti nel PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. PORTARE L'ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI.
ESTENDERE E INTENSIFICARE L'INIZIATIVA ARMATA CONTRO I CENTRI E GLI UOMINI DELLA CONTRORIVOLUZIONE IMPERIALISTA. UNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. 4/4/1978 Per il Comunismo Brigate Rosse.
 
6 APRILE: Le Br consegnano alla moglie di Moro una lettera in cui il presidente DC la invita a far pressioni contro la linea della fermezza. Le forze dell'ordine (circa 2000 uomini) controllano l'intero paesino di Gradoli, nella zona di Bolzena, il cui nome è saltato fuori durante la seduta spiritica di Bologna. La signora Moro rintraccia invece a Roma una strada con quel nome.
7 APRILE: Il "Giorno" pubblica una lettera di Eleonora Moro al marito in cui si dissocia dalla "linea della fermezza" e fa capire di voler condurre una linea autonoma di comportamento. Zaccagnini in tv ribadisce: «Nessuno scambio».
8 APRILE: la polizia intercetta una lettera di Moro alla moglie.
10 APRILE: Il comunicato numero cinque delle Br, annunciato con una telefonata alla redazione milanese di Repubblica, viene trovato il pomeriggio del 10 Aprile, in un cestino dei rifiuti in via Palestro. Nella busta arancione ci sono anche fotocopie di una lettera autografa di Moro all'On Taviani con delle critiche piuttosto forti. Buste identiche sono trovate anche a Roma, Torino e Genova.

COMUNICATO N° 5:

L'interrogatorio del prigioniero prosegue e, come abbiamo già detto, ci aiuta validamente a chiarire le linee antiproletarie, le trame sanguinarie e terroristiche che si sono dipanate nel nostro Paese (che Moro ha sempre coperto), ad individuare con esattezza le responsabilità dei vari boss democristiani, le loro complicità, i loro protettori internazionali, gli equilibri di potere che sono stati alla base di trent'anni di regime DC, e quelli che dovranno stare a sostegno della ristrutturazione dello SIM. L'informazione e la memoria di Aldo Moro non fanno certo difetto ora che deve rispondere davanti a un tribunale del popolo. Mentre confermiamo che tutto verrà reso noto al popolo e al movimento rivoluzionario che saprà utilizzarlo opportunamente, anticipiamo tra le dichiarazioni che il prigioniero Moro sta facendo, quella imparziale ed incompleta, che riguarda il teppista di Stato Emilio Taviani.

Non vogliamo fare nessun commento a ciò che Moro scrive perché, pur nel contorto linguaggio moroteo che quando afferma delle certezze assume la forma di "velate allusioni", esprime con chiarezza il suo punto di vista su ciò che riguarda Taviani, i suoi giochi di potere nella DC, e le trame in cui è implicato.
Ma anche la nostra memoria non fa difetto, ricordiamo il teppista Taviani e la sua cricca genovese con in testa il "fu" Coco, Sossi, Castellano, Catalano montare pezzo per pezzo il processo di regime contro il gruppo rivoluzionario XXII Ottobre, distribuire ai comunisti combattenti secoli di galera che nella sua ottusità controrivoluzionaria avrebbe dovuto essere una tremenda lezione per il proletariato genovese, togliergli ogni speranza e possibilità di lottare per il Comunismo. Le cose non sono andate così e questo pupazzo manovrato, finanziato, protetto da vari padroni americani sappia che ogni cosa ha un prezzo e che prima o poi anche a lui toccherà pagarlo. Nonostante quanto già abbiamo detto nei precedenti comunicati, gli organi di stampa del regime continuano la loro campagna di mistificazione, volendo far credere l'esistenza di "trattative segrete" o di misteriosi "patteggiamenti"; riteniamo necessario ribadire che questo è ciò che vorrebbe il REGIME, mentre la posizione della nostra Organizzazione è sempre stata e rimane: NESSUNA TRATTATIVA SEGRETA. NIENTE DEVE ESSERE NASCOSTO AL POPOLO! Compagni, lo SIM, incapace di dare una risposta politica al processo contro il regime in atto nel Paese da parte delle forze rivoluzionarie, ha risposto con l'unica arma che gli rimaneva: la forza bruta del suo apparato militare. Con la collaborazione attiva dei berlingueriani, ha dichiarato la guerra controrivoluzionaria a tutto il proletariato metropolitano.

L'attacco che lo Stato ha sferrato nelle ultime settimane con perquisizioni, fermi e arresti indiscriminati, tende infatti a colpire non più solo le avanguardie che praticano la lotta armata, ma l'intero movimento di classe. Nonostante questo attacco repressivo, al quale dobbiamo aggiungere l'opera sempre più scoperta di polizia antiproletaria, delatori e spie del regime da parte dei revisionisti del PCI, è cresciuta nelle fabbriche l'opposizione operaia allo SIM e alla politica collaborazionista dei berlingueriani e, nel contempo, è continuata l'iniziativa del MRPO e delle Organizzazioni rivoluzionarie contro i covi e gli uomini della DC, della Confindustria, dell'apparato militare, approfondendo e dando risalto al processo contro il regime.
Per questo oggi più che mai, non bisogna spaventarsi dalla ferocia repressiva dello Stato e tanto meno fermarsi a contemplare i successi dell'iniziativa rivoluzionaria, ma bisogna mobilitarsi, a estendere e approfondire l'iniziativa armata contro i centri politici, economici, militari dello SIM, concentrare l'attacco sulle strutture e gli uomini che ne sono i fondamentali portatori, disarticolare a tutti i livelli i progetti delle multinazionali imperialiste.

Ma se è necessario sviluppare l'iniziativa armata, è altresì fondamentale ORGANIZZARSI! E fondamentale realizzare quei salti politici e organizzativi che la guerra di classe impone costruire la direzione del MRPO, assumersi la responsabilità di guidarlo, costruire in sostanza il PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. PORTARE L'ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI. ESTENDERE ED INTENSIFICARE L'INIZIATIVA ARMATA CONTRO I CENTRI GLI UOMINI DELLA CONTRORIVOLUZIONE IMPERIALISTA. UNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE. Per il comunismo - Brigate rosse.
 
15 APRILE: Il comunicato numero sei delle Br, annunciato ancora con una telefonata alla redazione milanese di Repubblica, viene trovato il pomeriggio del 15 aprile, in un cestino dei rifiuti in Via dell'Annunciata.

http://www.robertobartali.it/cap08.htm

domenica 23 giugno 2013

I DELITTI DEL DAMS, OVVERO IL CASO ALINOVI E LA TEORIA DEL TETRAMORFO...


Il caso ALINOVI riemerge dopo 30 anni di sonno e rimozioni...
Interessante a livello evocativo e simbolico, ma anche come suggestione sacrificale, quello che scrisse Bernardi...
Scrive a questo proposito Luigi Bernardi nel suo Macchie di Rosso – Bologna avanti e oltre il delitto Alinovi (Zona Editrice, 2002):
A Bologna, per fare un buon piatto di tortellini, bisogna ammazzare tre animali diversi: un maiale per il ripieno; una gallina e un manzo per il brodo.
Sua maestà Tortellino chiede il suo tributo di sangue. Lo chiede e sa ottenerlo.

Comincia dunque in macelleria una delle glorie massime di questa città. Gli animali si ammazzano con un colpo secco, micidiale. Chi ammazza gli animali impara presto come si fa.
Non fosse altro per non sentire a lungo i lamenti, che prendono subito una tonalità “umana”, da far arricciare la pelle.
Nella storia di Bologna c’è un prima e un dopo l’assassinio di Francesca Alinovi, quel delitto è la radiografia di una frattura. Poco meno di tre anni prima, Bologna era stata scossa da ben altra deflagrazione, l’attentato alla stazione, la strage. Ne era rimasta tramortita, aveva allentato i riflessi, smorzato gli slanci, persino i desideri. Bologna è sempre stata una città che ha voluto, e potuto, scegliersi la propria velocità, in questo consisteva il suo famoso essere diversa.
Bologna era un mondo a parte: per alcuni un paradiso che non si abbandona più, per altri un inferno da spegnare ad ogni costo.



I delitti del DAMS sono contestualizzati nel post 77, un pò come capitolo finale e tragico della morte di un certo antagonismo politico e culturale. Trasformarono Bologna, ne influenzarono l'opinione pubblica e cambiarono quell'immagine di città sicura e accogliente di un tempo, immagine ed icona già fortemente condizionata e mutata dalla strage della stazione in avanti...
Sembrano tutti far parte di un'unica regia occulta che punta il dito sull'antagonismo e sui movimenti del 77, sul desiderio di una generazione che voleva cambiare il mondo, sembrano voler dare l'esempio dall'alto a chiunque non si allinei al sistema, prevedendo di far pagare un contrappasso.
Basta cultura, ancor peggio se quella cosiddetta alternativa ed appartenente ad un determinato ambiente, basta proteste, la piazza doveva essere divisa, depressa, spaventata e repressa...
Colpirne uno per educarne cento!!!
Bologna è stata spesso teatro di guerra, basti ricordare i delitti della UNO BIANCA, il delitto recente di Biagi, tutti esempi di strategia della tensione creata dai servizi per spostare l'asse politico, ma anche EMOZIONALE della città a destra.
Una sorta di rieducazione indotta e di segnale di mutamento strutturale.
Bologna non doveva più rappresentare quella culla di benessere sociale dei tempi passati, vero o presunto che fosse, ma doveva diventare una scenografia rituale per il nuovo che stava avanzando, ovvero l'assetto politico che stava nascendo sul panorama nazionale e internazionale.
Assetto dove la sinistra doveva smettere di essere tale e doveva contaminarsi sempre più con i poteri forti che, a breve, avrebbero fatto cadere il muro di Berlino e VINTO contro il loro decennale contraltare sistemico, rappresentato dal blocco sovietico.
Antagonismo che andava eliminato, trasformato, trasmutato e fagocitato dalla nascente globalizzazione orwelliana fascista per conto della tecnofinanza, delle massonerie reazionarie e di tutti i poteri del network che oggi domina la scena in Italia e nell'occidente, senza più alcuna opposizione, in primis culturale, poi politica ed economica...

Un esempio dall'alto, un capitolo della strategia della tensione praticata anche attraverso nuovi omicidi mediatici creati ad hoc con finti capri espiatori che, come nel caso dello scrittore Carlotto, vedevano accusati giovani di sinistra, magari appartenenti a qualche gruppo rivoluzionario o semplicemente persone da indicare come colpevoli, associando quella parte politica a determinati crimini che traumatizzavano l'opinione pubblica e, soprattutto, creavano quel substrato sottoculturale, atto ad innestare in seguito quelle dinamiche di pensiero che populisticamente avrebbero favorito tangentopoli, la Lega, l'ascesa ventennale di RE SILVIO per conto della P2 e la sconfitta della sinistra, favorendo la sua dissoluzione partitica, dopo averla cooptata, trasformata ed eteroguidata...
Come nel caso Carlotto e nelle vicende di Battisti, Ciancabilla scappa prima in Francia, dove esisteva e forse esiste ancora la rete massonica della Rosa Bianca, network progressista che gestiva dall'alto i gruppi di clandestini politici di sinistra e di persone accusate ingiustamente e rese colpevoli da un sistema giudiziario spesso conservatore e corrotto...
Curioso come tutti loro, da contrappasso massonico, siano diventati scrittori di successo i primi due ed il terzo, si sia rimesso a dipingere e fare mostre in diverse gallerie  ...
Sono storie apparentemente differenti ma con elementi e destini comuni, stranamente o logicamente, a seconda dei casi, IDENTICI...
Sembrano tutti quanti capri espiatori creati e manovrati sia dal nemico che dall'amico, pedine all'interno di un gioco molto più grande di loro, strumentalizzati per soddisfare LIVELLI di potere della stessa piramide, dove convivono e si fanno guerra contemporaneamente e sincronicamente diverse fazioni occulte del parlamento massonico, coesistendo nelle reciproche differenze attraverso DOPPI LIVELLI di modus operandi ed appartenenze allo stesso macro sistema...

Tutto ciò mostra come sia le stragi che certi delitti mediatici, sono parte integrante della stessa strategia della tensione, della stessa distrazione di massa e soprattutto, siano emanazione diretta di certi poteri, oggi sempre meno occulti...
Tornando ai delitti del DAMS, possiamo ricordare quello che precedette il più celebre caso ALI-NOVI, ovvero quello del povero ANGELO Fabbri di 26 anni, uno dei più brillanti allievi di Umberto Eco, che in quel periodo conquistò la sua fama con il romanzo “Il nome della rosa”.
Fu trovato morto il 31 dicembre 1982 da due cercatori di tartufi in Val di Zena, e su quel corpo furono rinvenute dodici coltellate alla schiena. Sei di quei colpi furono mortali e la profondità delle ferite differente, come se le mani fossero state diverse. Peraltro, la disposizione dei colpi inferti sembra seguire una linea circolare. Inizialmente gli investigatori si indirizzarono verso una giovane coppia, perché la donna apparteneva al movimento del ’77, complice anche una fotografia mentre seguiva la bara di Francesco Lo Russo, lo studente di medicina ucciso in via Mascarella l’11 marzo del 77.

Umberto Eco disse di ANGELO fabbri morto il 31 dicembre dell'82:
"Escluso il movente politico perché era fuori da quell’ambiente; esclusa la droga, escluso il delitto omosessuale perché Angelo non lo era, ed esclusa la rapina, io comincio a pensare che Angelo abbia messo inavvertitamente piede in un ambiente malavitoso: magari una storia con una ragazza, ledendo il codice d’onore del gruppo. Un delitto motivato da una vendetta organizzata. Angelo era curioso, come d’altronde tutti questi studenti, e avrebbe avuto anche facilità, considerata la zona in cui abitava, a entrare in contatto, un contatto di curiosità, di rapporto umano, con certi ambienti notturni. Una volta gli offrirono da bere della birra, lui disse di no e si prese un sacco di botte. Ecco, forse Angelo ha varcato la soglia del gruppo e lo hanno ucciso."

Il terzo omicidio fu quello del 29 novembre 1983, quando Leonarda Polvani (ma tutti la chiamavano Lea), una ragazza di 28 anni, fu uccisa con una pistola calibro 6.75, pistola già usata in un altro omicidio a Roma dove morì una donna in circostanze misteriose. Dinamica rituale già vista altre volte attraverso l'uso di pistole simili e sospette, come quelle usate anche per i delitti del mostro di Firenze, dove la stessa arma viene più volte utilizzata e magari appartiene pure ai piani alti del potere militare... I giornali dell'epoca accostavano i delitti di Bologna, non a caso, a quelli di Firenze e il gioco perverso mediatico funzionava bene, evocando un clima di terrore e di sconforto tra la gente...
Anche in questo caso furono accusati sedicenti brigatisti come potenziali assassini...
Il corpo fu trovato nelle grotte della Croara a San lazzaro vicino a Bologna, aveva i vestiti sollevati e riportava un colpo mortale esploso da distanza ravvicinata al cuore...
Furono accusati inizialmente degli innocenti e strumentalizzati anche per i primi delitti della UNO BIANCA.
Quindi si può notare come la vicinanza di certi ambienti dei servizi abbiano manipolato tutte queste storie per diversi fini politico-militari, di cristallizzazione del sistema da un lato e dall'altro di trasformazione dello stesso, virando l'asse sempre più a destra...




Tre omicidi contenuti nella stessa sceneggiatura e nella stessa trama ben orchestrata dai poteri occulti, dove si da in pasto ai fedeli il corpo rituale e dall'altro si inizia il nuovo corso che porterà, anche attraverso questi delitti, intesi e contestualizzati come tasselli, all'edificazione di quel Tempio che oggi rappresenta il NUOVO ORACOLO...

ELEMENTI SIMBOLICI:
Nel diario della ALI-NOVI si notano determinati numeri, sempre gli stessi, che si ripetono ossessivamente, per esempio l'11 e i suoi multipli... un caso curioso, dato che avrebbero una valenza numerologica precisa...
In una pagina di 11 righe, scrisse 77 volte SOLA, SOLA...
Altro numero che ritorna spesso nel suo diario è il 13!!! Ci sono tantissimi esempi suggestivi, come la scritta trovata in bagno che ricorda un rebus, un indovinello...
Ci sono strane poesie, riferimenti alla trasmutazione attraverso concetti come AMORE-MORTE e il loro superamento carmico, presagi su qualcosa di brutto che dovrà accadere e che poi nei fatti accadrà realmente...
Sembrano versi degni della GOLDEN DAWN dell'800, amore che si completa con la morte, i FEDELI DELL'AMORE... Roma o Morte, ecc... ecc...
Da notare come la stessa simbologia rituale CLASSICA massonica, compaia sulla scena del delitto ALI-NOVI, e quella ROSA ROSSA di plastica che sembrava voler rappresentare il loro finto amore o amore non consumato ma invece rappresenta una chiara e palese firma rituale, viene ritrovata sopra il suo cadavere riposta dall'assassino...
Da notare che la ROSA ed il suo mistero millenario, compaiono "indirettamente" anche attraverso ECO, con IL NOME DELLA ROSA. Docente del povero ANGELO Fabbri e intellettuale di spicco del nuovo mondo universitario del DAMS, ECO si consolida come faro della sapienza del sistema...
Da notare anche i nomi delle vittime, assolutamente non casuali, ALINOVI, nuove ali, nuovo angelo, o meglio, angelo caduto dal cielo, ovvero simbolicamente lucifero, ANGELO Fabbri, ovvero l'ANGELO costruito, fabbricato, edificato e LEA, il leone morto nella grotta della CROARA, nome che sembra un quasi acronimo sia di ROSA che di CROCE, già sito esoterico usato spesso da zelanti neo satanisti bolognesi in cerca di fortuna, da curiosi giovanotti come luogo magico e orrorifico per vere o presunte messe nere, da coppiette in cerca di forti emozioni, e quindi anche dai servizi, come location EVOCATIVA...

Abbiamo rose, ma soprattutto abbiamo dinnazi a noi la rappresentazione del TETRAMORFO DELL'APOCALISSE, ovvero un angelo, ANGELO FABBRI, un'aquila ALINOVI, un leone LEA e un toro, incarnato dal capro espiatorio CIANCABILLA... Sembra una raffigurazione iconografica composta da quattro elementi risalente ad una simbologia di origine mediorientale.
Nella tradizione cristiana, e nella storia dell'arte, il termine viene normalmente utilizzato per indicare l'immagine biblica composta dai quattro simboli degli evangelisti - un uomo alato, un leone, un toro e un'aquila - mutuata da una visione veterotestamentaria del profeta Ezechiele e dalla descrizione neotestamentaria dei "quattro esseri viventi" contenuta nell'Apocalisse...

I delitti del DAMS rappresentano simbolicamente anche un passaggio storico ed una parte di edificazione del TEMPIO, attraverso l'uso controiniziatico dell'iconografia cristiana, che tra parentesi, è già controiniziata per natura...
IL DELITTO, OPSS, IL TETRAMORFO E' SERVITO... !!!



http://www.corriere.it/cronache/08_luglio_13/scrittore_giallo_trevi_f09858dc-50ad-11dd-b816-00144f02aabc.shtml
di EMANUELE TREVI
COME TANTE STRADE MEDIEVALI DELLE CITTÀ ITALIANE, ANCHE VIA DEL RICCIO NEL CUORE DI BOLOGNA DAL PUNTO DI VISTA DELLA FORMA E DELLE DIMENSIONI CORRISPONDE PIÙ A UN VICOLO CHE A UNA VIA VERA E PROPRIA. A UN CERTO PUNTO, LA CARREGGIATA SI RESTRINGE ULTERIORMENTE, CON UNA IRREGOLARITÀ CHE FA PENSARE PIÙ ALL'OPERA DELLA NATURA CHE AL LAVORO DEGLI UOMINI. FINESTRE DELLE CASE, DA UN LATO E DALL'ALTRO, SI FRONTEGGIANO IN UNA FORZATA PROMISCUITÀ.
Esattamente un quarto di secolo fa, la sera del 15 giugno del 1983, era stato impossibile per i pompieri parcheggiare la loro vettura sotto le finestre aperte dell'appartamento al secondo piano di via del Riccio 7, abitazione di Francesca Alinovi. Era uno di quei giorni afosi e soffocanti in cui anche le pietre delle vecchie case e le colonne dei portici, a Bologna, sembrano trasudare come corpi vivi. A sollecitare l'intervento dei vigili del fuoco, dopo tre giorni di attesa ed ansietà, erano stati due vicini di casa ed intimi amici di Francesca Alinovi, il disegnatore Marcello Jori e sua moglie.
Era dal pomeriggio di domenica 12 che Francesca, notissima critica d'arte e organizzatrice di mostre, oltre che insegnante al DAMS, aveva fatto perdere le sue tracce.
Non si era presentata, lei di solito molto precisa con i suoi molteplici impegni, a vari appuntamenti di lavoro, né era stato possibile raggiungerla al telefono. In genere, quando i pompieri devono effettuare un simile intervento, è comprensibile che non ci si aspetti niente di buono.
Ma la scena agghiacciante che si trovarono di fronte gli uomini penetrati nella casa di via del Riccio era di quelle che superano di gran lunga la più pessimistica delle previsioni.
La casa degli orrori
Nel salotto del piccolo appartamento Francesca Alinovi giaceva in una pozza formata dal suo stesso sangue, la testa nascosta da due cuscini. A mo' di macabra firma, o di patologico congedo, completava l'orribile quadro una rosa di plastica rossa. Quello che videro i pompieri e poi gli agenti della squadra mobile di Bologna accorsi a via del Riccio, per quanto tremendo, non è ancora nulla rispetto all'orrore che si nasconde nel linguaggio — di necessità ferreo nelle definizioni e distaccato da qualunque emozione soggettiva — dell'autopsia.
Un orrore che comincia dal numero delle ferite «da arma di punta e taglio» (forse un normale coltello da cucina) riscontrate sul corpo della vittima: ben quarantasette distribuite tra il volto, il torace, il collo, e le braccia impiegate in un estremo tentativo di difendersi. Ma c'è qualcosa di peggio che emerge dal referto: quasi nessuna di queste innumerevoli ferite può essere considerata mortale.
Nella maggior parte dei casi, la lama, o meglio la sua punta, era penetrata di pochissimo (circa un centimetro) nel corpo della vittima, come per lasciarle tutto il tempo, in un gioco più crudele della stessa violenza, di rendersi conto di quello che le stava succedendo.
Alla fine, un colpo al collo danneggiò la giugulare, e Francesca morì di una specie di edema, soffocata dal suo stesso sangue e forse dai cuscini che la coprivano.
L'amante assassino
Nata a Parma nel 1948, Francesca Alinovi non aveva ancora trentacinque anni al momento della morte. Le indagini della squadra mobile e del magistrato incaricato furono eccezionalmente rapide, se si pensa che sono bastati pochi giorni per arrivare all'arresto di colui che, per lo stato italiano, è il responsabile (senza complici) del delitto: il pittore pescarese Francesco Ciancabilla, all'epoca dei fatti un ragazzo di ventitré anni, legato alla Alinovi da un rapporto intricato e contraddittorio, che durava già da un paio d'anni tra crisi, riconciliazioni, litigi anche violenti.
Oggi Ciancabilla è un uomo libero, che ha pagato il suo debito con la giustizia (quindici anni per omicidio preterintenzionale) dopo aver trascorso da latitante una decina d'anni tra Brasile e Spagna. Assolto in primo grado, quando il vecchio codice penale ancora contemplava l'«insufficienza di prove», non ha mai smesso di dichiararsi innocente.
Quelle strane telefonate
In realtà, è stato un cumulo di indizi, più che una prova vera e propria, ad inchiodare l'imputato a partire dal secondo grado di giudizio. È rimasta famosa una frase dell'avvocato difensore: tante mele non fanno un melone. Ma queste «mele», vale a dire gli indizi incapaci di dar luogo al «melone» di una certezza indiscutibile, formano uno dei capitoli di questa tragica storia più capaci di accendere la passione dei cultori di gialli. Nell'elenco rientrano un orologio a carica automatica, innescata dal semplice movimento del polso; una misteriosa scritta in cattivo inglese trovata sulla finestra del bagno e vergata con una matita da trucco; una serie di telefonate nelle quali Francesca, via via che le ore del pomeriggio di quella maledetta domenica scorrono inesorabili verso l'ora della morte, appare sempre più triste o turbata; un pizzico di cocaina; un asciugamano scomparso; un paio di occhiali da sole… Ho elencato alla rinfusa fatti e circostanze rivelatisi fondamentali assieme ad altri che invece sono risultati del tutto inessenziali.
Il fatto è che una storia, qualunque storia, per colpire a così vasto raggio il cuore e l'immaginazione, trascina con sé, come fosse un fiume in piena, le verità più positive e le illazioni più futili, il sublime e il triviale, ciò che ci appare del tutto estraneo e ciò che invece riconosciamo, anche se non vorremmo, simile a noi. Tutto rimescolando in una specie di organismo narrativo ibrido, ormai né vero né falso. In quanto mito sociale e psicologico, ciò che chiamiamo la cronaca nera ha una vita ben differente dagli itinerari dei processi, con i loro gradi giudizio — ed è addirittura inutile ricordare quanto la confusione di questi piani è perniciosa.
Di un giudice che ragionasse come un giallista, ci sarebbe poco da fidarsi, insomma, e viceversa.
Più ambiguo, necessariamente, è il ruolo, letteralmente intermedio, del giornalista, che lavora sui fatti in quanto tali, ma è pure costretto, più o meno consciamente, a servirsi di schemi narrativi che garantiscano (fin dai titoli) efficacia al suo racconto. Ma le cose del mondo vanno così: in una prima fase (che può durare anni, come nel caso Alinovi) da un qualunque fattaccio si spremono indagini, e poi sentenze. Ma poi, chiusi i faldoni e archiviate le testimonianze e le perizie, quei fatti, quegli eventi ridotti alla consistenza di fantasmi, continuano a vivere nella memoria collettiva, e magari nella fantasia degli artisti, non più per determinarne la verità, ma per ricavarne una morale.
E se anche fosse fondata su un errore giudiziario, la storia che si presta a questa ulteriore ricerca di senso, la storia del tragico amore (amour-passion, dicono i francesi) di Francesca Alinovi e Francesco Ciancabilla non sarebbe per questo meno degna di meditazione.
Il diario di una donna di talentoBella, intelligente, coraggiosa nelle sue scelte Francesca è stata, non c'è dubbio, una persona eccezionale, dotata di un autentico carisma. A dispetto della brevità della sua vita, ha fatto a tempo a lasciare molte tracce del suo talento. Nata quasi alla metà esatta del suo secolo, ne condivideva l'amore per il nuovo, l'intentato, l'avanguardia. Aveva studiato a fondo il Dadaismo, la fotografia sperimentale nel suo incrocio di illusione e realtà, l'arte della performance. Aveva perlustrato a fondo le periferie di New York sulle tracce del talento dei nuovi graffitisti, quando Keith Haring e Basquiat erano praticamente degli sconosciuti.
Amava Kerouac, il cinema più visionario, la poesia come forma ultima del destino umano.
Si può essere figli del proprio tempo e insieme individui singolari, irripetibili. Un certo grado di fragilità emotiva, e una innata propensione ai legami difficili e alla deriva sentimentale, anziché sminuire, completano e definiscono ulteriormente il carattere di Francesca. Qualcosa, in questo senso, si ricavava già dalle testimonianze rese dagli amici a polizia e magistrati, ai tempi dalle indagini.
Da pochi mesi, però, è a disposizione di tutti un documento eccezionale, contenuto nell'ultimo capitolo del libro che Achille Melchionda, l'avvocato di parte civile della famiglia Alinovi, ha scritto ricostruendo, dal suo punto di vista privilegiato, l'intera vicenda (Francesca Alinovi: 47 coltellate, Edizioni Pendragon).
Si tratta del diario, contenuto in tre quaderni, che Francesca scrisse durante gli ultimi anni della sua vita, a partire dall'autunno del 1980. Le annotazioni si interrompono a poche settimane dalla morte, e sono tutte caratterizzate da quel singolare miscuglio di intelligenza ed emotività, apertura al prossimo e senso di solitudine, al quale accennavo. Ovviamente, noi leggiamo questa testimonianza alla luce del terribile destino di chi, giorno per giorno, l'ha scritta. Ma chi può dirsi sicuro di non conoscere, almeno in modo inconscio o puramente simbolico, il proprio destino? Ricorre spesso, nelle prime pagine del diario, una specie di ossessione, quella di essere già morta senza accorgersene, come accade al protagonista di un famoso racconto di Lernet-Holenia, «Il barone Bagge».
Anche l'abbassamento della vista potrebbe essere un indizio in tal senso: «Ai morti si chiudono gli occhi», riflette infatti Francesca, quando rimangono «rigidi e sbarrati» (come quelli, aggiungiamo noi, di tante vittime di morte violenta).
Spinosi e caratterizzati da una sorta di sindrome dell'impossibilità i rapporti con gli uomini, e con grande acutezza introspettiva, le tante soddisfazioni ricevute dal lavoro vengono interpretate come «compensazioni affettive».
Amore a prima vistaE arriviamo al 21 febbraio del 1981, il giorno del primo incontro con Francesco Ciancabilla.
È un innamoramento a prima vista per quel ragazzo più giovane di una decina d'anni, un amore «romantico, pittoresco», «da racconti di Pasolini». Una passione al cui scoccare non è estraneo un fortissimo sentimento di identificazione, come se Francesca, suggestionata anche dall'identità di nome con Francesco, si fosse imbattuta in una versione maschile di sé («assomiglia a me bambina, zingaresca e scalza sulla spiaggia di Forte dei Marmi»).
Da questa fatidica data, i diari seguiranno fino alla fine il copione universale dell'amore-come-calvario, della passione come malattia, quasi che Francesca si sia trasformata, sulle tracce del suo supposto alter-ego, in una specie di eroina romantica, di Adele H vagante tra i corridoi del DAMS e le gallerie d'arte di Bologna e New York.
I litigi sono sempre più spesso violenti. Ma il fatto che più fa soffrire Francesca è la castità che l'altro ha imposto al rapporto, fonte di frustrazione e di infiniti sospetti. Ma c'è una cosa sulla quale Francesca, così lucida anche nello smarrimento, sembra non aver riflettuto abbastanza: Francesco è un aspirante pittore, alla ricerca di un riconoscimento.
E dall'altro lato c'è lei, famosa e rispettata. Quando un critico non si limita (come in genere fanno gli accademici) a ricamare sul già noto, ma rischia alla ricerca di nuove personalità, si può dire senza esagerare che si prende una responsabilità tremenda. Attribuendo un talento a qualcuno, si collabora a una specie di seconda nascita, finendo per usurpare un ruolo materno.
E se ogni vittima prima o poi finisce per compiere un errore fatale di valutazione, io credo che l'errore di Francesca sia stato l'aver sottovalutato questo aspetto fondamentale di quel legame che tanto la impegnava e tanto la faceva soffrire. In ogni mestiere ci sono dei rischi tipici della professione: quello del critico (e soprattutto, direi, del critico d'arte) consiste, nel momento in cui «scopre» qualcuno, nel formare dal nulla un destino, un'identità.

Le eterne favole nere del Golem e di Frankenstein (per non parlare del vecchio Edipo !) stanno lì a dimostrare i pericoli che si annidano in quello che in apparenza è il più nobile, il più generoso dei gesti: essere responsabili, creare e plasmare la vita degli altri. Ai tempi dei processi, quando avidamente leggevo sui giornali ogni novità sul delitto di via del Riccio, ricordo che il dettaglio che mi aveva più colpito (e ho ritrovato nel libro dell'avvocato Melchionda) è una frase pronunciata dalla madre (quella vera) di Ciancabilla, nel legittimo intento di fornire un argomento per la difesa di Francesco: «L'aveva creato lei, come avrebbe potuto ucciderla?».
Ebbene, questa domanda dettata dal buon senso è terribile come tutto ciò che esprime una verità in modo del tutto involontario. E credo che stia lì tutto il sugo della storia, o almeno della storia che le indagini e i processi hanno consegnato alla nostra memoria. Proprio perché lo aveva creato, infatti, avrebbe potuto ucciderla.
E certo, non voglio con questo dire che i critici, e in generale gli scopritori di giovani talenti, farebbero tutti bene a togliere il loro nome dal citofono, o dotarsi di potenti antifurti e guardie del corpo. Ma a tutto ciò che esplode in un parossismo di violenza e di orrore corrispondono, in una data società, sentimenti affini, molto più diffusi anche se del tutto innocui.
È per questo che la cronaca nera è la parte del giornale che, oscuramente, riguarda un po' tutti.
E se non proprio tutti, tanti potrebbero testimoniare, guardando un po' a fondo nella propria coscienza, che fardello intollerabile sia quello della gratitudine, e a quali innominabili desideri si accompagni. Il pericolo, bisogna aggiungere, non sta mai nella natura umana in sé, ma nel fare finta che certe cose, sgradevoli e intollerabili solo a pensarle, non esistano.

di LUCA SANCINI
Alinovi, diari d' amore e morte
Questa sarebbe una vicenda con la parola fine. Francesco Ciancabilla, condannato a 15 anni per l' omicidio di Francesca Alinovi, ha finito di scontare la sua pena nel 2006.
Quella brutta storia nata in un caldo pomeriggio di giugno, con la bella professoressa del Dams trovata in un lago di sangue nel suo appartamento di via del Riccio, riemerge a volte nelle ricostruzioni in tv o nelle serate dedicate alle vicende noir.
Lasciando sempre un retrogusto di delitto irrisolto, con ancora troppi misteri da svelare.
Ecco che, non per polemica ma per amor di verità, l' avvocato Achille Melchionda, legale di parte civile della famiglia Alinovi ha scritto un libro, quasi 25 anni dopo quelle 47 coltellate.
Una vicenda giudiziaria e umana, dice nel suo studio di piazza Minghetti, che lo rincorre ancora.
 «In questi anni ho ascoltato tanti parlare dell' omicidio Alinovi, il Ciancabilla stesso, scrittori e giornalisti, ma c' è sempre una voce che tace. Quella di Francesca».
Ci sono ora i suoi diari che Melchionda ha tenuto in un cassetto per tutti questi anni: pagine intime, pensieri, racconti di viaggi, due anni di riflessioni affidate alla carta, intrisi di amore e morte.
Inizia il 18 settembre del 1980, racconta di passioni e incontri fuggevoli.
Della prima volta che incontra Ciancabilla e dopo scrive: "Ho incontrato Francesco, è il mio alter ego maschile". Poesie anche: "Non voglio morire e non posso amare". Le pagine si interrompono i 10 maggio 1983, trentatre giorni prima del delitto, dopo un viaggio a Istanbul dove l' ossessione per lo studente di Pescara non la lascia anche da lontano. «Fui contattato dal cognato di Francesca e assunsi la parte civile in un processo che ebbe un forte impatto mediatico, su giornali e televisione.

L' ambiente in cui si muoveva Francesca era quello degli artisti gli irregolari, gli istintivi, assuntori di sostanze stupefacenti. Lei, si disse, non poteva non subire queste influenze.
La verità invece stava dietro a quel rapporto tormentato di una donna innamorata di un uomo impossibile da avere. Caddero, come si legge nella perizia psichiatrica, in un rapporto esclusivo incontrollabile da parte di entrambi». Ancora oggi, al di là della vicenda giudiziaria, l' avvocato Melchionda è profondamente convinto della colpevolezza di Ciancabilla.
«Certo fu un processo indiziario, ma ricordo che oltre trenta magistrati hanno confermato le ragioni della condanna. Tre tentativi di revisione sono stati respinti. Anche per questo, davanti a questo alone di dubbio che continua invece ad avvolgere la morte di Francesca, lascio parlare questo diario, che è di una bellezza sconvolgente». Melchionda ha preparato anche un dvd, che sarà presentato insieme al libro "Francesca Alinovi. 47 coltellate", edito da Pendragon, sabato alla Scuderia in piazza Verdi (ore 17). Ci sono le immagini di repertorio, i pompieri che entrano dalla finestra, le sequenze crude del corpo insanguinato, fissate dai fotografi della Scientifica. E il ricordo degli occhi sgranati di Francesca, davanti a chi le infliggeva le pugnalate, quella al collo l' unica mortale.
Quel processo fu indimenticabile, dice oggi Melchionda, con una opinione pubblica e parte della stampa a suo modo affascinata anch' essa da Ciancabilla, e quindi innocentista.

Sfumature anche in aula, che Melchionda racconta adesso nel libro, tra i giudici popolari, ma che non gli fecero barcollare la fiducia di ottenere alla fine una sentenza di condanna. «Ricordo l' arringa finale, dissi a Ciancabilla, se lei è innocente di questo chiedo perdono a Dio. Ma lei ha lasciato sul corpo di Francesca un fiore finto, come finto era l' amore per lei». Era una rosa profumata di plastica, ritrovata dalla Polizia nel disordine della colluttazione dopo il delitto. Melchionda la conserva oggi in un cassetto del suo studio, e l' editore l' ha scelta per farne la copertina del libro. «Questo è un libro scritto con il cuore - dice alla fine - un omaggio, è quanto dovevo alla memoria di Francesca».