sabato 30 novembre 2019

ARDITI DEL POPOLO





Gli Arditi del Popolo furono un'organizzazione antifascista nata nell'estate del 1921 da una scissione della sezione romana degli Arditi d'Italia per iniziativa di un gruppo di iscritti guidati dal simpatizzante anarchico Argo Secondari ed appoggiati da Mario Carli: l'obiettivo della scissione fu quello di opporsi alla violenza delle Camicie Nere.
Questo movimento si opponeva alle spedizioni punitive fasciste e creò vere e proprie milizie per la protezione dei quartieri e dei centri oggetto di attacchi armati da parte dalle "squadracce" fasciste.
«Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le case del popolo, case sacre ai lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando continueranno la guerra fratricida gli Arditi d'Italia non potranno con loro aver nulla di comune. Un solco profondo di sangue e di macerie fumanti divide fascisti e Arditi.
«... Ben lontani dal patriottardo pescicanismo, fieri del nostro orgoglio di razza, consci che la nostra Patria è ovunque siano popoli oppressi: Operai, Masse Lavoratrici, Arditi d'Italia, A NOI!»

Un gran numero di Arditi confluirono nel movimento fascista, anche se l'adesione non fu unanime né maggioritaria. Il rapporto con il fascismo non fu sempre lineare e negli anni successivi si arrivò, nella fasi più convulse e controverse, anche all'espulsione di iscritti al PNF dalle associazioni degli Arditi d'Italia.
Dopo la prima guerra mondiale gli Arditi affluirono nell'Associazione Arditi d'Italia, fondata dal capitano Mario Carli, lo stesso che, dopo l'assalto di un gruppo di Arditi assieme a Marinetti alla casa del Lavoro di Milano, scrisse il noto articolo "Arditi non gendarmi" e distrusse il connubio instaurato nel primo dopoguerra fra Arditi e fascismo.
Gli Arditi parteciparono attivamente all'impresa fiumana guidati da Gabriele d'Annunzio, che proclamarono loro comandante. Durante l'impresa di Fiume furono sperimentate dai Legionari forme di democrazia libertaria. Vista anche la presenza di frange della sinistra rivoluzionaria, la stessa impresa di Fiume fu appoggiata anche da Lenin, che vedeva in D'Annunzio un possibile capo rivoluzionario. In quella fase, d'altra parte, D'Annunzio avrebbe, secondo alcune fonti, tenuto in considerazione le indicazioni di Alceste De Ambris, sindacalista rivoluzionario.
Altre fonti, spesso in contrasto con quanto ancora sostenuto dalla storiografia prevalente, mettono in rilievo come, di fatto, lo Stato libero di Fiume sarebbe stato distrutto dall'Esercito italiano, coadiuvato da un nucleo di squadristi fascisti (episodio passato alla storia come Natale di Sangue).

Gli Arditi del Popolo nacquero nell'estate del 1921 dalla sezione romana degli Arditi d'Italia. 
Loro fondatore è considerato Argo Secondari, pluridecorato tenente delle fiamme nere (Arditi che provenivano dalla fanteria). Secondari era un simpatizzante anarchico, compagno dell'ardito Gino Lucetti, responsabile di un attentato contro Benito Mussolini (cui fu poi intitolato il battaglione Lucetti che agì durante la resistenza sui monti dell'alta Toscana).
La nascita degli Arditi del Popolo viene anche annunciata da Lenin sulla Pravda, l'Internazionale Comunista era favorevole a questa organizzazione come si legge sul resoconto nell'incontro fra Nikolai Bucharin e Ruggero Grieco, quest'ultimo rappresentava l'ala bordighista del partito comunista d'Italia, durante l'incrontro (frazione in quel momento maggioritaria e quindi vincolante per tutti i militanti per disciplina di partito), fu ripreso per tali posizioni con durezza, Bucharin, ricordò che il partito rivoluzionario di classe sta dove è la classe,in tutte le sue epressioni, e non a discuterne in salotto (vedi Eros Francescangeli). La posizione di Antonio Gramsci era ben diversa e partiva dai presupposti già in nuce di quando lui tentò tramite il tenente comunista Marco Giordano, della Legione di Fiume, di entrare in contatto con Gabriele D'annunzio, ovvero, sinteticamente, era una posizione di attenzione e possibile appoggio: i legami fra Repubblica di Fiume e potere Sovietico erano forti in quel periodo ed all'interno della Legione di Fiume vi era una consistente ala filosovietica (vedi: "alla festa della rivoluzione" di Claudia Salaris).
Altro personaggio di rilievo nelle formazioni antifasciste degli Arditi del Popolo nel Ravennate fu Alberto Acquacalda, massacrato da un gruppo di fascisti.
La consistenza di queste formazioni viene - secondo alcuni studi - fatta ammontare a circa 20.000 uomini. Altre stime fanno salire a 50.000 uomini la loro consistenza considerando insieme iscritti, simpatizzanti e partecipanti alle azioni. Tra gli Arditi del Popolo poi divenuti celebri si ricordano: Riccardo Lombardi (non iscritto ma partecipante alle azioni), Giuseppe Di Vittorio, Vincenzo Baldazzi (detto Cencio); numerosi Arditi caddero durante la guerra di Spagna militando nelle Brigate internazionali).

L'evento forse di maggior risonanza che coinvolse gli Arditi del Popolo fu la difesa di Parma dallo squadrismo fascista nel 1922: secondo alcune versioni, oltre 20.000 squadristi fascisti, prima al comando di Roberto Farinacci e poi di Italo Balbo, avrebbero attaccato e sarebbero stati respinti e messi in fuga da appena 350 Arditi del Popolo, comandati dai pluridecorati reduci della prima guerra mondiale Antonio Cieri e Guido Picelli, (che moriranno poi in Spagna). Fondamentale per la resistenza e la vittoria fu l'appoggio di massa dato dalla popolazione e il supporto di retrovia fornito soprattutto dalle donne parmensi (ne parlò lo stesso Balbo con malcelato elogio), che comunque in molti casi parteciparono anche ai combattimenti.
Anche a Roma gli Arditi del Popolo combatterono fino all'ultimo contro gli squadristi fascisti:«Gli Arditi del Popolo conducono un'impari lotta contro le milizie fasciste, ottenendo importanti vittorie e costituendo, persino dei giorni della Marcia su Roma, una trincea che i seguaci di Mussolini non riuscirono a superare neppure con l'aiuto dell'esercito e della polizia.»




Una certa continuità può essere ravvisata fra Arditi del Popolo e Resistenza anche se gli scopi erano ben diversi: gli Arditi, anche se in modo politicamente confuso, erano per la formazione di una Repubblica con basi progressiste estreme, almeno rispetto a quelle su cui poi si fonderà la Repubblica italiana. L'ira dei fascisti si scatenò soprattutto contro i capi degli Arditi del Popolo, che furono incarcerati o massacrati dagli squadristi, spesso con la connivenza degli organi di polizia dello Stato.
Secondo talune tesi della storiografia contemporanea, gli Arditi avrebbero potuto battere il fascismo se non fossero stati abbandonati dai partiti democratici e dal neonato partito comunista (ad eccezione di Antonio Gramsci, la cui fazione era però allora minoritaria), che contravvenne alle indicazioni dell'Internazionale comunista che aveva esplicitamente invitato ad appoggiare gli Arditi.
Alcune formazioni partigiane nella Resistenza assunsero il nome di Arditi del Popolo: tra le più note e sulle quali si hanno maggiori e più documentate notizie, quella nella quale fu attivo Antonello Trombadori, poi esponente del PCI.
Tom Bhean, storico del fascismo, fa un eplicito parallelo e richiamo storico fra la situazione di allora ed i movimenti attuali anti globalizzazione sostenendo la tesi dell'importanza della partecipazione a tali movimenti anche da parte dei militanti che ne criticano la mancanza di obbiettivi strutturati strategicamente, in quanto attualmente sono il solo metodo per la costruzione di un'alternativa allo sviluppo capitalistico come si sta prefigurando.

Anarchici e Arditi del Popolo

Gli anarchici decisero di appoggiare gli Arditi del popolo sia a livello teorico sia prendendovi parte attiva, pur mantenendo la propria specificità. Non si riscontrarono pretese di monopolizzare tale movimento, come invece, in alcuni casi, erano emerse tra i comunisti. Al contrario, fu la reciproca autonomia, pur nella lotta contingente comune, a rimanere un punto fermo.
Decisioni che un anno prima erano state prese al congresso di Bologna, nel luglio 1920, che affidavano ai suoi militanti all'interno degli organismi unitari delle precise indicazioni:«I gruppi anarchici, che sono rivoluzionari, devono fiancheggiare, facilitare, sussidiare con i propri mezzi l'opera degli specialisti gruppi d'azione, svolgere una propaganda che crei intorno a questi l'atmosfera più favorevole possibile, criticarne qualche errore eventuale in modo da non screditarne o ostacolarne l'attività in generale, svolgere la propria attività di partito, di critica e di polemica, in modo da evitare risentimenti, collere fra le varie fazioni operaie, ma orientarle tutte contro la borghesia e lo stato; essere a disposizione dei gruppi d'azione per aiutarli ogni volta che ve ne fosse necessità. A lotta iniziata, i gruppi anarchici parteciperanno all'azione perché questa azione si svolga quanto più rivoluzionariamente e liberamente è possibile, in modo da espropriare al più presto i capitalisti ed esautorare ogni governo vecchio o nuovo che sia.»


Manifesto che ricorda il ruolo avuto dagli anarchici, a partire dal sostegno agli Arditi del Popolo, prima, durante e dopo la resistenza antifascista

Secondo gli anarchici, le condizioni materiali e morali dell'esistente vanno rovesciate tramite l'azione rivoluzionaria delle minoranze coscienti; compito degli anarchici è prendere parte a questa azione e in un secondo momento, cercare di impedire che si ricostituiscano forme di autorità e nuovi governi, per lasciare corso alla libera evoluzione della società, senza imposizioni di volontà particolari.
Malatesta scrive:«Se è ammesso il principio che l'anarchia non si fa per forza, senza la volontà cosciente delle masse, la rivoluzione non può essere fatta per attuare direttamente ed immediatamente l'anarchia, ma piuttosto per creare le condizioni che rendano possibile una rapida evoluzione verso l'anarchia.»
Dato che la rivoluzione non può essere immediatamente anarchica, perché le grandi masse non sono state ancora conquistate a questi ideali, il compito degli anarchici sarà dunque: «Cercare quello che di meglio si potrebbe fare in favore della causa anarchica in un rivolgimento sociale quale può avvenire nella realtà presente.»
Con gli arditi del popolo gli anarchici avrebbero potuto iniziare il cammino che, partendo dalla sconfitta del fascismo, sarebbe poi potuto andare oltre, intraprendendo la strada della rivoluzione sociale.
Il partito comunista, al contrario, sicuro dei suoi scopi e sostenuto da una fiduciosa visione dell'evolversi della storia, non concepì la rivoluzione se non come comunista e come instaurazione della dittatura del proletariato. Boicottò quindi l'azione degli Arditi del Popolo, deciso a non scendere a compromessi con le forze non perfettamente allineate al suo pensiero e alle sue direttive. Per gli anarchici battersi contro il fascismo comporta inevitabilmente la lotta contro il primo responsabile delle sue violenze: il sistema politico ed economico capitalista.
Dopo l'allineamento di Gramsci e de «L'Ordine Nuovo» alle direttive del partito, il quotidiano anarchico «Umanità Nova» rimase l'unica voce proletaria a perorare la causa degli Arditi del Popolo, seguendo passo passo le vicende del nuovo movimento, pubblicando i loro manifesti ed appelli, dalla loro nascita fino alla morte dell'organizzazione antifascista nel 1922.
È da rimarcare la singolarità di Piombino e zona limitrofa: «Presto però i comunisti usciranno da queste formazioni operaie di difesa ed anzi una circolare dell'esecutivo del P.C. diffida tutti i militanti dall'entrare negli Arditi o anche solo di avere contatti con loro. Dopo questa defezione, gli Arditi del Popolo a Piombino saranno costituiti quasi esclusivamente da elementi anarchici e anarco-sindacalisti e saranno loro a sostenere le lotte dure e spesso sanguinose che impediranno fino alla metà del '22 ai fascisti di entrare a Piombino.» 

Gli Arditi del Popolo nel cinema e nella letteratura
A parte la letteratura specifica di indirizzo storico sull'argomento, che ormai è rilevante dopo anni di disinteresse o quasi,anche il mondo dell'espressione artistica, benché in modo piuttosto episodico, si occupò degli Arditi del Popolo; tra le opere più note ispirate alle loro gesta va ricordato Maciste, il valoroso fabbro antifascista di Cronache di poveri amanti, film tratto dal libro di Vasco Pratolini; Maciste è un ex Ardito del Popolo che viene assassinato dagli squadristi, interpretato da un magistrale Adolfo_Consolini, tenuto conto che non era attore professionista,ed affiacato dall'amico, comunista irriducibile, (dopo un tentennamento ma riportato all'"ordine" da Maciste), interpretato da Marcello Mastroianni, in una parte da "duro" perfettamente retta anche se al di fuori dei suoi ruoli classici. Anche Alberto_Bevilacqua parla degli Arditi del Popolo, anche se non è centrale per la trama il discorso, nel suo libro "il viaggio misterioso". 
Più recentemente, Pino Cacucci ha dedicato il suo Oltretorrente alle vicende degli Arditi del Popolo nella Parma degli anni venti, e delle loro lotte contro le agressioni fasciste nei mesi precedenti la marcia di Roma dell'ottobre 1922. Gli Arditi del Popolo, come pure Gino Lucetti, hanno ispirato anche alcune canzoni popolari e partigiane come il quella del "Battaglione_Lucetti" ricordata da Maurizio_Maggiani nel "coraggio del pettirosso".

Storia degli Arditi in sintesi

Stralcio articolo di Antonio Gramsci relativo agli Arditi del Popolo (L'Ordine Nuovo del 1921)

Nato nel 1921, da una scissione della sezione romana degli Arditi d'Italia e per iniziativa di un gruppo di iscritti guidati dell'anarchico Argo Secondari, si sviluppò rapidamente in un'ottica marcatamente antifascista ed antiborghese, e caratterizzandosi per un decentramento autonomo delle organizzazioni locali.
Gli Arditi crearono vere e proprie milizie per la protezione dei quartieri e dei centri oggetto di attacchi armati da parte dalle squadracce fasciste, assumendo connotazioni politiche talvolta differenti da un posto all'altro, ma sempre accomunati dalla coscienza della necessità di organizzare la resistenza popolare contro la violenza delle camicie nere.
Gli anarchici aderirono entusiasticamente alle formazioni degli Arditi e spesso ne furono i promotori individualmente o collettivamente, basti pensare che in maggioranza gli anarchici furono i difensori di Sarzana e di altre città. A Parma, per esempio, fra le famose barricate erette per resistere agli assalti delle squadracce di Balbo e Farinacci, ve n'era una tenuta dagli anarchici.
Completamente diverso fu l'atteggiamento sia dei socialisti sia dei comunisti (questi ultimi costituitisi in partito nel gennaio 1921). Nonostante la vasta e spontanea adesione di molti loro militanti agli Arditi del Popolo, entrambe le burocrazie partitiche presero le distanze e cercarono di sabotare lo sviluppo di quel movimento.
Gli organi centrali del neonato PCd'I (in particolar modo Amedeo Bordiga), nonostante le indicazioni contrarie di Lenin giunsero al punto di imporre ai propri iscritti di evitare qualsiasi contatto con gli Arditi, contro i quali fu imbastita anche una campagna di stampa a base di falsità e di calunnie. Non a caso, il comunista Umberto Terracini intervistato negli anni settanta dalla televisione cercava ancora di giustificare quella scellerata scelta politica.
Secondo il PCd'I e socialisti la difesa proletaria sarebbe dovuta realizzarsi esclusivamente all'interno di strutture controllate direttamente dal partito (evidentemente temevano di perdere l'egemonia e il controllo del proletariato), e gli Arditi del popolo, definiti spregiatamente "avventurieri", vennero quasi considerati alla stessa stregua di potenziali avversari.

Mentre Ivanoe Bonomi scatenanava poliziotti e carabinieri, servilmente obbedienti agli ordini delle autorità che ordinava loro di proteggere gli squadristi fascisti, occorre ricordare alcuni militari e funzionari che si rifiutarono di eseguire gli ordini repressivi contro gli Arditi del Popolo e le formazioni di difesa proletaria: Guido Jurgens, capitano dei carabinieri, difese Sarzana fianco a fianco degli Arditi del Popolo; Vincenzo Trani, alto funzionario di polizia, dalle sue indagini sui fatti di Sarzana (scontri tra fascisti e antifascisti) scagionò completamente gli Arditi del Popolo e gli antifascisti, sostenendo che si trattò di legittima difesa dagli attacchi squadristici di un manipolo di delinquenti; Federico Fusco, prefetto al tempo della leggendaria Difesa di Parma del 1922, guidata dagli Arditi del Popolo, sotto il comando di Guido Picelli ed Antonio Cieri, non condannò la reazione antifascista contro la prepotenza fascista.
È superfluo ricordare che tutti questi personaggi, avendo esposto pubblicamente il proprio astio nei confronti del fascismo, furono esautorati da ogni posto di comando degli "organi di repressione dello Stato", così come furono eliminati i (pochi) semplici poliziotti e carabinieri avversi al regime mussoliniano.
Da un articolo di Antonio Gramsci sugli Arditi del Popolo e si trovano dei riscontri in queste parole nell'attuale periodo: «Bisogna far comprendere, insistere per far comprendere al proletariato che oggi non si trova contro soltanto ad un'associazione corporativa, bensì si trova contro tutto l'apparato statale, con i suoi tribunali ed i suoi giornali che manipolano l'opinione pubblica secondo il buon piacere del governo e dei capitalisti [...]. E si sono salvati quei popoli che hanno avuto fede in se stessi e nei propri destini,ed hanno quindi affrontato la lotta audacemente...» (Tratto da «L'Ordine Nuovo» del 15 giugno 1921)


https://www.anarcopedia.org/index.php/Arditi_del_Popolo


sabato 23 novembre 2019

L'OMICIDIO CUCCHI E I CATTIVI PENSIERI DELLA MAGGIORANZA SILENZIOSA



Si, alla fine quello di Stefano era proprio un omicidio 
di Alessio Ramaccioni
CONTROPIANO:

Omicidio preterintenzionale. 
Dodici anni di carcere. Soltanto due in più del tempo che è servito affinchè un giudice abbia deciso che quello di Stefano Cucchi è stato un omicidio, e che i due autori materiali del pestaggio che causò la sua morte, i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, sono due assassini. 
Dieci anni lunghissimi, durante i quali è successo di tutto: depistaggi, falsificazioni, menzogne, offese (alla famiglia ed alla memoria di Stefano). 
E’ capitato addirittura che un ministro dell’Interno – Angelo Alfano – mentisse durante un intervento in Senato sulla base di una serie di atti falsi che erano arrivati a lui dopo un delirante percorso di mistificazione della realtà partito nella caserma dove avvenne materialmente il pestaggio e proseguito attraversando le gerarchie dell’Arma dei Carabinieri.
Un susseguirsi di falsità volte non solo a nascondere quello che era realmente avvenuto, ma anche a screditare quei pochi che provavano a dirla, la verità; come ad esempio il carabiniere Riccardo Casamassima, tra i primi a raccontare quello che era successo e per questo oggetto di accuse (quasi tutte inventate) ed allusioni.
Ce ne sono tante di storie così, all’interno della grande e tragica storia della morte di Stefano.
Una storia che ieri ha avuto una sua prima conclusione, finalmente vera.

La sentenza emessa ieri dalla Corte d’Assise di Roma ha fatto giustizia, anche se ha parzialmente alleggerito le pene che eraso state richieste dal pm Giovanni Musarò: aveva chiesto 18 anni per D’Alessandro e Di Bernardo, che sono stati invece condannati, appunto, a dodici anni di carcere. Condannato a due anni e sei mesi per falso il carabiniere Francesco Tedesco, uno dei testimoni chiave del processo (assistette al pestaggio da parte dei suoi due colleghi) e, sempre per falso, a tre anni e otto mesi Roberto Mandolini, al tempo comandante interinale della Stazione Appia (che è stato assolto invece dal reato di calunnia). 
Tedesco è stato assolto dalla condanna di omicidio.
Una assoluzione e quattro prescrizioni, invece, per i cinque medici imputati (inizialmente per abbandono d’incapace, poi per omicidio colposo): assolta Stefania Corbi, prescritti il primario del reparto di Medicina Protetta del Pertini (dove era stato portato Stefano) Aldo Fierro ed i medici Flaminia Bruno, Luigi de Marchis Preite, Silvia Di Carlo.
Ancora aperto invece il processo che riguarda i depistaggi sulla morte di Stefano, che ha comunque avuto il suo colpo di scena: in apertura di udienza uno dei giudici, Federico Bonagalvagno, si è dovuto astenere dal processo in quanto ex carabiniere in congedo.
La decisione è arrivata solo dopo una richiesta esplicita dei legali della famiglia Cucchi (il giudice aveva organizzato convegni invitando alti ufficiali dell’Arma, e dai report era venuta fuori la sua precedente carriera in quel corpo). 
E’ da sottolineare come a questo giudice non fosse nemmeno venuto in mente di astenersi spontaneamente dalla causa (come se non si fosse reso conto del clamoroso “conflitto di interessi”). E va altrettanto sottolineato che continuerà la sua carriera da magistrato giudicante: ossia ad emettere sentenze sulla base di rapporti delle “forze dell’ordine” (carabinieri e polizia giudiziaria), che presumibilmente avranno per lui un’attendibilità maggiore rispetto a qualsiasi altro “giudice terzo”.
Processo altrettanto importante, quello sui depistaggi: la macchina della disinformazione che fu allestita per coprire le azioni dei due carabinieri poi condannati è così ampia, articolata ed inesorabile da rappresentare una ferita enorme per una democrazia come dovrebbe essere la nostra. 
Lo Stato che, pur di difendere se stesso, mente a danno di chi dovrebbe massimamente tutelare: i cittadini. Un’altra storia nella storia, quella di Stefano, che quindi fu assassinato: picchiato, piegato, massacrato e lasciato morire.
E’ naturale che tornino alla mente le parole di Matteo Salvini, di Gianni Tonelli, di Carlo Giovanardi, di Ignazio La Russa e di tutti coloro scelsero – per ideologia, per convinzioni personali, per incapacità di avere pensieri diversi e più grandi di quelli che hanno – di difendere ciecamente i carabinieri soltanto perchè tali.
Parole spazzate via dalla verità processuale, che naturalmente ha tutti i gradi di giudizio previsti per poter essere confermata. Parole che però in qualche modo meritano di essere spazzate via, come tutte le cose brutte o alla fine irrilevanti della storia.




Per concludere, voglio pubblicare un post dell'amico Fulvio Venanzini, dedicato a coloro che hanno condiviso e commentato benevolmente sui social la bufala della lettera offensiva e diffamatoria di tal "carabiniere qualunque" contro Stefano Cucchi e sua sorella, lettera scritta da qualche troll che, paradossalmente, ridicolizza anche l'Arma, oltre a seminare odio, divisione e fare distrazione di massa tra la gente.
Fulvio Venanzini è un giovane attore comico-satirico, un bravo stand-up comedian del viterbese, arguto e senza peli sulla lingua, molto attento alla psicologia di massa in rete e, soprattutto, sui social.

LETTERA APERTA AI CONDIVISORI DI BUFALE DI "CARABINIERE QUALUNQUE":
"Cari connazionali, fatemi, fateci e fatevi un favore:
gettate una volta per tutte quell'orrenda maschera piccolo-borghese, e smettete di nascondervi dietro i vari "mi dispiace per Cucchi MA" e i "sì però anche la sorella e la famiglia SE" - che ricordano così tanto i classici "non sono razzista MA" e gli "ho tanti amici gay PERO'" -, smettete di inventarvi storie fantasiose da usare come alibi, di accusare famiglie distrutte di opportunismo, di cercare il "complotto" mediatico-politico e di parlare ironicamente di "eroi" e "martiri" davanti a cadaveri che neanche in 10 anni sono riusciti a ottenere il pieno status di mere "vittime", solo per sentirvi a posto con la coscienza e non compromettere la vostra immagine pubblica.
Lasciate stare tutto questo e dite ad alta voce ciò che realmemente pensate, abbracciate il vostro vero istinto e buttate fuori la vostra vera "natura" ammettendo chiaro e tondo:

"Di Cucchi non me ne frega un cazzo, hanno fatto bene."
Tanto è questo che vi si legge ogni volta fra le righe sgrammaticate, mentre tentate pateticamente di arrampicarvi sugli specchi, cercando di difendere l'indifendibile e sminuire l'orrore puro di ispirazione nazista.
Ci risparmierete così un ulteriore spettacolo indecoroso e, magari, ripetendo più e più volte a mo' di mantra quella confessione, dopo un po' inizierete a porvi delle domande, forse a riflettere e a capire che non ha alcun senso, che il vostro odio è solo frutto di un luogo comune e della propaganda, di pigrizia mentale, di noia e frustrazione.
E forse capirete infine che, per darsi una "libertà di pensiero" ci deve essere alla base un pensiero, altrimenti è solo aria puzzolente che vi esce dalla bocca e rimane impressa su un social, magari facendovi addirittura passare dei guai o perdere il lavoro, quell'unico lavoro di merda che avete. 
Tutto questo mentre il cartello della droga continua a fare soldi, le mafie locali a comandare, i politici sciacalli a salire nei sondaggi e i poveracci a crepare.

http://contropiano.org/news/politica-news/2019/11/15/si-alla-fine-quello-di-stefano-era-proprio-un-omicidio-0120798


lunedì 18 novembre 2019

CHRISTUS VERUS LUCIFER



L'antico motto "Christus verus Lucifer", significa "Cristo è il Vero-Lucifero (Portatore della Luce Vera)", mentre il detto "Lucifer verus Christus" ha un'accezione ribaltata e negativa, nata successivamente, e significa "Lucifero è il vero Cristo".

di Rudolf Steiner

E' noto che secondo la Bibbia, nel libro Genesi, gli uomini furono creati in un modo piuttosto singolare. Tra l'altro ci viene narrato che Lucifero si accostò ad Eva e le disse che se avesse fatto quello che Lucifero voleva, le si sarebbero aperti gli occhi. Quando in quel passo della Bibbia si parla del bene e del male, non si intende il bene o il male morale: questo appartiene a un tutt'altro strato dell'evoluzione della civiltà. Lì viene menzionato come bene e male qualcosa che si vede esteriormente, non in modo animico-spirituale, bensì con gli occhi fisici.
"I vostri occhi saranno aperti!"
Prima non erano aperti: la cosa va presa proprio alla lettera. 
Prima che Lucifero gli si accostasse, l'uomo guardava intorno a sé e vedeva le stelle fisse mediante la chiaroveggenza di cui era dotato: le vedeva come esse sono nella loro sostanza, nella sostanza degli Spiriti della saggezza, le vedeva cioè spiritualmente. 
L'uomo cominciò a scorgerle fisicamente (cioè una luce percepibile ai suoi occhi fisici cominciò a splendergli intorno) solo quando egli stesso fu soggiaciuto alla tentazione luciferica. 
Questo significa che le stelle fisse non sono percepibili fisicamente, non irradiano luce fisica fintanto che si trovano nella condizione in cui vengono dirette dagli Spiriti della saggezza. 
Una luce fisica può diffondersi solo sulla base di qualcosa che soggiaccia alla luce come un elemento portante, solo se la luce viene per così dire legata a un mezzo portante. 
Perché una stella fissa possa diventare visibile è necessario ancora qualcosa d'altro, oltre al fatto che gli Spiriti della saggezza operino in essa. E' necessario cioè che in quella stella fissa agiscano spiriti luciferici ribelli contro la mera sostanza della saggezza, spiriti che infondano il proprio principio nella mera sostanza della saggezza. Ecco dunque che all'interno della stella fissa ciò che è visibile solo spiritualmente si trova commisto all'elemento luciferico che (nella stella fissa stessa) insorge contro quella visibilità esclusivamente spirituale, qualcosa che porta la luce fino ad essere visibile fisicamente.
Quindi possiamo comprendere rettamente l'antico motto: "Christus verus Lucifer". 
Oggi queste parole non suonano più bene. Esse suonavano ancora bene quando si sapeva dagli antichi insegnamenti occulti che nella luce fisica esteriore si manifesta Lucifero, il portatore di luce: e si sapeva pure che, penetrando oltre la luce fisica fino agli Spiriti della saggezza, penetrando cioè fino alla luce spirituale, si perviene al portatore della luce spirituale: al Cristo, Christus verus Lucifer.
Il vero insegnamento del Cristo
"Il Cristo, che è il secondo aspetto di Dio stesso, non ha mai preso sembianze fisiche: Egli entra semplicemente nelle anime e negli spiriti che sono pronti a riceverlo e a fondersi in Lui. 
Gesù, come tutti gli altri grandi Maestri dell'umanità e i fondatori di religioni, dovette percorrere un lungo cammino prima che quello Spirito discendesse in lui. Se è stato chiamato "Gesù Cristo" non è perché egli "era il Cristo" ma perché "ha ricevuto il Cristo".
Maestro Omraam Mikhaël Aïvanhov


Il Baphomet, la realizzazione del Diavolo Ermetico:
di Riccardo Ammendola
Il processo inquisitorio contro i Templari verteva, tra le varie accuse, sull'adorazione di un idolo dalle parvenze demoniache chiamato Baphomet.
Va specificato che i Templari (almeno quelli di alto grado) erano a contatto con l'élite spirituale del loro tempo senza alcun pregiudizio legato a differenti correnti di pensiero e spirituali, avendo compreso che il Logos parla una gran quantità di lingue (interiori) e che eventuali differenze, se mai ce ne sono, sono legate unicamente alla varietà espressiva, non certo alla Sostanza.
Questo non poteva essere chiaro e nemmeno accettato dal ramo più intransigente e dogmatico della Chiesa legato ad un'interpretazione puramente letterale ben lontana da quella segreta, patrimonio di ogni Tradizione Spirituale degna di questo nome.
Così fu usato come eresia un simbolo tutt'altro che satanico, nella cui immagine viene sintetizzato il Corpus di quegli Insegnamento operativi che permettono la trasmutazione dell'uomo.
La parola Baphomet deriverebbe infatti dal greco "Bapto", battezzare, e "Metu" vino, sangue o fuoco. Ed il "Battesimo del Fuoco" è un dono che solo l'Arte Regale può dispensare, in quanto ci rende degni di ricevere la Grazia Divina nel nostro stesso Tempio Corpo.
Il vino del resto, viene spesso usato come metafora della via alchemica, in ebraico curiosamente, le parole "iain", «vino», e "sod", «mistero», posseggono lo stesso valore ghematrico (peso numerico delle lettere che lo compongono);

Fulcanelli non aveva alcun dubbio circa la natura alchemica di cui era rivestita la simbologia del Baphomet:
"...l'emblema compiuto delle tradizioni dell'Ordine Templare, usato come paradigma esoterico, sigillo della cavalleria e segno di riconoscimento; geroglifico completo della Scienza (Alchemica) rappresentato dal resto della personalità dell'antico Pan, immagine mitica della natura in piena attività".

Ecco cosa scrive l'occultista francese Eliphas Levi ne "Il Libro degli Splendori", circa questa emblematica figura:
Fu proibito agli Israeliti di dare alle concezioni divine figura d'uomo o d'animale, e perciò essi non osarono scolpire sull'Arca e nel santuario se non Cherubini, ossia sfingi con corpo di toro e testa d'uomo, d'aquila o di leone. Tale ibrido d'animali impossibili faceva comprendere che il segno non era un idolo o immagine di cosa vivente, ma carattere o rappresentazione di cosa pensata. 
Non si adora dunque Bafometto, si adora il Dio senza figura dinnanzi a questa forma informe, e a questa immagine senza rassomiglianza tra gli esseri creati. 
Il Bafometto dei templari non è un dio. È il segno dell'Iniziazione, la figura geroglifico del grande Tetragramma Divino, il guardiano della chiave del Tempio, la chiave stessa.

Eliphas Levi, offre anche un'altra interessante codifica cabalistica sul significato della parola Baphomet, secondo lui infatti:
"Il nome del Baphomet dei Templari, che dovrebbe essere pronunciato cabalisticamente al contrario, è composto di tre abbreviazioni: Tem. - OHP. - AB. cioè Templi Omnium Hominum Patti Abbas, "il Padre del Tempio della pace di tutti gli uomini".

Non da meno Giuliano Kremmerz, ne "La Scienza dei Magi", scrive:
"Era per i Templari un simbolo della Magia pratica. Questo mostro rappresentava la grande pratica della Realizzazione e aveva, oltre ad una demoniaca testa di caprone bavoso, anche una verga a scaglie metalliche e delle mammelle tutt'altro che paradisiache e che dalla cintola in giù è come un satiro. La Sfinge egizia manca di verga ma ha le mammelle e certi artigli di belva che non piaccion neanche a vederli dipinti. Dunque verrebbe chiara la domanda: la magia trova il suo magistero nella zona altissima di purificazione o nella bassa dei sensi e della realtà plastica?"

Sono state fatte molte altre ipotesi sul caso Baphomet, a mio avviso tutte giuste se viste ognuna come un pezzettino dello stesso Mosaico. Se si convertono ad esempio le lettere del Baphomet in lettere ebraiche e si anagrammano, otteniamo la seguente locuzione ebraica "Tem-oph-ab" che significa, parola per parola, «doppio-uccello-generazione». Il "doppio uccello della generazione" alluderebbe agli organi sessuali, al Lingam-fallo ed alla Yoni-vagina secondo la simbologia della Tradizione Indù, facendo del Baphomet un simbolo di Androginia Spirituale.
Secondo un docente di tradizione e magia sufi, Arkon Daraul, Baphomet deriverebbe invece dalla parola araba Abufihamat, che significa "Il Padre della Comprensione". 
Interpretazione non tanto azzardata se si pensa che il Baphomet porta accesa, sulla propria testa, una fiaccola, trattasi del fuoco dell'Ariete analogo al Padre della Triade cristiana (Padre - Figlio e Spirito Santo).
Il Dr. Hugh Schonfield, il cui lavoro sui Rotoli del Mar Morto è ben noto, solleva uno dei veli misterici più importanti su questa affascinante figura. Schonfield, decise di applicare alla parola Baphomet il codice ebraico chiamato cifrario Atbash, che veniva utilizzato nella traduzione di alcuni dei Rotoli del Mar Morto.
Il codice Atbash consiste nel ripiegare in due l'alfabeto ebraico di ventidue lettere in modo che la prima venga sostituita dalla ventiduesima, la seconda dalla ventunesima e così via fino all'undicesima. Poggiando questo cifrario sulla base inferiore, le prime due corrispondenze sono Aleph-Taw e Beth-Shin, e queste quattro lettere, lette di seguito, danno il nome al cifrario, A-T-B-Sh. Secondo questo codice il nome Baphomet andrebbe scomposto nelle sue cinque lettere del corrispondente termine ebraico, a cui vanno applicate in sostituzione le corrispondenze nel cifrario Atbash.Il Dr. Schonfield poté osservare che traslitterando la parola Baphomet con l'Atbash si ottieneva la parola greca "Sophia", termine esoterico che indica la "Sapienza" e la cui simbologia gnostica ne fa il simbolo della nostra "Anima".

beth peh wav mem taw
B Ph O M T

shin wav pe yod aleph
S O Ph I A


Ora è bene fare attenzione a quanto esporrò, il Fulcanelli ci dice che ci troviamo davanti al "geroglifico completo della Scienza", ma non al "Risultato Finale". Il Levi dal canto suo parla del "segno dell'Iniziazione", e non dell'Iniziazione. Ed il Kremmerz afferma che il Baphomet rappresenta "la grande pratica della Realizzazione", NON la Realizzazione! Tutto questo è perfettamente corretto ed adesso spiego perché: ci troviamo davanti ad una capra, e la parola sanscrita che traduce quella italiana "capra", cioè "aja", significa anche "non ancora nato". 
Il Baphomet infatti "non simboleggia il nato" quanto il "come far nascere", si tratta del processo per realizzare la Grande Opera ma non è la "Grande Opera".
Chi compie il processo di trasmutazione diviene pertanto come il Baphomet, un Diavolo Ermetico, con pieno potere sulla Materia, Dissolvendola e Coagulandola a suo piacimento. Le Corna del Baphomet hanno lo stesso identico significato delle Ali sulla testa di Mercurio, poiché gli emisferi cerebrali hanno elevato in alto la propria percezione su "ottave vibratorie superiori".
Possiamo attribuire al Diavolo Ermetico il titolo di Satana, ma attenzione a gridare allo scandalo perché "Shatan" significa semplicemente "Avversario", anche il Krystos è uno Shatan di shatan, cioè "Avversario dell'avversario". 
L'errore dei profani più comune è quello di etichettare come negativi, tutti i nomi che la Chiesa Cattolica ha legato "all'impero del male" per fuorviare gli sciocchi e i superstiziosi.
Il candidato che ricerca l'Iniziazione deve porsi anch'egli come uno Shatan nei confronti del mondo, e prima ancora del proprio mentale e di tutte le idee precostituite, ed in generale, in uno Shatan di chi pietrifica la "Forza di Vita" in una setta, una istituzione, in una religione esteriore o in un partito politico, rendendo morto ciò che è Vivo.

Interessante notare che UOMO-DIAVOLO in inglese si dice DEVILMAN, anagrammandolo viene fuori VEDI L'AMN, e l'AMeN è il Verbo Primordiale!
La Stella a Cinque punte sulla fronte del "nostro" non lascia adito a dubbi, i quattro elementi della mater-materia del candidato si sono finalmente spiritualizzati, trasmutandosi nella Quintessenza, quindi nel Quinto Elemento-Luce, imprimendo in lui l'Iniziazione che è la Realizzazione dello Stato d'Origine!
Potrei scrivere pagine intere sui simboli che compongono il Geroglifico della Scienza Sacra, ma a che servirebbe? A far accumulare nelle menti già troppo ingombranti dei lettori altre conoscenze morte? Ad ognuno scoprire da sé il significato di ogni simbolo, giacché quando si penetra il vivo significato di un simbolo, il suo Archetipo comincia a lavorare in noi affinché le tenebre del dubbio siano convertite nella Luce che istruisce...
Ecco che pure noi siamo ritornati al Principio dopo aver ricevuto il Battesimo del Fuoco Ermetico: il nostro V.I.T.R.I.O.L. personale ha compiuto il miracolo della Cosa Unica. 
Tutto questo era il Baphomet dei Templari a cui loro giustamente rendevano sacro onore. 
Come potevano capirlo degli ottusi inquisitori?

Fonte:

http://www.fratellanzabiancauniversale.it/www/sottopagina.php?Id=54

lunedì 4 novembre 2019

440HZ vs 432HZ? LA FREQUENZA GIUSTA E' QUELLA CHE VUOI TU


440HZ vs 432HZ?
Posso sfatare un mito? Il discorso new-age dell'accordatura NATURALE rispetto ad una cosiddetta  INNATURALE, "è una cagata pazzesca..." (parafrasando Villaggio).

Non esistono accordature naturali ed innaturali, sono tutte naturali ed allo stesso tempo "artificiali".
La frequenza giusta è quella che vuoi tu, nel senso che non esiste e non è mai esistita storicamente una gerarchia tra accordature, sono state utilizzate nei secoli diverse accordature a seconda delle più svariate esigenze tecniche ed artistiche, e tutte quelle che sono state usate sono giuste e valide.
Tutte le accordature sono relative al contesto storico-culturale e sono funzionali a quel determinato strumento, alla posizione geografica di quella popolazione, al genere musicale, alla tecnologia tramite la quale erano prodotti e fabbricati un tempo certi strumenti musicali piuttosto che altri.
Esistono, oltre a ragioni specifiche tecniche, anche ragioni di opportunità politica e militare.
Una delle ragioni del progressivo innalzamento della frequenza di accordatura, tra le tante, è stata l’irrompere sulla scena degli ottoni e la loro preponderanza nelle bande militari russe e austriache, che in quel momento facevano scuola. 
Lo stesso zar Alessandro I s’interessò della questione, spalleggiato dalle famiglie reali europee e dalla chiesa, che forse propendeva per un’accordatura alta in modo da avvicinare, simbolicamente, la musica a Dio, e lo stesso desiderio lo espressero anche i nazisti (così nasce la leggenda che siano stati loro a voler introdurre questa accordatura, mentre già un secolo prima ed in tanti altri periodi storici era stata adottata).
Nella nostra epoca industriale e di massa, dove la tecnologia ha fatto passi da gigante, è necessaria un'accordatura standard uguale per tutti, utile per fondere stili, sonorità e diversi strumenti che devono suonare in maniera ottimale insieme. Questo non esclude il fatto di adottarne altre per determinati generi musicali, come la musica classica, indiana, araba ed etnica. Oltretutto nei sintetizzatori c'è pure la possibilità di cambiare scale e mastertune, quindi che vuol dire accordatura NATURALE?
Se uno preferisce comporre a 432hz è giusto che lo faccia e lo può fare, nessuno glielo impedisce, come è giusto che uno possa utilizzare quella standard odierna a 440hz.
Le frequenze cosiddette cosmiche, profonde, spirituali, non sono dettate dall'accordatura, che è solo un medium relativo per natura, ma dalla qualità del brano che si ascolta. E' il contenuto che ci fa sublimare, non il medium tecnico che deve essere sempre e solo al servizio del contenuto musicale.
The Koln Concert, album live del 1975, del grande pianista Keith Jarret, fu eseguito su un piano Bösendorfer. Inizialmente, Jarret aveva richiesto un modello più grande ed invece fu portato sul palco uno più piccolo che aveva pure difetti vistosi sui pedali e sull'accordatura. Jarret minacciò di non suonare quella sera, e se non si fosse provveduto a rimediare, solo dopo l'insistenza dell'organizzazione e dopo aver sistemato il pianoforte con alcuni espedienti, Jarret decise di fare il concerto. Pensate quanto sarebbe cambiato nella sua carriera e quanto avremmo perso noi scoltatori se quel Bösendorfer difettoso, che faticava a mantenere l'accordatura, non fosse stato accordato a 442hz, ben due hz in più rispetto al'attuale standard, così ingenuamente e stupidamente osteggiato dai fedeli del 432hz.
Fu accordato più in alto proprio per fissare meglio la brillantezza del suono. Questo per dire che sono ben altre le ragioni fisiche e sottili che ci fanno amare una musica ed apprezzare un'artista.
Che cos'è la frequenza, cos'è un diapason e a cosa serve?

La frequenza
La frequenza dell'attuale La sopra il Do centrale è fissata a 440 Hz, anche se sono molto diffuse anche altre frequenze, come ad esempio 442 Hz e 443 Hz. Si usa però abbassare il diapason a 392 o 415 Hz per eseguire la musica barocca e a 430 Hz per eseguire la musica del classicismo.
Fino al XIX secolo non ci fu nessuno sforzo coordinato per determinare uno standard in campo musicale e l'intonazione variava ampiamente in tutta l'Europa. Non essendoci un riferimento comune, le altezze non solo variavano da luogo a luogo, ma c'erano grosse differenze anche all'interno della stessa città. Ad esempio l'intonazione di un organo di una cattedrale inglese nel XVII secolo avrebbe potuto essere fino a cinque semitoni inferiore a quella utilizzata per uno strumento a tastiera da camera nella stessa città.
Nella sola Europa, dal Rinascimento al XVIII secolo si ebbero differenti valori di frequenza per il La: tono romano (328 Hz), tono francese (392 Hz), Kammerton (da 400 a 419 Hz), tono veneziano (430-460 Hz), Chorton (465 Hz), Kirchenton (da 470 a 490 Hz), Cornetton (490 Hz e più). Successivamente, tono pianistico del XIX secolo (432 Hz).
Il corista più basso della storia si attribuisce ad alcuni virginali del tardo XVI secolo, con il La a 322 Hz, mentre il più alto in assoluto è quello dell'organo Stertzing della chiesa di san Pietro a Erfurt, del 1702, con il La a 519 Hz.
Ad ogni modo bisogna osservare che le frequenze qui riportate si basano su misurazioni moderne e che questi dati non erano noti ai musicisti dell'epoca. Nonostante il filosofo-matematico francese Marin Mersenne avesse tentato uno studio delle frequenze sonore già nel XVII secolo, tali misurazioni non divennero scientificamente accurate fino al XIX secolo, a cominciare dal lavoro del fisico tedesco Johann Scheibler nel 1830. 
In seguito il matematico e musicologo Alexander Ellis, nel 1880, catalogò l'accordatura dei diapason in varie città europee.
Nella Roma del Cinquecento e Seicento era l'organo a dare il La, utilizzando quello della sua quarta ottava (La4). In quell'epoca ogni chiesa aveva quindi il suo, che era generalmente di 400 Hz ma scendeva anche a 390 Hz.
Nel 1859 il valore di riferimento dei concerti sinfonici era 448,8 Hz. Nello stesso anno a Parigi una commissione, composta da noti musicisti (Berlioz, Rossini ecc.), stabilisce con decreto imperiale la normalizzazione del diapason, per tutto il territorio francese, a 435 Hz.
Il matematico e musicologo Alexander Ellis nel 1880 catalogò l'accordatura dei diapason in varie città europee.

LuogoAnnoFrequenza
Berlino (concerti)1721421,4655
Berlino (concerti)1859451,8
Bologna (concerti)1869443,1
Bruxelles (teatro lirico)1859442,5
Firenze (opera)1845444,9
Liegi (concerti)1859448,0
Londra (opera)1857456,1
Londra (opera)1880435,4
Londra (concerti)1826423,3
Londra (concerti)1877455,1
Madrid (opera)1858444,5
Milano (Teatro alla Scala)1857451,7
Milano1849446,6
Napoli (Teatro San Carlo)1857444,9
Vienna (opera)1823433,9
Vienna (opera)1862466,0

Il problema della normalizzazione fu posto seriamente a Vienna nel 1885 da un Congresso internazionale, quando si discusse la possibilità di seguire l'esempio francese del 1859 per adottare un diapason europeo. Il Congresso confermò la frequenza del diapason a 435 Hz.
Prima di venir stabilita nell'attuale misura dal Congresso di Londra del 1939, la frequenza del diapason ebbe quindi notevoli variazioni da nazione a nazione e anche da un genere di musica all'altro (musica di chiesa, di teatro, sinfonica). Storicamente, infatti, si ebbero differenti valori di frequenza per il La e numerosi sono stati i sistemi di accordatura musicale ("temperamenti") utilizzati per fissare la frequenza dell'altezza delle note in una scala.
Solo nel 1953, su iniziativa dell'ISO, a Londra, la frequenza passò, non senza ostacoli, all'attuale 440 Hz. C'è voluto più di un secolo per normalizzare l'accordatura a 440 Hz con la risoluzione europea numero 71 del 30 giugno 1971.
La frequenza della nota di riferimento per l'accordatura degli strumenti musicali, in Italia, è stabilita dalla legge 3 maggio 1989, n. 170, pubblicata sulla gazzetta ufficiale n. 109 del 12/05/1989: "Normalizzazione dell'intonazione di base degli strumenti musicali", che all'art.1 recita: "Il suono di riferimento per l'intonazione di base degli strumenti musicali è la nota la3, la cui altezza deve corrispondere alla frequenza di 440 hertz (Hz), misurata alla temperatura ambiente di 20 gradi centigradi".

Nell'antica teoria musicale greca:
I greci utilizzavano il termine "diapason" per indicare quella che oggi è detta ottava, ovvero l'intervallo compreso tra una nota e un'altra di frequenza doppia. L'etimologia del termine infatti deriva dal greco διά πασῶν ("diá pasôn") col significato di attraverso tutte (le note).
Da questo originale significato deriva l'uso che si fa del termine in liuteria per indicare la metà della distanza tra il capotasto e il ponte. La corda toccata in questo punto produce infatti un suono armonico un'ottava sopra la corda suonata a vuoto.
Negli strumenti a tastiera divisa da tasti, come la chitarra e il mandolino, al fine che l'intonazione sia precisa, il dodicesimo tasto deve praticamente coincidere col suddetto suono armonico. Anche la nota prodotta al dodicesimo tasto è un'ottava sopra la corda a vuoto. Al dodicesimo tasto, perciò, l'armonico e la nota tastata sono omofoni.
Nella liuteria attuale, acustica o elettrica, così come nel gergo chitarristico, il termine diapason designa l'intera lunghezza della corda vibrante, cioè la distanza dal capotasto all'osso del ponte. Talvolta, nella costruzione degli strumenti ad arco, è anche usato per indicare la distanza tra il bordo superiore dello strumento ed il punto dove sistemare il ponticello, che corrisponde, negli strumenti ad arco di fattura moderna, approssimativamente ai 3/5 della lunghezza vibrante.

Registro d'organo
Il diapason è anche un registro dell'organo. È, sostanzialmente, un principale di taglio molto largo e dal suono forte, profondo e pronto. È il registro fondamentale degli organi inglesi.
La musica a 432hz è durata per un periodo relativamente breve, e gli storici dell'epoca denunciavano l'accordatura a 432hz come demoniaca rispetto alle precedenti. Le accordature cambiano per esigenze tecniche precise. Non è quella naturale la 432hz, è una tra le tante utilizzate.
L'adozione dell'intonazione scientifica è stata sostenuta da Giuseppe Verdi, che propose anche diverse alternative, principalmente l'intonazione del la 432 Hz, nota come accordatura verdiana. Giuseppe Verdi era contrario alla generale tendenza di innalzare l'intonazione, e sostenne l'uso del la a 435 Hz per l'esecuzione del Requiem. In seguito sostenne l'adozione del la a 432 Hz come intonazione standard per comodità.



Il ‘La’ a 432 Hz è un mito?
di Emmanuel Comte
Alcuni storici si sono resi conto che il diapason è in realtà un problema moderno che non esiste prima del XVI secolo, e che la più antica musica occidentale, come la maggior parte della musica del mondo, semplicemente non conosceva il concetto di diapason. (Christophe Guillotel-Nothmann)
Riassunto:
Le ricerche fatte dai musicologi di fama e accademici sull’intonazione musicale, dimostrano oltre ogni dubbio che:
– Non c’era standard per stabilire una frequenza di riferimento per il ‘La’ prima del 1859 (435 Hz) e 1936 (440 Hz).
– La frequenza a 432 Hz del ‘La’, di cui parleremo qui, non è uno standard e sembra non sia stata utilizzata in preferenza ad altri tipi di frequenze. Abbiamo letto su di essa solo una volta tra i 1500 riferimenti citati da Bruce Haynes, a proposito dell’organo della chiesa di San Giovanni Battista in Magnano, Italia, 1794.
– Il ‘La’ a 435 Hz era in uso a Parigi nel IXX secolo.
– Il ‘La’ a 440 Hz non è stato creato dal regime nazista, era già in uso prima del 1670 in Olanda, tra il 1730 e il 1770 in Italia e in Inghilterra, tra il 1770 e il 1800 in Francia, e dal 1700 in Germania.



Sarebbe troppo lungo descrivere in dettaglio l’origine della nota ‘La’; una convenzione nella nostra cultura francofona (l’autore è francese n.d.T.) che corrisponde alla anglosassone ‘A’. Io sviluppo questo argomento nel mio libro “Le Son de Vibrations” (Il Suono delle Vibrazioni), pubblicato dalla Quebecor nel 2014. Spiego in dettaglio da dove viene questo ‘La’, i nomi delle note attualmente utilizzati nella cultura francofona e perché. La standardizzazione dell’attuale ‘La’, 60 anni fa, è stato imposto come l’unico ‘La’, riferito a 440 Hz, così come lo conosciamo oggi. Sebbene questa frequenza a 440 Hz fosse in vigore per l’accordatura degli strumenti molto prima del XX secolo, la sua standardizzazione è chiaramente un’invenzione recente.
Nel 1859, il musicologo francese Adrien de la Fage pubblicò un libro intitolato “De l’unité tonique et de la fissazione d’un diapason universel” (circa l’unità tonica e impostando un’accordatura musicale universale). A quel tempo, una ‘LA’ di riferimento si rese necessario per facilitare il commercio di strumenti musicali e la pratica musicale di musicisti d’orchestra che viaggiavano da un paese all’altro.
Se l’accordatura francese barocca variava intorno ai 392-415 Hz, quella inglese barocca della seconda metà del 17° secolo era lì vicino. Per contro, in Italia, se l’intonazione era bassa al Sud, saliva a seconda della latitudine. La troviamo a 393 Hz a Roma, mentre è di circa 460 Hz a Venezia. Dal 1511-1953, l’intonazione del ‘LA’ è passata da 377 Hz (nel 1511) a 440 Hz (nel 1955). Il lavoro di Bruce Haynes merita di essere menzionato. Ha studiato l’intonazione di circa 1200 strumenti dal periodo barocco. Egli ne ha aggiunti più di 300, che si sono sovrapposti dal periodo rinascimentale fino all’epoca romantica.
Pertanto, il ‘LA’ ha ampiamente fluttuato e la ricerca musicologica dimostra che l’aumento non è costante. In realtà non ce n’è alcuno. E ‘stato dimostrato che il 440 esisteva in epoca barocca e il La è stato anche suonato a frequenza più alta. L’intonazione poteva variare nella stessa città e all’interno dello stesso tempio. Il ‘LA’ accordato a 440 Hz è stata adottato in Germania nel 1834.
Tra gli anni 1830 e 1840, Franz Liszt e Richard Wagner hanno favorito il ‘LA’ su un’accordatura più alta del solito, 440 Hz e oltre. Anche allora, l’intonazione era molto variabile e alcuni ‘LA’ molto diversi sono stati trovati in vari teatri europei. Al contrario, i nazisti sostenevano l’adozione della frequenza di riferimento 440 Hz; ma dire che il 440 Hz è una frequenza nazista è fuorviante. Questa frequenza esisteva molto prima che questo regime fu adottato e ha voluto renderlo un riferimento assoluto. Tale frequenza può essere stata usata dai nazisti, ma niente di più. La stessa osservazione può essere fatta circa la svastica, che non è in origine un simbolo nazista, è stato utilizzato solo dai nazisti. E ‘ormai riconosciuto che la svastica, indipendentemente dal suo senso di rotazione, appartiene alla tradizione vedica e si trova in tutto l’Oriente sui templi e statue che rappresentano Buddha.
Dopo questa lunga ma necessaria premessa, c’è un altro aspetto che vorrei chiarire: l’accordatura a 432 Hz, chiamata l’accordatura di Verdi, è diventata una sorta di mito. Handel aveva la sua, a 423 Hz, e Mozart a 422 Hz.
A quel tempo, quando il diapason vibrava alla frequenza di 435 Hz a Parigi per decisione ministeriale, e di 439 Hz a Londra con regio decreto, il celebre compositore italiano Giuseppe Verdi adottava la frequenza 432 Hz.
Partendo da questo punto, alcuni autori hanno scritto a proposito del ‘LA’ a 432 Hz, contrapponendo il corrente La (a 440 Hz) con questa diversa frequenza. Usando diverse argomentazioni, questi autori cercano di portare il pubblico a credere che una frequenza sia meglio dell’altra, basandosi su fragili dimostrazioni.
Come ho brevemente riassunto il ‘LA’ del diapason è un’invenzione recente e la sua standardizzazione è stata fatta mezzo secolo fa. Da notare che il ‘LA’ sintonizzato a 430 Hz ad una temperatura di 15 ° C può salire o scendere tra 427 e 434 Hz, in funzione della variazione di temperatura; così come la temperatura e l’umidità influenzano l’altezza dei suoni.
Alcuni strumenti storici hanno mantenuto la loro propria accordatura. Su un corno, un clarinetto o una tromba, il Do può vibrare a 392 Hz (Sib), 370 Hz (La) o 294 Hz (Fa).
Questi sono retaggi di un tempo in cui l’accordatura non era stata fissata e dove un Do poteva suonare come un La, un Fa o Sib.

Félix Savart, menzionato in precedenza in relazione ai suoi esperimenti cimatici con violini – vedi il libro Le Son de Vie (The Sound of Life) – ha prestato molta attenzione ai violini realizzati dal noto produttore italiano Antonio Stradivari. La sua ricerca intrapresa con il famoso produttore di strumenti a corda Jean-Baptiste Vuillaume gli ha permesso di trovare una frequenza di risonanza del suono dei violini Stradivari, misurata a 512 Hz. Ciò che rimane sconosciuto è se Antonio Stradivari utilizzasse i rapporti pitagorici per definire il range delle altre note, il che sembra probabile. In tal caso, l’accordatura del ‘LA’ a 432 Hz sui violini di Stradivari è plausibile.
Tuttavia, una domanda sorge spontanea: gli esperimenti di Did Savart sono stati rifatti utilizzando moderni strumenti scientifici? Ci chiediamo, sapendo che il diapason normale di Parigi, impostato a 435 Hz, progettato e realizzato da Lissajous Secretan nel 1858, in realtà vibra a 435,4 Hz. Pertanto, la risonanza misurata da Savart era davvero 512 Hz? Nessuna temperatura è specificata, ci riserviamo di verificare su questa affermazione, almeno fino a quando saranno completate altre misurazioni scientifiche.



I violini Stradivari, dal nome del loro creatore, sono oggetto di una speculazione irragionevole, mentre blind tests hanno dimostrato che gli strumenti moderni suonavano meglio. Questo non diminuisce la qualità dei violini di Stradivari che può essere spiegata con l’uso di una geometria segreta, sulla base aurea, applicata all’acustica. Stradivari, secondo le testimonianze, fu iniziato da Alessandro Capra, architetto e matematico di Cremona, patrigno della prima moglie Francesca Ferraboschi.
Se la frequenza di accordatura dei violini Stradivari corrispondesse alla nota Do a 512 Hz, l’intonazione del La dovrebbe essere a 432 Hz della scala Pitagora. 512 Hz corrisponderebbe ad un ‘LA’ a 430,55 Hz nella scala convenzionale di Verdi e a 430,33 Hz in altri sistemi. Giuseppe Verdi era interessato agli esperimenti di Félix Savart e decise di adottare la frequenza 432 Hz per intonare il ‘LA’. Ma tutto questo rimane molto poco chiaro.
Per noi è solo una curiosità. Vi è tuttavia un movimento militante che cerca di dimostrare goffamente che il 432 sarebbe migliore del 440.
Ho anche visto una scena, a titolo di archivio, dove un esecutore canta la stessa aria d’opera, accompagnato da due pianoforti accordati successivamente con una differenza di 8 Hz, uno a 432 ed il secondo a 440. Il cantante inizia con il 440, canta la sua aria, poi si muove, seguito dal suo accompagnatore, e canta la stessa aria intonandola sul secondo piano, di 8 Hz più basso. Dopo lo spettacolo, il pubblico è in fermento e molti usano questo estratto per dimostrare che una frequenza di riferimento è migliore di un altra.
Tutto questo è molto personale. Questo è un sotterfugio in grado di ingannare molte persone, in qualche modo un’illusione, un trucco di magia. Il famoso baritono Piero Cappuccilli ha fatto questa dimostrazione. Era già convinto e aveva una preferenza evidente: la frequenza di 432 Hz. Voleva dimostrare che una frequenza è migliore di un’altra. La sua emozione, le sue espressioni facciali e comportamenti inconsci hanno avuto la capacità di influenzare il tono della sua voce e dare una migliore interpretazione di un tono piuttosto che dell’altro. Quindi non stiamo parlando di un esperimento scientifico, ma di una manifestazione emotiva.
L’argomento che i pianoforti non supportano l’alta tensione dell’accordatura a 440 Hz è confutabile. Il Direttore Herbert von Karajan intonava i suoi pianoforti a 445 Hz, per esempio. I produttori progettano i loro strumenti in modo da supportare diverse tensioni a causa di umidità o cambiamenti orchestrali.
Lungi dal lasciare le cose come stanno, alcuni autori sviluppano altre teorie discutibili su questa accordatura. Da varie argomentazioni, arrivano alla conclusione dubbia che 432 Hz risuona con l’universo, la precessione degli equinozi, la Piramide di Cheope, i templi Maya, la frequenza del cuore umano e quello dell’acqua, senza alcuna prova scientifica solida. Questo sembra pura fantasia e inadeguato. Una frequenza musicale come quella dell’universo non può essere fissa e varia continuamente. I suoni cambiano di altezza a seconda della temperatura e la qualità della umidità dell’aria che si trova sulla Terra, il suo mezzo di distribuzione principale.

Nel nostro metodo “Toucher par les Sons®”, usiamo due diversi ‘LA’ dalla nostra scala di diapason terapeutici: il ‘LA’ a 432 Hz, che corrisponde al rapporto 27/16 in scala pitagorica, e dà un Do a 256 Hz; e il ‘LA’ a 426,6 Hz nella scala di Zarlino che è più accurato di quello precedente. Esso corrisponde al rapporto 5/3 e fa parte della scala detta “just intonation” (o scala naturale – ndt). Diciamo semplicemente che il Do a 256 Hz – da cui derivano molti diversi ‘LA’, a seconda della scala e del sistema di intervallo selezionato – è un’ottava (multiplo – ndt) di 8 Hz, noto per essere in accordo con la frequenza di Risonanza di Schumann scoperto da Nikola Tesla e l’interfaccia tra le onde cerebrali alfa e theta.
Io uso anche diversi flauti durante i miei concerti. Alcuni sono intonati a 440, altri a 415. I flauti elettronici possono essere accordati su richiesta e si può facilmente dare la frequenza desiderata, regolata grazie ad un piccolo potenziometro. Quando è l’autore stesso a suonare lo shakuhachi, intonato a 440 Hz, è facile per lui variare il tono con la posizione delle labbra e la pressione del fiato.
Per inciso, la differenza di 8 Hz tra le due frequenze 440 e 432 Hz è molto piccola, circa un sesto di tono e sarebbe fuorviante dire che una è giusta e non l’altra, perché la differenza è appena percettibile. Inoltre, 440 Hz è l’ottava superiore dei 220 Hz, che è essa stessa una frequenza di guarigione, secondo la ricerca svolta dal Dr. Royal Rife.
Affermare che i cantanti irritano la loro voce quando cantano a 440 Hz rispetto ai 432 è eccentrico, considerando la differenza di un sesto di tono tra le due accordature. I cantanti dicendo questo non possono essere presi sul serio. Un sesto di tono è più piccolo di un quarto di tono. E’ esagerato, per non dire di più!
Affermando che nessuna musica etnica o antica è stato intonata a 440 non è corretto: per l’antica musica etnica, non lo sappiamo. Per la musica più vecchia, l’intonazione è stata fissata a 440 in Europa fino dal 1670 sui corni e altri strumenti a fiato.
Come promemoria, l’accordatura a 440 Hz è stata trovata in Italia tra il 1730 e il 1800 o su organi in Olanda, Italia, Francia e Inghilterra, nel periodo 1770-1800, nel 1834 a Stoccarda; e l’accordatura a 442 Hz è stata trovata a Parigi in precedenza. Gli strumenti erano accordati in modo diverso a seconda che fossero suonati nei templi o nelle corti reali.
Per la musica più vecchia, non lo sappiamo. Nel 1543, il La era intonato a 481 Hz ad Amburgo; e nel 1640 a 458 Hz a Vienna. Prima di questo, nel Medioevo, non vi era alcun riferimento specifico in uso in qualsiasi ordine monastico. C’erano solo i toni basati sulla voce umana (alta, media e bassa) e tutto questo variava costantemente in base alle stagioni e ai monasteri.

432 Hz e la frequenza cardiaca:
La frequenza di 432 Hz si dice che sia la 360ma armonica di un battito cardiaco a 72 battiti al minuto; cioè 1.2 Hz e non 72 Hz si potrebbe dire per errore.
Il calcolo non si applica se il cuore batte a 71 battiti al minuto (o 1,18 Hz) che darebbe 424,8 Hz nella stessa dinamica. La frequenza di 432 Hz sarebbe quindi la 360ma armonica di un battito cardiaco a 72,20 battiti al minuto.
Queste considerazioni sono fantasia perché il battito cardiaco cambia continuamente a seconda del tipo di attività. Inoltre la frequenza cardiaca varia anche con l’età:
Neonato: 140 +/- 50
1-2 anni: 110 +/- 40
3-5 anni: 105 +/- 35
6-12 anni: 95 +/- 30
Adolescente o adulto: 70 +/- 10
Anziano: 65 +/- 5

Di conseguenza, l’intonazione del La a 432 Hz non ha un collegamento diretto con il battito cardiaco.



432 Hz, la frequenza di acqua?:
Affermare che 432 Hz è la frequenza dell’acqua sembra strambo. Qual è la frequenza dell’acqua? Si dice spesso che i forni a microonde operino sulla molecola d’acqua. Così la frequenza dell’acqua dovrebbe essere vicino a 2450 MHz, la frequenza magnetron. Questa vibrazione corrisponde alla nota Re nel sistema attuale. Il forno a microonde utilizzato nelle cucine è costituito da un generatore di onda chiamato magnetron e un’antenna alloggiata nella parte superiore dell’apparecchio. La frequenza utilizzata non corrisponde esattamente alla risonanza della molecola di acqua H2O. È un compromesso che permette l’agitazione efficiente delle molecole d’acqua sotto l’azione della frequenza.

Qual è la frequenza vibrazionale dell’acqua?:
L’acqua, nonostante la sua apparente semplicità è ancora un mistero per la scienza. L’acqua è liquida perché il legame molecolare tra due molecole (chiamato ponte o legame a idrogeno) si rompe ogni miliardesimo di millesimo di secondo. A questo livello, è chiamata vibrazione Terahertz, una frequenza vicina a quella dell’infrarosso. L’acqua è come un cristallo liquido in vibrazione continua e quando la temperatura scende, si blocca. Questa ondulazione cessa e l’acqua cristallizza per formare il ghiaccio. Un migliaio di miliardi di Hertz: 1 THz. Questa frequenza, transcodificata alla 31ma ottava inferiore, dà un D3 (Re della terza ottava del pianoforte – ndt) accordato a 310,44 Hz. Questo è lontano da 432.

432 e la Grande Piramide:
Ulteriori concezioni sbagliate sono state divulgate circa i 432 Hz, che illustrano la confusione spesso fatta tra frequenza, misurata in Hertz, e lunghezza d’onda, misurata in metri. La frequenza di 432 Hz a 20 ° C corrisponde ad una lunghezza d’onda di 79,63 centimetri. Anche se un edificio ha una base quadrata, come nel caso delle piramidi egiziane o maya, contenente una misura di 432 STU (Standard Teotihuacan Unity), questo non può assolutamente essere correlato alla frequenza 432 Hz; perché nel primo caso abbiamo una misura di lunghezza (lunghezza d’onda) e nel secondo, una misura di frequenza. E come tutti sanno, sono inverse tra loro, vale a dire che la misurazione di una frequenza è inversamente proporzionale alla sua lunghezza d’onda. Ad esempio, se un tempio o monumento ha una struttura principale che misura 432 m, la frequenza corrispondente è: 0,7962962 mila Hz, arrotondato a 0,8 Hz. È difficile dare un’intonazione precisa maggiore di un decimo di Hz.
Siamo in grado di aggiustare la storia a volontà e prendere misure da corrispondenti teorie. Sappiamo che gli Egizi usavano come base per misurare il “Piccolo Cubito”, pari a circa 45 cm (24 dita); ereditato dal “Cubito Nippur”, che ha trovato impiego in Sumer circa 6.000 anni fa. Il valore convenzionale di questo cubito di 24 dita è di circa 45 centimetri. Gli egizi dell’Antico Regno utilizzavano le 28 dita della divisione sumera per determinare il loro Cubito Reale (o Sacro Cubito) di 52,5 centimetri. Più tardi, durante la 26ma dinastia, è stato esteso a 52,9 centimetri. La base della piramide è di 440 Cubiti Reali, circa 230,5 metri. Non vi è più alcun 432, ma 440 Cubiti! Ma 440 o 432 non dovrebbe essere di nessuna preoccupazione perché i Cubiti non sono Hertz, come discusso nel paragrafo precedente.

Altri errori, inesattezze o visioni soggettive:
C’è un legame tra la frequenza di 432 Hz e la precessione degli equinozi? Alcuni autori hanno fatto calcoli affermando che la precessione degli equinozi è di 25.920 anni. In realtà penso che propongano questa cifra per fare in modo ancora una volta che ci sia una relazione numerica in accordo con le loro teorie. Per quanto riguarda la durata esatta dell’anno platonico (questo è il nome dato anche alla precessione degli equinozi) le cifre variano: 25.770, 25.290, 26.000, 25.800, 25.812 anni. Quale è corretta? Non sappiamo e dubitiamo su chi pretende di sapere al di là di ogni dubbio. Ecco quello che una rapida ricerca astronomica di Google rivela. Le cifre sono approssimative e come l’universo, variano anche. Quindi noi crediamo che sia fuorviante sostenere che la frequenza di 432 Hz sia in rapporto esclusivo con la precessione degli equinozi, perché 440 o 426 andrebbero bene lo stesso.
“Quando dividiamo 25.920 per 360, si ottiene il numero 72. Gli equinozi si spostano di 1 grado ogni 72 anni, il che corrisponde ad un armonico della nota Re a 288 Hz / 4 = 72 Hz quando il ‘LA’ è sintonizzato a 432 Hz.”
Per noi questa dichiarazione trovata su Internet non è corretta, perché tutto dipende dal tipo di scala che viene utilizzato. Nella scala naturale, il La basato su una scala con un Do a 256 Hz, è a 426,6 Hz e dà anche un Re a 288 Hz; inoltre le misure sono approssimative. Lo spostamento è di circa 1° ogni 72 anni. Il diapason non è stabile, ad esempio varia in funzione della temperatura. Tutto si muove nell’universo. Sarebbe fantasioso suggerire il contrario. Solo una cosa è permanente: l’impermanenza.
Attraverso calcoli contorti nella cosiddetta fisica quantistica (che è di moda e che non specificano esattamente quale), altri ricercatori collegano i 432 Hz alla clorofilla, alla velocità della luce (che non è costante, secondo gli ultimi studi avanzati pubblicati in fisica) o alla vibrazione dell’ossigeno. Secondo noi, queste sono ancora una volta fantasie che non si basano su uno studio serio o pubblicazioni scientifiche e sono tutte molto soggettive.
Anche la numerologia non prova nulla, è aneddotica. 430, 432, 435, 439 o 440 corrispondono a vibrazioni al secondo e un arbitrario deposito di codifica (una misura in Hz) e nessuno studio scientifico degno di questo nome dimostra al di là di ogni dubbio che la frequenza di 432 Hz sarebbe meglio di 440. Ad esempio, molti parametri interferiscono con l’uso di frequenze e musica per migliorare la germinazione dei semi o la crescita delle piante.



Foto della frequenza 432 vs 440 Hz:
Dal 2007, un autore olandese, Robert Boerman, pubblica belle immagini di acqua vibrante.
Nel 2010, ha pubblicato due foto delle frequenze 440 e 432 Hz. Questa pubblicazione ha sollevato passioni e molte persone hanno visto ciò come una dimostrazione scientifica della differenza di energia tra queste due frequenze. Personalmente trovo che le due immagini sono belle e che nessuna è superiore all’altra. Vedendo una più bella dell’altra dimostrerebbe una interpretazione soggettiva e il mio vivo interesse è l’approccio scientifico che ha contribuito a produrre tali immagini. Al di fuori di un rigoroso protocollo e di parametri di controllo, queste esperienze sono aneddotiche e non hanno un diverso valore artistico.
Ho sviluppato sul tema della cimatica in Le Son de Vie (Il Suono della Vita) e spiegato come alcuni piatti pieni di tutti i tipi di polveri o liquidi sulla loro superficie potrebbero evidenziare le loro strutture risonanti: le immagini prodotte sono sempre legata alle dimensioni e la frequenza di risonanza del supporto. Pertanto, se la piastra è intonata con una frequenza proporzionale a 432 Hz, vibrerà diversamente quando viene applicata una frequenza di 8 Hz nitida; in questo caso, 440 Hz. La leggera variazione di tono mostra forme meno chiare che con la frequenza sintonizzata a 432 Hz.
L’intenzione portata da una musica è più influente del tono con in cui è accordata. Anche la scelta delle scale – e quindi degli intervalli risultanti – sono fondamentali nella mia comprensione. Ce ne sono diverse. Ci sono 15.000 scale nella musica indiana. Usiamo differenti La disponibili, a seconda dei casi, con gli strumenti selezionati o strumenti terapeutici. Induco gli studenti a cantare il loro cuore e lasciarsi andare. Così ho qualche La intonato a 440 Hz, a 415 Hz (flauto barocco), o altro. È facile variare la frequenza anche con uno strumento elettronico, come il flauto Ewi che suono da più di 20 anni, così come una lira o cetra. Le nostre scale di diapason usano differenti La: 426,6 Hz con la scala Zarliniana (scala naturale – ndt) e 432 Hz con la scala pitagorica (con un Do a 256 Hz). In questo caso, il La a 432 Hz è ottenuto sulla armonica 27 della scala armonica fondamentale per avere la frequenza di 16 Hz. Il rapporto di 27/16 di Pitagora applicato ad una scala avente un Do a 256 Hz, è 432 Hz. Mentre il rapporto Zarliniano di 5/3, usato per la scala naturale, sempre con un Do a 256 Hz, dà una frequenza 426,6 Hz. Quando due cetre identiche sono accordate utilizzando su una la scala pitagorica e sull’altra la scala Zarliniana, la differenza è minuscola. Entrambe le scale hanno il loro proprio colore e non è superiore all’altro; anche se la scala Zarliniana è più precisa, come in quella pitagorica il terzo armonico è falso. Usiamo uno o l’altro o entrambi, a seconda dell’ispirazione del momento.

Se si decide che una musica intonata su una frequenza specifica suona meglio di un’altra, lo farà. La cosa importante è l’intenzione per cui la frequenza sarà il mezzo.
Affermare che 432 Hz corrisponde alle proporzioni della piramide di Cheope, dei templi Maya, alla velocità della luce, alla frequenza dell’acqua, alla frequenza del cuore umano o alla precessione degli equinozi è quindi pura fantasia e classifico queste affermazioni come fragili e di parte.
Una scala con un ‘LA’ intonato a 432 Hz è bella. A 440 anche è bella. Quello che ha più significato per noi è la corretta architettura della scala sia con quella naturale, che con la scala pitagorica o quella ben temperata.
Ho cercato di scrivere questo studio in modo scientifico. Alcuni aspetti certamente restano da chiarire. La mia conclusione è che 432 Hz è una frequenza come un’altra, che non ha necessariamente le proprietà miracolose attribuitele. Il suo utilizzo nella storia della musica è molto minore e la sua presunta diffusione non è, ad oggi, musicalmente o storicamente dimostrata. Infine non vedo nessuna superiorità nell’utilizzo di 440 Hz che è solo 1/6 di tono più alto. Sostituendolo con il 432 Hz sarebbe semplicemente un tentativo di sostituire una convenzione con un’altra. A ciascuno il suo tono. Variate le vostre canzoni, variate i colori!
Si prega di stare attenti a tentativi riduzionistici che impongono un unico sistema di pensiero, come ad esempio la normalizzazione di qualunque accordatura. Come dico spesso durante le mie lezioni o conferenze, l’aspetto importante non è l’accordatura di riferimento della nota che si canta, ma l’accordatura del vostro cuore e la frequenza dell’amore che rivela, a seconda della nota che state facendo.
Traduzione di Cecilia Amici
http://www.medson.net/A432hz-myth.html
https://www.tides.it/wordpress/2015/03/21/musica-a-432hz-una-bufala/
https://it.wikipedia.org/wiki/Diapason