martedì 26 aprile 2022

LABORATORI ARMI BIOLOGICHE, ESTREMA DESTRA E BIDEN'S FAMILY



All'epoca Joe Biden era vicepresidente e si presentò più volte in Ucraina, parlò alle manifestazioni, incontrò gli oppositori (quelli che poi sarebbero andati al governo con un colpo di stato) e il primo maggio del 2014 fece un volo diretto da Washington a Odessa, senza incontrare il Presidente. 
Incontrò il ministro degli interni (ex capo di una formazione potente di squadracce naziste), incontrò il prefetto di Odessa e incontrò il capo della criminalità locale. Poi è ripartito, e il giorno successivo gli ultrà della squadra di calcio di Odessa e di Kharkiv, centinaia di picchiatori nazisti e reparti della polizia presero d'assalto i manifestanti antifascisti, li costrinsero alla fuga, loro si rifugiarono in un edificio che era la casa dei sindacati, e i nazisti assaltarono l'edificio, gli diedero letteralmente fuoco dopo essere entrati, aver torturato le persone, averle stuprate. Hanno dato fuoco all'edificio e chi è sopravvissuto è stato bruciato vivo, arso vivo.
In quella strage muoiono oltre 300 persone, è la più grande strage dell'Europa dalla seconda guerra mondiale in poi, se si esclude la Bosnia. Che Biden sia legato a questa strage non esiste prova, però incontra i personaggi che gestiscono la strage. Pochi giorni dopo il figlio (di Biden) entra nel consiglio di amministrazione della Burisma, la più importante società di gas ucraina. Vorrei ricordare che l'Ucraina ha le più grandi riserve di gas del mondo. 
La Burisma è una società particolare perché che ha sede a Cipro (paradiso fiscale), il principale azionista è un oligarca ucraino dalla tripla nazionalità (ucraina, cipriota, israeliana) ed è stato anche presidente delle comunità ebraiche europee. Questo personaggio è di Odessa ed ha messo a disposizione per fare la strage una sua compagnia di paramilitari neonazisti (pagati da lui). Ci sono anche le inchieste dell'FBI che certificano questa cosa. Questo personaggio, attraverso un suo battaglione, ha partecipato alla strage di Odessa. Nella Burisma entra anche il braccio destro di Kerry (all'epoca ministro degli esteri degli Stati Uniti) come consigliere d'amministrazione. Quando un procuratore di Kiev si è messo a indagare su questa vicenda è stato sostituito improvvisamente. 
Nel 2005 il presidente George Bush decide di finanziare una rete di bio-laboratori sparsi in tutto il mondo, ufficialmente per combattere il terrorismo. Inizialmente si sapeva che questi laboratori fossero poco più di 200, invece sta emergendo essere oltre 360 sparsi per il mondo. 
Essi producono ARMI BIOLOGICHE, esattamente come il laboratorio di Whuan (come Sars, Antrace, Ebola, Aids). Questi laboratori sono territorio statunitense, nessuno può entrarvi senza autorizzazione del Pentagono.
Gli americani hanno letteralmente circondato la Russia di questi bio-laboratori, molti dei quali messi lungo il confine (in Ucraina, Georgia, Azerbaijan, Kazakistan). Questi laboratori hanno continui "incidenti", che hanno causato negli ultimi anni una serie di piccole epidemie lungo il confine russo, che hanno provocato centinaia di morti. Al di là di questo, ciò che è emerso da diversi anni è che questi laboratori fanno anche qualcos'altro. 
I servizi segreti russi sono riusciti a mettere le mani sui documenti di un laboratorio in Georgia, li hanno resi pubblici: si facevano esperimenti sugli esseri umani ( c'era anche un elenco di 73 "volontari" morti) e stavano mappando il DNA dei russi. 
Informandomi ho scoperto che LA NUOVA FRONTIERA DELLE ARMI BIOLOGICHE SONO LE ARMI A DNA, OVVERO DELLE ARMI CHE COLPISCONO UN CERTO TIPO DI PERSONE. Queste scoperte hanno molto preoccupato i russi, anche perché in Ucraina erano stati costruiti 17 laboratori, che poi si è scoperto essere 30. Quando i russi hanno invaso l'Ucraina hanno puntato proprio a questi laboratori perché ne hanno molta paura. La Russia ha denunciato la presenza di questi bio-laboratori al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite chiedendo espressamente che fosse istituita una commissione che andasse ad ispezionarli e poi chiuderli. Invasa l'Ucraina dunque, i russi hanno preso molti di questi laboratori, mentre gli USA continuavano a negarne l'esistenza quando. Ad un certo punto, di fronte all'evidenza, sono stati costretti ad ammetterne ufficialmente l'esistenza, e presi dal panico, hanno cominciato a fare appelli alla Russia chiedendo di fare attenzione. 
di Franco Fracassi

Vediamo ora tutti i politici e uomini delle forze armate di estrema destra presenti in Ucraina:
Andry Parubiy: Segretario del Consiglio Ucraino di Difesa e Sicurezza Nazionale. Parubiy aveva fondato il Partito Nazional Socialista dell’ Ucraina, formazione di estrema destra ultranazionalista e neo-Nazista nata nel 1991 che, malgrado il nome cambiato in Svoboda(=libertà) siede in parlamento(con soli 6 eletti invero) continuando a usare tranquillamente simboli e bandiere naziste e a richiamarsi a a Stepan Bandera, il collaborazionista ucraino dell’Ovest schierato dalla parte di Hitler, che era invece combattuto dagli Ucraini dell’Est alleati con l’Unione Sovietica di Stalin. Di qui, e da ancor più antiche ostilità, l’odio feroce che oppone le due parti dell’Ucraina. Sarebbe utile approfondire per meglio capire le posizioni.

Oleh Tyahnybok: leader di Svoboda, partito che siede in parlamento (Tyahnybok fotografato un anno fa col futuro premier Yatseniuk insieme al senatore US John McCain e a Victoria Nuland, assistente di John Kerry per Europa e Eurasia, falco Neocon nonché moglie di Robert Kagan, la vera architetta del piano ucraino costato $5 miliardi, dichiarò lei stessa, di cui venne resa nota la telefonata in cui mandava esplicitamente a farsi fottere gli europei.

Dmytro Yarosh: vice Segretario per la Sicurezza Nazionale. Leader di Pravy Sektor, sovrintende le forze armate con Parubiy. Pravy Sektor include il gruppo di estrema destra Patrioti dell’Ucraina e i paramilitari di UNA-UNSO (ne parliamo più avanti). Nelle loro insegne ci sono rune naziste, svastiche e altri simboli nazi.

Oleksandr Sych: vice Primo Ministro. Sych è membro del partito Svoboda

Ihor Shvaika: ministro dell’Agricoltura, idem

Andriy Mokhnyk: ministro dell’Ecologia. Mokhnyk di Svoboda è vice leader.
In parlamento, capi dei battaglioni di milizie che seminano terrore nell’Est. Squadre di volontari/mercenari che affiancano/surrogano esercito regolare di Kiev e Guardia Nazionale nella guerra etnica contro i cosiddetti “separatisti filo-Russi “. Sarebbero 34 o 50 e conterebbero varie migliaia di militi, 7000 solo il Dniepr secondo AFP.

Oleg Lyashko: capo del Radical Party che porta anche il suo nome, nonché del battaglione “Shaktar”. Human Right Watch e Amnesty International ne hanno condannato le azioni nell’Est Ucraina, ma pure sequestri di persona e torture nei confronti di suoi concorrenti (video qui). Global Researchaggiunge accuse di stupri e di giovani volontari costretti a prostituirsi (video), sebbene Lyashko, che era un candidato alla presidenza, sia considerato un politico in ascesa.

Sergey Melnichuk:
comandante del battaglione “Aydar”dalle incerte sorti, deputato scelto da Lyashko.

Andrij Teteruk: neo senatore e comandante del battaglione “Myotvorets” (=che porta la pace), milizia di polizia che “restaura l’ordine negli insediamenti liberati, li ripulisce dai criminali e dalle armi”, a suo dire. Tradotto: milizie punitive.

Semen Semenchenko: nuovo senatore anche lui, il suo battaglione “Donbass” è responsabile di molti orrori contro i civili delll’Est.

Yuri Bereza: neo senatore, comanda il battaglione“Dniepr1” finanziato da Ihor Kolomoysky, il potente oligarca banchiere 2° o 3° più ricco del paese, da poco nominato governatore di Dniepropetrovsk. Kolomoysky, passaporto ucraino, cipriota e israeliano, avrebbe pianificato e finanziato il massacro di Odessa in cui sono stati torturati, mutilati e infine bruciati 37 civili, 19 dei quali ebrei. Il battaglione pullula di svastiche e mercenari Neo-Nazi. “Animali neonazisti”, li ha bollati l’assistente dell’oligarca.

Andrij Biletsky: capo dei gruppi neo-Nazisti Assemblea Social-Nazionale e Patrioti dell’Ucraina è il fondatore e comandante del battaglione “Azov”, il più tristemente noto. Responsabile di rapimenti, stupri, torture e assassini di civili nella regione del Donbass ma anche a Mariupol dove è basato, fra i suoi emblemi oltre a rune e svastiche (viste in tv pare abbiano impressionato molto i tedeschi, per il WashingtonPost sono romanticherie giovanili) c’è il simbolo occulto del Sole Nero usato dalle SS naziste.

QUANDO LA STAMPA ITALIANA SI PREOCCUPAVA DEI NAZISTI UCRAINI

 


22 maggio 2014: sono passati tre mesi dal colpo di Stato che ha abbattuto il presidente Yanukovich e dato il via alla fase “filo-occidentale” in Ucraina. Su “La Stampa” compare questo articolo che mette in evidenza il protagonismo dei gruppi neo-nazisti nella “rivoluzione arancione” ispirata dalla NATO e la loro centralità nei nuovi equilibri politici del Paese. Oggi un articolo del genere sui media mainstream sarebbe impensabile ma all’epoca la priorità per i mezzi d’informazione non era quella di dipingere il governo di Kiev come il più democratico e illuminato del mondo, ma strepitare contro la destra sovranista in ascesa in tutta Europa. “Che conseguenze può avere per l’Europa questo coagularsi di queste forze non solo euroscettiche, ma ultranazionaliste, razziste, anti immigrati, antiabortiste e via dicendo?” si chiedeva l’autrice. La rilettura di questo articolo ci sembra particolarmente utile alla vigilia del 25 aprile, in un momento in cui l’ANPI è bersaglio di una campagna mai vista di insulti e calunnie per non essersi schierato acriticamente dalla parte del Battaglione Azov (noto club di estimatori della filosofia classica) e degli eredi di Stepan Bandera. Campagna nella quale si distinguono personaggi legati al cosiddetto “centro-sinistra”, ai quali in realtà dell’antifascismo non importa un fico secco. L’auspicio è che invece la giornata della Liberazione possa contribuire a una riflessione sulle vecchie e nuove destre, sia quelle legate al carro atlantista, sia quelle “rossobrune” schierate sul fronte opposto (red.).

Ucraina: se il nuovo corso filo-Occidente include l’ultradestra neo-Nazista
MARIA GRAZIA BRUZZONE (da LA STAMPA del 22 maggio del 2014)
L’ultimo scontro è quello all’ONU fra l’inviato ucraino e i russi – tutto verbale, per carità. In margine alla riunione del Consiglio di Sicurezza, martedì scorso, l’ambasciatore ucraino alle nazioni unite Yuriy Sergeyev ha incolpato l’ex URSS di aver fabbricato le accuse contro i nazionalisti ucraini davanti al tribunale di Norimberga contro i crimini nazisti. “Offende la memoria di Russi, Ukraini, Ebrei, Polacchi e cittadini di altre nazionalità vittime delle atrocità degli Ukraini sostenitori dei Nazisti; ci sono un mucchio di prove, le forniremo a Sergeyev “, ha risposto il ministro degli Esteri russo.
E’ una storia vecchia di oltre 70 anni ma sempre viva nella memoria di un paese dove nazionalismo e Seconda Guerra Mondiale sono sempre rimasti temi divisivi, ammette lo stesso sito russo RT che riporta il curioso episodio. Ed è tornata più che mai alla ribalta oggi che gli ultranazionalisti neoNazisti e russofobi di Svoboda (Libertà) e di Pravy Sektor (Right Sector, Settore Destro o Ala Destra), dopo aver guidato la protesta di Maidan hanno conquistato ruoli di primissimo piano nel nuovo governo e controllano Forze Armate, Polizia, Giustizia e Sicurezza Nazionale. Abbastanza da preoccupare la Russia, certo, ma forse anche l’Europa dove ci si accinge a votare fra qualche mese e dove i partiti di destra estrema, più o meno rivestiti di panni rispettabili, stanno conquistano posizioni tra gli euroscettici.

Al centro della disputa è la figura di Stepan Bandera leggendario combattente per la libertà e l’indipendenza ucraina per i nazionalisti ucraini di cui sopra, ma collaboratore della Germania di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale con la quale si alleò in funzione anti sovietica pur di conquistare l’indipendenza del suo paese. La sua organizzazione fascista OUN-B, contribuì all’Olocausto facendo uccidere migliaia di Ebrei e Polacchi e dopo la guerra si batteva per un’Europa totalitaria ed etnicamente pura mentre un movimento affiliato portava avanti un fallimentare tentativo di sollevazione contro l’URSS, tanto che Bandera (che secondo alcune fonti era diventato un agente dell’MI6) alla fine venne fatto fuori dal KGB – scrive il sito progressista californiano Salon.com, in un post (25/2/2014) intitolato “Gli Usa in Ucraina appoggiano i neo-Nazisti?”
E non è l’unico né il primo a esprimere perplessità e porsi interrogativi del genere – Vedi il Guardian già il 22/1 (L’estrema destra ha infiltrato il movimento di protesta, che non riflette tutti), , TIME il 28/1 (La protesta di Kiev sequestrata da gruppi di estrema destra) e International Business Times (19/2), e Business Insider, che linka persino il Jerusalem Post e Counterpunch.org (vari post), fino ai più “alternativi” Infowars, Global Research e il sito di La Rouche ripreso in italiano da Movisol e altri.

Tanto più man mano che è venuto alla luce il coinvolgimento della politica americana nella preparazione del push che ha detronizzato il premier Yanukovich che, per quanto il suo regime fosse degenerato e corrotto, era pur sempre stato eletto dalla maggioranza degli ucraini -Vedi l’incontro, già a dicembre, del senatore repubblicano John Mc Cain col leader di Svoboda Oleh Tyanhybok e col futuro presidente l’ex banchiere Arseniy Yatsenyuk. Indicato poi esplicitamente a quel ruolo da parte dell’assistente alla Segreteria di Stato, il “falco” Victoria Nuland, durante una telefonata riservata con l’ambasciatore Usa a Kiev, nonché la foto insieme agli stessi personaggi di Nuland che a dicembre a Washington aveva dichiarato che gli Usa avevano investito $ 5 miliardi nelle agitazioni ucraini.
Salon aggiunge alla storia di Bandera una coda “americana” che spesso sfugge (si cita il libro del giornalista Russ Bellant. Old nazi, New Right and the Repubblican Part, 1988).
“Nel dopoguerra molti sopravvissuti dell’OUN-B fuggirono in Europa Occidentale e negli Stati Uniti, a volte con l’aiuto della CIA, dove fecero alleanze con gruppi di destra. A Washington questi transfughi ricostituirono l’OUN-B sotto la sigla UCCA – Ukrainian Congress Committee of America, in buoni rapporti coi Repubblicani (un banderista di spicco, Stetsko, che sovrintese al massacro di 7000 ebrei a Lviv venne ricevuto da Reagan alla Casa Bianca nel 1983). Tanto che quando il Dipartimento di Giustizia lanciò una crociata per catturare e processare i criminali nazisti, l’UCCA fece lobby inducendo il Congresso a bloccare l’iniziativa. Ed è ancora una lobby influente, né nasconde la sua reverenza per il nazionalismo Banderista.”
Non lo nasconde neanche Svoboda, il partito che ha avuto un ruolo di leader nella protesta di Maidan e il cui ingresso per la prima volta nel 2010 nel parlamento ucraino, con 36 seggi e il 10% dei voti (soprattutto nelle regioni dell’estremo ovest di lingua ucraina, dove arriva al 40%) ha suscitato dichiarazioni di sorpresa e preoccupazione da parte di leader europei e israeliani.
Due settimane dopo che Nuland aveva dichiarato che Euromaidan “incorpora i principi e i valori che sono pietre miliari di ogni democrazia” , 15.000 membri di Svoboda hanno promosso una manifestazione a lume di torce in onore di Bandera a Lviv –epicentro delle attività neofasciste in Ucraina. Luogo dove si è voluto rinominare Piazza della Pace -nome troppo sovietico- “Battaglione Nachtigall “in onore degli autori della carneficina di ebrei a Lviv e in Bielorussia.

Il suo leader Oleh Tyahnybok non solo sostiene che contro la Russia “eterno nemico” dell’Ucraina “la guerra è inevitabile, non solo è fautore di un nazionalismo etnico, ma ha una lunga storia di dichiarazioni anti semite, compreso l’appello lanciato in parlamento nel 2004 lanciò per la liberazione del suo paese “controllato dalla mafia Moscovita-Ebraica”, e se l’è presa anche con l’”Organized Jewry” (organizzazione ebraica, traduciamo impropriamente) che domina i media e il governo” – riferisce il citato International Business Times. Aggiungendo che in risposta alla retorica antisemita di Svoboda il World Jewish Congress aveva chiesto di bandire il partito.
Del resto il vice di Tyahnybok, Yuriy Mykhalchyshyn ama citare il ministro della Propaganda di Hitler Joseph Goebbels, che ammira al punto da aver dato il suo nome a un think tank che ha fondato.
Sarebbe il “social nazionalista” Mykhalchyshyn il collegamento fra Svoboda e le milizie neo-Naziste raggruppate sotto l’ombrello del Pravy Sektor, vero protagonista sul campo della protesta di Euromaidan. “Un oscuro raggruppamento di nazionalisti autonomi riconoscibili dall’abbigliamento da skineahds, via ascetica, fascinazione per le violenze di strada”, lo descrive Salon. E dalle fasce gialle al braccio con rune nere, simboli celtici dell’ultradestra, più qualche svastika quando capita.

Leader di spicco dell’Ala Destra e della rivolta di Kiev è Dmitry Yarosh già alla guida del Tryzub (Tridente), che del Right Sector è diventato il cuore, comandante sul campo, con i suoi 2-3000 militi venuti da tutta l’Ucraina, armati di scudi, mazze – e catene, pietre, bottiglie Molotov, persino medievali catapulte, vantava lui stesso, intervistato da TIME un mese fa, rivelando per la prima volta “l’arsenale letale accumulato” e dicendosi “pronto al conflitto armato”.
È riapparso in piazza Indipendenza il 22 febbraio, il giorno dopo che la politica aveva raggiunto un accordo, garantito dai ministri degli esteri di Polonia, Francia e Germania. Nel video postato da RT arringa la piazza con cupi toni militareschi, in quello di Salon promette di combattere “contro la degenerazione del liberalismo totalitario”, e di condurre le sue armate alla “riconquista dell’Europa”. Secondo alcuni l’adesione al movimento pro Europa sarebbe solo strumentale.
Sulla pagina di Pravi Sektor del social network VKontacte il 1 marzo è apparso un appello al terrorista ceceno Umarov a unirsi agli Ucraini, contro la Russia, così come gli Ucraini hanno aiutato i Ceceni. E Umarov non è uno qualsiasi, è il most wanted in Russia, accusato anche di attentati a civili come quello a metro di Mosca, ma anche nella lista dell’ONU . Il movimento ha poi detto di essere stato hackerato, racconta lo stesso post di RT che ne ha dato notizia.
Ebbene, Yarosh è l’autonominato vicepresidente del Consiglio per la Sicurezza e la Difesa organo che ha il compito di sviluppare la politica di sicurezza nazionale sul fronte interno ed estero.
Presidente è diventato Andriy Parubyic, coordinatore dei corpi di sicurezza volontaria della protesta. Già protagonista della Rivoluzione Arancione del 2004, nel 1991 aveva fondato insieme a Tyanhybok il Partito Nazional Socialista neonazista da cui poi è nato Svoboda mantenendo il motto “one race, one nation, one Fatherland” . Nel 2010 si è distinto per aver chiesto all’Europarlamento di riconsiderare la sua reazione negativa alla proposta – presentata qualche tempo prima dal presidente filo-occidentale Yushenko – di proclamare Stepan Bandera eroe nazionale dell’Ucraina.
Il nuovo governo provvisorio sotto la presidenza Yatsenyuk (del partito Fatherland) ha assegnato a Svoboda e all’Ala Destra del Pravy Sektor vari ministeri e posti chiave che assicurerebbero loro il controllo di Forze Armate, Polizia, Giustizia e Sicurezza Nazionale (vedi Global Research). E il primo atto è stato l’abolizione del russo come seconda lingua ufficiale ucraina.

Non stupisce che gli ukraini del sud est e della Crimea, di lingua russa e filo russi, siano a loro volta scesi in strada e abbiano preso le loro misure. Chiaramente spalleggiati dalla Russia di Putin che le loro preoccupazioni condivide. Né stupiscono richieste affinché “Il nuovo governo rassicuri la comunità ebraica”, come l’ HuffingtonPost Usa titola un post molto documentato. (E il leader di Svoboda ha voluto recentemente incontrare dei rappresentanti di Israele, mentre militari dell’esercito israeliano di origine ucraina, arrivati a Kiev per dare una mano – gli Elmetti Blu di Maidan – non esitano a dire di aver seguito gli ordini di Svoboda.
Ma le preoccupazioni vanno oltre la Russia e i rapporti con l’Occidente – come segnalava International Business Times già a gennaio, prima delle violenze più gravi e del precipitare degli eventi.
Il partito Svoboda è legato ad altri gruppi di estrema destra in Europa attraverso l’ Alliance of European National Movements, fondata nel 2009, che comprende fra gli altri il BNP- British National Party e Jobbik, il partito neofascista e anti-semita dell’Ungheria, la Fiamma Tricolore, il National Front del Belgio, il National Democrats svedes più vari altri ultradestri di Lituania, Polonia, Romania ecc. Ne faceva parte anche il Front National di Marine Le Pen che nel 2001, quando ha dato al suo partito un aspetto più rispettabile ha lasciato l’Alleanza per l’European Alliance for Freedom di cui fa capo anche l’UKIP inglese.
Che conseguenze può avere per l’Europa questo coagularsi di queste forze non solo euroscettiche ma ultranazionaliste, razziste, anti immigrati, antiabortiste e via dicendo?
Cosa ne pensano gli europei e i loro rappresentanti politici dell’appoggio Occidentale a questi partiti estremisti di destra in Ucraina? Cosa ne pensano i socialisti europei del Pse?
Qualche giorno fa all’Europarlamento Martin Schulz – che oltre a essere candidato del Pse è anche presidente dell’assemblea europea – è apparso assai imbarazzato davanti alle domande provocatorie di Natalia Vitrenko, riferiscono vari blog italiani.
L’economista ucraina, leader del Partito Socialista progressista Ucraino, il 25 gennaio scorso insieme a rappresentanti di 29 partiti e organizzazioni ucraine aveva lanciato un appello al segretario dell’ONU, ai dirigenti UE e agli Stati Uniti per fermare i saccheggi e l’incitamento alla guerra civile da parte dei guerriglieri, e mettendo in guardia dal sostenere le loro azioni: “di fatto state proteggendo e istigando i neonazisti e i neofascisti ucraini”.
Nei giorni scorsi faceva parte della delegazione del Partito Socialista Progressista a Bruxelles. “Il mio partito viene attualmente perseguitato” ha detto Vitrenko, assieme a tutte le forze e gli individui disapprovati dalle forze “neonaziste e terroriste” armate che controllano Maidan e il Parlamento. Gli esponenti politici e le loro famiglie vengono minacciati, le sedi assaltate e bruciate. “Questi neonazisti sono forse espressione dei valori europei?”, ha chiesto.
Schulz, visibilmente scosso, ha risposto che “stando alle mie informazioni, l’UE sta trattando con tutte le parti, compresa Svoboda”. Prendo molto sul serio la sua denuncia e indagherò, ha detto il Presidente del PE, dicendosi anche pronto a incontrare la Vitrenko separatamente.

Tratto da “La Stampa” del 22 maggio 2014


                          


lunedì 18 aprile 2022

GESTIONE E SOVRAGESTIONE DEL MONDO NELL' EPOCA DELLE POST-VERITA'



GESTIONE E SOVRAGESTIONE DEL MONDO NELL' EPOCA DELLE POST-VERITA'
CHI VUOLE LA GUERRA? 
di Simone Galgano
Pubblicato il 15 Aprile 2022 da IN ESERGO
https://www.inesergo.it/chivuolelaguerra.html

Le analisi della guerra in Ucraina formulate dai media riguardano i piani più visibili, nei quali l'opinione pubblica si divide, si alimentano le tifoserie, esistono ragioni e rapporti di forza tra superpotenze e nazioni che tutti accettano come unica narrazione possibile. Purtroppo, questa non è l'unica realtà. Non siamo in presenza di una verità assoluta: nell'epoca delle post-verità esistono anche livelli più sofisticati, complessi e trasversali, che riguardano ambienti che hanno tutto da guadagnarci dallo scontro in atto e che utilizzano il corso degli eventi per cambiare assetti politici, geopolitici, macroeconomici, eterodirigendo e strumentalizzando le fazioni in campo.
Esiste una sovragestione del reale che prescinde dalle nostre conoscenze. Questa sovragestione è transnazionale e post-ideologica: plasma i soggetti coinvolti più o meno direttamente. Il fatto di essere in guerra non esclude che i nemici siano in qualche modo e per varie ragioni concordi e alleati ad altri livelli. Siamo quindi in presenza di interessi comuni e condivisi che trascendono la narrativa ufficiale. La Nato, avversaria e nemica di Putin, è perfettamente consapevole di ciò che sta accadendo, lo è sempre stata e anche pubblicamente sembra far di tutto per favorire il perdurare delle ostilità, soffiando sul fuoco e paventando scenari allargati quasi fossero ineluttabili. Non solo. La Nato appoggia e favorisce indirettamente, con la sua pelosa ipocrisia, l'intervento russo perché fa comodo che si consolidino e ridisegnino due blocchi contrapposti, con un’Europa sempre più debole, dipendente e desovranizzata, che funga da grande cuscinetto tra le due civiltà occidentale e orientale.

È come se fossero due mondi paralleli eppure intimamente connessi, ognuno con le sue logiche, i suoi linguaggi, i suoi simboli: una Terra Di Sopra e una Terra Di Sotto volendo rimandare all’ottimo lungometraggio Upside Down di Juan Solanas. Due diversi livelli del potere, entrambi reali, ma con una prospettiva divergente e, soprattutto, complementari tra loro. La gestione pandemica ha posto in essere un’esemplare azione planata dall'alto, grazie alla quale tutti gli attori in campo sono andati nella medesima direzione, ogni paese con i suoi lockdown, con le sue soluzioni, quasi tutte simili, comprese quelle eccezioni, talvolta perseguite, che hanno confermato la regola generale. Un test planetario che ci ha presi per mano, una delega in bianco al pensiero dominante verso l'accettazione del nuovo che avanza e dell’assioma che “nulla sarà come prima”.
Il fatto che la Nato fosse a conoscenza da più di dieci anni della possibilità di un intervento militare russo in Ucraina è una prova più che fattuale di quelle che io chiamo convergenze parallele; ugualmente, le manovre di tutti i grandi speculatori poco prima dell'invasione sono un altro segnale forte e tangibile di una sacra alleanza finalizzata a riscrivere l’ordine globale, anche con le forzature di guerre e conflitti armati che i popoli vedono e percepiscono solo nei piani bassi del sistema. La sovragestione, in quanto contenitore di un network globale di bisogni talvolta sovrapponibili, ha interesse che si rafforzino dei falsi multilateralismi per creare un sistema tecno-liberista condiviso ovunque, a prescindere dai blocchi consolidati e dai retaggi passati di ogni cultura e tradizione locale.

In questa visione post-moderna, la sovragestione sta realizzando la sua più grande rivoluzione. Klaus Schwab, il filantropo che anticipò l'arrivo del virus, dei lockdown, della necessità di realizzare un reset generale del capitalismo per aggiornarlo, ci ricorda che a Davos il malvagio Putin veniva plasmato come sua creatura. Prova ne è che Putin sia affiliato alla stessa UR loggia della Sorella Merkel, la Golden Eurasia. I signori del mondo, che ai livelli bassi fanno i competitor, nei piani più alti sono in realtà Fratelli nelle stesse logge sovranazionali. Non è una coincidenza che questa guerra sia iniziata in concomitanza della presunta fine della pandemia e non è certo un caso che Putin abbia dato inizio alle danze appena dopo le dimissioni della cancelliera tedesca e in presenza di un avversario come Biden. Putin è un contraltare dell'occidente, ma contemporaneamente è interno a questo mondo e ha raggiunto certi livelli di potere perché, fin dall'inizio, ai piani alti faceva comodo.
Appartenere a un alveo latomistico di un certo rango ed essere anche il leader di una superpotenza non è una semplice casualità, ma significa che qualcuno della Terra di Sopra l'ha permesso per motivi spesso inconfessabili alla logica comune. Tale paradigma non si esaurisce solo nella declinazione più materiale, ma contiene anche motivazioni di carattere metafisico: una sacra alleanza avviene aderendo soprattutto a un’idea di potere, a uno schema condiviso, ma vanno tenuti in considerazione anche i piani sottili, dove si allestiscono forme pensiero utili sia per chi comanda (a mo’ di celebrazione di un rito che unisce e stabilisce i ruoli in campo), sia come liturgia da esercitare sulle popolazioni attraverso la psicologia di massa, per favorire e accelerare l'accettazione di dogmi e regole.

giovedì 14 aprile 2022

IL FANTASMA DEI PROTOCOLLI DI MINSK


Per chi non ha ancora capito cosa sta succedendo tra Russia ed Ucraina, per chi pretende di conoscere il film guardando solo gli ultimi 5 minuti, è utile la lettura dei 12 punti del Protocollo di Minsk 1 e dei 13 punti di Minsk 2, accordi che non sono mai stati rispettati.
I media non ne parlano mai volutamente, perché questa è la chiave di volta per comprendere la scelta del conflitto da parte di Putin.

Il Protocollo di Minsk era un accordo per porre fine alla guerra dell'Ucraina orientale, raggiunto il 5 settembre 2014 dal Gruppo di Contatto Trilaterale sull'Ucraina, composto dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Doneck (DNR) e Repubblica Popolare di Lugansk (LNR). È stato firmato dopo estesi colloqui a Minsk, la capitale della Bielorussia, sotto l'egida della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).
Succeduto a diversi tentativi precedenti di cessare i combattimenti nella regione di Donbass (Ucraina orientale), prevedeva un cessate il fuoco immediato, lo scambio dei prigionieri e l'impegno, da parte dell'Ucraina, di garantire maggiori poteri alle regioni di Doneck e Lugansk. Tuttavia, nonostante abbia portato ad un'iniziale diminuzione delle ostilità, l'accordo non è stato rispettato.
L'accordo è stato formulato dal Gruppo di contatto Trilaterale sull'Ucraina, composto da rappresentanti di Ucraina, Russia e l'OSCE. Il gruppo è stato creato nel mese di giugno come un modo per facilitare la risoluzione dei conflitti in Ucraina orientale e meridionale. Le riunioni del gruppo, insieme con i rappresentanti informali delle repubbliche secessioniste di Doneck e di Lugansk, si sono svolte nel 31 luglio, il 26 agosto, il 1º settembre e il 5 settembre. I dettagli dell'accordo siglato il 5 settembre assomigliano in gran parte al piano di pace di 15 punti proposto dal presidente ucraino Porošenko il 20 giugno. 
I seguenti rappresentanti hanno firmato il documento:
L'inviata speciale svizzera e rappresentante dell'OSCE: Heidi Tagliavini;
L'ex presidente dell'Ucraina e rappresentante ucraino: Leonid Kučma;
L'ambasciatore russo in Ucraina e rappresentante russo: Mikhail Zurabov;
I leader delle Repubblica Popolare di Doneck (DNR) e Repubblica Popolare di Lugansk (LNR): Aleksandr Zacharčenko e Igor' Plotnickij.

Protocollo di Minsk 1:
1- Assicurare un cessate il fuoco bilaterale immediato.
Garantire il monitoraggio e la verifica del cessate il fuoco da parte dell'OSCE.
2- Una decentralizzazione del potere, anche attraverso l'adozione di una legge ucraina su "accordi provvisori di governance locale in alcune zone delle oblast (regioni) di Doneck e Lugansk ("legge sullo status speciale").
3- Garantire il monitoraggio continuo della frontiera russo-ucraina e la loro verifica da parte dell'OSCE, attraverso la creazione di zone di sicurezza nelle regioni di frontiera tra l'Ucraina e la Russia.
4- Rilascio immediato di tutti gli ostaggi e di tutte le persone detenute illegalmente.
5- Una legge sulla prevenzione della persecuzione e la punizione delle persone che sono coinvolte negli eventi che hanno avuto luogo in alcune aree delle oblast (regioni) di Doneck e Lugansk, tranne nei casi di reati che siano considerati gravi.
6- La continuazione del dialogo nazionale inclusivo.
7- Adozione di misure per migliorare la situazione umanitaria nella regione del Donbass, in Ucraina orientale.
8- Garantire lo svolgimento di elezioni locali anticipate, in conformità con la legge ucraina (concordato in questo protocollo) su "accordi provvisori di governo locale in alcune zone delle oblast (regioni) di Doneck e Lugansk" ("legge sullo statuto speciale").
9- Rimozione di gruppi illegali armati, attrezzature militari, così come combattenti e mercenari dal territorio dell'Ucraina sotto la supervisione dell'OSCE.
10- Disarmo di tutti i gruppi illegali.
11- Adozione dell'ordine del giorno per la ripresa economica e la ricostruzione della regione di Donbass, in Ucraina orientale.
12- Garantire la sicurezza personale dei partecipanti ai negoziati.

Protocollo di Minsk 2:
Il Protocollo di Minsk II, conosciuto anche come Minsk II o MinskII, è un accordo, stipulato nel vertice tenutosi a Minsk l'11 febbraio 2015, tra i capi di Stato di Ucraina, Russia, Francia e Germania: il processo negoziale che era iniziato l'anno prima nella stessa città portò all'approvazione di un pacchetto di misure per alleviare l'ancora in corso guerra del Donbass.
L'iniziativa del Quartetto Normandia ridiede impulso al negoziato da loro stessi inaugurato propiziando il primo Protocollo di Minsk, siglato il 5 settembre 2014. Per l'attuazione del primo protocollo si era scelto di valorizzare il canale del Gruppo di Contatto Trilaterale sull'Ucraina, con il coinvolgimento dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE): eppure fu dopo il crollo del "cessate il fuoco" del Protocollo di Minsk, nel gennaio-febbraio 2015, che le discussioni tra i Quattro portarono ad un accordo, supervisionato dall'OSCE.

Il testo del protocollo è composto da 13 punti:
1- Assicurare un cessate il fuoco bilaterale immediato dal 15 febbraio 2015.
2- Ritiro di tutti gli armamenti pesanti allo scopo di creare una zona di sicurezza tra entrambe le parti, di 3- 50 km per artiglierie (di calibro superiore a 100 mm), di 70 km per sistema lanciarazzi multipli e di 140 km per versioni di questi ultimi a lunga gittata (9A53 Tornado, BM-27 Uragan e BM-30 Smerch) e per sistemi missilistici tattici OTR-21 Točka. In tale processo è prevista la collaborazione dell'OSCE con l'assistenza del Gruppo di Contatto Trilaterale sull'Ucraina.
4- Consentire all'OSCE l'effettiva osservazione e la verifica del regime del cessate il fuoco e del ritiro degli armamenti pesanti.
5- Il primo giorno dopo il ritiro, iniziare la discussione sulle modalità di conduzione delle elezioni locali e sulla futura forma di governo di alcune aree delle regioni di Donetsk e Lugansk. Entro 30 giorni dalla firma del protocollo il parlamento ucraino deve deliberare quali sono le aree soggette alla futura forma di governo.
6- Prevedere con legge la grazia e l'amnistia e la proibizione di inchieste penali e condanne per coloro coinvolti negli eventi avvenuti nelle aree autonome delle regioni di Donetsk e Lugansk.
7- Effettuare la liberazione e lo scambio di tutti i prigionieri e di coloro che sono stati illegalmente arrestati.
8- Garantire l'accesso sicuro, la consegna, lo stoccaggio e la distribuzione di aiuti umanitari.
9- Stabilire le modalità per il pieno ripristino delle relazioni socio-economiche, inclusi inter alia il pagamento di sussidi e pensioni.
10- Ripristino del pieno controllo da parte ucraina del confine di Stato lungo tutta la zona di conflitto che deve aversi dal primo giorno dalla conduzione delle elezioni locali.
11- Ritiro di tutte le formazioni armate straniere, inclusi i mercenari, e dei veicoli militari. Disarmo di tutti i gruppi illegali.
12- Effettuare la riforma costituzionale in Ucraina attraverso l'entrata in vigore, entro la fine del 2015, della nuova costituzione che preveda come elemento cardine la decentralizzazione e prevedere una legislazione permanente sullo status speciale delle aree autonome delle regioni di Donetsk e Lugansk che includa, inter alia, la non punibilità e la non imputabilità dei soggetti coinvolti negli eventi avvenuti nelle citate aree, il diritto all'autodeterminazione linguistica, la partecipazione dei locali organi di autogoverno nella nomina dei Capi delle procure e dei Presidenti dei tribunali delle citate aree autonome.
13- Discutere e concordare le questioni relative alle elezioni locali con i rappresentanti delle aree autonome delle regioni di Donetsk e Lugansk nell'ambito del Gruppo di contatto trilaterale in base a quanto previsto dalla legge ucraina sulle modalità dell'autogoverno locale nelle aree autonome delle regioni di Donetsk e Lugansk. Le elezioni saranno condotte con l'osservanza degli standard OSCE e l'osservazione dell'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'OSCE.
Intensificare l'attività del Gruppo di contatto trilaterale anche attraverso la creazione di gruppi di lavoro per l'attuazione dei vari aspetti degli accordi di Minsk.

L'Ucraina non ha rispettato gli accordi di Minsk: la questione della mancata revisione costituzionale e della "Nuova Costituzione":
di Daniele Trabucco

Si tratta dell'articolazione territoriale di I livello secondo l'ordinamento costituzionale interno. Dopo la proclamazione dell'indipendenza delle due Repubbliche di Donetsk e Lugansk nel 2014, riconosciute ufficialmente dal Presidente russo, Vladimir Putin, cui è seguita la ratifica del Consiglio della Federazione e l'approvazione con voto unanime della Duma di Stato dei rispettivi Trattati di amicizia, assistenza e mutuo soccorso (validità dieci anni con proroga automatica ogni cinque), si era cercato di risolvere la situazione bellica nell'Ucraina orientale sul piano diplomatico con i cosiddetti "accordi di Minsk".
Il primo (il Minsk I) è stato firmato nel settembre 2014 e prevedeva, riguardo alla parte politica, il riconoscimento di una maggiore autonomia alle due Repubbliche mediante il ricorso alla revisione costituzione, mentre il secondo (il Minsk II) del febbraio 2015 si spingeva oltre, stabilendo, addirittura attraverso una "nuova Costituzione", la base per una legislazione permanente sullo status speciale delle aree autonome delle Regioni di Donetsk e Lugansk volto ad includere, inter alia, la non punibilità e la non imputabilità dei soggetti coinvolti negli eventi avvenuti nelle citate aree, il diritto all'autodeterminazione linguistica, la partecipazione dei locali organi di autogoverno nella nomina dei Capi delle procure e dei Presidenti dei Tribunali delle citate aree autonome.

In particolare, per il Cremlino vanno prima attuate le disposizioni politiche e poi quelle militari, per l'Ucraina il contrario. Non è questa la sede per affrontare la natura giuridica degli accordi (atti interni, Trattati internazionali, strumenti di natura giuridica mista), tuttavia il dato evidente è la mancanza di volontà, da parte ucraina, di fornire un'adeguata tutela alla popolazione russofona del Donbass, dopo le proteste che portarono alla cacciata di Yanukovych a fine febbraio 2014, con partiti ed esponenti politici filo-russi fortemente osteggiati.
La Federazione Russa, peraltro, intende evitare una adesione dell'Ucraina alla Nato, perché questo significherebbe che gran parte del confine occidentale dell'ex U.R.S.S. sarebbe presidiato dall'Alleanza Atlantica. Dopo il 1997, infatti, vi hanno aderito Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Romania e Bulgaria eppure, a seguito della caduta del muro di Berlino nel 1989, i leader dei maggiori paesi della Nato avevano promesso a Mosca che l’Alleanza non sarebbe avanzata verso Est "neppure di un centimetro".
Una promessa smentita dai fatti e troppo presto dimenticata.