martedì 28 maggio 2024

TRE AMIGOS BR E LA SOVRAGESTIONE




Unum castigabis, centum emendabis significa letteralmente "Ne castigherai uno, ne correggerai cento".
Il significato latino è analogo a quello del detto cinese "Colpirne uno per educarne cento" che compare nel Libro degli Han come motto del funzionario cinese della dinastia Han Yin Wenggui (morto nel 62 a.C.), utilizzato successivamente da Mao Zedong.
Pure il motto rubato a un dispotico aguzzino di una dinastia cinese imperiale, si è rivoltato contro di loro.

Dopo aver ascoltato questa interessante quanto deludente intervista di repertorio, fatta ai tre amigos BR, Moretti, Balzerani e Curcio, mi è talmente scesa la catena che ho deciso di scrivere questo articolo per mettere ordine ai miei pensieri. Dedicato ai famosi e inquietanti protagonisti del terrorismo rosso degli anni 70.
Un bel trio di manipolati, scelti dalla sovragestione atlantista proprio per i palesi tratti borderline che presentavano, per le loro fragilità umane ed intellettuali, per le non capacità di aver incarnato il ruolo di veri rivoluzionari.
Un'armata Brancaleone delle peggiori che non vuole ammettere di essere stata plasmata dal nemico giurato.
Il trio non si è mai sentito un burattino nelle mani di altri?
Evidentemente, no!
Perché evitano accuratamente di essere stati eteropilotati ed infiltrati, utilizzati talvolta come capri espiatori per trame oscure quanto logiche di altri poteri?
Perché non CONTRIBUISCONO a smascherare le dinamiche del capitalismo, che si serve degli opposti estremismi per cristallizzare il potere costituito?
Sembrano le sentinelle inconsapevoli dei padroni del vapore.
Tutta la loro narrazione, di una lucida quanto grottesca follia, verte nel crogiolarsi nell'amarcord della piena responsabilità di ogni scelta che, guarda caso, corrispondeva sempre e solo ai desiderata politici, massonici e atlantisti del momento. Sincronici sempre con lo status quo.
Nessuno di loro che cita i Servizi Segreti, Kissinger, tutto quello che è venuto fuori dai processi, sembrano più omertosi dei peggiori picciotti.
Il tutto condito da intellettualismi che servono a giustificare la loro follia e a negare la complessità del back-office del potere.
Vogliono apparire genuinamente rivoluzionari, mentre erano solo naif, più che criminali, dei perfetti idioti.
Follia che non è tanto quella di aver creduto di combattere una guerra donchisciottesca, non è quella di aver voluto fare i partigiani mancati (e quelli veri si rivoltano nelle tombe), ma quella di NEGARE gli intrecci con il potere che si illudevano di combattere, mentre lo stesso li guidava dall'alto.
Perché non hanno mai colpito o provato a colpire personaggi importanti come Andreotti, come Cossiga, come Agnelli, come Licio Gelli, come Generali Nato (l'elenco potrebbe essere eterno), limitandosi a colpire scientemente solo personaggi invisi all'agenda atlantista?
Ma guarda che coincidenze, pensa che grandi combattenti con la schiena dritta!
Il fatto più triste e deprimente, che ne mostra la miseria umana e intellettuale, è quando affermano all'unisono che la LOTTA RIVOLUZIONARIA è terminata.
Tipo la messa è finita, andate in pace. Quello è il momento più desolante della storia.
Lo decidono loro che è finita?
Perché mai dovrebbe essere finita?
Per coerenza dovrebbero auspicare che la lotta continui in eterno, quando mai una rivoluzione finisce con un nemico del genere?
La loro è una resa incondizionata?
Terroristi da appendice?
No rivoluzione, no party?
Tutto sembra irrimediabilmente legato alle loro gesta, non riescono ad uscire dal loro ruolo di Zorro mancati, intrappolati dal e nel loro loop, servi inconsapevoli che decidono che è giunto il momento di fermarsi e che ci debba essere un confronto politico, ma de che?
Un confronto su cosa? Sul fatto che hanno creduto alle favolette e manco ne hanno capito la metafora?
Questi sarebbero i gloriosi guerrieri del popolo?
Lo vedete voi il Che Guevara che, una volta arrestato, a un certo punto afferma che la lotta è terminata, come fosse un film di serie B, arrendendosi triste e sconsolato alle domande edulcorate di un giornalista RAI?
Ma ci rendiamo conto con quali "rivoluzionari" abbiamo avuto a che fare? 
Solo omicidi inutili, marginali, che giustificavano la reazione del sistema, spostando l'asse sempre più a destra.
Tre guerrieri che si difendono con decadenti quanto tristi intellettualismi, il cui unico scopo era darsi una ragione di vita, un ruolo sociale. Vederli oggi sembrano tre attori che parlano dell'uscita del loro ultimo film.
Rivoluzionari spaghetti, terroristi della porta accanto e di proprietà del SISDE, che si addebitano in toto il caso Moro, evitando di parlare di essere stati protetti dalla P2, evitando accuratamente di parlare degli appoggi militari, che non spiegano come fossero diventati cecchini provetti (Mossad scansate), che colpirono la scorta senza colpire Moro accanto, di chi gli avesse spifferato dall'alto dei cieli che Moro sarebbe passato con la scorta dove non era stabilito passasse, di via Gradoli di proprietà dei Servizi Segreti e di mille altre dinamiche emerse e documentate nei processi.
Curcio che non ha mai ucciso nessuno, ci tiene come un matto ad accreditarsi come colpevole morale, nonostante le prime BR fossero completamente differenti dalle successive BR. Non una parola sull'azione delle Intelligence, silenzio sul Mossad, nada de nada.
I suoi primi approcci politici vanno in direzione dell'estrema destra, secondo quanto contenuto in alcuni opuscoli riconducibili a quest'area. Ad Albenga milita dapprima nel gruppo "Giovane nazione", quindi in "Giovane Europa", due piccole organizzazioni che riprendono le tesi nazional-socialiste di Jean Thiriart
Curcio viene anche citato come capo della sezione di Albenga e celebrato il suo zelo militante nella rivista Giovane Nazione-
Curcio è quello che fa più tenerezza, si vede che soffre e non sa nemmeno il perché, o meglio, lo sa bene ma se ne vergogna, essendo prigioniero della sua maschera sociale.
La Balzerani, che curiosamente sembra la sosia della Salis, si vede lontano un miglio che mente spudoratamente ed ingoia il boccone amaro servito da altri per ogni sua inutile affermazione, sempre con occhi bassi e quell'accento fiero rugantino.
Lei sembra una caricatura surreale, il prototipo della partigiana de noialtri, riciclata come scrittrice.
Poi c'è l'infame, l'uomo ricattato dai Servizi, il mentitore seriale, Moretti
Il figlio della domestica della contessa Anna Casati Stampa, "uccisa dal marito", alla quale giurò fin da giovane di volere la sua morte, nonostante lo mantenne agli studi e fino all'ingresso nelle BR.
I Casati Stampa erano i proprietari della Villa di Arcore, poi comprata con sotterfugi dal giovane e rampante Berlusconi.
Vedete come sono interscambiabili questi personaggi, come si intrecciano fisiologicamente fin dalle origini anche in situazioni diverse da quelle per cui vengono ricordati dalle cronache giudiziarie?
Moretti fa di tutto per screditare il complotto, odia la dietrologia, ma la mimica parla chiaro. Sembra il classico piddino che sorride alle teorie cospirazioniste e fa di tutto per accreditarsi qualsiasi evento successo in quegli anni, pur di evitare un vero confronto. 
Protettore del sistema ancor più dei terroristi neri, il peggio del peggio. 
Pensate quanto potrebbe essere utile alla causa democratica se solo osasse liberarsi di quel grande peso che si porta dentro lo stomaco. Guai mai, lo avrebbero subito fatto fuori, e lui lo sa bene come funziona il gioco.
Moretti è il Re dei cazzari, ricattato dai Servizi, sovragestito da Gladio e dagli amerikani, che vorrebbe accreditarsi al mondo come guerriero del nulla quantico.
Tutti e tre con doppia personalità, al limite della schizofrenia, mentre si arrampicano sugli specchi, addossandosi le responsabilità di altri, tacendo sui misteri della Repubblica, colonia di fine impero.
Si evince dagli sguardi, dalle vistose ambiguità, dalle supercazzole di questi tre cialtroni (altro che combattenti del popolo), che mentono a livello spudorato, soprattutto, su cose che loro non hanno mai compiuto e nemmeno pensato.
Chi pone solo la violenza come motore delle dinamiche sociali è un venduto, oppure un inetto, a maggior ragione quando dichiara conclusa la sedicente lotta armata e solo perché rinchiuso in carcere. Soprattutto, se sbaglia scientemente i bersagli, colpendo solo quelli più marginali e, comunque, comodi al sistema, prestando il fianco alla strategia della tensione.
Buonanotte guerrieri...





venerdì 24 maggio 2024

IMPOSIMATO SUL CASO CHICO FORTI




Ho trascritto un'interessante intervista rilasciata dal giudice Imposimato sul caso Chico Forti. Rappresenta la 2° parte dell'articolo precedente.
Vengono esposte le gravi incongruenze e omissioni del processo Forti e di come gli avvocati non fecero gli interessi del loro assistito, anzi, depistarono in tutti i modi possibili, evitando accuratamente che Forti potesse usufruire delle leggi e dei mezzi legali per affermare la sua innocenza.
Buona lettura

D- Giudice Imposimato cosa ne pensa del caso?

R- Penso che sia un caso sconvolgente perché Forti è stato vittima, non solo di un errore, ma di un orrore giudiziario. Perché contro di lui non ci sono prove, non ci sono indizi. 
Quando è stato chiamato lui era già indagato, quindi doveva essere avvertito della facoltà di non rispondere e doveva essere invitato a nominare un difensore. 
Gli hanno fatto un capo d'accusa che è completamente sbagliato, generico, contraddittorio, illegittimo, perché gli hanno detto che era accusato di aver materialmente e personalmente ucciso Dale Pike.
Chico Forti quando ha dimostrato che all'ora del delitto si trovava in un altro posto, hanno cambiato l'imputazione. Questo non si può fare. Poi gli hanno detto "tu non sei stato l'autore materiale, ma sei stato complice, l'istigatore".
Questo va contro una norma precisa della procedura penale americana, ma anche
della convenzione per i diritti civili e politici del dicembre nel 1966, che è stata firmata dagli Stati Uniti e dall'Italia. 
Ora, il capo di imputazione è il pilastro dell'accusa, se è sbagliato il capo d'imputazione è sbagliato tutto il processo.
E' stato contestato a lui, insieme all'omicidio volontario, un concorso nella truffa ed un concorso della circonvenzione di incapaci, Che cosa si è detto? Che lui avrebbe truffato il padre della vittima, Tony Pike e lo avrebbe circonvenuto perché incapace di intendere e volere.
Da questa accusa Chico Forti é stato prosciolto in istruttoria dall'autorità giudiziaria, quindi il movente dell'accusa viene meno. Viene meno l'elemento principale a carico di Forti. 
E' assolutamente illogica questa accusa perché, prima di tutto, lui voleva incontrare la vittima Dale Pike insieme al padre, e lui aveva comprato i biglietti a tutti e due in America.
Ora, come è concepibile che una persona premediti un delitto, invitando sia la vittima, sia il padre della vittima.

D- Ci sono altri soggetti che potrebbero essere accusati dell'omicidio di Dale Pike?

R- Esattamente. Questa domanda è giustissima. Ci sono ben due soggetti che possono essere accusati, e contro i quali ci sono prove schiaccianti.
Uno é un tedesco che si chiama Thomas Knott, in Germania era stato condannato a sei anni per truffa e bancarotta fraudolenta. Arrivato negli stati uniti con documenti falsi che gli erano stati preparati dal padre Antony Pike.
Cosa succede? Che si mette a fare una serie di truffe in concorso col padre della vittima. Contro Thomas Knott c'erano degli indizi e delle prove per le quali è stato sottoposto, subito dopo il ritrovamento del cadavere, a perquisizione con l'accusa di omicidio.
Pur essendo stato accusato di omicidio, il pubblico ministero Reid Rubin cosa fa? 
Fa un accordo e gli dice "se tu accusi Forti, io ti salvo dall'accusa di omicidio".
Questo è un assurdo, è un accordo illegittimo!
Quello che era un indagato per omicidio, lo trasforma in testimone contro Chico Forti.
Invece, contro Knott c'era un'altra cosa grave, I due, Knott e Dale, avevano litigato per telefono e questa testimonianza era stata data dal gestore dell'albergo il giorno prima dell'arrivo. 
Perché Dale Pike aveva litigato? Perché era preoccupato del fatto che Thomas Knott sottraesse danaro al padre e, quindi, a se stesso.
Le accuse che erano state formulate inizialmente dal pubblico ministero erano più concrete, più sostanziose, più valide, più forti e più robuste nei confronti di Thomas Knott, piuttosto che nei confronti di Chico Forti. 
Thomas Knott e Antony Pike che, secondo me sono sospettati, e rispondo alla sua domanda, di aver organizzato l'omicidio di Dale Pike, sono diventati testimoni d'accusa. 
Ma quale credibilità possono avere questi, se loro stessi sono stati i probabili autori dell'omicidio.

D- Quali sono le irregolarità che si sono verificate nel corso del processo a Chicco Forti? 

R- Allora, di irregolarità ce ne è stata una gravissima. 
Chico Forti, durante il dibattimento davanti alla corte di Miami Beach, aveva la possibilità di chiedere il confronto con i suoi accusatori, cioè con Knott e Pike, poi aveva la possibilità di esporre le sue ragioni, di dimostrare che non c'era nessun movente, che era stato assolto, di parlare per ultimo e replicare alle bugie dette dal pubblico ministero.
Bene, il suo difensore che si è comportato da autentico delinquente, gli ha fatto rinunciare a queste possibilità, a questi diritti. Gli ha fatto rinunciare a un confronto che è previsto dalla costituzione americana, il confronto tra l'accusato e l'accusatore.
Gli ha fatto rinunciare al diritto di interrogare i suoi accusatori, previsto come diritto fondamentale, non solo dal codice di procedura penale, ma dalla costituzione e dalla convenzione di New York, perché si tratta di atti fondamentali. 
Gli ha fatto rinunciare al diritto di parlare davanti alla corte per replicare alle bugie dette dal pubblico ministero Rubin. 
Ha perso queste possibilità perché l'avvocato Ira loewy gli ha detto di non parlare, perché se avesse parlato avrebbe dato una brutta impressione. Questo è pazzesco! 
La verità, e questo è l'aspetto più grave, è che lui si trovava in una situazione di conflitto di interessi. Ira Loewy era contemporaneamente difensore di Chico Forti, ma era anche pubblico ministero in un' altra causa e davanti alla stessa corte, insieme al pubblico ministero prosecutor Rubin. La legge americana prevedeva che questa cosa fosse fatta presente subito a Chico Forti. Così Forti avrebbe dovuto decidere se mantenerlo
come avvocato o no. 
Invece, questa cosa non è stata detta a Forti. 
Uno dei motivi principali della nullità di tutto il processo è che sono stati violati i principi di garanzia. 
Quindi, questa gravissima irregolarità, questo conflitto di interessi configura un diritto penale che si chiama "infedele patrocinio da parte del difensore". 
Se Forti avesse saputo di questo conflitto di interesse ne avrebbe parlato, si sarebbe consultato, avrebbe chiesto allo zio se tenerlo o no. Avrebbe dovuto prenderlo a calci, piuttosto che tenerlo.
Queste sono cose che possono essere fatte valere. 

D- E' stata dichiarata l'inammissibilità della riapertura e della revisione del processo sulla base della scadenza dei termini?

R- Sì, questo lo so perfettamente ed è un errore, perché la convenzione dei diritti civili e politici del 1966 di New York stabilisce che non ci sono termini per la presentazione dell'istanza di revisione. Perché se io l'imbroglio lo scopro dopo anni, perché nessuno me l'ha detto, come è avvenuto qui, nel momento in cui riesco a procurarmi la prova dell'imbroglio posso fare istanza di revisione. Questo significa che l'istituto della revisione non è soggetto ad alcun termine, una volta approvata l'innocenza, o con prove nuove o per violazione delle norme, come è avvenuto da parte dell'avvocato di Forti, Ira Loewy, che si è comportato da delinquente perché ha violato un principio fondamentale, quello
della reale difesa del suo assistito. 

D- Secondo lei c'è speranza per Chico Forti?

R- Purtroppo, a causa del comportamento scorretto dell'avvocato Ira Loewy e del pubblico ministero, tutte queste prove fasulle non possono essere più riesaminate. 
Allora che cosa resta come unico motivo per fare un' istanza di revisione? Fare una denuncia contro l'avvocato che ha violato il principio previsto dal codice penale.
Lui doveva essere liberato dal conflitto di interesse, lui ha fatto un falso. 
Gli ha fatto rinunciare a tutti i suoi diritti, non ha fatto chiedere il confronto, non gli ha fatto chiedere il proprio interrogatorio, non ha fatto chiedere l'esame dei testi d'accusa.
Bisogna chiedere che venga desecretato il fascicolo degli atti che riguardano Thomas Knott. Con queste motivazioni si può riaprire il caso perché è previsto da tutti gli ordinamenti. 
Il problema è avere il coraggio di fare una bella denuncia contro questo delinquente che ha provocato il venir meno di tutti i diritti della difesa, che sono il diritto a interrogare i suoi accusatori, il diritto a fare il confronto, il diritto ad acquisire la visione di questo dossier che riguardava Knott, rimasto misterioso, e anche il diritto di accusare Knott, perché era stato accusato per truffa negli Stati uniti. 
Per questo motivo, Thomas Knott è stato molto probabilmente l'autore dell'omicidio. 
Allora perché è avvenuto tutto questo accanimento? 
Perché il pubblico ministero ha voluto costruire la sua carriera sull'immagine di Chico Forti, che è un uomo di grande prestigio e di grande notorietà.


martedì 21 maggio 2024

CHICO FORTI VITTIMA DI UN COMPLOTTO




Ferdinando Imposimato, difensore di Forti, riteneva il caso "sconvolgente". 
"Chico Forti è stato vittima di un errore e di un orrore giudiziario. Contro di lui non ci sono prove e non ci sono indizi. Quando è stato chiamato, era già indagato e doveva essere avvertito della facoltà di non rispondere e invitato a nominare un difensore. Gli hanno fatto un capo d'accusa generico, contraddittorio, illegittimo perché prima hanno detto che era accusato di aver materialmente e personalmente ucciso Dale Pike. Quando lui ha dimostrato che nell'ora del delitto si trovava in un altro posto, hanno cambiato imputazione. Hanno detto 'O sei stato l'autore o complice, istigatore'. Questo va contro una norma della procedura penale americana. Si è detto che lui avrebbe truffato il padre della vittima e lo avrebbe circonvenuto perché era incapace di intendere e di volere. Da quest'accusa Chico Forti è stato prosciolto quindi il movente dell'accusa viene meno. È illogica quest'accusa. Prima di tutto perché voleva incontrare la vittima insieme al padre e aveva comprato i biglietti a tutti e due. 
Uno è un tedesco Thomas Knott, che in Germania era stato condannato a sei anni per truffa e bancarotta fraudolenta. Dale Pike era preoccupato perché Knott sottraeva denaro al padre e avevano litigato. Chico Forti aveva la possibilità di chiedere il confronto con Knott. Aveva la possibilità di esporre le sue ragioni, di replicare alle bugie. Il suo difensore si è comportato da autentico delinquente e gli ha fatto rinunciare alle possibilità previste".

Enrico Forti nasce a Trento nel 1959. Ama lo sport e il windsurf, ottenendo molti successi anche a livello internazionale. Negli anni crea una fitta rete di contatti che gli serviranno per intraprendere la via imprenditoriale.
Nel 1990, a 31 anni, Chico Forti partecipa a Telemike, condotto da Mike Bongiorno e vince la puntata. Grazie a questa vincita, nel 1992 Chico Forti lascia l’Italia e si trasferisce a Miami, in Florida. Svolge l'attività di film-maker, produttore e presentatore televisivo per programmi di sport estremi. Sposa una modella e ha da lei 3 figli.

L’OMICIDIO DI GIANNI VERSACE:

Miami Beach, 15 luglio 1997, nella centralissima Ocean Drive, viene ucciso con due colpi di pistola alla testa lo stilista italiano Gianni Versace. L’assassino è Andrew Cunanan, uno gigolò gay di 27 anni. La conferma arriva quando accanto al suo furgoncino vengono trovati i vestiti che, a detta dei testimoni, indossava il killer di Versace. Il 24 luglio 1997 il custode di una casa galleggiante dà l’allarme: all’interno dell’abitazione si è nascosto un uomo, forse proprio Cunanan. Subito FBI, polizia, vigili del fuoco e guardia nazionale circondano l’house-boat e, dopo vari tentativi di far uscire l’intruso, fanno irruzione, trovando il corpo di Andrew Cunanan riverso sul letto di una camera al primo piano. 
La versione ufficiale della polizia e dell’FBI parla di suicidio, Cunanan si sarebbe sparato un colpo di pistola alla testa. Qualcosa però non torna, e a farsene portavoce è un certo Gary Schiaffo, il detective del Miami Beach Police Department incaricato del caso. 
Secondo il detective, Cunanan sarebbe stato ucciso altrove e poi portato nell’house-boat per mettere in scena il suo suicidio.

L'INTERESSAMENTO DI FORTI AL CASO VERSACE:
Chico Forti progetta di farci un documentario. 
Tramite Thomas Knott, un tedesco suo vicino di casa, Chico riesce a entrare in contatto con il proprietario dell’house-boat, Rieneck Thorsten, e ad acquisire i diritti per usare la casa nell’ambito di inchieste giornalistiche. 
Presi accordi con Rai 3 e una tv francese, Chico realizza un documentario-inchiesta sul delitto di Gianni Versace, che andrà in onda con il titolo “Il Sorriso Della Medusa”. Ripercorrendo le tappe della vicenda, grazie a un rapporto segreto e a un referto medico fornitogli dal detective Gary Schiaffo, anche Forti si convince che ci sia qualcosa che non quadra nella versione ufficiale, e ipotizza addirittura che non sia Cunanan l’assassino: forse alcuni elementi corrotti della polizia di Miami Beach hanno volutamente coperto i veri responsabili del delitto. 
Il detective Schiaffo dovrebbe fornire a Chico anche alcune foto del volto di Cunanan, ma viene meno al suo impegno e così parte dell’accordo economico tra i due salta e i rapporti si incrinano. Chico Forti non lo sa, ma ben presto tutto ciò gli si ritorcerà contro.



KNOTT, PIKE E L’ELEFANTE BIANCO:
Thomas Knott, il tedesco vicino di casa di Chico Forti, fa il maestro di tennis ma in realtà è un faccendiere e truffatore, già condannato a 6 anni di reclusione in Germania. 
Alla fine del 1996, grazie a dei documenti falsi, Knott era riuscito a scappare negli Stati Uniti e si era stabilizzato a Miami. A procurargli questi documenti era stato un suo amico di vecchia data, un certo Anthony Pike, proprietario di un albergo ad Ibiza che negli anni ’80 era stato frequentato da tutto il jet set internazionale. 
Knott e Pike hanno un trascorso di loschi affari e sono specializzati in truffe con le carte di credito. 
Nel novembre del 1997 Tony Pike si reca a Miami per trovare l’amico Thomas Knott e in quest’occasione conosce anche Chico Forti, che ovviamente è all’oscuro della vera indole di Knott e Pike. Ai due truffatori viene un’idea diabolica: provare a vendere a Chico Forti il Pikes Hotel, che ormai è in rovina. Knott e Pike definiscono quell’albergo l’ “elefante bianco”, ossia “una fregatura colossale”, dal momento che a causa dei debiti non è nemmeno più di proprietà di Pike, ma di una società che lo controlla al 95%. 
Chico Forti pensa che l’acquisto del Pikes possa essere un buon affare e accetta la proposta. Nel gennaio 1998 Forti e Pike firmano l’accordo. Knott, su esplicita richiesta di Forti, resta fuori dall’affare. L’italiano, infatti, è venuto a conoscenza della natura truffaldina del tedesco: a fargli la soffiata è stato lo stesso Pike, forse per fingere un gesto di complicità.

L’INCONTRO CON DALE PIKE:
Tony Pike ha un figlio di 42 anni di nome Dale, che ha vissuto alcuni anni in Malesia dopo che il padre lo aveva cacciato per averlo scoperto a rubare dalle casse dell’hotel Pikes. 
A fine gennaio 1998, in bancarotta e con i creditori alle costole, Dale fa rientro a Ibiza. 
Thomas Knott, il vicino di casa truffatore di Chico, si offre di andare personalmente all’aeroporto per accogliere il giovane Pike, ma Chico rifiuta l’offerta. L’appuntamento è intorno alle 16, l’aereo però è in ritardo di circa un’ora.
Chico e Dale hanno un po’ di difficoltà a incontrarsi, si chiamano attraverso gli altoparlanti dell’aeroporto e infine si incontrano verso le 18.30. A questo punto, però, Dale comunica a Chico di avere un appuntamento con alcuni amici di Thomas Knott e gli chiede di accompagnarlo al parcheggio del Rusty Pellican, un lussuoso ristorante che si trova a Kay Biscayne. I due arrivano sul posto intorno alle 19. Nel parcheggio, ad attendere Dale, c’è una Lexus bianca con a bordo un uomo di origine ispanica vestito elegantemente. Dale e Chico si salutano e si danno appuntamento di lì a qualche giorno, quando arriverà a Miami anche Tony Pike.

L’OMICIDIO DI DALE PIKE:
Il 18 febbraio 1998 è il giorno previsto per l’arrivo di Tony Pike. Chico Forti si reca all’appuntamento ma non lo trova. Dopo una serie di controlli scopre che Dale, il figlio di Tony, è stato trovato morto assassinato a Sewer Beach, poco lontano dal ristorante Rusty Pellican dove lo stesso Chico lo aveva accompagnato. Si tratta di un luogo molto frequentato da surfisti e coppie gay in cerca di intimità. Il corpo è stato trovato da un surfista la mattina del 16 febbraio, quindi il giorno dopo l’arrivo di Dale a Miami. 
La vittima è stata uccisa con due colpi di una calibro 22 sparati alla nuca e poi denudato completamente. Accanto al cadavere, però, vengono ritrovati alcuni effetti personali che permettono l’immediato riconoscimento. Tra questi oggetti c’è anche una scheda telefonica, dalla cui analisi si scopre che le ultime chiamate, risalenti al pomeriggio del 15 febbraio, erano state fatte al cellulare di Chico Forti. Chico non lo sa, ma fin da subito è lui il sospettato.
Il giorno successivo, infatti, viene convocato al Dipartimento di Polizia come persona informata sui fatti. Al fine, forse, di spaventarlo, gli viene detto che anche Tony Pike è stato ammazzato. E Chico, in effetti, si spaventa, tanto da commettere un gravissimo errore: mente, sostenendo di non aver mai incontrato Dale Pike.
Il giorno dopo ritratta spontaneamente, racconta come sono andati i fatti ma ormai è troppo tardi. Chico chiede consiglio a Gary Schiaffo, il detective che gli aveva fornito il materiale per il documentario “Il sorriso della Medusa” e con cui i rapporti si erano incrinati quando parte dell’accordo era saltato. Schiaffo, che nel frattempo è andato in pensione, lo rassicura e gli garantisce che la sua posizione non è a rischio.
Il 20 febbraio 1998, quindi, Chico si ripresenta davanti agli inquirenti per consegnare i documenti relativi alla compravendita del Pikes hotel, ma seguendo le parole del detective Schiaffo non si fa accompagnare da un avvocato. Purtroppo, però, fa male: la polizia lo interroga per 14 ore e lo arresta con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Dale Pike.

IL PROCESSO:
Chico Forti viene accusato di frode e circonvenzione di incapace in relazione all’acquisto del Pikes hotel, e di concorso in omicidio per la morte di Dale Pike. 
La teoria dell’accusa è che Chico, approfittandosi dello stato di salute di Tony Pike, volesse ottenere in modo fraudolento il 100% dell’hotel. 
Dale, accortosi dell’inganno ai danni del padre, sarebbe volato a Miami per accertarsi che Chico avesse la somma pattuita e per, eventualmente, far saltare l’accordo: per questo motivo, sarebbe stato ucciso. Nell’accusa di frode e circonvenzione di incapace, quindi, si nasconderebbe il movente del delitto. In effetti la compravendita del Pikes, alias “l’elefante bianco”, era veramente una truffa, ma ai danni di Chico Forti!
E infatti, in relazione alla frode e alla circonvenzione di incapace, l’italiano viene assolto con formula piena. Venuto meno il movente, di conseguenza, dovrebbe venir meno anche l’accusa di omicidio, ma così non è. 
Il 15 giugno 2000 Chico Forti viene condannato all’ergastolo.

LE PROVE DELL'ACCUSA:
Le prove che lo “inchiodano” in realtà sono alquanto labili. Vediamo le principali:

1– Innanzitutto l’arma del delitto mai ritrovata, una pistola calibro 22, che appartiene sulla carta a Chico. In realtà la pistola è sempre stata nella disponibilità di Thomas Knott che l’aveva voluta, l’aveva scelta e solo all’ultimo momento, non avendo con sé il denaro, aveva chiesto a Chico di pagarla. Lo stesso commesso del negozio dove era stata acquistata testimonierà di averla consegnata a Knott.

2– Un’altra prova considerata schiacciante è la scheda telefonica trovata accanto al cadavere, dalla quale risultano alcune chiamate fatte da Dale a Chico, tutte a tempo zero di conversazione. Tuttavia, a ben vedere, le chiamate sono state fatte tra le 17.13 e le 17.18, un arco di tempo in cui, con ogni probabilità, Dale non era ancora stato sdoganato, dal momento che il suo aereo aveva avuto circa un’ora ritardo. 
Quel tipo di scheda telefonica, però, viene venduto solo fuori dalla dogana. 
Inoltre, Dale e Chico per trovarsi avevano utilizzato l’altoparlante dell’aeroporto fino alle ore 18.00: non si capisce quindi perché dopo le 17.18 Pike, pur disponendo della scheda telefonica, non l’avrebbe più usata. 
Facile supporre, di conseguenza, che quella scheda telefonica sia stata messa ad hoc accanto al cadavere da qualcuno che sapeva dell’appuntamento in aeroporto tra Dale e Chico. Questo qualcuno, ancora una volta, è Thomas Knott. Il tedesco però, non verrà mai coinvolto nel processo per la morte di Dale Pike ma anzi, condannato a 15 anni di carcere per truffa, poco dopo la condanna di Chico verrà liberato e rimandato in Germania grazie a una sorta di patteggiamento i cui contenuti sono tutt’oggi blindati negli archivi della Procura di Miami.
Per quanto riguarda lo svolgimento del processo, bisogna sottolineare che la difesa di Chico non ha mai agito realmente a favore del suo assistito, facendo delle scelte perlomeno discutibili.
Non solo, il giudice Victoria Platzer in passato era stato membro della squadra investigativa che aveva indagato sul caso Versace. Della stessa squadra avevano fatto parte anche altri due detective che poi avevano svolto le indagini sull’omicidio di Dale Pike.
Si tratta di persone che, è lecito supporre, provavano del risentimento nei confronti di Chico Forti, dal momento che egli nel suo documentario “Il Sorriso della Medusa” aveva ipotizzato che la polizia di Miami fosse corrotta. E infine Gary Schiaffo, altra persona che aveva motivi per provare astio nei confronti di Forti e che, dopo essere andato in pensione, aveva iniziato a lavorare come consulente alle dipendenze di Reid Rubin, ossia il corrispettivo del pubblico ministero, quindi dell’accusa, nel processo a Chico.

CONCLUSIONE:
Personalmente, dopo aver studiato il caso Forti, ritengo sia innocente e che sia stato palesemente incastrato e punito per aver indagato sull'omicidio Versace, dove la polizia di Miami e l'FBI erano coinvolte. Il complotto a suo danno voleva tappare la bocca a chiunque avesse intenzione di occuparsi seriamente dell'assassinio dello stilista. Ritengo il caso Forti sia un'appendice dell'altro caso più famoso e l'omicidio di Dale Pike, compiuto solo per incolpare Forti e farlo diventare un capro espiatorio.
Tony Pike era famoso tra le star del pop, era il simpatico e un po' laido baffone che interpretava il ruolo di barman nel famoso video di "Club Tropicana" degli Wham dei primi anni 80. A Ibiza nel suo Hotel dei vip soggiornavano George Michael, Freddy Mercury, Kurt Cobain e tanti altri artisti, alcuni di essi curiosamente morti in circostanze sospette che in passato ho analizzato. Una sorta di Epstein in chiave festaiola, però sempre a contatto con diversi ambienti peculiari.
Una curiosità, il PM che accusò Forti dell'omicidio di Dale Pike, si chiama Reid Rubin, ovvero, rubino rosso, che ci ricorda la fantomatica Rosa Rossa, ma è solo la solita e casuale suggestione onnipresente in certi omicidi mediatici. Il nome Reid ha un'origine scozzese e deriva dal gaelico "ruadh", che significa "rosso".
Il fatto che la Meloni abbia celebrato come un eroe un omicida, nonostante a parere mio e di diversi esperti sia innocente (vedi Imposimato suo difensore), è molto interessante e non credo si limiti ad essere un trofeo di cui vantarsi, ma rientrerebbe nel labirintico mondo dei messaggi in codice, dei quali la Meloni non penso sia nemmeno consapevole. Messaggi inerenti ai rapporti tra l'Italia e gli USA, nell'ambito degli scambi di favore a livello di Intelligence.
Curioso anche l'anagramma "casuale" e suggestivo che risulta da tutti i nomi dei principali attori implicati, inerente al sostegno militare NATO all'Ucraina, forse giunto al termine: 
Versace/Dale/Forti/Pike - FLOP ESTERI: CADA (il) RE (di) KIEV.
Solo divertente fantapolitica? Ai poster l'ardua sentenza!



FONTI:
https://www.iltempo.it/attualita/2024/05/20/video/chico-forti-ferdinando-imposimato-orrore-giudiziario-pike-nessuna-prova

https://www.osservatoriodiritti.it/2019/08/22/chico-forti-storia-moglie-figli-documentario-colpevole/

https://www.albaria.com/chicco_forti/incredibile_storia/incredibile_storia_2.htm

https://robertabruzzone.com/la-mia-ricostruzione-del-caso-di-chico-forti/

https://living.corriere.it/indirizzi/hotel/pikes-hotel-ibiza-storia/


martedì 14 maggio 2024

BUON EUROVISION A TUTT*


L'Eurovision, ovvero, il nuovo panem et circenses per la bambinizzazione di Stato.
Una kermesse talmente fica e democratica che veicola orgogliosamente un'artista no-binary israeliano, mentre il suo governo compie il genocidio in Palestina.
Una sorta di mondo parallelo sospeso tra luci e paillettes dove tutto è possibile, dove la musica è solo la cornice di una propaganda sessual-militare, scambiata per progressismo. Sesso e potere, o meglio, sesso è potere. Talmente spinto nella suo linguaggio corporeo da diventare casto e asessuato.
Perché questa rappresentazione naif e giullaresca dell'omosessualità, dell'identità di genere? 
Sembra Salò di Pasolini in versione Black-Mirror. 
Perché io gay, lesbica, bisex o transgender devo scimmiottare isteriche visioni estetiche e non più concretamente, incidere sui legittimi diritti civili, possibilmente scevri da luccichini, lustrini, faccette idiote, spogliarelli che non scandalizzano più nessuno da decenni, immagini pseudo sataniche ed altre amenità, che non fanno altro che creare categorie, sottocategorie e ghetti culturali? 
Gli artisti scelti, il pubblico e le maestranze dell'evento possono essere quel che vogliono, non è quello il punto. A parte che l'orientamento sessuale, essendo vario, è sempre in relazione a qualsiasi identità di genere, il fulcro del discorso verte sul tipo di rappresentazione e sulla strumentalizzazione mediatica circense che nulla c'entra con determinate istanze. 
Chi se ne frega dell'identità di genere o dell'orientamento sessuale di ciascuno. 
Questa è una palese modalità per non parlare di diritti e per svilire qualsiasi lotta civile. All'Eurovision vige non a caso il conformismo e l'appiattimento verso un modello unico, altro che identità di genere, semmai l'annullamento di qualsiasi identità individuale.
Per parteciparvi devi appartenere o condividere un'ideologia di estrazione neoliberista che finge di rappresentare le cosiddette diversità.
Per partecipare al nuovo mondo devi accettare a prescindere uno schema ideologico artificiale e indotto e omologarti come un tempo accadeva con il sistema patriarcale. 
Viene così plasmata una propaganda estetica e "valoriale" dal sapore decadente e aristocratico. Una corte dei miracoli che deve solleticare la noia del monarca di turno, una corte manipolata e resa manipolatoria. Uguale/opposta a quella del passato. 
Un tempo dovevi forzatamente essere macho e rivendicare la tua presunta virilità, oggi devi necessariamente sposare un modello opposto, ma ugualmente coercitivo. 
Di naturale, di spontaneo non c'è nulla. Una sorta di celebrazione dell'effimero all'ennesima potenza che non scandalizza più nessuno, ma lascia solo una grande noia e un immenso vuoto culturale e artistico. 
In primis nuoce alla causa femminista e omosessuale, oltre a censurare la buona musica in favore di un modello Cafonal. George Michael, grande artista gay, non aveva certo bisogno di fare il clown per affermare la sua identità di genere o il suo orientamento sessuale. A un certo punto ha scelto di comunicarlo al mondo senza scadere nell'Idiocracy imperante e nella stupidità asinina. 
Qui si confonde il circo con il progressismo. Ergo, ritengo tali rappresentazioni una iattura per l'accettazione dell'altro, qualsiasi binario si voglia percorrere, oltre a essere fortemente violente e confusive. 
Ha un sapore reazionario, vestito di modernità, e si afferma come l'esclusivismo di una lobby che plasma un pensiero unico. 
Un po' l'altra faccia della medaglia dell'omofobia e del qualunquismo alla Vannacci. 
Possibile non esista mediaticamente una terza via che esuli dai fondamentalismi di parte?
 
Sorvolo sulla musica e sulla normalizzazione del trash e del cattivo gusto scenografico, elevato a valore. Siamo nell'evoluzione o nell'involuzione dei trash talent, che già avevano abbondantemente annoiato e destrutturato il gusto. 
Anche se il fenomeno appare neutro e a-politico, questi format sono in realtà massivamente politici, nell'accezione peggiore del termine. 
Agiscono sulla psicologia di massa e servono a farti accettare di non avere un'identità strutturata, che No Binary è bello perché è di moda, perché così fan tutt* in questo piccolo limbo dove potersi spogliare di qualsiasi problematica esistenziale, economica, sociale. 
Dove l'identità di genere equivale a non averne nessuna. Dove la singolarità perde qualsiasi potenza e profondità. 
Se tutto è fluido e relativo, e può ovviamente esserlo, se parte da una nostra richiesta esistenziale cosciente, la persona diventa, ancor più che nel passato, un numero, un meme neutro e inodore, non più un soggetto che esercita critica verso lo status quo.
Non capire che queste avanguardie che si nascondono dietro certi eventi, programmi, facciano parte di un'agenda politica culturale neoliberista, che si legittima dietro al nuovo che avanza, forgiandolo strada facendo, è come minimo da stolti.
La troviamo nella nuova Hollywood, nelle piattaforme delle note serie TV, in molti Talent Show. Non sono carbonari che combattono contro il patriarcato dei boomer, semmai, lo stesso stesso potere di prima che resuscita abbracciando strumentalmente la globalizzazione dei costumi, dopo averla gentilmente indotta, rientrando dalla porta di servizio. 
Il moltiplicarsi di queste istanze sociali, fino a ieri minoritarie, mostra come siano il prodotto di una coercizione ambientale, e non sempre scelte libere e individuali. 
Saranno in futuro le nuove patologie dell'anima.

Quello che mostra l'Eurovision non è quindi una rappresentazione di libertà, di giocosa spensieratezza giovanile. Appare tutto molto inquietante, a partire dall'isteria del pubblico con tanto di dress code kitsch e decadente.
I produttori di questi format vogliono creare modelli senza identità, non con diverse identità. L'uomo neutro perde soggettività e storia, diventando così oggetto mercantile, omologato arredamento e suppellettile virtuale. 
Uno schema perseguito dal potere costituito che agisce sulla psicologia di massa per controllare ed indirizzare marketing, pulsioni, scelte, quindi subdola politica.
Poi ci sarebbe il discorso sull'infantilizzazione del pubblico e degli artisti, oggi portati sul pulpito come valore aggiunto. Artisti bambinizzati, capricciosi, immersi tra un pubblico festante in maniera spasmodica, sganasciato manco fosse sotto acido, che pare uscito da un film distopico dell'orrore. 
A me, per esempio, inquieta questo pubblico di soldatini forzatamente scomposto, in realtà perfettamente allineato a qualsiasi comando, manco fossimo in una messa o in un'adunata militare. 
Diceva qualcuno: "lo slogan è fascista di natura".

Questi format agiscono sull'inconscio collettivo come qualsiasi altra propaganda. 
Essendo poi mascherati da festa circense sono ancora più efficaci. 
Il punto non è come uno si senta nell'intimo. Uno può e deve sentirsi come meglio crede, ma non me lo deve dire l'Eurovision. 
Capite l'impatto decisamente politico della questione?
Il nuovo autoritarismo del gusto per quanto riguarda la musica e un certo talebanismo LGBTQ+, non agisce come in passato solo con la censura, anche se censura ciò che esula dal suo schema predefinito, ma tende a saturare il desiderio e l'immaginario collettivo, per plasmare in futuro, passo dopo passo, l'individuo spersonalizzato, più adatto alle regole, all'obbedienza, alla resilienza del vivere imposta dalla modernità. Così esorcizzando dissenso, critica, lotta civile, o anche più semplicemente, il poter ascoltare buona musica anche su un format nazional popolare, ma che dico, european popolare.
Buon Eurovision a tutt* ...