martedì 24 ottobre 2017

L'ASIA, L'ARGENTO E LA MIRAMAX DI AL JAZEERA


Non mi sono ancora espresso sul caso WEINSTEIN e su ASIA ARGENTO.
Parlerò dei 2 livelli della storia, perché ritengo andrebbero contemplati più elementi.
Il primo riguarda il micro livello, quello di ASIA vs WEINSTEIN, il secondo riguarda il macro livello, ovvero, quello di WEINSTEIN vs SISTEMA.
Forse sarebbe pure il caso di non dire nulla, di non immergersi in questa triste storia e lasciar perdere, sono confini sempre delicati ed argomenti border, al limite, è facile scivolare su bucce di banane, e scusate l'accostamento casuale del frutto...
Sicuramente non sapremo mai cosa accadde con precisione in quel periodo e le esatte dinamiche scaturite da quella frequentazione pericolosa. Comunque e nonostante ciò, le presunte violenze, i ricatti sessuali ed abusi di potere, non sono accettabili a prescindere, in quanto crimini, soprattutto se commessi da chi detiene in quel momento il potere del cerchio magico, anche se a cascarci fosse la donna più stupida, furba o debole dell'universo.
Mi spiego meglio, sicuramente LEI come tante altre artiste, ha sbagliato a denunciarlo solo oggi, anche se due anni dopo aveva girato SCARLET DIVA, film che raccontava esplicitamente quella storia, questo però non giustifica assolutamente la violenza, l'abuso, il ricatto sessuale in quanto tali, anche quando la vittima o la "presunta complice", per mille svariati motivi (paura, sudditanza, esigenze di carriera, strumentalizzazione, debolezza) non si ribella all'orco.
Possiamo criticare con il senno di poi ASIA per essersi prostrata al produttore, per essersi buttata via così ingenuamente, ma possiamo solidarizzare con LEI, in quanto donna ricattata, in quanto simbolo sacrificale di un certo trend passatista maschilista, che non credo abbia commesso solo quel produttore e/o datore di lavoro. Il fatto che lei fosse consenziente, recidiva, non giustifica comunque la violenza, a prescindere fosse la donna più stupida, ninfomane o più furba del creato.

Coloro che dicono "da che mondo e mondo", "se la è andata a cercare" mostrano solo un lato retrogrado.
Perché se allarghiamo il concetto, anche il capo-ufficio della azienda di Brembate ha fatto bene a farsi fare un pompino dalla segretaria, perché "da che mondo e mondo" se vuoi un lavoro questo è il giusto scambio mercantile, oppure, il capo-reparto della Italsider ha fatto bene a scoparsi la giovane operaia, ricattandola sul lavoro, perché lei, "puttana", si sarebbe offerta, e quindi di cosa si lamenta???
QUESTO è il capitalismo, baby...!!!
E' proprio questa la fallacia logica, l'accettazione di questo paradigma, che sicuramente è alimentato dall'ignoranza, ed è ovviamente molto labile il confine tra torto e ragione.
Ognuno poi si becca giustamente il proprio contrappasso, essendo artefice del proprio destino, ma questo è altro discorso ancora.

Per quello che mi schiero con ASIA, anche se ha sbagliato e proprio perché ha sbagliato ad esporsi fuori tempo massimo, ovvero, a non denunciarlo prima.
Ma siamo sicuri che sia così facile ad esporsi a 20 anni contro un filantropo del genere, colluso con la politica ed i poteri forti?
Tutti coloro che minimizzano o banalizzano la questione, sono sicuri di essere così impavidi, coraggiosi e puri da poter scagliare la prima pietra?
Gli eventuali errori, leggerezze, ingenuità, volendo anche furbizie, nel caso ci fossero state da parte sua, non giustificano comunque il ricatto esercitato da una posizione di potere di un uomo che poteva essere suo padre.
C'è sempre un sentimento giudicante e sprezzante, un'astinenza da rogo generalizzata, ma c'è pure tanta ipocrisia nel non voler comprendere una palese campagna diffamatoria contro il magnate, iniziata dal NEW YORK TIMES, utilizzato da apparati e sovrastrutture che sembra non aver fine...
Però sono due questioni separate, volutamente mischiate per offuscare altri fatti e strumentalizzare violenze ed abusi per abbattere un potente e sostituirlo.


Detto questo che mi sembra ovvio, scontato e di buon senso, ritengo che WEINSTEIN sia assolutamente un capro espiatorio, sicuramente un vecchio porco che ha fatto ogni nefandezza, non certo una bella persona, ma che sia ANCHE vittima oltreché carnefice.
Carnefice con le sue attrici, ma vittima dello stesso sistema che in parte ha dominato, in una guerra fratricida con il fratello Bob per la cessione delle quote di maggioranza della MIRAMAX, dopo essere stato comprato dalla DISNEY negli anni 90.
Penso sia in atto una campagna propagandistica moralizzatrice, in parte gestita dalla destra Repubblicana, ma anche trasversale agli schieramenti politici, una caccia alle streghe montata ad hoc, che, attraverso l'effetto domino, vuole sbarazzarsi di un concorrente diventato scomodo, perché il sistema deve aggiornarsi, il programma WEINSTEIN MIRAMAX va disinstallato a favore del "nuovo che avanza".
Oggi la MIRAMAX è la punta di diamante della Al Jazeera Media Network, attraverso il satellite beIN Media Group, gruppo qatariota, vicino ad ambienti massonico- conservatori in joinventure con apparati di sistema occidentali.
Originariamente, agli esordi di fine anni 70, la MIRAMAX rappresentava simbolicamente la speranza di aziende indipendenti su un mercato a senso unico ed iper-globalizzato, dopo si trasformarono, divennero gli ex-alternativi cooptati fin dai primi successi dal sistema.
E fu la morte di un mercato INDI un poco meno stereotipato di quello di regime, diventando in seguito clone e caricatura del cinema che aveva osato cambiare, dando inizialmente un respiro meno commerciale e banale alle sue produzioni, cercando, forse invano, di controbilanciarlo.
Quello che è successo ad ASIA e ad altre attrici, è successo in qualche modo a LUI, anche WEINSTEIN si è "dovuto" prostituire alle major, alle multinazionali più grandi che lo hanno inglobato e poi spolpato, ed oggi da contrappasso lo scaricano, perché personaggio non più utile al sistema, perché la proprietà di certi mondi deve passare in altre mani, perché la guerra ai vertici non ha mai fine.
E' pure surreale pensare che solo lui abbia passato gli ultimi 30 anni a stuprare attrici, mentre tutti gli altri erano mosche bianche, LUI l'unico orco tra silenti orchi, tutti zitti per ovvio vantaggio personale, in un mondo veramente di merda, dove il migliore ha la rogna...
L'unica cosa che critico ad ASIA è proprio questa, quella di aver comunque frequentato un mondo con la rogna, non avendone necessità impellente, ed avendo anche un padre famoso e rispettato in USA, il buon DARIO ARGENTO.

PS: Ma Tarantino che deve la sua popolarità a Weinstein, cosa dice in proposito???



mercoledì 18 ottobre 2017

SANKARA L'ULTIMO SOCIALISTA


Così parlo’ Thomas Sankara:
“Parlo in nome delle madri che i nostri Paesi impoveriti vedono i propri figli morire di malaria o diarrea, senza sapere che dei semplici mezzi che la scienza delle multinazionali non offre loro, preferendo investire nei laboratori cosmetici o nella chirurgia plastica a beneficio e capricco di pochi uomini e donne, il cui fascino è minacciato dagli eccessi di assunzione calorica, abbondanti e regolari da dare le vertigini a noi del Sahel”.
Thomas Sankara

“Dopo essere stati schiavi, ora siamo schiavi finanziari. Dobbiamo avere il coraggio di dire ai creditori: siete voi ad avere ancora debiti, tutto il sangue dell’Africa”.

” Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo di che pagare. Non possiamo rimborsare il debito perché non siamo responsabili del debito”.

Non possiamo pagare il debito, perché gli altri ci devono cio’ che le più grandi ricchezze non potranno mai pagare: il debito del sangue”.

“Quelli che ci hanno prestato denaro, sono gli stessi che ci avevano colonizzato. Sono gli stessi che gestivano i nostri stati e le nostre economie. Sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con i finanziatori internazionali che erano i loro fratelli e cugini. Noi non c’entravamo niente con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo”. 
Thomas Sankara, parte del discorso pronunciato all’ONU

CAPITAN FUTURO
di Marinella Correggia (Il Manifesto)


Il 15 ottobre 1987 veniva assassinato Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso.
Ecologia, femminismo, fame e povertà zero, cultura, alter-mondialismo, il credito e non il debito dell’Africa.
A 25 anni dall’assassinio di Thomas Sankara, la rivoluzione del giovane presidente del Burkina Faso è ancora più che attuale
Sankara fu ucciso a soli 38 anni in un colpo di stato cruento. Interessi interni di risicati ceti privilegiati saldati a quelli di poteri regionali e internazionali ebbero la meglio su un’esperienza scomoda e potenzialmente contagiosa, ma al tempo stesso ancora solitaria, perciò debole.
Era il 15 ottobre 1987: venti anni e una settimana dopo l’assassinio del Che.

Sovranità alimentare nel Sahel
L’obiettivo era immenso e immane in quel contesto. La prova del nove fu superata: risultati materiali inauditi in poco tempo e quasi senza mezzi. Tutto all’insegna del motto di Sankara: «Contare sulle proprie forze». Coltivare e irrigare con poche risorse per garantire due pasti e dieci litri d’acqua al giorno a ognuno.
La sovranità alimentare: «Produrre e consumare burkinabè».
«Operazioni commando di alfabetizzazione» degli adulti.
I progetti «un villaggio un bosco, un villaggio un ambulatorio, un villaggio una scuola».
Le «tre lotte contro il deserto» per un commovente Burkina verde.
Il faso dan fani , abito di cotone locale lavorato artigianalmente.
La «battaglia per la ferrovia».
L’informazione partecipata con la «radio entrate e parlate».
I lavori comunitari anche per i funzionari (un tentativo di redistribuzione della fatica).
La cultura, inventare il Festival del cinema africano, le proiezioni nei villaggi, lo sport di massa per la salute…
Al centro di tutto, i contadini e le donne, anche contro i capi villaggio e gli sfruttatori della tradizione. Un Presidente femminista che un otto marzo dichiarò: «Se perdiamo la lotta per la liberazione della donna avremo perso il diritto di sperare in una trasformazione positiva.
Una società come la nostra deve lottare contro l’escissione e ridurre anche i lunghi tragitti che la donna percorre per andare a cercare l’acqua, la legna.
Non possiamo parlare di liberazione della donna senza parlare del mulino per macinare il grano, dell’orto, del potere economico» ( tratto da Thomas Sankara. I discorsi e le idee , edizioni Sankara).

Un presidente senza privilegi
Per investire tutto nei bisogni di base Sankara impose una spending review all’osso: «Non possiamo essere i dirigenti ricchi di un paese povero». Senza accettare imposizioni dal Fondo Monetario internazionale (che «va oltre il controllo di bilancio e persegue un controllo politico»), l’austerità fu autogestita: stipendi modestissimi a presidente e ministri, niente sprechi di rappresentanza, vendute le auto blu, aboliti gli eventi di lusso, rimpicciolita ogni spesa amministrativa.
Ma non riuscì a Thomas Sankara la lotta contro la corruzione, e contro gli abusi di potere nei Comitati rivoluzionari. L’impegno antimperialista fra i non allineati e a fianco delle esperienze rivoluzionarie.

La lotta contro il debito estero e per il disarmo.
Nel suo discorso di fronte ai capi di stato africani, alla Conferenza dell’allora Organizzazione per l’Unità Africana (Oua) ad Addis Abeba, 29 luglio 1987, Sankara ripeteva l’invito fatto al Movimento dei paesi non allineati tre anni prima a New Delhi: «Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo di che pagare. Non possiamo rimborsare il debito perché non ne siamo responsabili.
Abbiamo il dovere di creare il Fronte unito contro il debito».
Ma al tempo stesso tutta l’Africa doveva farla finita con la corruzione, i privilegi e le spese per le armi. Le risorse liberate erano necessarie alla fuoriuscita dalla miseria e all’integrazione regionale (sul modello dell’attuale Alleanza bolivariana Alba in America Latina): «Facciamo sì che il mercato africano sia davvero il mercato degli africani. Produrre in Africa, trasformare in Africa e consumare in Africa.
È per noi il solo modo di vivere liberamente e degnamente».


-Noi pensiamo che il debito si analizzi prima di tutto dalla sua origine. Le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo. Quelli che ci hanno prestato denaro sono gli stessi che ci avevano colonizzato. Sono gli stessi che gestivano i nostri Stati e le nostre economie. Sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con i finanziatori internazionali, che erano i loro fratelli e cugini. 
Noi non c’entravamo niente con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo. Il debito è ancora il neocolonialismo, con i colonizzatori trasformati in assistenti tecnici – anzi, dovremmo invece dire “assassini tecnici”. Sono loro che ci hanno proposto dei canali di finanziamento, dei “finanziatori”. Un termine che si usa ogni giorno, come se ci fossero degli uomini che solo “sbadigliando” possono creare lo sviluppo degli altri. Questi finanziatori ci sono stati consigliati, raccomandati. 
Ci hanno presentato dei dossier e dei movimenti finanziari allettanti. Noi ci siamo indebitati per cinquant’anni, sessant’anni e più. 
Cioè siamo stati portati a compromettere i nostri popoli per cinquant’anni e più.
Il debito nella sua forma attuale, controllata e dominata dall’imperialismo, è una riconquista dell’Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a
 delle norme che ci sono completamente estranee. In modo che ognuno di noi diventi schiavo finanziario, cioè schiavo tout court, di quelli che hanno avuto l’opportunità, l’intelligenza, la furbizia, di investire da noi con l’obbligo di rimborso. 
Ci dicono di rimborsare il debito. Non è un problema morale. 
Rimborsare o non rimborsare non è un problema di onore. Abbiamo prima ascoltato e applaudito il primo ministro della Norvegia, intervenuta qui. Ha detto, lei che è un’europea, che il debito non può essere rimborsato tutto. 

Il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché se noi non paghiamo, i nostri finanziatori non moriranno, siamone sicuri. Invece se paghiamo, saremo noi a morire, ne siamo ugualmente sicuri. Quelli che ci hanno condotti all’indebitamento hanno giocato come al casinò. Finché guadagnavano non c’era nessun problema; ora che perdono al gioco esigono il rimborso. E si parla di crisi. No, signor presidente. Hanno giocato, hanno perduto, è la regola del gioco. E la vita continua.
Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo di che pagare. Non possiamo rimborsare il debito perché non siamo responsabili del debito. Non possiamo pagare il debito perché, al contrario, gli altri ci devono ciò che le più grandi ricchezze non potranno mai ripagare: il debito del sangue. E’ il nostro sangue che è stato versato. Si parla del Piano Marshall che ha rifatto l’Europa economica. Ma non si parla mai del Piano africano che ha permesso all’Europa di far fronte alle orde hitleriane quando la sua economia e la sua stabilità erano minacciate. 
Chi ha salvato l’Europa? E’ stata l’Africa. Se ne parla molto poco. Così poco che noi non possiamo essere complici di questo silenzio ingrato. Se gli altri non possono cantare le nostre lodi, noi abbiamo almeno il dovere di dire che i nostri padri furono coraggiosi e che i nostri combattenti hanno salvato l’Europa e alla fine hanno permesso al mondo di sbarazzarsi del nazismo.

Il debito è anche conseguenza degli scontri. Quando ci parlano di crisi economica, dimenticano di dirci che la crisi non è venuta all’improvviso. La crisi è sempre esistita e si aggraverà ogni volta che le masse popolari diventeranno più coscienti dei loro diritti di fronte allo sfruttatore. Oggi c’è crisi perché le masse rifiutano che le ricchezze siano concentrate nelle mani di pochi individui. C’è crisi perché pochi individui depositano nelle banche estere delle somme colossali che basterebbero a sviluppare l’Africa intera. C’è crisi perché di fronte a queste ricchezze individuali, che hanno nomi e cognomi, le masse popolari si rifiutano di vivere nei ghetti e nei bassifondi. C’è crisi perché i popoli rifiutano dappertutto di essere dentro una Soweto di fronte a Johannesburg. C’è quindi lotta, e l’esacerbazione di questa lotta preoccupa chi ha il potere finanziario.

Ci si chiede oggi di essere complici della ricerca di un equilibrio. Equilibrio a favore di chi ha il potere finanziario. Equilibrio a scapito delle nostre masse popolari. 
No! Non possiamo essere complici. Non possiamo accompagnare quelli che succhiano il sangue dei nostri popoli e vivono del sudore dei nostri popoli nelle loro azioni assassine. Signor presidente, sentiamo parlare di club – Club di Roma, Club di Parigi, Club di dappertutto. Sentiamo parlare del Gruppo dei Cinque, dei Sette, del Gruppo dei Dieci, forse del Gruppo dei Cento o che so io. E’ normale allora che anche noi creiamo il nostro club e il nostro gruppo. Facciamo in modo che a partire da oggi anche Addis Abeba diventi la sede, il centro da cui partirà il vento nuovo del Club di Addis Abeba. Abbiamo il dovere di creare oggi il fronte unito di Addis Abeba contro il debito. E’ solo così che potremo dire, oggi, che rifiutando di pagare non abbiamo intenzioni bellicose ma, al contrario, intenzioni fraterne.
Del resto, le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune. Quindi il club di Addis Abeba dovrà dire agli uni e agli altri che il debito non sarà pagato. Quando diciamo che il debito non sarà pagato non vuol dire che siamo contro la morale, la dignità, il rispetto della parola. Noi pensiamo di non avere la stessa morale degli altri. Tra il ricco e il povero non c’è la stessa morale. La Bibbia, il Corano, non possono servire nello stesso modo chi sfrutta il popolo e chi è sfruttato. C’è bisogno che ci siano due edizioni della Bibbia e due edizioni del Corano. Non possiamo accettare che ci parlino di dignità. Non possiamo accettare che ci parlino di merito per quelli che pagano, e perdita di fiducia per quelli che non dovessero pagare. Noi dobbiamo dire, al contrario, che oggi è normale si preferisca riconoscere come i più grandi ladri siano i più ricchi.

Un povero, quando ruba, non commette che un peccatucolo per sopravvivere e per necessità. 
I ricchi sono quelli che rubano al fisco, alle dogane. Sono quelli che sfruttano il popolo. Signor presidente, non è quindi provocazione o spettacolo. Dico solo ciò che ognuno di noi pensa e vorrebbe. Chi non vorrebbe, qui, che il debito fosse semplicemente cancellato? Quelli che non lo vogliono possono subito uscire, prendere il loro aereo e andare dritti alla Banca Mondiale a pagare! 
Non vorrei poi che si prendesse la proposta del Burkina Faso come fatta da “giovani”, senza maturità ed esperienza. Non vorrei neanche che si pensasse che solo i rivoluzionari parlano in questo modo. Vorrei semplicemente che si ammettesse che è una cosa oggettiva, un fatto dovuto. 
E posso citare, tra quelli che dicono di non pagare il debito, dei rivoluzionari e non, dei giovani e degli anziani. Per esempio Fidel Castro ha già detto di non pagare. Non ha la mia età, anche se è un rivoluzionario. Ma posso citare anche François Mitterrand, che ha detto che i paesi africani non possono pagare, i paesi poveri non possono pagare. Posso citare la signora primo ministro di Norvegia. Non conosco la sua età e mi dispiacerebbe chiederglielo, è solo un esempio.

Vorrei anche citare il presidente Félix Houphouët Boigny. Non ha la mia età, eppure ha dichiarato pubblicamente che, quanto al suo paese, la Costa d’Avorio, non può pagare. Ma la Costa d’Avorio è tra i paesi che stanno meglio in Africa, almeno nell’Africa francofona. E per questo, d’altronde, è normale che paghi un contributo maggiore, qui. Signor presidente, la mia non è quindi una provocazione. Vorrei che molto saggiamente lei ci offrisse delle soluzioni. Vorrei che la nostra conferenza adottasse la risoluzione di dire chiaramente che noi non possiamo pagare il debito. Non in uno spirito bellicoso, bellico. Questo per evitare di farci assassinare individualmente. Se il Burkina Faso da solo rifiuta di pagare il debito, io non sarò qui alla prossima conferenza! Invece, col sostegno di tutti, di cui ho molto bisogno, col sostegno di tutti potremo evitare di pagare. Ed evitando di pagare potremo consacrare le nostre magre risorse al nostro sviluppo.

E vorrei terminare dicendo che ogni volta che un paese africano compra un’arma, è contro un africano. Non contro un europeo, non contro un asiatico. E’ contro un africano. Perciò dobbiamo, anche sulla scia della risoluzione sul problema del debito, trovare una soluzione al problema delle armi. Sono militare e porto un’arma. Ma, signor presidente, vorrei che ci disarmassimo. Perché io porto l’unica arma che possiedo. Altri hanno nascosto le armi che pure portano. Allora, cari fratelli, col sostegno di tutti, potremo fare la pace a casa nostra. Potremo anche usare le sue immense potenzialità per sviluppare l’Africa, perché il nostro suolo e il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo  abbastanza braccia e un mercato immenso, da Nord a Sud, da Est a Ovest. 
Abbiamo abbastanza capacità intellettuali per creare, o almeno prendere la tecnologia e la scienza in ogni luogo dove si trovano.

Signor presidente, facciamo in modo di realizzare questo fronte unito di Addis Abeba contro il debito. Facciamo in modo che, a partire da Addis Abeba, decidiamo di limitare la corsa agli armamenti tra paesi deboli e poveri. I manganelli e i machete che compriamo sono inutili. Facciamo in modo che il mercato africano sia il mercato degli africani. Produrre in Africa, trasformare in Africa, consumare in Africa. Produciamo quello di cui abbiamo bisogno e consumiamo quello che produciamo, invece di importarlo. Il Burkina Faso è venuto a mostrare qui la cotonella, prodotta in Burkina Faso, tessuta in Burkina Faso, cucita in Burkina Faso per vestire i burkinabé. La mia delegazione e io stesso siamo vestiti dai nostri tessitori, dai nostri contadini. Non c’è un solo filo che venga d’Europa o d’America. Non faccio una sfilata di moda, ma vorrei semplicemente dire che dobbiamo accettare di vivere africano. E’ il solo modo di vivere liberi e degni.

(Thomas Sankara, estratto dal “discorso sul debito” pronunciato al vertice panafricano di Addis Abeba, Etiopia, il 29 luglio 1987. Un anno dopo, il 28 ottobre, Sankara verrà assassinato a Ouagadougu, capitale del Burkina Faso, che quattro anni prima aveva liberato, con la sua rivoluzione, dal colonialismo francese. Il presidente dell’Organizzazione per l’Unità Africana, cui Sankara si rivolge nel discorso, è il congolese Denis Sassou-Nguesso, mentre la citata premier norvegese è Gro Harlem Brundtland, progressista e ambientalista. Riletto oggi, il celebre discorso di Sankara – martire socialista della sovranità democratica dell’Africa – è particolarmente illuminante, di fronte alla tragedia quotidiana dell’esodo dei migranti africani).

1987-2012
Un viaggio in Renault 5
Dalle parole ai fatti e alla macroeconomia
Eugenio Lorenzano


Uomo e politico di grandi parole e fatti concreti, Thomas Sankara è stato forse il leader africano più carismatico del XX secolo. Stupisce l’efficacia politica e la concretezza con la quale riuscì a realizzare incredibili obiettivi in soli quattro anni e mezzo al potere (1983-87) in Burkina Faso. Il giovane capitano-presidente licenziò circa 10 mila dirigenti, funzionari, quadri e impiegati statali, retaggio clientelare del vecchio impero coloniale francese; con i soldi risparmiati fu capace in soli 8 mesi di costruire una ferrovia di comunicazione tra le due principali città del paese.
Rilanciò alla grande l’artigianato tessile locale obbligando i nuovi impiegati statali assunti ad indossare esclusivamente abiti in cotone naturale di produzione nazionale, proibendo l’utilizzo e l’importazione di quello acrilico. Emancipò le donne ed i bambini burkinabè con la realizzazione di progetti di alfabetizzazione rurale e costruzione di scuole rispettose dello stile, degli usi e tradizioni del Sahel. Inorgoglì i suoi connazionali istituendo il più bel festival folklorico, musicale, artistico e cinematografico del continente.
Con l’aiuto di pochi tecnici e medici cubani riuscì a portare ausilio medico, infermieristico sinanche nei villaggi più sperduti del paese e soprattutto riuscì ad incrementare la superfice arativa del paese del 40 %, di quel territorio semidesertico chiamato Sahel. Irrise senza cattiveria, ma anzi con ironia ed autoironia gli osservatori europei ai vertici dei paesi dell’Oua, l’organizzazione dei paesi africani, dove si discuteva sul debito dei paesi del terzo mondo verso quelli più ricchi.
Conseguì la sua più grande vittoria proprio dove nessuno se l’aspettava: in macroeconomia…
Infatti dimezzò letteralmente la povertà del suo paese in meno di un lustro, portandolo dal 143˚ al 78˚ posto. Lui cristiano, richiamò le alte sfere delle religioni monoteistiche a un maggior rispetto delle religioni ancestrali burkinabè ed africane in generale.
Con integerrima onestà intellettuale, da marxista eterodosso e gramsciano convinto si distaccò dallo sterile carro dello statalismo sovietico e dei paesi dell’est. Pochi giorni prima di essere assassinato ricordò in un memorabile discorso all’Onu il suo idolo e punto di riferimento: Ernesto Che Guevara. Riuscì in quel famoso discorso addirittura ad essere profeta del suo imminente destino e del suo incombente assassinio da parte del suo migliore (si fa per dire) amico Blaise Camporè, attuale presidente del Burkina Faso. Viveva in una semplice casa di Ougadougou di tre vani ed accessori con moglie e figli. Dopo aver venduto tutte le auto blu dello stato per invece costruire due ospedali, si vide obbligato ad utilizzare una Renault 5 presidenziale, ovvero una delle sole 4 utilitarie gemelle del parco macchine nazionale. Si decurtò lo stipendio del 500% abbasandolo sino a 200 dollari mensili, imponendo col suo esempio il tetto massimo per qualsiasi salario statale. Suonava la chitarra nelle sue frequenti visite nei villaggi rurali più remoti. Riuscì anche qualche volta a rimanere senza soldi in tasca, tanto da farseli prestare dalle sue guardie del corpo. Ma più di ogni cosa Thomas Sankara riuscì a trasmettere a tutti i suoi connazionali l’entusiasmo per un cambiamento, per una rivoluzione pacifica, filantropica ed umanista. Insomma l’esperimento di Thomas Sankara e dei burkinabè divenne un “cattivo esempio” per i paesi limitrofi, tanto da riuscire a far alleare i servizi segreti statunitensi, francesi e libici al fine di assassinarlo.

CRONOLOGIA DELL’UOMO INTEGRO

Thomas Sankara nasce il 21 dicembre 1949 a Yako nell’Alto Volta, allora colonia francese che diventerà indipendente il 5 agosto 1960. Non avendo i mezzi per studiare medicina come vorrebbe, intraprende la carriera militare. Inizia a formarsi alla politica anche nel corso di soggiorni in Marocco e Madagascar. Fra il 1981 e il 1983 viene chiamato a far parte di governi dei quali presto denuncia malefatte e corruzione, fino a essere imprigionato.
Con un’alleanza fra militari e forze popolari arriva al potere il 4 agosto 1983. Il 4 agosto 1984 l’Alto Volta diventa Burkina Faso. Intanto governo e comitati popolari lavorano alla «rivoluzione degli integri» a ritmi accelerati. Nel 1987 iniziano a serpeggiare i dissidi e i malcontenti fra i capi storici della rivoluzione. Il 15 ottobre 1987 Sankara con dodici collaboratori viene assassinato in un colpo di stato ordito dal suo vice Blaisé Compaoré, il quale assume la presidenza e reprime le proteste con diversi morti. La rivoluzione è finita. Elezioni successive alle quali partecipa una minoranza della popolazione hanno continuato a rieleggere Compaoré il quale anche grazie alle divisioni e debolezze dei “sankaristi” è tuttora capo di stato, ben introdotto in Occidente e oscuramente coinvolto in diversi conflitti africani. Mai chiarite le circostanze e le responsabilità di quel 15 ottobre. La petizione «Giustizia per Sankara» (www.thomassankara.net) ha raccolto 10mila firme.


giovedì 5 ottobre 2017

2017: FUGA DA LAS VEGAS...

                                       
Il male si nasconde all'interno, non all'esterno...
cit. Filippo Cazzone

Prima gli spari, poi il silenzio che cala sulla folla e poi le urla. Si è scatenato il terrore durante un concerto di musica country a Las Vegas, nei pressi del Mandalay Bay Casino, dove alle 10.10 un uomo di 64 anni ha iniziato a sparare sulla folla, facendo una strage mentre era in corso il festival «Route 91».
Il bilancio — ancora provvisorio — parla di almeno 58 vittime e 500 feriti. Al momento della strage, al concerto stavano partecipando 22 mila persone. Tra le vittime anche un agente fuori servizio e tra i feriti due poliziotti di Las Vegas, colpiti durante la sparatoria con il killer.
"Era un uomo qualunque, qualcosa deve essere successo, deve aver perso la testa, siamo scioccati", così dice ora il fratello minore Eric. Paddock era all'hotel Mandalay Bay da giovedì, con la stanza prenotata a nome della compagna, Mary Lou Danley, 62 anni, cittadina australiana di origini asiatiche che viveva con l'assalitore: dopo poche ore è stata rintracciata dalla polizia ma è risultata estranea alla strage. "Non pensiamo sia coinvolta - ha fatto sapere la polizia - al momento della strage era fuori dal Paese".
L'uomo qualunque però aveva con sé 23 armi tra fucili automatici e pistole, ha ucciso decine di persone sparando a caso sulla folla e poi, terminata la carneficina, sentendosi braccato, ha scelto di suicidarsi prima di essere raggiunto dalla polizia.


Suggestioni più che ipotesi: Paddock: Recinto all'interno di un ippodromo, ove si sellano e si fanno muovere i cavalli prima della partenza (cavalli di razza, leader politici prima di uno scontro???).
Assonanza con PAD-DUCK aka Trump. Sparatoria su un concerto di musica country (yenkee, nell'immaginario popolare elettori di Trump), 58 morti=13 somma teosofica di un numero simbolico rilevante che compare spesso sulla scena di certi fatti.
I morti sono aumentati, attualmente 59, ma conta la prima notizia ed il fatto che sia stato evidenziato da subito un numero preciso, 58, pur non essendo vero, ma confermato e veicolato come reale.
32° piano aka grado massonico (Trump???).
Trump è l'anziano SIGNORE della torre che deve sparare per primo???
Oppure trattasi di un caso isolato, di un pazzo che avrebbe ucciso senza nessun movente più gente di tutti gli attentati della finta ISIS degli ultimi anni.
Mandalay è anche una citta Birmana, quindi messaggio ad oriente???
Ovviamente, l'unica cosa certa è che non è stato "l'anziano" signore a sparare.
Lui è il solito capro utilizzato per coprire azioni paramilitari.
L'ufficio dell'ISIS al Pentagono si era sbagliato ed ha mandato la novella dell'attacco islamico fuori tempo massimo. Solita rivendicazione ISIS, ma oramai era stato ucciso l'utile idiota e veicolata mediaticamente la sua morte, lui, eliminato forse per differenti motivi, così da attribuirgli una strage fatta da altri???
Molti testimoni hanno sentito colpi provenire da diversi punti e hanno parlato di probabili cecchini, c'è chi ha visto anche una persona dalla finestra muoversi mentre i colpi continuavano ad essere sparati. Qualcosa non torna, siamo alle solite...


C'è una novità però, finalmente, a sparare sarebbe stata una persona "matura", un pensionato, anche se dalla foto sembra in realtà molto più giovane. Solitamente ed ultimamente gli attentatori che i media ci hanno mostrato erano ragazzi, talvolta minorenni, evidentemente è cambiato il trend.
Forse questo significa una cambio di rotta nelle regole del gioco, magari all'interno della guerra virtuale di Trump contro la Corea del Nord, gli elementi in campo sembrano riguardare la sua posizione di leader.
Forse il messaggio è sottinteso nella scelta del capro ed ha relazioni oscure con l'attuale scenario geopolitico. Oppure, hanno eliminato un uomo per qualche motivo a noi sconosciuto, magari era un personaggio scomodo, ed hanno fatto un attentato che serviva a comunicare qualcosa ai piani alti, pigliando due piccioni con una fava. Il resto dell'operazione lo hanno fatto i media indicando un colpevole sicuro, il solito folle, ed il gioco è fatto.
Quello che è certo è il movente un po' assurdo, la presenza di ben 23 armi, tra fucili, pistole, munizioni, il fatto che fosse in albergo in vacanza, con la moglie momentaneamente fuori città che non sapeva nulla. Appare tutto piuttosto surreale, era una persona ricca e serena, almeno da quello che trapela dalle testimonianze del fratello. Non regge il discorso della follia improvvisa, anzi, in questo caso premeditata, progettata.
Dove avrebbe nascosto tutte quelle armi alla vista della moglie e degli albergatori? Un arsenale non passa inosservato dentro un Hotel di quel genere, è arrivato al Mandalay con 20 valigie?
Sarebbero bastati al massimo un paio di fucili e tante munizioni, cosa se ne faceva e come si muoveva con 23 armi???
Paddock è un personaggio curioso, il suo potrebbe essere il profilo di un ex agente dei servizi in pensione, pilotava aerei, elicotteri, era esperto militare e lavorava per la Lockheed Martin, un'azienda attiva nei settori dell'ingegneria aerospaziale e della difesa, una multinazionale formatasi nel 1995 dalla fusione tra la Lockheed Corporation e la Martin Marietta, con sede a Bethesda (Maryland).
L'azienda è il maggior contraente militare USA; nel 2009, l'85%  del suo fatturato proveniva dai contratti con il ministero della difesa o con altre agenzie federali, e un altro 13% da governi stranieri.
Il 31 agosto 2006 la Lockheed Martin si è aggiudicata l'appalto per la costruzione del veicolo spaziale Orione, con il quale la NASA ha intenzione di riportare l'uomo sulla Luna.
Il messaggio potrebbe anche riguardare la Lockheed stessa, giochi di potere interni, ricatti, vendette, regolamento di conti, magari Paddock andava eliminato per una ragione a noi ignota. 


La strage ricorda molto la storia del famoso cult Bersagli (Targets), un thriller con venature distopiche del 1968, diretto da Peter Bogdanovich con Boris Karloff  e Tim O'Kelly.
Bobby Thompson, un agente assicurativo, ex veterano della guerra del Vietnam, che conduce una vita apparentemente tranquilla, uccide la sua giovane moglie, la madre e il ragazzo delle consegne nella propria casa dopo un banale diverbio. Quindi inizia un tiro a segno nascosto sulla cima di una posizione sopraelevata uccidendo e ferendo vari autisti, motociclisti e passanti. Quando arriva la polizia, cambia postazione ed arriva in un drive-in dove continua a sparare alla gente ferendo diversi spettatori. L'unico che tenta di affrontarlo è Byron Orlok.

domenica 1 ottobre 2017

UN MONDO DI SOLE DESTRE E' POSSIBILE, ANZI, E' REALE




CORTOCIRCUITI:
L'AFD, un partito xenofobo e paranazista che odia i migranti, soprattutto quelli arabi ed islamici, con un chiaro richiamo fallico nel simbolo (la freccia in erezione), diretto da una donna, lesbica, in relazione con una tizia dello Sri Lanka, che ha due figli nati da inseminazione artificiale ed una badante profuga siriana, che ama gli ebrei ed Israele e lancia campagne contro l'antisemitismo.
cit. Omar Minniti

La globalizzazione promuove i tricolori come quello del PD. Ad una maggiore globalizzazione corrispondono più bandiere nazionali...
cit. Filippo Cazzone



Alice Elisabeth Weidel è la vincitrice morale delle recenti elezioni tedesche e con la sua terza posizione diventa uno scomodo ma forte interlocutore politico.
La Weidel è omosessuale e da anni convive con la produttrice di film Sarah Bossard, cittadina svizzera originaria dello Sri Lanka, con la quale ha due figli.
ALICE nel paese delle meraviglie, ex GOLDMAN SACHS, lavorava negli stessi ambienti di Soros, tanto per capire come sia interna e complementare allo stesso sistema che a parole combatte.
Il simbolo del partito a metà strada tra il logo della nike, un simbolo fallico ed una saetta delle SS rubata da una vecchia bandiera.
Segno dei tempi, un po' nazi, un po' trandy e gayfriendly...
Le destre radicali ed i populismi rappresentano quell'aggiornamento di sistema che descrivo da tempo, ovvero il favorire le estreme come catalizzatore di voti, contenitori del dissenso che spostino il voto popolare a destra, e giustifichino la vittoria dei moderati, come l'AFD per il CDU, la Le Pen per Macron, Grillo per il PD. Stesso identico schema.
A questo servono, sono il cane da guardia del capitale, le avanguardie del padronato.

Nei prossimi decenni l'aggiornamento del sistema vedrà l'affermazione delle destre radicali, utilizzate come ULTIMO BALUARDO di un re nudo (leggi liberismo) per contenere una possibile e potenziale deriva antagonista progressista culturale e di piazza, soprattutto per tarparne il desiderio, SPOSTANDO il dissenso a destra o in contenitori definiti reazionari. Questa è una strategia nuova ma al tempo stessa vecchia e già sperimentata, è quella che la grande borghesia mise in campo all'inizio del ventennio del secolo scorso contro le avanzate del bolscevismo e in vista di un potenziale risveglio dei popoli da sinistra.
Fascismo e Nazismo rispondevano a questo bisogno borghese di individuazione di un nemico e di tarpare le ali a qualsiasi rivoluzione popolare.
Quando i cosiddetti moderati di ogni dove non potranno più essere votati, dopo l'ultimo ed ennesimo inganno, in un mondo dove le notizie circolano ed i tabù crollano, le sentinelle silenti di estrema destra, oggi ancora di nicchia, arriveranno e svolgeranno il ruolo per cui sono state create.
La rete in questi anni è stata molto utile per ripulire certi mondi, l'estrema destra è stata spesso salutata come forza liberatrice, come novità, sfruttando la rabbia e l'astinenza da rogo dei popoli e l'ignoranza atavica che pervade l'uomo qualunque. Un certo revisionismo della storia è stato fatto circolare ed accettare, questo tornerà comodo e sarà il medium preposto a stabilizzare il sistema, incarnando uno spauracchio anti-democratico, oppure, nel peggiore dei casi, a sostituirsi al sistema potenziandolo, ma pur sempre restando nell'alveo iper-liberista, con l'aggiunta di un certo sentimento nazionalista e xenofobo, magari con virate peroniste, ma sempre rispettando la matrice dello schema di base.

L'UNICA vera ASSENTE a livello planetario da almeno 30 anni è LEI, la tanto vituperata ed obsoleta SINISTRA, ridicolizzata, schernita, derisa, eppure manca solo lei nello scenario mondiale.
Gli ultimi leader socialisti e progressisti di un tempo, declinati in diverse gradazioni e temperature politiche, sono stati fatti fuori, quelli attuali rispondo a logiche neo-liberiste e comunque non progressiste.
Pensiamo ad Olof Palme ucciso in Svezia dall'estrema destra manovrata dai servizi, pensiamo ad Allende ucciso da Pinochet e dalla CIA, pensiamo a Sankara, pensa a Gheddafi, Chavez e tanti altri.
Ragioniamo su quali schieramenti sono stati sconfitti nel tempo e conflitti dal sistema che ha usato servizi segreti, estrema destra, spezzoni di magistratura, per sbarazzarsi anche culturalmente di ogni progressismo.
Pensiamo ai nazisti patrioti ucraini, appoggiati perfino dal PD in versione anti-Putin, curiosa joinventure tra mondi diversi, ma uniti dal bisogno reciproco.
Comunque ragioniamo sulle cause storiche degli ultimi 40 anni che hanno materializzato l'attuale paradigma neo-aristocratico che ha pervaso entrambi gli schieramenti, come sul modello americano, dove destra e sinistra partitica sono chimere e fazioni quasi identiche e vengono percepiti lontani dalla gente.
Il modello di pensiero unico ha bandito le ideologie, chiediamoci il PERCHE', ha cambiato il linguaggio svuotando di significato due polarità necessarie alla dialettica democratica. Non è passatista ed errato parlare ancora di Destra e Sinistra, perché incarnano valori ed ideali, senza i quali rimane solo la mera speculazione finanziaria senza idee e progettualità, la giungla più buia dove vince il più forte. 

Quando Michal Ledeen parla di FASCISMO UNIVERSALE, lui sionista imperialista, vero grande burattinaio, al cui cospetto Gelli era un passacarte, dice una cosa precisa, e non è mia la definizione.
Il fascismo non è stato solo un ventennio, il FASCISMO, come ci ricordano i grandi manovratori, certi iniziati, veri studiosi e liberi pensatori anarchici come REICH (Reich non a caso da uomo libero quale era parla di Fascismo rosso), è un'attitudine, è un modello di pensiero che trasla gli schieramenti, è una FORMA PENSIERO, possiamo anche chiamarla diversamente, ma questo è...
Così la plasmarono gli iniziati neri quando crearono il nazismo esoterico decenni prima dell'avvento del nazismo politico, sono egregore che servono a manipolare le masse e la psicologia di massa.



https://it.wikipedia.org/wiki/Alice_Weidel