mercoledì 29 marzo 2017

"LAVORARE GRATIS, LAVORARE TUTTI"... OVVERO, IL PARADIGMA DELLO SCHIAVO



NON E' LERCIO, anzi, un po' lo è...
cit.
Non è pure un film surrealista di BUNUEL, manco una puntata di BLACK MIRROR, purtroppo è tutto vero!!!

cit.

Nel suo nuovo libro “Lavorare gratis, lavorare tutti” sottotitolo: Il futuro è dei disoccupati, Domenico De Masi propone che i disoccupati entrino nel mercato del lavoro offrendo la propria opera gratuitamente, in modo da creare indirettamente una redistribuzione dell’occupazione su scala nazionale.
La soluzione che il buon sociologo propone per far fronte all’alto tasso di disoccupazione è la seguente.
Non essendo possibile, secondo lui, ridistribuire equamente il lavoro, lavorando meno e lavorando tutti a pari stipendio, i disoccupati dovrebbero scompaginare l'attuale situazione, offrendo gratuitamente la propria opera, finché non ci sarà una redistribuzione dei carichi di lavoro. 
Il DE MASI spera che il suo libro e le sue tesi divengano in futuro una proposta politica e che qualcuno si muova in tal senso. Aggiunge che il M5S sembra il partito più adatto per un progetto di questa portata, con ricadute importanti in termini di voti, visto che in Italia ci sono 3 milioni di disoccupati.
Pare che il partito di Grillo gli abbia commissionato una ricerca sul futuro del lavoro, che ha preso forma in un volume di 300 pagine dal titolo Lavoro 2025, con l’elenco degli impieghi a più alto tasso di sostituzione da parte delle macchine. 

Fatta la doverosa premessa per esigenza di cronaca e sottolineato il fatto che sia proprio il M5S a coccolare il nostro caro sociologo, partito emblema del futuro modernismo transumanista che avanza in punta di piedi, vediamo di capirci qualcosa di più usando l'arma dell'ironia. 
La risposta al pensiero situazionista/surrealista involontario di DE MASI è assai banale: 
Perché mai un giovane, al posto che divertirsi e dedicare tempo all'ozio (argomento che un tempo nei suoi dotti scritti sociologici salutava come valore da introiettare) dovrebbe andare a lavorare gratis per qualcuno che invece ci guadagna eccome? 
Lui non parla di fare esperienza nel mondo del lavoro, qui siamo oltre alla nefasta logica borghese padronale di apprendistato, lui afferma che per battere la disoccupazione bisogna iniziare a lavorare e produrre per altri gratuitamente, altri, che ovviamente ne beneficeranno in termini empirici e ringrazieranno tanto infilandoci il dito su per il culo. 
In realtà questo miope paradigma ultra-liberista è già in fase avanzata da anni, ma qui si vuole spingere ulteriormente l'acceleratore, un ulteriore salto quantico, proposto proprio da certe intellighenzie e da quei movimenti politici finto-democratici e modernisti, quelli dell'uomo macchina, come se il modernismo dovesse per forza coincidere con il nichilismo e la schiavitù passata.
Quindi non un mondo dove le macchine lavorino al posto nostro, dove esse possano regalarci la possibilità di vivere in un ozio perenne, dove potremmo riprenderci il nostro TEMPO prezioso e dedicarlo all'arte, all'amore ed alla conoscenza. 
No, troppo comodo e troppo bello cari miei, qui si teorizza la piena occupazione in nome non dell'uomo e della sua felicità, ma dell'entità metafisica OCCUPAZIONE, è questa la visione distorta e maligna.
La differenza con il passato è che questa fantomatica occupazione non dovrebbe assolutamente essere retribuita, anche se la produttività conseguente sarà ovviamente reale per alcuni fortunati. 
Secondo DE MASI, ciò nel tempo provocherà una reazione a catena virtuosa, terrificante per chi scrive, in coloro che già lavorano. Questi, impietositi da neo lavoratori anomali e subalterni, perché non c'è mai fine al peggio, doneranno come elemosina qualche ora di lavoro già ampiamente sottopagata, ai nuovi schiavi in cerca di gloria.
Insomma, gli attuali schiavi italiani che lavorano molte più ore dei loro colleghi europei guadagnando molto meno ed avendo meno Stato Sociale, non dovrebbero più lottare per i loro diritti ed aumenti salariali, invece, dovrebbero smezzare la loro infima miseria che percepiscono attualmente con i disoccupati a costo zero.
Una sorta di delirio surreale degno di un Jodorwsky in salsa nazista.
Si contorce e si contraddice in continuazione il nostro bravo pensatore, perché se premette correttamente che in futuro con l'automazione i disoccupati non potranno che aumentare, manda in vacca il suo delirio/pensiero dicendo che dovremmo far lavorare gratis tutti i giovani.
Seguendo proprio una logica transumanista, ma perché non fare in modo che nessuno lavori più, piuttosto che farci lavorare a gratis in una società che sta implodendo?
Se ci tiene a fare il pensatore distopico, provi ad osare di più ed immagini un mondo dove il lavoro sia solo un ricordo di ere passate, che senso ha affermare che i giovani dovranno lavorare gratis?
Se per assurdo percepisco un reddito minimo, con il cazzo che vado a lavorare gratis in fonderia, o il ricatto successivo è quello di non darmelo più, se non lavoro a gratis in un lager previsto?
Perché bisogna cambiare senso alle parole e non chiamare schiavismo quello che lui propone, perché edulcoralo con fantasiose e bizzarre proposte degne di un provocatore prezzolato?
Nella sua opera letteraria, il DE MASI concede di valutare un reddito minimo di cittadinanza o, per meglio dire, di "sudditanza" sociale, tanto per essere magnanimo e non farsi veicolare come agente padronale vestito da buon sociologo, con quell'aria da prete che fa la morale mentre di nascosto ruba la marmellata.

L'UGUAGLIANZA non bisogna farla al ribasso del "tutti schiavi", ma al rialzo del "tutti ben pagati" seriamente. Il punto non è la ridistribuzione del lavoro, quella si dovrebbe fare in ogni caso, lavorando meno tutti, ma guadagnando di più tutti quanti, se le cose andassero per il verso giusto e fossero consequenziali, la ridistribuzione la si deve fare partendo da un cambiamento totale di modello sociale. 
Non DEVO FAR LAVORARE GRATIS i disoccupati prima, per sperare che gli occupati lavorino meno dopo. Il suo discorso demenziale si traduce matematicamente in salario zero futuro, in ricattabilità sociale, perché si abbatterebbe ulteriormente il potere d'acquisto della persona e lo stipendio sarebbe ancora più basso per tutti, mentre dovrebbe essere per tutti maggiore. 
Chi inizia a lavorare gratis, con quale spirito potrebbe fare il suo lavoro? 
Per quanti anni dovrebbe sacrificarsi per la causa, sperando in futuro di raccogliere le briciole? 
Che modello assurdo di vita è mai questo?
Qualcuno di voi vuole fare da cavia?
La piena occupazione degli schiavi è proprio il paradigma iperliberista reazionario di oggi, ma pensato ancora più crudele e dispotico. E' una forma mentis medievalista e feudataria tradotta in salsa modernista, il peggio del peggio... 
Oltretutto nessuno accetterebbe di farlo, manco un pazzo masochista...
Oppure, se nessuno lavorerà GRATIS perderà, attraverso meccanismi ideati ad hoc, quei diritti fondamentali oggi ancor garantiti e tra i pochi rimasti? 
Un ricatto sociale che sposta il problema su coloro oggi che lavorano già sottopagati, per scaricare, in una guerra tra poveri, i problemi strutturali di un meccanismo autodistruttivo a monte.
Sarebbe come curare dei malati di cancro facendo diventare un po' malati tutti quanti e non cercando di debellare la malattia...

Voi li vedete giovani e rabbiosi operai, muratori ed incazzati asfaltatori che, per battere la disoccupazione, vanno a lavorare gratis? 
Abbiamo risolto anche l'annoso "problema" degli scioperi, o qualcuno scenderà in piazza per difendere la sua prestazione gratuita, e se devo spostarmi per recarmi al lavoro, devo pure pagare le spese per lavorare a gratis?
Un capolavoro, sembra veramente una barzelletta od è invece un modello di pensiero che in punta di piedi si sta concretizzando?
Perché non proporre direttamente un suicidio di massa a gratis?
Si potrebbe pensare anche ad una forma di estinzione del genere umano, in questo modo avremmo risolto una volta per tutte il problema lavoro e ridistribuzione.

Il quesito che mi pongo è il seguente:
1- DE MASI afferma ciò perché si vuol fare pubblicità negativa, ma tutto fa brodo, così molti compreranno il suo libro, magari per criticarlo, libro che ovviamente non sarà gratis???
2- DE MASI afferma ciò perché sta scrivendo da una clinica privata psichiatrica in Svizzera e gli hanno concesso un'ora d'aria dopo che ha saltato la terapia farmacologica del giorno???
3- DE MASI afferma ciò perché vuole fare concorrenza alla rivista satirica online di Lercio???
A rincarare la dose in questa direzione ci ha pensato il ministro Poletti: 'Nel lavoro si creano più opportunità giocando a calcetto che a spedire curricula'.
Frase del ministro durante incontro con i giovani studenti a Bologna sul tema dell'alternanza scuola-lavoro.
Lo sviluppo di DE MASI è quello del bieco sinistrume da salotto di sociologi, mancati artisti che sublimano la creatività con sciocchezze considerate spirito creativo. "Comunisti con il culo degli altri", leggi amici del padrone, che dividono la società in conveniente per loro, libro in vendita a caro prezzo, e stipendio virtuale per tutti gli altri. 
Gente che nel mio mondo ideale, sicuramente più evoluto del loro, sarebbero appesi come lampadari ed ornamento a ricordo di un passato oscurantista.
Ne ho conosciuti tanti di intellettuali utili ed inutili piazzati ad occupare posti e a farci la lezioncina su come NOI dovremmo vivere mentre loro VIVEVANO mantenuti da coloro che oggi dovrebbero lavorare e/o già lavorano quasi a gratis. 
Auspicabile a questo punto un allegro giacobinismo consequenziale, inevitabile a causa loro (principio di causa effetto)??? 
In realtà, non bisogna odiare nessuno. E' sbagliato ed inutile odiare il nemico, bisogna amarlo. 
Ma un conto è non odiare, un conto è difendersi. 
Io amo tanto i cani, ma se un cane rabbioso mi vuole mordere e sbranare io, pur amandolo alla follia, dovrò preoccuparmi di difendermi prima che lui mi mangi. 
E' proprio una questione di pragmatismo vitale, per quanto mi riguarda io starei così bene ad oziare nel mio eden creativo, ma per colpa LORO mi tocca difendermi e perdere tempo prezioso.
Non sarà appunto che i padroni del vapore, tramite i loro più vecchi e tristi epigoni sul viale del tramonto, puntino alla piena occupazione del nostro TEMPO?
Guai mai che l'uomo si risvegli dal suo torpore, bisogna abituarlo e convincerlo a lavorare gratis piuttosto che permettergli di essere libero.
Una sorta di fascismo del tempo rubato...
Diciamo che come tanti epigoni del fancazzismo intellettuale DE MASI è da considerarsi una forza dell'ostacolo, e allora ben venga... 

Un gesto creativo sarebbe quello di regalare il libro all'uscita dalle fabbriche. Nel giro di poche settimane cambierebbe il titolo: "COME NON LAVORARE ED ESSERE RETRIBUITI DIGNITOSAMENTE SENZA LEGGERE IL MIO LIBRO"



domenica 19 marzo 2017

PUPAZZO IS A NEW TREND... (WALDO vs GRILLO)


Il nuovo spettacolo teatrale di Grillo mi ricorda tanto il personaggio WALDO di Black Mirror, esso svela il vero volto di certi cosiddetti innovatori ed aggiornatori di sistema, e lo fa con il sorriso sulle labbra, recitando come sempre.
Grillo è diventato il rivelatore dei suoi intenti, anche se tutto passa in sordina e si ride pure. 
IO SCHERZAVO... cit. Beppe grillo

Il trailer del nuovo spettacolo di Grillo è da un certo punto di vista geniale, perché appare come una parodia di se stesso, sembra di vedere lo spettacolo di un comico che fa il verso ad un Grillo qualsiasi, il tutto mentre è impegnato in politica, confondendo volutamente i due ambiti, quello reale, il politico, e quello virtuale e surreale, il comico. Una sorta di metaspettacolo autoreferenziale ben strutturato e funzionale al suo ruolo sociale.
La NETFLIX che rappresenta la nuova avanguardia transumanista per quanto riguarda i media, quella di BLACK MIRROR, tanto per intenderci, ha prodotto il vecchio pargolo della Casaloggia, e ciò non è un caso...
Le vicende di Grillo assomigliano terribilmente proprio ad un episodio di BLACK MIRROR di qualche anno fa, quello dell'orsetto WALDO che scende in politica, ma non vi racconto come va a finire, guardatelo voi, se già non lo conoscete.
Il nuovo show di Grillo è qualcosa che nessuno aveva mai osato tanto, una nuova propaganda mediatica in salsa comica, dove i ruoli si ribaltano e dove i problemi della società, al posto che essere elaborati e superati, vengono sublimati e resi irreali, quindi fatti accettare come male minore. 
Mentre un tempo a livello teatrale si usavano gli stessi paradigmi per criticare e disturbare il potere, oggi si usano per incanalare il dissenso e spostare i bersagli.



Grillo svolge questa funzione oracolare occulta, quella di far accettare i mali del mondo spingendo la massa a metabolizzarli, massa che non avrà più bisogno del conflitto sociale e di un suo risveglio, di una sua elaborazione, massa che esaurirà la propria rabbia e sconforto delegando Grillo a sublimare le loro sfighe quotidiane.
Ma a differenza di un comico normale, lui è il padrone di un partito che, anche nella realtà finge di affrontare problemi, perché il suo unico scopo è quello di SUBLIMARE e far sublimare i propri fedeli. 
Una sorta di farmaco sociale, un potente anestetico.
Un progetto molto sofisticato che viene da lontano, proprio da quei mondi che aveva inizialmente criticato e denudato, per poi diventare con il tempo lo sbirro buono, la stampella del sistema, colui che legittima l'attuale governance di finta sinistra, governance che svolge lo stesso ruolo ribaltato, nel senso che entrambe le fazioni si sorreggono a vicenda come fossero 2 colonne dello stesso tempio.

Forse per la prima volta Grillo è stato sincero, il suo ultimo spettacolo inizia con un slogan interessante, e dopo averci ricordato per l'ennesima volta, come faceva anche Berlusconi e Renzi, quello che ha costruito nella sua carriera alternativa, dopo aver affermato di non aver mai pensato di raggiungere negli anni una popolarità politica così vasta, dice alla platea festante: "MA IO SCHERZAVOOO..."
E la gente ride, ride, ride e non piange più, per la modica cifra di 30 euro, prevendita compresa.

Grillo è stato cooptato da certi mondi 10/15 anni fa, gli stessi mondi, per dire, che sono dietro alla NETFLIX e di tutta l'estetica distopica cinematografica, quelli considerati modernisti e "liberali", nuovi hipster figli dell'aristocrazia illuminata.
Il contrappasso per Grillo è stato fargli dire e fare l'opposto di quello che un tempo metteva in scena. 
ROMPI I COMPUTER??? 
Fai il ribelle ed il passatista moralista??? 
Ecco, da "grande" diventerai l'uomo del web ed attraverso questo medium inizierai quella ingegneria sociale che il potere digitale ha previsto per uno come te, ovvero, quello della nuova politica dal basso, quella senza particolari ideologie ed appartenenze, svuotata e fintamente democratica ma che si spaccia per tale, un paradigma che si imporrà sempre più nella società in futuro...
Cooptazione con l'ala futuristica/modernista del potere, quella preposta a far accettare nuovi modelli sociali alla massa, attraverso il cinema, la musica, la rete, la tecnologia, la pubblicistica, la letteratura, i gusti sessuali, ecc, ecc...
Beppe GRILLO come Waldo, ha nel nome qualcosa di simbolico ed evocativo.
Waldo curiosamente ricorda nel nome la pedagogia WALDORF di Steineriana memoria, e si presenta non a caso anch'esso nella serie tv come nuovo pedagogo distopico che incarna un nuovo modello di avatar politico. 
Quindi Waldo non è frutto di invenzione, o meglio, lo è solo in parte, perché WALDO IS REAL, mentre l'azione politica di Grillo IS NOT REAL...
Il virtuale diventa più reale del reale, più efficace ed innovativo, mentre l'apparente reale rappresenta solo la simbolica controfigura di se stesso.




giovedì 9 marzo 2017

8 MARZO TRANSUMANISTA DEL FUTURO...


Ad un giorno di distanza dalla Festa dell' 8 Marzo torna in rete una notizia curiosa del 2015.
La Cleveland Clinic promette tra qualche anno che gli uomini potranno partorire attraverso un trapianto dell'utero, studio precedentemente sperimentato su donne nate biologicamente senza o su donne che hanno l’utero malfunzionante o malato.
Accetto scommesse che tra 5 o 10 anni anni nessun uomo potrà partorire, ma ammesso e non concesso che ci possa essere la fisiologica possibilità di realizzare questo delicato intervento transumanista, scommettiamo che saranno pochi i candidati maschili desiderosi di maternità e di pancione?
Chiediamoci quindi perché venga fuori, o ancor peggio, torni fuori una notizia del genere.
Se per assurdo ciò fosse possibile, l'operazione sarebbe talmente costosa che nessuno, a parte pochi candidati, potrebbe realizzare questo surrogato materno, e poi perché non adottare qualche bambino meno fortunato, il mondo ne è pieno e ci aspettano tutti a braccia aperte, perché questa voglia di possesso per lo più artificiale, come fosse una sorta di status sociale da esibire in chiave modernista?
Capite perché il sistema TRANSUMANISTA strizza l'occhio ai diritti civili? 
Non perché li abbia a cuore, ma per fare accettare la sua agenda culturale ed insinuarsi nei cambiamenti della società cavalcandoli strumentalmente per progetti di altra natura più manipolatoria e di potere.
Quindi dovremmo iniziare a distinguere e separare i diritti civili sacrosanti, da difendere e promuovere sempre, e che riguardano l'essere umano in tutte le sue declinazioni anche non tradizionali, rispetto alle TRASFORMAZIONI artificiali imposte dal modernismo vigente, che rappresentano in realtà l'opposto della liberazione dell'individuo.

Il problema della critica è come sempre quello di non sbagliare il bersaglio, quindi non aver atteggiamento e retropensiero conservatore riguardo alle innovazioni portate da un aumento di diritti nella nostra società, come spesso purtroppo capita di leggere in rete o su certe testate giornalistiche, ma semmai comprendere la loro strumentalizzazione per altri fini opposti e differenti.
Lo stesso sistema che privatizza la sanità e fa le guerre esportando "democrazia", poi "segretamente" promuove di buon grado assurde ricerche che stridono alla logica ed al buon senso.
In realtà, il sistema transumanista è interessato a plasmare una nuova umanità, una sorta di Golem dedito al consumo e prodotto lui stesso usa e getta, come è anche interessato in un futuro prossimo alla creazione di cloni sub-umani da utilizzare come nuova forza lavoro del sistema produttivo.
Se ne parla da anni per quanto riguarda gli animali, in relazione alla clonazione di singoli organi o parti di essi per creare i presupposti di allevamenti artificiali che escludano quelli attuali ed il relativo sfruttamento inumano conseguente, ma se ne è parlato anche in ambito chirurgico in relazione alla creazione in laboratorio di singoli organi da trapiantare a pazienti con disturbi e patologie gravi.
Ma un conto è creare nuovi organi da utilizzare al posto di quelli malati, quello potrebbe essere un ottimo utilizzo di certe innovazioni mediche, altra cosa è trasformare e forzare la natura della persona fino all'inverosimile.
Una sorta di nuova realtà distopica viene quindi prospettata ed inculcata a suon di veline, bufale, mezze verità, tutte atte ad instillare nuovi processi e nuovi cambiamenti in corso d'opera.

Pensate quanti soldi potrebbero essere spesi per la sanità pubblica ed il bene della collettività, invece si fanno tagli criminali allo stato sociale, mentre vengono spesi miliardi di dollari privati e statali per portare avanti delle ricerche assurde tipiche di un sistema elitario ed esclusivo, nazista nello spirito, che in un futuro, spero lontano, assicurerà una platea di schiavi sostituendo una buona parte dell'umanità.
Nuovi nati per partenogenesi, cloni autoreferenziali saranno forse possibili, anche in relazione al salto quantico che ha fatto la scienza negli ultimi 50 anni.
Forse in futuro, dopo guerre, carestie e sciagure di ogni tipo, in un'ambiente contaminato ed ostile, la popolazione sarà diventata obsoleta e non servirà più al POTERE come sistema produttivo, quindi si educherà la massa a far accettare questo nuovo paradigma come giusto e necessario.
Una società alla Blade Runner è all'orizzonte, l'8 Marzo del futuro vedrà forse come protagonisti i nuovi gestanti maschili che grideranno "L'UTERO E' MIO E ME LO GESTISCO IO" e non per riprendersi il proprio corpo ed il proprio destino limitando le nascite, ma per sfornarne di nuove in un'ottica rinnovata consumistica e capitalista.


Togliere alle donne il loro più grande potere...???
Potrebbe essere simbolicamente uno dei motivi occulti della nostra società finto democratica che segretamente appoggia certe novità in odor di tecno santità, per quanto viste oggi come assurde ed improbabili, una tappa di un patriarcato cybertrans. Un'altra celata motivazione potrebbe essere, per osmosi, quella di rendere il maschio uno schiavo come lo era ed è ancora oggi la donna, una parità al ribasso.
Quindi non tanto banalmente una femminilizzazione sessuale di Stato, della quale al potere non importa nulla se non come primo approccio strumentale alla causa, ma piuttosto rendere socialmente il maschio una sorta di surrogato donna, che in una società gerarchica patriarcale diventa una sorta di donna bis da quote rosa, al tempo stesso rendere la donna un surrogato del maschio, dal quale apprendere solo il capolarato patriarcale assorbito in millenni di coercizione religiosa.
Quindi non tanto un mondo moderno ed auspicabilmente più femminile, più empatico, evoluto e non violento, ma un mondo dove anche la controparte tradizionale diventa anch'essa subalterna come lo è sempre stata la donna in tutte le società del mondo.
Simbolicamente tutti quanti trasmutati come "sesso debole" e non elevati entrambi a "sesso forte".
Questo paradigma una volta era incarnato dalla religione che aveva i suoi rigidi schemi dogmatici di comando, oggi, in occidente e non solo, servono strumenti più sofisticati ed aggiornati ai tempi per implementare lo stesso tipo di controllo spirituale, culturale, politico ed economico.

Per questo motivo il potere ha sempre manipolato la vera spiritualità interiore con le religioni e, laddove siano diventate retaggio obsoleto, le ha sostituite con uno scientismo dogmatico, oracolo del nuovo modernismo. Nei paesi del terzo mondo le religioni vanno ancora alla grande e gestiscono i corpi ed i divieti annessi, mentre in quello cosiddetto civilizzato, il nostro, abbiamo altri dogmi uguali/differenti. L'importante è CREDERE a qualche sovrastruttura, sia essa religiosa che scientista, e quando CREDI il tuo spirito muore perché delega all'oracolo di turno, che può essere incarnato da qualsiasi medium sociale, ideologico o culturale.
Liberarsi dal concetto sovrastrutturale che percepiamo culturalmente è una grande forma di vera spiritualità, di coscienza, di libertà e di ritrovata divinità interiore.
Partire da noi stessi per ritrovare il nostro regno interiore, ovviamente, per quanto necessario ed ineluttabile, mediando con il mondo esterno, al contrario potremmo precipitare in un delirio di onnipotenza, non essendo ancora questi i tempi maturi per una "società anarchica", ma lavorandoci giorno per giorno nel nostro quotidiano perché ciò si avveri, condizionando in positivo la giusta tensione e vibrazione.

Perché gli stessi investimenti miliardari non vengono utilizzati per curare tumori, per fare seria ricerca, invece di concentrarsi sulla trasformazione forzata dell'individuo?
Perché l'uomo che si BASTA DA SOLO, quello che teoricamente potrebbe partorire, che potrebbe replicarsi per partenogenesi, fecondandosi magari con il proprio sperma come certi rettili ancestrali, esclude un rapporto affettivo sessuale ed uno scambio di coppia (etero, omosessuale, è uguale) trasformandosi in uomo macchina produttivo, autoproduttivo, fino ad arrivare ad essere clone di se stesso?
Quale è la prospettiva, quale il miraggio di questa volontà distopica, quello della visione di un mondo declinato biologicamente solo al maschile, senza donne perché donna lui stesso in quanto capace di autoriprodursi?
Perché tanti scienziati del 3° Reich fuggirono dal nemico dopo la 2° guerra mondiale, continuando l'agenda transumanista da loro iniziata un tempo?
Perché volutamente si confondono e si mischiano ancora una volta diritti civili con prospettive artificiali?






martedì 7 marzo 2017

LA SEGRETA STRATEGIA (Intervista a Luciano Lanza realizzata da Franco Melandri)



UNA CITTÀ n. 60 / 1997 Giugno-Luglio
Intervista a Luciano Lanza
realizzata da Franco Melandri
LA SEGRETA STRATEGIA

Dopo tanti anni di silenzio la verità sulla strage di piazza Fontana forse si avvicina. Le impressionanti carte dei giudici in cui si racconta di un convegno a Roma dove tutto iniziò, di una strategia internazionale golpista, di servizi segreti tutt’altro che deviati, di una montatura contro gli anarchici architettata per tempo. Le responsabilità per la morte di Pinelli. Intervista a Luciano Lanza.
Lu­cia­no Lan­za, gior­na­li­sta e sag­gi­sta, ha re­cen­te­men­te pub­bli­ca­to il li­bro Bom­be e se­gre­ti -Piaz­za Fon­ta­na 1969, edi­zio­ni Elèu­the­ra.


-Sembra che le indagini sulla strage di piazza Fontana confermino, dopo 28 anni, quanto dissero allora gli anarchici e l’estrema sinistra: strage di stato…
In effetti, dopo tanti anni di silenzio, e grazie anche alle indagini portate avanti dall’89 al ’97 dal giudice istruttore milanese Guido Salvini, sono state confermate le pesanti responsabilità che in quella strage ebbe una parte grandissima degli apparati statali. Una parte niente affatto "deviata", ma che svolgeva il suo compito istituzionale. E’ venuta alla luce la responsabilità di uomini politici, ministri, giudici, poliziotti, servizi segreti italiani ed esteri, nel mettere in atto una "strategia della tensione", come venne chiamata allora, per impedire lo slittamento a sinistra dell’asse politico italiano. Questa strategia venne elaborata in forma compiuta dal 3 al 5 aprile ’65, all’Hotel Parco dei Principi di Roma, dove si svolse un convegno a cui parteciparono Pino Rauti -fondatore del movimento neofascista Ordine Nuovo e oggi leader del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore-, Guido Giannettini, giornalista e agente "Z" del Servizio Informazioni Difesa, e alcuni giovani, tra cui Stefano delle Chiaie e Mario Merlino, pseudo-anarchico infiltrato nel gruppo anarchico "22 Marzo" di Roma, il gruppo dove militava Pietro Valpreda, che poi venne accusato della strage. In questo convegno (i cui atti furono pubblicati nel volume La guerra rivoluzionaria) Pio Filippani Ronconi, un docente universitario, traduttore di lingue orientali e crittografo alle dipendenze del ministero della Difesa e del Sid, tenne la relazione centrale, intitolata Ipotesi per una controrivoluzione, dove venivano teorizzati diversi livelli di organizzazione per prepararsi a contrastare il pericolo comunista in Italia.
Questo convegno fu, in pratica, l’atto costitutivo dei Nuclei di difesa dello Stato (Nds), un’organizzazione parallela a Gladio: mentre Gladio era l’organizzazione "ufficiale" di difesa territoriale in caso di invasione da parte del blocco comunista (e infatti praticamente non fece mai nulla), i Nds erano invece l’organizzazione che doveva prevenire dall’interno, e con ogni mezzo, l’avanzata del comunismo in Italia.
La "strategia della tensione" si perfezionò nel ’69, quando il gruppo neonazista di Franco Freda e Giovanni Ventura, con base a Padova, il 25 aprile mise le bombe alla Fiera Campionaria e alla stazione centrale di Milano, mentre il 9 agosto collocò dieci bombe su vari treni in tutta Italia, provocando 12 feriti. Questa stessa strategia toccò il culmine il 12 dicembre ’69, giorno in cui il gruppo di Freda e Ventura, il gruppo di Ordine Nuovo di Venezia-Mestre e il gruppo di Avanguardia Nazionale di Roma, piazzarono alcune bombe a Roma, alla Banca Nazionale del Lavoro e all’Altare della Patria, provocando rispettivamente 14 e 4 feriti, e a Milano, dove, alla Banca nazionale dell’agricoltura, il bilancio fu di 16 morti e oltre 100 feriti, mentre la bomba alla Banca commerciale italiana non esplose. Venne fatta esplodere in seguito, eliminando una prova importantissima.

-In questo fiorire di organizzazioni più o meno segrete, quale fu il ruolo dei servizi segreti?
Ci furono certamente agenti della Cia che seguirono costantemente l’attività di questi gruppi (nel gruppo di Ordine Nuovo di Venezia, ad esempio, c’era un agente Cia, Carlo Digilio, che era anche l’artificiere e l’armiere del gruppo) con un atteggiamento che il giudice Salvini ha definito di "benevola protezione", che significava lasciar fare, all’occorrenza aiutare, senza esporsi troppo. Questo mentre il Sid, ovviamente filoamericano e "ciadipendente", da una parte ci metteva del suo e, dall’altra, seguiva le indicazioni filogolpiste che prevalsero, dal ’67 fino alla prima metà degli anni ’70, nella Cia e nel Patto Atlantico. Una strategia filogolpista che aveva portato, fra l’altro, al colpo di stato in Grecia nel ’67 (in cui la Cia mise come primo ministro un suo uomo, Georgios Papadopoulos) e che nel ’73 portò al golpe in Cile. E’ questo il periodo in cui si cominciò a pensare che qualcosa del genere dovesse accadere anche in Italia, visti che il Pci continuava ad avanzare ad ogni elezione .
Torniamo alle bombe del 12 dicembre ’69, quali sono le prove che a metterle furono i fascisti?
La testimonianza-cardine è quella di Martino Siciliano, che all’epoca faceva parte del gruppo di Ordine Nuovo di Venezia. Siciliano afferma che la notte di capodanno tra il ’69 e il ’70, Delfo Zorzi, allora elemento di spicco del gruppo, gli rivelò che la bomba alla Banca dell’agricoltura non era stata messa dagli anarchici, ma era un’operazione gestita dai massimi livelli di Ordine Nuovo del Triveneto, e che gli anarchici erano stati presi come capri espiatori per la loro fama di bombaroli. Nell’inchiesta condotta dal giudice Salvini, oltre a questa testimonianza, ci sono moltissimi riscontri, che sarebbe lunghissimo ricostruire, di come e da chi, questa strategia venne messa in atto. Ci troviamo, insomma, di fronte a un grande mosaico che alla fine rivela che tutti questi attentati erano collegati fra loro e che a compierli furono gruppi neonazisti (Freda e Ventura, fra l’altro, sono stati condannati in modo definitivo per le bombe del 25 aprile e del 9 agosto), anche se all’epoca vennero attribuiti agli anarchici. Anche per le bombe del 25 aprile vennero infatti arrestati alcuni anarchici, mentre per quelle del 9 agosto il capo della squadra politica di Milano, Antonino Allegra, e Calabresi cercarono di incastrare Giuseppe Pinelli, non riuscendoci perché non avevano in mano niente.

-Ma perché gli anarchici vennero presi come capro espiatorio?
Quando si mette in campo un’attività terroristica che deve essere occultata, o attribuita ad altri, si comincia sempre scegliendo prima i possibili colpevoli, i capri espiatori. Nel piano preparato dai Nds con l’appoggio del Sid era necessario, perché i capri espiatori fossero credibili, che ci fossero due gruppi dello stesso genere, uno a Milano e uno a Roma, da incolpare . Il gruppo di Roma venne individuato in quello di Pietro Valpreda, il gruppo "22 Marzo", che, su una decina di persone contava tre infiltrati: Mario Merlino, che si dichiarava anarchico, ma che tuttavia informava Stefano delle Chiaie di Avanguardia Nazionale delle attività del gruppo, l’agente di pubblica sicurezza Salvatore Ippolito (conosciuto come il "compagno Andrea", era nel gruppo come informatore della polizia), infine, e con un ruolo più marginale di quanto egli stesso volesse far credere, c’era Stefano Serpieri, uno dei fondatori di Ordine Nuovo insieme con Rauti che, dalla seconda metà degli anni Sessanta, era anche informatore del Sid. Quelli del "22 Marzo", inoltre, si prestavano benissimo ad essere incolpati: facevano discorsi esaltanti la violenza, nelle manifestazioni cercavano di arrivare allo scontro con la polizia, lanciavano, o forse lo dicevano soltanto, qualche bottiglia molotov.
In sostanza, benché non facessero niente di più pericoloso o di più violento di quanto stessero facendo tanti altri militanti della sinistra, avevano però un’immagine violenta, che Valpreda rafforzò quando, con due giovanissimi anarchici di Milano, pubblicò il numero unico Terra e libertà, che portava in primo piano l’articolo Ravachol è risorto, assolutamente delirante e che poi venne messo agli atti nel tentativo di far vedere come le bombe rientrassero in una strategia anarchica. Per quanto riguarda Milano, invece, il gruppo su cui venne puntata l’attenzione era quello di Paolo Braschi, Tito Pulsinelli, Paolo Faccioli e Angelo Della Salvia, tutti giovanissimi, che si riunivano con due persone di mezza età, Giovanni Corradini e Eliane Vincileone, due anarchici abbastanza conosciuti nella sinistra milanese. Corradini, architetto, era considerato dalla polizia un teorico perché nel ’63 era stato il direttore di Materialismo e libertà, un giornale che fece scalpore nell’ambito anarchico anche se ne uscirono solo tre numeri. Ma soprattutto Corradini e Vincileone erano amici intimi di Giangiacomo Feltrinelli, che da tempo parlava del pericolo di un colpo di stato (e su questo fece anche pubblicare un libretto piuttosto informato, probabilmente grazie alle fonti qualificate che poteva consultare) e della necessità di prepararsi a reagire a questa evenienza. Il tentativo di colpo di stato in effetti ci fu, venne attuato dall’ex comandante repubblichino Junio Valerio Borghese, e coinvolse anche Franco Restivo, allora ministro dell’Interno, Mario Tanassi, ministro della difesa, e Mariano Rumor, presidente del consiglio.

Il gruppo degli anarchici milanesi non potè però essere accusato per le bombe alla Banca dell’agricoltura: erano stati "bruciati" con l’accusa per le bombe del 25 aprile. Il 12 dicembre, a parte Corradini e Vincileone, scarcerati il 7 dicembre (giorno troppo vicino alla strage per poter sostenere che, in cinque giorni, avessero preparato tutto), erano tutti in carcere, da cui uscirono, assolti, nel 1971. Venne così a mancare un gruppo milanese con le caratteristiche adatte a fungere da capro espiatorio.
Si tentò di rimediare accusando "Steve" Claps e Aniello D’Errico, i due ragazzi che avevano fatto Terra e libertà insieme a Valpreda. Furono infatti arrestati, rimessi fuori, riarrestati, rimessi nuovamente fuori, in una storia infinita che riempì le pagine dei giornali tra fine dicembre ’69 e inizio gennaio ’70. Alla fine vennero lasciati perdere sia perché risultarono completamente al di fuori della questione, sia perché non avevano neppure la "struttura umana" per un attentato come quello alla Banca dell’agricoltura. E’ in questo venir meno del capro espiatorio previsto che, a posteriori, si spiegano le insistenze per cercare di incastrare Pinelli, cioè l’anarchico più conosciuto nel giro della sinistra milanese.
A quel punto, infatti, poiché i colpevoli delle bombe dovevano essere degli anarchici, a Milano non rimanevano che quelli del "Circolo Ponte della Ghisolfa", cui facevano capo alcuni collettivi studenteschi e alcuni Cub (Comitati unitari di base), e che era gestito dal gruppo Bandiera Nera, di cui faceva parte Pinelli.
Il gruppo Bandiera Nera era però un gruppo di gente molto affiatata, militanti che erano anche amici fra loro e lavoravano insieme da anni, in cui l’infiltrazione era difficile. Questa avvenne a livello del circolo, che era una struttura aperta, pubblica, nella quale venivano tenute conferenze e spettacoli.
E’ in questa situazione che, il 12 dicembre, Pinelli, dopo aver giocato a carte per buona parte del pomeriggio al bar dove andava spesso, passò dal circolo anarchico di via Scaldasole, gestito anch’esso da Bandiera Nera con un altro paio di gruppi, che era la sede anarchica più aperta di Milano, il luogo "pubblico" per eccellenza, dove confluivano gli studenti. Qui trovò Sergio Ardau, un altro anarchico, e Calabresi con alcuni poliziotti. Ardau venne caricato in macchina mentre Calabresi invitò Pinelli a seguirlo in questura con il motorino con cui girava sempre. Pinelli li seguì nel penultimo viaggio della sua vita, il viaggio definitivo fu quello dalla finestra del quarto piano della questura. La verità su come Pinelli sia morto non la sapremo mai, perché gli unici testimoni sono i poliziotti che lo interrogavano. Sono loro a essere, per l’opinione pubblica ma anche per una deduzione logica, i responsabili della sua morte, sono loro che si sono contraddetti in maniera vistosa. Sono i poliziotti che non si preoccuparono, con l’unica eccezione del tenente dei carabinieri Savino Lo Grano, di scendere in cortile per vedere come stesse Pinelli, mentre invece corsero subito nelle altre stanze della questura gridando "Si è buttato". Sono tante le contraddizioni già allora emerse su come Pinelli morì, ma per il giudice Gerardo D’Ambrosio, che archiviò l’inchiesta su quella morte, non contarono.

-In tutto questo che ruolo ebbe Calabresi? Tutti concordano nel dire che fra lui e Pinelli ci fosse una certa consuetudine…
Quando Calabresi arrivò a Milano per occuparsi dell’estrema sinistra come commissario aggiunto dell’ufficio politico, ovviamente cercò dei contatti con le persone più rappresentative delle varie formazioni. Per il "Ponte della Ghisolfa", per gli anarchici di Milano, prese contatto con Pinelli, che era uno degli anarchici milanesi più anziani e rappresentativi: ex-staffetta partigiana durante la Resistenza, molto presente nei dibattiti della sinistra milanese, si era fatto conoscere, lui autodidatta, come uno dei più attenti ai nuovi movimenti sociali e culturali e come uno dei riorganizzatori dell’anarchismo milanese. A Pinelli e ai leader della estrema sinistra Calabresi si presentò come uomo di sinistra, impegnato a cambiare i rapporti fra sinistra extraparlamentare e polizia, fautore di uno spirito diverso, in linea con i tempi che stavano cambiando. A testimonianza di questi "rapporti diversi" Calabresi regalò a Pinelli il libro di Enrico Emanuelli Mille milioni di uomini. Pinelli ne fu imbarazzato e, per non rimanere in debito con un poliziotto, contraccambiò con il libro L’antologia di Spoon River, dicendoci: "Ho ricevuto un regalo, l’ho contraccambiato, quindi pari e patta".
Comunque, dalle bombe dell’agosto ’69 i rapporti cambiarono: da un lato il capo della squadra politica, Antonino Allegra, e Calabresi cercarono di incastrarlo, mentre dall’altro gli fecero pressioni per trovare in lui un confidente, o comunque qualcuno che riferisse sull’attività degli anarchici.
Da lì cominciò una sorta di persecuzione nei confronti di Pinelli. E’ rimasto famoso, perché detto in pubblico, il "Te la faremo pagare" che Calabresi gli urlò nel settembre ’69, durante un picchettaggio sotto San Vittore che chiedeva la liberazione degli anarchici arrestati per le bombe del 25 aprile. Questi erano i rapporti fra Pinelli e Calabresi che, fra l’altro, fu anche uno dei primi a sostenere la tesi che a mettere le bombe del 12 dicembre fossero stati gli anarchici.
Calabresi (con Allegra e il questore Marcello Guida) è stato poi il responsabile della detenzione illegale di Pinelli, anche se non è stato accertato se fosse o meno nella stanza quando Pinelli volò giù. In quella stanza c’era una sola persona che avrebbe potuto testimoniare contro di loro, ma è volata giù, per cui ora non resta che la versione dei poliziotti. Noi possiamo comunque dire che loro sono i responsabili, anche se questa non può essere sostenuta come verità giuridica.
Comunque alcuni elementi sono certi: Calabresi è stato una della pedine fondamentali della montatura contro gli anarchici; è uno dei responsabili della morte di Pinelli; ed è sempre Calabresi che, quando vengono arrestati i due anarchici Tito Pulsinelli ed Enrico Rovelli nell’agosto 1969, convince quest’ultimo, con minacce e promesse di favori, a diventare un informatore della polizia; è Calabresi che cede in "condominio" Rovelli (con il nome in codice Anna Bolena) a Silvano Russomanno, responsabile a Milano dell’ufficio affari riservati del ministero dell’interno. Questa era la divisione guidata a Roma da Federico Umberto D’Amato che ha rappresentato la vera centrale (con il Sid) della strategia della tensione e dei depistaggi. E perché Calabresi collabora così attivamente con l’ufficio affari riservati? Molto semplicemente perché ne è l’interfaccia nell’ufficio politico della questura. Cioè è l’uomo di D’Amato nella polizia milanese.
Parte delle responsabilità di Calabresi vennero fuori nel processo Calabresi-Lotta Continua, nel quale il commissario cercò di presentarsi come funzionario integerrimo. Certamente era uno che sapeva gestire la propria immagine, ma in quel processo si contraddisse vistosamente quando affermò che non considerava Pinelli un indiziato, mentre lo aveva trattenuto tre giorni, per il resto continuò ad affermare che con Pinelli aveva un ottimo rapporto, che non riusciva a spiegarsi il suo gesto perché probabilmente la mattina dopo sarebbe stato rilasciato, che solo una volta aveva tentato un colpo d’effetto dicendogli: "Valpreda ha parlato". In quel processo sono stati soprattutto i suoi uomini ad essere imbarazzatissimi, a contraddirsi vistosamente.

-Tirando un po’ le fila del discorso, alla luce dei risultati dell’inchiesta di Salvini sorprendono le dichiarazioni del giudice D’Ambrosio, allora incaricato di condurre le indagini, sulla non rilevanza dei dossier dell’Ufficio Affari Riservati ritrovati pochi mesi fa…
E’ difficile sapere perché D’Ambrosio abbia fatto quelle dichiarazioni. Si possono però fare delle illazioni, per esempio sull’esistenza di una lotta interna alla magistratura. Non dimentichiamoci che D’Ambrosio è il giudice che mandò prosciolti tutti i poliziotti che interrogarono Pinelli la notte in cui precipitò dalla finestra della questura, inventando la famosa sentenza del "malore attivo" e trascurando tutte le contraddittorie dichiarazioni dei poliziotti che erano in quella stanza. Non si può nemmeno prescindere dal momento storico in cui quella sentenza venne emessa. Era il 1975, cioè il momento in cui il Pci si stava avvicinando al governo. In un certo senso, non sarebbe azzardato definire la sentenza di D’Ambrosio come una sentenza da compromesso storico: salvava la figura di Pinelli, ma non andava alla ricerca delle responsabilità dei poliziotti. Salvini ha cercato di individuare tutte le responsabilità del Sid, dei poliziotti, di alcuni alti ufficiali dei carabinieri, e ha scritto, in una sua sentenza di rinvio a giudizio: "La presenza di settori degli apparati dello stato nello sviluppo del terrorismo di destra non può essere considerata deviazione, ma normale esercizio di una funzione istituzionale".
Arrivando alle conclusioni della sua inchiesta, Salvini ha scritto poi una cosa ancora più pesante: "La protezione dei componenti della cellula veneta -cioè del gruppo di Freda, Ventura e Zorzi- era un’attività assolutamente necessaria in quanto il cedimento, anche di uno solo degli imputati, avrebbe portato gli inquirenti, livello dopo livello, a risalire fino alle più alte responsabilità che avevano reso possibile l’operazione del 12 dicembre, e le ripercussioni che ne fossero derivate sarebbero state incompatibili con il mantenimento dello status quo politico del paese". Questo significa che la verità su Piazza Fontana, se fosse venuta fuori nei primi anni successivi alla strage, avrebbe compromesso l’equilibrio politico centrato sulla Democrazia Cristiana.
Oggi, a quasi 30 anni di distanza, questa stessa verità è una verità storica, ma politicamente ha riflessi irrilevanti visto che alcuni dei maggiori responsabili, come Rumor o Restivo, sono morti o sono fuori gioco. L’unico che è rimasto sulla scena è il sempiterno Giulio Andreotti, travolto però da problemi di mafia. In ogni caso, ora che Salvini ha depositato la sentenza di rinvio a giudizio e il caso non è più suo, non so quanto verrà salvato della sua inchiesta. Non so quanto il giudice D’Ambrosio, che coordina i due pubblici ministeri che seguono ora il caso (Grazia Pradella e Massimo Meroni), sia disposto a rimettere in discussione una vicenda in cui lui stesso è stato coinvolto e in cui è stato coinvolto anche il Pci. Rispetto alla strage, alle indagini e alle sentenze che ad essa sono seguite, resta comunque un interrogativo cui non si può, per ora, dare risposta, ma che tuttavia è ineludibile: quanto sapeva della strage di piazza Fontana l’allora principale partito d’opposizione, il Pci, oggi Pds? Molto, certamente, ma quanto?
Fino a che punto la paura delle bombe, del colpo di stato, ha ammorbidito l’opposizione del Pci?
Fino a che punto questa paura ha portato a proporre il compromesso storico e ad accettare poi il consociativismo?
La risposta è solo negli archivi di via delle Botteghe Oscure, impenetrabili come quelli del Vaticano.

http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=184