IL SIMBOLISMO DELLA PASQUA... di Pietro Francesco Cascino
Il simbolismo della Pasqua:
I simboli esoterici che noi incontriamo nei nostri studi
servono a risalire la vita celata dietro i simboli stessi, e contribuiscono
alla conquista interna dello studioso e alla comprensione delle forme che
appartengono al sublime patrimonio della storia esoterica.
I simboli servono a renderci più chiare le idee e sanno
avvicinarci di più d’ogni altro discorso espresso a parole, poiché essi
adottano espressioni allegoriche invece che astrazioni linguistiche. Sono
usati nel loro contenuto conscio per evocare immagini dalla mente
subconscia, e portano nel piano della coscienza ordinaria quel ricchissimo
mondo sommerso, chiave perduta delle nostre ricerche interiori.
Si può dare come esempio: il cuore come simbolo
dell’amore, la colomba simbolo della pace, il Sole simbolo della luce, la
corona simbolo della regalità.
In questi esempi, un’immagine rappresenta un’idea,
concreta o astratta.
E’ necessario ricordare che dal punto di vista esoterico
si ritiene che gli astri, e particolarmente il Sole, costituiscono l’espressione
materiale di possenti entità spirituali le quali, mediante il loro corso
alterno e le relazioni reciproche, influiscono su tutto il creato
determinando gli eventi e ciò si rende possibile in quanto l’uomo stesso è
costituito degli stessi elementi.
Il significato simbolico delle grandi festività
religiose può essere svelato risalendo alla loro origine, al tempo in cui
gli uomini vivevano in contatto con la Natura, e confrontavano l’alternarsi
delle stagioni con il corso degli astri ed a questi ricollegavano tutti gli
eventi terreni.
Dall’alternarsi delle stagioni gli antichi scoprirono l’inizio
dell’inverno e della primavera, i periodi più importanti per la vita dell’uomo
e per la sua sopravvivenza. Con tali periodi si sono fatte coincidere le
festività religiose del Natale e della Pasqua.
La
manifestazione cosmica si svolge in un susseguirsi di cicli. Per quel che
ci riguarda più da vicino possiamo osservare il ciclo Zodiacale costituito
dalla precessione degli equinozi, che dura circa 2.000 anni, ed il Ciclo
Solare connesso alla rotazione della Terra, che dura un anno.
Questo Ciclo
Solare fu associato, sin dalla notte dei tempi, alla venuta sulla Terra di
una Divinità Solare che portava luce e messi alla Terra e vita all’umanità.
La nascita di questa divinità avveniva al solstizio d’inverno, giorno in
cui la costellazione della Vergine sorge all’orizzonte, quando il Sole
scende alla massima declinazione per riprendere il cammino verso l’emisfero
nord apportando nuovamente luce e calore fino a raggiungere il suo Zenit al
solstizio d’estate. Tale giorno, fu consacrato al “Sol Invictus”, dio
persiano Mithra il cui culto risaliva al 1400 a.C., successivamente diffuso
nell’Impero Romano nel primo secolo della nostra era, e veniva celebrato il
25 dicembre. Nel compimento del ciclo Solare, nella religione cristiana
viene espressa la liturgia dell’Ascensione che si rapporta, secondo gli
insegnamenti teosofici, al percorso compiuto dall’Ego, l’eterno pellegrino.
Il Natale, richiamandosi al ciclo solare, era
considerato come la “nascita” dell’Ego nell’essere umano e la sua crescita
attraverso le prove invernali fino all’equinozio di primavera (che segna
il risveglio della natura) allorquando, avendo superato l’oscurità e la
morte, lo spirito dell’uomo risorge dalla materia.
Il simbolo della festa occidentale della Pasqua è posto,
quindi, tra l’inverno che si conclude, e la Primavera che sta per iniziare.
La Pasqua nei primi secoli era officiata ogni domenica
ed in seguito una volta all’anno al plenilunio dei mesi di marzo / aprile
in coincidenza con la festa che ricordava l’esodo degli ebrei dall’Egitto e
quindi la salvezza dalla “schiavitù”. Appena nel sesto secolo, fu stabilita
la data mobile della Pasqua che deve cadere una domenica dopo il
plenilunio di primavera.
H.P..Blavatsky nel suo articolo “II carattere esoterico
del Vangelo” con riferimento alla festività scrive:
“La venuta di Cristo significa la presenza di Christos
in un mondo rigenerato, non già la venuta nel corpo di Cristo-Gesù. Questo
Cristo non si deve cercare nel deserto o nelle “camere inferiori” e
neppure nel santuario di qualche tempio o Chiesa costruiti dall’uomo,
poiché il Cristo - vero Salvatore esoterico - non è un uomo, bensì il
Principio divino in ogni essere umano. Chi lotta per far risorgere lo
spirito crocifisso dalle sue passioni terrene e seppellito profondamente
nel “sepolcro” della sua carne peccaminosa, chi ha la forza di
rovesciare la pietra della materia dall’uscio del suo santuario interiore,
fa risorgere
il Cristo in lui... “.
Esaminiamo i simboli collegati alla festa religiosa
della Pasqua.
I simboli connessi a questa fase di transizione
s’identificano astrologicamente con i segni dei Pesci e dell’Ariete,
esotericamente con la Croce, e cosmogonicamente con l’uovo, simbolo di
germe di vita.
Il simbolo della Croce
Per la maggior parte delle persone la Croce è
semplicemente un simbolo religioso associato al Cristianesimo, ma se andiamo
a vedere nella Storia del simbolo della Croce esistono molte varianti, la
cui origine è molto più antica della Croce che il Cristianesimo ci ha
tramandato. Tali varianti sono legate e fanno parte della filosofia pagana
e della legge universale.
Noi come studiosi d’esoterismo dobbiamo considerare la
Croce come uno dei più antichi simboli mistici ed accettare che essa fu
adottata dalla cristianità come il più antico simbolo della dualità.
Ovunque noi la vediamo rappresentata le dobbiamo manifestare un doppio
rispetto, poiché è sacra come simbolo Cristiano del Sacrificio ed è
ugualmente sacra come segno mistico della legge eterna la quale ci dice: “
quando due opposti si incontrano si produce una manifestazione che è una
combinazione della loro potenza”.
La parola “croce” deriva probabilmente dal sanscrito
Krugga che significa “bastone”. I greci la chiamarono stauros “palo”; gli
Ebrei “albero”. La croce, convergente con il numero quattro, era già nell’antichità
pre cristiana un simbolo che evocava:
1) L’unione dei contrari (sopra, sotto, destra,
sinistra);
2) La vita /l’asse orizzontale: il suolo e l’orizzonte
sul quale vive l’uomo; l’asse verticale: il percorso terreno dalla nascita
alla morte del corpo, crescita basso-alto o ascesi dell’anima al cielo)
3) Il tempo, collegando nella linea verticale il passato
(in basso), il presente (incrocio con la linea orizzontale, rappresentante
l’seistente) e il futuro (l’alto); ovvero l’ieri, l’oggi e il domani.
La croce era (ed è) rappresentata in varie forme:
1) Ansata o egiziana: derivata dal geroglifico ANKH,
simbolo della vita, con forma di croce sormontata da un cerchio. Tale
simbolo fu adottato dai cristiani copti che ne fecero un simbolo cristiano;
2) Commissa o greca: a T (lettera Tau dell’alfabeto greco);
3) Immissa o capitata o aperta o latina: la croce
comune;
4) Croce di Lorena: a forma di X (lettera Chi
dell’alfabeto greco);
5) Gammata: a forma di T (lettera Gamma dell’alfabeto
greco);
6) Uncinata: costituita dall’unione di 4 croci gammate
con orientamento verso sinistra (occidente), che schematizzava il moto
apparente del Sole. Tale croce è stata anche unita al simbolo del cerchio;
ricorda il movimento rotatorio e quindi la vita, nei simboli della croce
runica (o celtica), e nella svastica. La croce runica (da runa, lettera
dell’alfabeto arcaico delle popolazioni germaniche) unisce i due simboli
sovrapposti, una croce a 4 bracci uguali ed un cerchio.
Dopo il supplizio di Cristo sulla croce si sono aggiunti
altri significati religiosi e simboli:
La croce come albero della vita
- L’asse verticale indica la connessione fra la terra e
il cielo; questo, conficcato nella terra, simboleggia anche le radici della
vita.
L’abbraccio del figlio di Dio all’umanità
- L’abbraccio della Redenzione di cui il figlio di Dio
si è fatto strumento, facendosi uomo.
La figura umana
- La croce evoca anche la figura umana a braccia aperte
( ripresa anche dalla figura del normotipo di Leonardo da Vinci).
La croce a quattro braccia riporta al numero (4), il più
simbolico fra i numeri e, quindi, al quadrato. La croce contiene anche il
centro, quindi il superamento della quadrinomia mediante il raggiungimento
dell’origine dei quattro elementi attraverso il passaggio al numero
successivo, il cinque, ovvero alla “quintessenza. La quintessenza
simboleggia, quindi, l’elemento puramente immateriale, lo spirito del
mondo, dal quale sono stati generati, e separati dal centro, nelle quattro
direzioni i 4 elementi (aria, acqua, fuoco e terra).
Gli iniziati orientali, considerano il simbolo della
croce, coetaneo del cerchio dell’Infinitudine Deifica e prima
differenziazione dell’Essenza, l’unione tra Spirito e Materia.
Secondo l’allegoria astronomica Mercurio è figlio di
Coelus e di Lux, del Cielo e della Luce, o Sole; in mitologia è la progenie
di Giove e Maia. E’ il messaggero del Padre Giove, il Messia del Sole; in
greco il suo nome Hermes significa tra l’altro “l’Interprete”, la Parola,
il Logos o Verbo. Mercurio era raffigurato anche in forma di cubo. La forma
cubica è quella che mette i Termini direttamente in relazione con la Croce
in quanto il cubo disteso diventa una croce in forma di T maiuscola che i
greci chiamavano Tau (croce egizia).
Porfirio nel Pimandro insegna che la Parola di Hermes
ora interpretata “Parola di Dio” è una Parola Creatrice “Verbum”, è il
principio seminale sparso per tutto l’Universo.
In Alchimia “Mercurio” è il principio umido, l’acqua
primitiva o elementare contenente il Seme dell’Universo, fecondata dal
Fuoco Solare. Per esprimere il principio fecondatore, gli egiziani alla
croce aggiungevano spesso un fallo (per rappresentare l’unione del maschio
e della femmina, del verticale e l’orizzontale). Gli egiziani conoscevano
il simbolo della Croce sotto un’altra forma: la TAU sormontata da un anello
che chiamarono ANKH, la Croce dei Faraoni, chiamata anche specchio di
Venere in quanto rappresenta la riproduzione. Noi la chiamiamo abitualmente
con il suo nome latino, Croce Ansata.
Per gli Egiziani il simbolo della Croce Ansata è quello
fra i più frequenti della medicina magico-religiosa. Essa trovò la sua più
alta collocazione presso i Sacerdoti di Ammon il Dio di Tope ed era il
simbolo della Creazione e della generazione. L’idea di un uomo attaccato
alla croce era coordinata con quella dell’origine della vita umana, e
quindi con la forma fallica.
Una testa umana era a volte aggiunta al
simbolo come a riprodurre l’esatta immagine dello Spirito che s’introduceva
nella materia; vale a dire l’immagine del Crocefisso.
Il cerchio e la croce sono inseparabili… la Croce Ansata
unisce il cerchio e la croce a quattro bracci. In conseguenza di questo, il
cerchio e la croce sono diventati talvolta intercambiabili.
Per esempio il
Chakra (o disco di Vishnu), è un cerchio; il nome denota la circolazione,
la rotazione come nella Svastica (o nel Filfot del Dio Thor) dove a
ciascuna delle quattro estremità della croce si trova un quarto di una
curva oviforme, e se questi quattro si avvicinano formano un ovale; così la
figura combina la croce col cerchio attorno, diviso in quattro parti.
Il
fiore di loto a quattro petali di Budda è ugualmente raffigurato al centro
di questa croce, essendo il loto una versione egiziana e indù dei quattro
bracci.
Il cerchio rappresenta anche la periodicità, il ciclo
del tempo. In tal senso la Croce equivale al ciclo dell’anno. I quattro
archi, se riuniti insieme, formerebbero dunque, un’ellisse.
Quest’ellisse
denota l’orbita della Terra e si configura come croce dei due equinozi e
dei due solstizi manifestando in tal modo l’aspetto astronomico del doppio
glifo.
L’emblema della ruota unisce la croce e il cerchio in
uno formando il nodo Ankh.
Le Ankh simbolizzavano la vita, non animica
solamente ma la vita nel senso di continuità.
Ha avuto anche un significato
speciale in un nome o un titolo come quello del Faraone Tout (Ank) Amon .
Nelle decorazioni murali, nei tempi e nelle tombe egizie, i personaggi
reali e i sacerdoti erano rappresentati con il simbolo della vita in mano,
difatti prima della diciottesima dinastia, solo i re e i membri del clero
erano considerati come aventi accesso all’immortalità e, per questa
ragione, il simbolo dell’immortalità è stato reso visibile sulle loro
persone.
Assicurava la protezione della Divinità a chi lo portava addosso.
Il simbolo della vita veniva anche esposto nei sacri templi dove la
medicina era insegnata insieme alla magia. Questo binomio si protrasse fino
alla riforma del Faraone Aton, quando la medicina si staccò dalla magia e
tra le due si venne a formare un incolmabile abisso.
Questo simbolo era inciso sulle tombe come amuleto per
vegliare i morti e conferire loro l’attribuzione di una nuova vita. La
Croce ansata simbolizzava l’immortalità divina trasmessa all’uomo. In
chiave astronomica, la parte superiore della Croce ansata è il geroglifico
Ru, posto sopra la croce del Tau. Il Ru è la porta, l’entrata e l’apertura
d’uscita; denota il luogo nel quadrante settentrionale del cielo, dal quale
il Sole Nasce. In questo quadrante settentrionale, la Dea delle Sette
Stelle, l’Orsa Maggiore disegnava in cielo nel suo movimento di rivoluzione
la prima forma della croce Ank, un semplice cappio che avrebbe contenuto in
una sola immagine il cerchio e la croce. Questo rappresenta il cerchio
percorso nel cielo settentrionale dell’Orsa Maggiore che costituì il quadrante
e luogo della nascita del tempo.
Il nodo Ank lo troviamo nell’induismo sotto il nome di
Pasha, una corda che Shiva con quattro braccia tiene nel suo braccio destro
inferiore, e significa la “porta stretta” che conduce nel Regno dei Cieli,
piuttosto che il “luogo di nascita” in senso fisiologico.
Tornando a parlare della Croce connessa con la Pasqua e
l’equinozio di Primavera possiamo fare le seguenti osservazioni:
Fino al Concilio di Nicea dell’anno 325 la più antica
rappresentazione del dramma di Gesù, il Maestro, il rappresentante in Terra
del Dio solare il quale era rappresentato col simbolo dell’agnello
(ariete); fu in seguito che si adottò il simbolo della Croce e della
crocifissione.
Le tre croci del Monte Calvario rappresentano le croci zodiacali:
mutevole, fissa e cardinale le quali rappresentano, inoltre, le forme di
Dio immanente nella materia. Da allora questa festa fu commemorata il
venerdì seguente il plenilunio dell’ariete e ricordata sul Monte Calvario,
che in ebraico significa cranio, ad indicare che in questo posto venne
sepolto prima il primo uomo Adamo, e poi Abramo, progenitore degli
israeliti.
Attraverso il mistero del Golgota e la morte di Gesù ci
furono descritti la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra.
La Pasqua va vista quindi con la tradizione cosmica
collaterale.
La morte della crocifissione si contrappone alla tradizione
mistica del Dio della vegetazione.
Da un lato il Dio solare che rinasceva
dopo essere entrato nel grembo della terra, e dall’altro la morte del Dio della
vegetazione, festeggiata dopo tre giorni.
Dal “Viridarium chymicum di Daniele Stolcio di
Stolcenmberg pubblicato a Francoforte nel 1624 si legge nella sesta tavola:
Putrefactio
E’ necessario che il seme per prima cosa imputridisca e
simultaneamente muoia affinché rinasca alle superne facoltà.
Mai nulla vidi crescere senza tale procedimento.
Senza tale procedimento anche tu sarai vacuo.
Pertanto, mentre la pallida morte con la Falce ucciderà
gli amanti,
In quel momento stesso Vulcano darà nuovi fili alla
vita.
Il simbolo dell’uovo
L’uovo, che nel suo stesso involucro e per la sua forma
racchiude il germe della vita, della riproduzione, della continuità e,
quindi, dell’immortalità, rappresentò nel tempo l’archetipo psichico della
cellula primaria, sorgente magica della vita.
Preso come simbolo della potenza femminile della natura,
è stato rappresentato come vergine madre, come caos, come abisso
primordiale; ed essendo sferoide, come emblema dell’eternità e
dell’infinito, origine del microcosmo e del macrocosmo, la manifestazione
in miniatura del processo creativo dell’evoluzione cosmica.
Fin dalle primissime concezioni dell’uomo, esso fu
considerato da tutti i popoli come il simbolo che avrebbe rappresentato nel
miglior modo possibile l’origine ed il segreto dell’Essere e, per questo,
fu venerato tanto per la sua forma quanto per il suo mistero interiore.
L’uovo fu venerato anche per la sua forma sferoidale che
fu individuata quale rappresentazione primordiale di tutte le cose,
dall’atomo al globo, dall’uomo visto nel suo involucro aurico, all’Angelo
(i serafini sono detti Globi alati).
La sfera o il circolo è l’emblema dell’eternità e
dell’infinito; citiamo a questo proposito il simbolo del serpente che si
morde la coda.
I fenici considerarono l’uovo il “grembo” dell’amore e
del genere umano, il “mezzo” che reca in sé la vita e tutto ciò che può
servire ad essa nell’universo. La stessa concezione dei Fenici fu
conosciuta dalla Fenicia all’India, dalla Cina all’Oceania ed all’Iran.
Nella cosmogonia orfica veniva rappresentato come “uovo
cosmico”, contenitore del tempo, dello spazio e della materia, dal quale
derivarono tutti gli esseri, dei e semidei.
Fra i greci l’Uovo Orfico faceva parte dei Misteri
Dionisiaci, durante i quali L’Uovo del Mondo veniva consacrato e ove si
spiegava il suo significato.
Aristofane, in Nuvole, 693, dice “Il Caos, La Notte,
L’Erebo ed il Tartaro erano esseri primitivi: La Notte produsse un uovo nel
seno infinito dell’Erebo e ne uscì l’Amore che legò tutte le cose insieme e
produsse il Cielo, l’oceano, la terra e gli dei”. Dall’uovo di Leda della
tradizione greca nacquero Apollo e Latona, Castore e Polluce.
Secondo la mitologia greca, il primogenito del Mondo fu
Dionisio che uscì dall’Uovo del Mondo e dal quale derivarono i Mortali e
gli Immortali. Similmente alla visione gnostica di Sophia che esce dal
Pleroma.
Diodoro Siculo ci dice che Osiride fu generato
dall’uovo. Allo stesso modo di BRAHMA della tradizione indù sorge
dall’Hiranyagarbha, uovo d’oro (Hiranya significa risplendente, brillante,
piuttosto che d’oro).
In Egitto l’uovo era consacrato ad Iside ed era il
simbolo della vita immortale e dell’eternità, preso come glifo della
matrice generatrice. Nel rituale egiziano si parla di Seb, il Dio del Tempo
e della Terra che depone un uovo o l’Universo nel KHOOM, acqua dello
spazio, principio femminile astratto.
Nel Libro dei Morti, il Dio RA è rappresentato come
radiante nel suo Uovo (il Sole).
I Cinesi descrivono la nascita del loro primo uomo da un
uovo che Tien, il loro Assoluto, lasciò cadere dal Cielo sulla terra.
I testi sanscriti alludono ad un immenso uovo da cui
sarebbero sgorgati i celesti.
L’autrice della “Dottrina Segreta” Helena Petrovna
Blavatsky, nel Proemio descrive la visione di un manoscritto arcaico “Le
Stanze del Libro di Dzyan”, formato di foglie di palma rese inalterabili
all’acqua, al fuoco e all’aria mediante un processo specifico sconosciuto.
Sulla prima pagina di questo Testo appare un disco bianco immacolato, su
fondo nero. Sulla seguente vi è un disco simile, con un punto nel centro.
Lo studioso di teosofia sa che il primo rappresenta il Cosmo nell’Eternità,
prima del risveglio dell’Energia ancora assopita. Il punto nel circolo fino
allora immacolato, Spazio ed eternità in Pralaya, indica l’aurora della
differenziazione.
E’ il punto nell’Uovo del Mondo, il Germe che diverrà
l’Universo; un Germe che è periodicamente ed alternativamente latente ed
attivo. Il circolo intero è l’Unità divina da cui tutto procede, a cui
tutto ritorna. E’ su questo piano che cominciano le manifestazioni
Manvantariche, cioè la realizzazione del Mondo manifestato.
Nella Stanza III, del manoscritto citato, al terzo
versetto è così riportato: “ La Tenebra irradia la Luce e la Luce lascia
cadere un Raggio Solitario nelle acque, nella Profondità Madre. Il Raggio
dardeggia attraverso l’Uovo Vergine, il Raggio causa un fremito nell’Uovo
Eterno ed esso lascia cadere il Germe Non Eterno che si condensa nell’Uovo
del Mondo”.
Nella visione moderna degli astronomi, dei fisici, e dei
filosofi più avanzati, la teoria nebulare dell’Universo è raffigurata con
la cellula uovo contenente un centro vibrante che eccita il centro stesso
della vita della stessa cellula. Questa teoria ricalca i miti attorno
all’uovo, embrione caotico Primum della materia, eterno pellegrino che dopo
un processo evolutivo libera dal suo seno il frutto della vita ripetendo in
eterno la fine di un periodo, o di uno stato d’essere, e l’inizio di un
altro.
Molti popoli dunque hanno avuto e continuano ad avere in
comune la tradizione dell’uovo che fu inserita in una delle più grandi
feste annuali che segnavano la fine di un ciclo astrologico cosmico e
l’inizio di un altro. Fu Mosè il primo che attivò in occidente la festa
ebraica della Pasqua nella quale l’uovo e l’agnello erano stati da allora
adottati come simboli d’immolazione e resurrezione della divinità.
Da tempi immemorabili l’Umanità ogni anno nell’equinozio
di Primavera festeggia la presenza immanente della divinità nella materia,
collegando la tradizione mistica del dio della vegetazione, il dio Sole,
che sacrifica se stesso penetrando il grembo della materia e rinascendo
dopo tre giorni dalla mutazione chiamata morte.
Ricordiamo che l’equinozio è l’istante in cui il Sole
muovendosi sull’eclittica si trova esattamente sull’equatore terrestre vale
a dire ad uno dei due nodi della sua orbita rispetto all’equatore celeste.
L’equinozio di primavera cade il 21 marzo.
I Magi dell’antichità, che erano fra l’altro anche
astrologi, sapevano che con l’entrata della precessione degli equinozi nel
segno zodiacale dei Pesci, veniva sacrificato l’Ariete che era
l’espressione della volontà e del potere della vita che si incarnava nella
materia.
In tutte le antiche religioni, in questo periodo
dell’equinozio di primavera, si celebrava la morte e resurrezione di una
divinità solare, di un uomo divino, o di un grande eroe celeste. Era il
segno della fine di un grande ciclo cosmico.
Dal punto di vista astrologico l’Ariete, come si sa, fa
parte con il Leone e il Sagittario della triplicità del segno del fuoco, il
fuoco divino che consuma purificando.
Quindi il simbolo della materia, con una serie di
resurrezioni, fa ritorno nel Regno di Dio, nel Regno del Padre.
Tutte le dottrine delle principali religioni sono fondate
su questa verità, ed è la stessa che troviamo rappresentata allegoricamente
nella Bhagavad Gita, nella battaglia sostenuta da Arjuna contro il suo
“Io”, per potersi unire a KRISNA; è l’ego che rinasce e muore di nuovo più
e più volte, ed in ogni ricorrenza della Pasqua ripete l’atto cosmogonico:
in altre parole la fine di un periodo di tempo e l’inizio di un nuovo,
basato su un sistema di ritmi cosmici della rigenerazione della vita.
Anche Krisna, nei libri sacri indiani, è ucciso dopo
aver compiuto l’opera di redenzione.
Nell’antica Persia si parla anche di resurrezioni: Mitra
il Figlio di Dio redime per mezzo della resurrezione. Nell’Atharva, antico
testo persiano, leggiamo: “Egli verrà e la vita non avrà più paura della
morte, il tempo della putrefazione avrà fine, Egli rinnoverà il sangue di
tutti gli esseri, purificherà le anime e tutti i corpi risorgeranno”.
Nelle iniziazioni degli antichi misteri era vissuta
questa fase del Dio che s’incarna e risorge. Nell’antico Egitto, nei giorni
d’equinozio, il candidato all’iniziazione doveva scendere nel sarcofago ed
entrare simbolicamente nel grembo della terra per uscirne il mattino
successivo a rappresentare la resurrezione della vita, dopo la mutazione
chiamata morte. Nei Grandi Misteri, questo rito durava due giorni. Il
candidato veniva legato ad un letto a forma di croce, e dopo atroci prove,
e lasciato al buio, il candidato otteneva lo sdoppiamento della
personalità; al sorgere del terzo giorno, ormai in possesso della relazione
tra visibile ed invisibile, veniva liberato.
In Babilonia si commemorava il Dio Tammuz. Così avveniva
anche in Persia col Dio Mitra.
In Grecia Bacco veniva fatto a pezzi simbolicamente dai
Titani, ma dopo tre giorni di permanenza nell’Ade, risuscitava, così come
in Egitto Osiride veniva ucciso da Tifoen, il serpente del male.
Anche nell’antico Jucatan ( America Centrale) il Dio
Bacab veniva crocefisso e dopo tre giorni risuscitava e saliva in cielo.
Nell’Antico Testamento leggiamo che fu Mosè il primo ad
istituire la festa ebraica della Pasqua per ricordare la liberazione degli
Israeliti dall’Egitto, quando l’Angelo sterminatore imperversando
sull’Egitto lasciò indenni gli Israeliti che avevano segnato
preventivamente le porte delle loro case col sangue dell’agnello che veniva
immolato in quel tempo, e le carni mangiate insieme al pane azzimo
(tradizione comune anche ad altri popoli antichi).
I simboli dei Pesci e dell’Ariete.
Il segno astrologico dei Pesci, abbraccia l’arco dei
giorni che vanno dal 22 febbraio al 21 marzo d’ogni anno. Questo segno è
rappresentato da due pesci legati che nuotano uno rivolto al nord e l’altro
allo Zenit. Questo segno simboleggia la fase di passaggio tra il periodo
invernale, che termina, e la primavera che sta per iniziare e il suo motto
è: “Io lascio la casa del Padre e, tornando indietro io salvo”.
A questo segno nell’antichità furono accostati: il
simbolo del delfino e dell’elefante, rappresentazioni di Giove, pianeta e
divinità, che aveva il domicilio notturno nella costellazione dei pesci.
L’elefante fu preso come simbolo di potenza e di
saggezza e preso a modello di longevità, poiché i suoi anni di vita si
prolungano oltre quelli dell’uomo.
Il delfino, dal punto di vista mitologico, era collegato
al Dio Apollo, a Dionisio, Bacco e a Poseidon-Nettuno. Appariva agli occhi
degli antichi come cavalcatura degli dei marini e simboleggiava l’amicizia
fra gli uomini e le divinità marine.
Questo segno è l’ultimo dei segni dello Zodiaco,
l’ultima prova. E’ un segno d’acqua, è mutevole e appartiene al secondo
Raggio o Raggio dell’Amore- Saggezza, ha affinità col piano astrale o piano
emotivo, tanto nel suo lato mistico, purificatore ed evolutivo, quanto nel
suo lato più basso con tutto ciò che si riferisce ai sensi.
Il segno dei Pesci è la dodicesima porta che l’aspirante
deve oltrepassare affinché il ciclo sia completo. E’ la dodicesima fatica
che il grande iniziato Ercole ha dovuto sostenere prima di iniziare il suo
compito cosmico.
Il significato del segno dei Pesci è dunque quello
dell’interazione con l’Universo, dell’adesione all’unità superiore, della
liberazione totale dei veicoli con la dimensione della materia.
Lo stesso segno è stato ripreso dall’iconografia
cristiana che vi ha raffigurato Cristo stesso amico dell’Umanità, Salvatore
e guida nelle acque procellose dell’esistenza.
Analizziamo, adesso il segno dell’Ariete unito
simbolicamente al cavallo bianco degli antichi Arii Vedici e al cavallo
bianco descritto nell’Apocalisse:
Col 21 marzo entriamo nell’Equinozio di primavera sotto
il segno dell’Ariete.
L’Ariete è un segno di fuoco ed è legato alla seconda
persona della sacra Trinità o della divina Trimurti.
E’ sotto il segno dell’Ariete che ha inizio nell’Umanità
l’individualizzazione. In pratica l’uomo dal regno animale passa al quarto
regno della natura, vale a dire all’Uomo, sviluppando il corpo mentale
attraverso il quale il pensiero divino si manifesta.
La simbologia del cavallo bianco degli antichi inni
Vedici ha la stessa simbologia dell’ariete e ricordiamo che il cavallo bianco
chiamato KALKI o ASHVA veniva allevato e reso poi libero per un anno di
vagare per i campi e dopo un anno, in una manifestazione che durava tre
giorni, e veniva sacrificato come l’ariete degli ebrei.
Nell’Apocalisse Cap. 19 leggiamo: “ Poi vidi il cielo
aperto ed ecco un cavallo bianco e colui che lo cavalcava si chiamava
Fedele e il Verace…, gli eserciti che sono in cielo lo seguivano sopra
cavalli bianchi”.
Il cavallo bianco e l’ariete rappresentano l’attività
intellettuale, il corpo mentale illuminato dell’uomo spirituale. Essi sono
legati alle dodici fatiche di Ercole e ai dodici figli di Giacobbe. Sono
entrambi presi come simboli cosmici dell’anno solare e come canale lungo il
quale la conoscenza è distribuita nei diversi regni.
Difatti il motto del segno dell’Ariete è: “Io mi
manifesto e dal piano della mente governo”.
Anticamente gli uomini avevano stabilito grandi feste in
onore del potere generativo, il potere della natura (al momento in cui
questa produceva i frutti) attraverso il Culto di Priapo e con l’esibizione
in pubblico del simbolo della generazione, il fallo, o di un albero con
fronde o senza. Queste feste segnavano sempre cadenze di un tempo
strutturato secondo il ciclo della stagione ed erano rituali di pratiche
magico-religiose volti a propiziare, attraverso l’offerta delle primizie o
l’esibizione di simboli, l’abbondanza della natura e la continuità della
vita.
Nel Medioevo in tutta l’Europa si celebravano nei mesi
d’Aprile e maggio feste che comprendevano Pasqua, May day e la festa del
solstizio d’estate; feste che sembravano mescolate all’origine del culto di
Priapo, festa caratteristica degli antichi Romani.
Molte di queste feste, con l’immissione di pregiudizi
acquisiti durante secoli dall’umanità (non esistenti certamente all’epoca
in cui i simboli della generazione erano simboli mistici di culti), con
l’aggiunta dell’avvento del feticismo della morale corrente, sono diventate
da simboli del principio creatore in simboli di peccato, del male, e perciò
ritenuti impuri, combattuti e sostituiti con altri simboli che conservano
sempre, per chi sa leggere, l’origine dei simboli stessi.
Le feste dei
Liberalia si sono tramandate fino ai nostri giorni e sembra che in Francia
presso la Rochelle in Santiague sussistesse fino a poco tempo fa il costume
di fare piccoli dolci in forma di fallo e offrirli a Pasqua trasportandoli
di casa in casa.
Lo scrittore francese Dulonne ci dice anche che la
domenica delle Palme veniva chiamata la festa dei pini, “pine” che in
linguaggio popolare e volgare in Francia è il nome comune del membro
virile. Anche a Saint-Feou d’Angely esisteva un simile uso di fare dei
piccoli dolci chiamati fateux e portarli in processione alla Fete de Dieu o
Corpus Cristi.
Questa usanza derivata dai Romani sembra si sia perpetuata
durante tutto il Medioevo e se ne trova traccia fino al XIV e al XV secolo.
Tornando indietro anche nell’antica Grecia si svolgevano
in questo periodo allegre processioni che vedevano i giovani sfilare
carichi di rami d’ulivo o di lauro, da cui pendevano dolci frutti, vasetti
d’olio e di vino, tutti simboli delle rinnovate forze della natura.
Queste feste si ricollegavano ai riti agricoli nati,
quando l’uomo imparò a coltivare la terra.
Come abbiamo potuto vedere, la festa della Pasqua dei
Cristiani e le altre feste che la precedono o che sono state poste dopo,
affondano le radici nella notte dei tempi e sono state e sono ancora comuni
a tutte le religioni.
La Pasqua anticamente era intesa dagli ebrei, non solo
come l’Esodo dall’Egitto, ma anche come una festa patriarcale che si
celebrava con canti, danze e offerta delle primizie, specialmente degli
agnelli nati nell’anno. In questo modo 1’ agnello rappresentava il simbolo
del riscatto dalle forze oscure dell’inverno e l’inizio del nuovo ciclo primaverile.
Pasqua che in ebraico significa passare oltre, ci
ricorda che l’umanità è passata da un lungo e doloroso ciclo di morte e di
distruzione con la crocifissione che è il “tema del sangue” e che domina
tutto l’anno con il ritratto del Cristo, ma che con la Pasqua il Cristo
come presenza viva emerge alla luce dopo tre giorni in un anno nuovo.
Questi simboli in precedenza esaminati sono alcuni dei
più importanti simboli mistici della verità. Spesso i simboli appaiono
complessi di fattura e rendono oscuro il senso che è loro dato.
E’ necessario, in tal caso cercare le parti essenziali,
semplici che costituiscono i simboli, e dalla comprensione di queste si
passa in seguito, a quelle degli elementi più complessi, scoprendo così
l’idea generale esaminata.
Allorché noi saremo divenuti degli attenti osservatori
della natura e dei suoi metodi di lavoro, avendo adottata la pratica di
scoprire in loro i segni per le nostre riflessioni, i simboli saranno più
agevolmente compresi e potremo trarne l’utile necessario per le nostre
ricerche.
Pietro Francesco Cascino è il Vice presidente del Gruppo
Teosofico “Ars Regia H.P.B.” di Milano
Speriamo, in un prossimo futuro, che questi simboli si insegneranno nelle scuole pubbliche. E così, senza più forzature DEVIANTI utili a qualche SECONDO fine, si potranno recuperare i significati più veri, che sono poi quelli che INTUITIVAMENTE riconosciamo.
Speriamo, in un prossimo futuro, che questi simboli si insegneranno nelle scuole pubbliche.
RispondiEliminaE così, senza più forzature DEVIANTI utili a qualche SECONDO fine, si potranno recuperare i significati più veri, che sono poi quelli che INTUITIVAMENTE riconosciamo.
Lilith
MDD,
RispondiEliminaChi l' avrebbe mai detto mangiando un uovo di cioccolato che......
A parte gli scherzi,l'articolo è davvero interessante.
Tony