lunedì 25 luglio 2011

UTOYA, UTOPIA NAZISTA E CULTI MAGICI NORVEGESI !!!



L'ombra della Massoneria...

Il presunto autore degli attacchi di Oslo, Anders Behring Breivik, apparterrebbe alla loggia massonica norvegese di San Giovanni Olaus dei tre pilastri. E' quanto riporta sul suo sito internet il quotidiano del Paese scandinavo Dagbladet.
Il motto della loggia, di cui Breivik sarebbe membro al terzo livello (su dieci), è "E tenebris ad lucem", dalle tenebre alla luce. Il portavoce della loggia, Helge Qvigstad, però, ha preso le distanze dall'attentatore, sottolineando ''Non abbiamo modo di esprimere un parere su individui o incidenti relativi a tutti i membri".
L'estrema destra ed i terroristi coltivati nelle logge massonico-fondamentaliste, sono da sempre lo strumento principe dell'apparato militare e quindi del SISTEMA TRANSNAZIONALE, sono il malvagio demiurgo operativo per controllare e dominare in tempi di “pace” il PLAGIO EMOZIONALE, tanto caro ai culti mondialisti...
Lo psicolabile, allevato e ben nutrito nella filosofia tardo templare di estrazione magica, è il medium perfetto per incarnare il male e veicolare la tragedia come atto individuale di un singolo impazzito e non come OPERAZIONE dei servizi segreti...

Quindi, la colpa è sempre della base, di un singolo CATTIVO e non tanto del sistema rituale che utilizza la strategia della tensione per organizzare gli stati e la loro vita, in funzione di un macro-sistema che deve seguire un'agenda occulta, ora sempre meno occulta... E' curioso come venga mostrato e fatto veicolare dai media, palesemente in divisa da FRATELLO, con tanto di grembiulino azzurro e addobbi cerimoniali, come se fosse consuetudine appartenere a determinati DISTRETTI per operare nel terrore...
Un tempo si occultava e si confondevano le acque, quando le appartenenze erano conclamate, si DEPISTAVA, ora ci si firma, perchè i tempi sono maturi per far metabolizzare il NUOVO CULTO alle masse, quasi fosse legittima l'iconografia magica e ci si volesse firmare o comunque comunicare, attraverso quel linguaggio caro all'ermetismo, stuprato e strumentalizzato dalle obbedienze reazionarie che oggi sembrano avere lo scettro del comando nella piramide...

Continuo a sostenere che il tizio sia solo uno strumento e che non sia arrivato sull'isola da solo, vestito da sbirro, armato fino ai denti... Poi la bomba non l'ha certo messa lui in città, è quindi logico pensare ad un organizzazione terroristica di estrema destra manovrata dai servizi segreti, come avviene ovunque dalla notte dei tempi, e ne sappiamo qualcosa anche noi, avendo vissuto la stagione della strategia della tensione nel bel paese...
Ora la gente concentrerà ed indirizzerà tutto l'odio sul pazzo non collegando prove concrete di appartenenza a determinate organizzazioni massoniche clerico/fasciste che nella loro cultura tardo templare, contemplano la distruzione ed il Kaos, quelle interniane alla HIDDEN HAND per intenderci ;) ...
Organizzazioni occulte militar/esoteriche create e manovrate per operare militarmente alla cristallizzazione dello status quo, formazioni che di fatto spostano a destra il baricentro dell'asse politico interno, secondo i dettami ed i tempi dell'agenda internazionale... Sembra uno spot di un certo mondo artificiale, quel mondo militare deviato che si serve di adepti psicolabili da manovrare come pupazzi...
VECCHIA STORIA !!!

Se vediamo il suo profilo SU FACEBOOK, il biondo terrorista ariano sembra proprio da manuale, giocava pure ai Game fantasy che richiamano una certa filosofia e mitologia pagano misticheggiante :))) che poi è quel distretto assorbito anche dal Whitepower cristiano nordico...
Ed ancora massone orgoglioso ma anche complottista cristologico anti-globalizzazione e razzista, appassionato di palestre, di armi, di tecnologia... Potrebbe essere un esaltato di forza nuova da noi :) La cultura di appartenenza è quella ...
Sembra troppo costruito ad hoc, è veramente opera dell'apparato militare, anche la sua veicolazione mediatica, come icona del terrore, giovanile e "perbene", fa pensare ad un grosso FAKE come spesso avviene in questi casi...
Ora sarà interessante valutare come la gente interpreterà il fatto e quale livello di ipnosi saranno in grado di mantenere nella percezione generale delle persone...

Con questi processi si creano i presupposti per restringere le libertà personali in cambio di PROTEZIONE da parte dell' AUTORITA', che di fatto diviene religiosa nella sua funzione simbolica, pur essendo altro apparentemente, ma di fatto diviene culto, almeno inconsciamente...
L'autorità che protegge la sua popolazione, simbolicamente viene percepita come GENITORIALE, e quindi sacerdotale... Con questi attentati degni della miglior tradizione della strategia della tensione, si spaventa l'opinione pubblica, la si divide, la si terrorizza, la si controlla emozionalmente, sono input militari che, in tempi di "pace", il sistema stesso mette in atto per mantenere i RUOLI ANCESTRALI che esso stesso ha deciso e stabilito, e tutto questo a prescindere dal tipo di sistema apparente che un paese qualsiasi può ospitare e/o rappresentare...

I ruoli sono AUTORITA'- sacerdote- sistema versus POPOLAZIONE-fedele...
Il terrorismo ma anche gli omicidi rituali, spesso organizzati dall'alto, servono appunto a creare o ristabilire i ruoli nel grande gioco che è la vita sociale... Se ciò non avvenisse, non potrebbe una minoranza elitaria, il SISTEMA, governare 6 miliardi di persone e far accettare le regole del gioco ed i DOGMI da esso stesso creati e condotti, imposti e FATTI ACCETTARE...

L'ISLANDA è anche conosciuta come l'isola di Thule, la Thule era la loggia occulta che ideò e creò il nazismo del ventennio del secolo scorso, oggi ancora esistente sotto altre sigle massoniche legate a doppio filo al vaticano ed ai gesuiti...
Il governo svedese, si occupò dei TRENI per l'esercito di occupazione nazista nel loro cammino verso la Norvegia. Himmler stabilì il concetto che Trondheim doveva diventare la futura capitale della cosiddetta razza ariana.
La Scandinavia non è molto popolata ed è stata utilizzata per molti esperimenti, tra cui lo studio del DNA a fini strettamente militari, cavie genetiche, controllo climatico e rifugio di lusso per un'eventuale apocalisse prossima...
In Norvegia, le sette e tutti i vari culti sono così potenti che il governo, ha creato una società speciale per assistere le vittime di abusi. Il clero cattolico scandinavo, è collegato direttamente ed apertamente con il satanista dell' Ordo Templi Orientis, il Tempio di Set del Ten.Col. Michael Aquino e le varie sette ad esso collegate, sono coinvolte in abusi rituali di bambini e donne. Gli ordini massonici scandinavi derivano da queste grandi logge magiche teutoniche...
Il Rito della Massoneria svedese praticata in Scandinavia, è molto influente negli Stati Uniti,
Qual è il Rito svedese?
Il rito svedese fa parte della massoneria scandinava, è una Fraternita cristiana fondamentalista segretamente legata al Vaticano ed ai gesuiti.
Il sistema è raggruppato in tre divisioni come segue:
S. Giovanni (Craft) gradi:
I Apprendista
II Fellow Craft
III Master Mason
Sant'Andrea (scozzese) gradi:
IV-V-Apprendista Compagno di Sant'Andrea
VI    Maestro di S. Andrea
Capitolo gradi:
VII  Fratello Molto Illustri
VIII Fratello Illustrissima
IX   Fratello Illuminato
X    Fratello Molto Illuminati (Molto Vaticano Illuminati)
XI   Fratello Più Illuminata, Cavaliere Commendatore della Croce Rossa (Vaticano della Scandinavia)
Ci sono circa 60 massoni in Svezia che attualmente detengono il grado XI. Sono membri del Gran Consiglio o Grandi Ufficiali.
Nel 1811 re Carlo, istituitì l'Ordine Reale di Re Carlo XIII. Si tratta di un ordine civile, conferito dal re, solo per Massoni del grado XI con numero limitato a 33.
Il passaggio da un grado all'altro è tutt'altro che automatico. Un fratello deve dare prova della sua competenza e della sua conoscenza della Massoneria.
C'è solo una forma di rituale accettato per ogni grado, e le deviazioni non sono tollerate.
Il Rito svedese è praticato in Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia ed Islanda.
E', in una variante tedesca, praticato in Grosse Landesloge der Freimaurer von Deutschland (la Gran Loggia di tutti i Massoni tedeschi).

In Svezia http://www.frimurarorden.se/
In Danimarca http://www.ddfo.dk/nyheder/
In Norvegia http://www.frimurer.no/
In Islanda http://www.frmr.is/
e ovviamente in Germania in http://www.freimaurerei.com/








venerdì 22 luglio 2011

PROVE DI REGIME: "STATO MILITARE PARALLELO ED OCCULTO" !!!


Recentemente il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha adottato un provvedimento di sospensione dal servizio per quattro mesi nei confronti del PM Paolo Ferraro, poiché ritenuto inadatto a continuare nello svolgimento delle proprie mansioni.
Il Csm ha motivato la decisione adducendo una presunta infermità mentale del PM, il quale però respinge l’addebito e rilancia: l’esclusione sarebbe da ricondurre a un’indagine evidentemente scomoda da lui stesso condotta. L’indagine in questione riguarda l’esistenza di una setta satanica – i cui interpreti sarebbero anche esponenti dell’esercito – che potrebbe per giunta esser legata ad una notizia di cronaca nera che ha turbato l’Italia, ovvero l’omicidio di Melania Rea.
Agenzia Stampa Italia ha tentato di far luce sulla vicenda del PM, faticando tuttavia non poco a districarsi in un ambito curiosamente sottaciuto o quasi dagli altri media.
Al fine di comprendere meglio la questione, chiarendone i contorni e i possibili sviluppi, abbiamo contattato il legale di Paolo Ferraro, l’Avvocato Giorgio Carta.

Avvocato, durante la conferenza stampa tenutasi nel suo studio la settimana scorsa lei ha definito il procedimento cautelare seguito dal CSM all’indirizzo del suo assistito “costellato di violazioni delle garanzie difensive e atipico”. Può spiegarci quali sono le anomalie che ha riscontrato?
Innanzitutto, vi ringrazio per l’attenzione che rivolgete alla vicenda del pm Paolo Ferraro.
Se si considera la gravità dei fatti denunciati, infatti, appare quanto mai sospetto il silenzio serbato dalla stampa ufficiale (fatta eccezione, per ora, per SKY tg24).
Un silenzio che, paradossalmente, rafforza la convinzione del pm Ferraro di avere imboccato una strada plausibile nonché la sensazione che non meglio definiti “poteri forti” stiano boicottando la veicolazione della notizia.
Tutto il contrario sta accadendo in rete dove sono invece numerosissimi i sostenitori del magistrato che, tramite un incessante passaparola, stanno capillarmente diffondendo la notizia.
Ciò premesso, c’è da rimanere perplessi per le modalità, a dir poco frettolose e sommarie, con le quali il CSM sta conducendo il procedimento di dispensa dal servizio per infermità nei confronti del dottor Ferraro, da sempre giudicato uno dei migliori magistrati della procura romana.
Si consideri, a titolo di esempio, che alcune convocazioni del magistrato sono state fatte solo il giorno prima o, addirittura, con un anticipo di poche ore. Ciò ha determinato l’impossibilità dello stesso di partecipare ad alcune importanti fasi del procedimento con l’assistenza del difensore e del proprio consulente di parte, che nella fattispecie è il professor Francesco Bruno.
Desta perplessità il fatto che il CSM non abbia aderito ad alcuna richiesta di rinvio o di rinnovazione delle sedute, neppure di quella convocata la mattina stessa con un fax.
Si consideri anche che l’odierno collocamento in aspettativa è stato motivato da asseriti motivi di salute, non suffragati da alcun certificato medico se non uno del 2008, che peraltro attesta la piena salute del dottor Ferraro.
Al contempo, risultano ignorati numerose relazioni mediche di parte che certificano la perfetta salute dell’interessato.

Il provvedimento del CSM evoca una vicenda simile accaduta nel 2008, nella quale il dottor Ferraro denunciò il “plagio” della compagna che sarebbe stata indotta a svolgere attività di prostituzione all’interno della propria abitazione. Lei cosa ci dice di quella vicenda?
Va premesso innanzitutto che, nel caso di specie, non si fa questione di indagini svolte dal dottor Ferraro nella sua qualità di pubblico ministero, ma di denunce sporte dal medesimo quale testimone accidentale e parte offesa di reati, inaspettatamente archiviate a Roma.
In ogni caso, nelle denunce non si fa questione di attività di prostituzione, ma di rapporti sessuali verosimilmente rientranti nella liturgia di riti satanici. Infine, va detto che trattasi sempre del medesimo filone che nel 2008 viene archiviato su richiesta della procura di Roma, ma che viene successivamente fatto oggetto di ben quattro procedimenti oggi pendenti presso il tribunale di Perugia.

Il dottor Ferraro adduce prove multimediali, che consistono in registrazioni audio, per dimostrare la veridicità dell’indagine. La magistratura come considera queste prove?
I file audio in questione, purtroppo di scarsa qualità, ad avviso del dottor Ferraro, a Roma non sono stati esaminati con le opportune tecniche e strumentazioni, con la conseguenza che se ne è disconosciuta l’oggettiva rilevanza. L’interessato ha, però, provveduto a ripulirli per facilitarne l’ascolto e li ha versati agli atti della Procura di Perugia che attualmente conduce i procedimenti pendenti.

Intorno ai contenuti di queste registrazioni audio c’è molta curiosità, essendo trapelate informazioni inquietanti. Potrebbe rivelarci di cosa si tratta precisamente?
Preferirei al momento non svelare la risposta alla sua domanda, anche se comprendo la legittima curiosità.

Ci conferma che il dottor Ferraro avrebbe subito minacce – anche piuttosto invasive – finalizzate a dissuaderlo dai suoi propositi investigativi?
Il dottor Ferraro ha denunciato strani accadimenti che lo hanno riguardato all’indomani della presentazione della prima denuncia, come la visita di personaggi sconosciuti, dalla chiara estrazione militare, contatti personali di sconosciuti, ma anche uno strano incendio divampato sul terrazzo della sua abitazione. Senza contare gli inviti di taluni personaggi eccellenti a desistere dall’approfondire la vicenda.

A suo avviso queste pressioni sono da ricondurre alla potenzialità destabilizzante nei confronti di alte sfere istituzionali che avrebbe l’inchiesta condotta dal PM?
E’ l’ipotesi più verosimile, a meno di non congetturare improbabili coincidenze fortuite tra la presentazione della denuncia e taluni fatti anomali.

Teme che la sospensione per quattro mesi possa tramutarsi in una definitiva estromissione dalla magistratura? Quali saranno le vostre prossime mosse legali?
Più precisamente trattasi di un collocamento in aspettativa d’ufficio, per motivi di salute.
Il provvedimento ha una dichiarata natura cautelare ed e` stato congegnato come provvedimento d’urgenza, anticipatorio degli effetti del procedimento di dispensa tuttora in corso.
Contro tale provvedimento, abbiamo proposto ricorso al TAR Lazio chiedendone la sospensione, anche in considerazione del fatto che nessuna norma attribuisce al CSM la potestà di emanare provvedimenti cautelari, ammesso e non concesso che davvero sussista l’urgenza di privare con effetto immediato il dottor Ferraro delle proprie funzioni di magistrato.
Siamo in attesa della fissazione dell’udienza cautelare.

Lo stesso Ferraro ha ipotizzato che la sua indagine possa intrecciarsi con l’omicidio di Melania Rea. Egli sostiene di aver visto la ragazza all’interno della Procura di Roma pochi giorni prima della sua uccisione, avvenuta in un bosco presso Ripe di Civitella. Può aiutarci a comprendere meglio questo passaggio?
Al momento non possiamo dire di più, ma confermo che il dottor Ferraro assume di aver incontrato la povera Melania Rea od una sua perfetta sosia nei corridoi della procura, pochi giorni prima della sua scomparsa.

Come spiega la scarsissima copertura mediatica che ha avuto la misteriosa vicenda del suo assistito, nonostante abbiate svolto una conferenza stampa per concederle risonanza? Ricollega il disinteresse dei media al presunto coinvolgimento di alte sfere istituzionali?
Con tutto il rispetto per i tanti giornalisti seri e coraggiosi, sono ormai abituato né più mi sorprendo del fatto che in Italia sia pressoché bandito il giornalismo d’inchiesta e che siano all’unisono ignorate e messe in sordina le notizie scomode per i cosiddetti poteri forti.
Questo fenomeno raggiunge l’acme allorché si faccia questione di ambienti militari, in riferimento ai quali la censura diventa assolutamente impenetrabile. Sono anni che denuncio gli abusi e le ingiustizie consumati nel mondo militare ma bene che vada, mi trovo davanti a giornalisti che si appassionano alla storia, ma che poi scompaiono o mi telefonano per riferirmi con imbarazzo che i rispettivi direttori hanno bloccato la notizia. Potrei citarle numerosi casi.
La conseguenza è, per esempio, che in Italia si suicida più di un carabiniere al mese ma nessun giornale ne parla, così la gente crede ancora nella favola dei carabinieri privilegiati e felici e della grande famiglia dell’Arma. Da ex ufficiale dei carabinieri, le posso assicurare che trattasi di una bugia, di una leggenda metropolitana di successo, priva di alcun riscontro nella realtà.
Lo riprova il fatto che la conferenza stampa tenuta per il caso Ferraro ha visto la partecipazione di numerosi giornalisti, ma alla fine hanno diffuso la notizia solo SKY tg24, la rivista Carabinieri d’Italia Magazine e il portale leader dell’informazione militare grnet.it, di Giuseppe Paradiso.
Le altre testate nazionali hanno chiesto e ottenuto ogni delucidazione, ma poi si sono defilate, come sempre accade quando si tenta di informare i cittadini sulle condizioni del mondo militare.

Il caso, ignorato o quasi dall’opinione pubblica, ha scosso tuttavia la Procura di Roma. Qualche magistrato sta esprimendo vicinanza al proprio collega? Al di fuori dell’ambito professionale invece, avete ricevuto solidarietà da parte di qualcuno (associazioni, comitati, partiti politici)?
La Procura di Roma ufficialmente non ha commentato la vicenda, ma è normale che segua invece con molta attenzione l’evolversi della vicenda. La solidarietà espressa finora al dottor Ferraro è sorprendente. Riceve continui contatti di sostenitori e di cittadini che lo invitano a non mollare.
Voglio in particolare ringraziare quei giovani di Forza Nuova che hanno silenziosamente manifestato sotto il mio studio il giorno della conferenza stampa. Sono nate pagine spontanee su facebook che invitano il dottor Ferraro a non arrendersi. Su internet, basta cercare con qualsiasi motore di ricerca per avere cognizione della grande solidarietà riscossa dal dottor Ferraro.

Sono passate tre settimane dal giorno in cui il Consiglio superiore della magistratura ha deciso di sospendere dal proprio incarico il dott. Paolo Ferraro, pubblico ministero da anni a lavoro a Roma, per l'insorgenza di una presunta infermità mentale che lo renderebbe inadatto alla carica ricoperta.
La storia di Ferraro, pur essendo praticamente trascurata dalle grandi testate - eccetto SkyTg24 che ha preso parte alla conferenza indetta dal magistrato -, ha dei risvolti oscuri e per molti aspetti inquietanti: il pm nei mesi precedenti al provvedimento preso, con irreale fretta, dal Csm ha condotto un'indagine in prima persona, venendo a capo di una realtà da lui stesso definitiva inimmaginabile: una setta satanico-massonica interna al mondo militare, dedita al sesso, al controllo della mente e a rituali che attingerebbero a piene mani dal mondo dell'occulto.
Scoperte che addirittura potrebbe avere avuto a che fare con quanto accaduto a Ripe di Civitella il 20 aprile scorso, il giorno in cui venne ritrovato il corpo senza vita di Melania Rea.
Una coincidenza che per molti coincidenza non è: ma solo il tentativo di imbavagliare il magistrato facendolo passare per delirante.

La quotidianità - Ma come vive questi giorni il pm Ferraro? A raccontarlo è un utente del social network Facebook che ha parlato di un incontro con il pm avvenuto per caso.
Casualità che pare essere una condizione poco ricorrente in tutta questa storia.
Prima di pubblicare abbiamo presentato la ricostruzione dei fatti all'avvocato Giorgio Carta, oramai unico legale di Ferraro, che ha ammesso che la ricostruzione fatta dall'internauta possa essere considerata reale.
Ecco qui il racconto:
" Oggi 4 luglio mi trovavo alla Procura presso il Tribunale penale di Roma, per alcuni giri di cancelleria; ne ho approfittato per andare a dare un’occhiata alla stanza del pm Paolo Ferraro, recentemente sospeso per quattro mesi dalle sue funzioni a seguito di un procedimento “d’urgenza” anomalo innanzi al Consiglio Superiore della Magistratura, nel corso del quale non gli è stato consentito nemmeno di avvalersi dell’assistenza dei suoi avvocati. Avevo infatti sentito dire che la sua stanza era stata completamente sgomberata, ed ero curiosa di verificare se la circostanza rispondesse al vero oppure no.
Il dottor Ferraro è stato sottoposto ad un procedimento disciplinare dopo aver raccolto prove audio di alcuni incontri che si sono tenuti in sua assenza nella sua abitazione all'interno della città militare della Cecchignola, ove egli ha vissuto per un certo periodo tre anni fa; incontri nel corso dei quali i convitati – sei uomini, cinque donne ed alcuni ragazzini – si davano ad attività sessuale di gruppo, assumevano droghe durante i festini (ketamina, un potente anestetico dissociativo, che procura fenomeni cosiddetti near-death experiences), parlavano in lingue strane, forse dialetti medievali, con uso di parole e comandi che lasciano chiaramente intendere l’esercizio di un controllo psichico – mentale da parte di alcuni alti gradi militari sugli altri soggetti presenti in quella casa (in alcuni casi si sarebbe verificato un vero e proprio sdoppiamento della personalità dei partecipanti).
Ebbene, giunta dinanzi alla stanza del dottor Ferraro, mi soffermavo a leggere alcuni avvisi attaccati alla porta, cercando di scorgere se vi fosse qualche elemento tale da farmi ritenere che effettivamente la stanza fosse stata sgomberata. In quel momento sopraggiungeva il dottor Ferraro; sono rimasta interdetta per qualche secondo, e così immagino anche lui, che probabilmente non si aspettava di trovare qualcuno davanti alla sua porta.
Apre la porta con la chiave, mi invita ad entrare, mi mostra la stanza completamente svuotata di armadi, fascicoli, telefoni, computer, etc.; il senso di desolazione che trasmette la vista di quella stanza è terribile. Tutto ciò, nonostante il fatto che la sospensione disposta dal Csm sia assolutamente temporanea: probabilmente lo sgombero della sua stanza è stato effettuato in previsione di un suo definitivo allontanamento dalla magistratura.
Mi riferisce che tutti gli agenti di Polizia Giudiziaria che collaboravano con lui sono stati cacciati, in malo modo; che i suoi avvocati hanno ricevuto vere e proprie minacce via fax da altri avvocati; che quello che ha raccontato alla conferenza stampa non è nemmeno la metà di quello che lui sa; che la sua compagna riceve minacce e spesso trova sotto casa disegni di svastiche e altri simboli; ad un certo punto, nel corso del nostro colloquio, riceve una telefonata da parte della propria compagna, e gli sento dire che qualcuno ha tentato di forzare la portiera della sua macchina.
Mi ha anche invitata ad informarmi sul progetto MK Ultra ( con questa espressione ci si riferisce ad una serie di attività svolte dalla Cia con l'obiettivo di influenzare e controllare il comportamento di determinate persone, ndr).
Il dottor Ferraro ha anche detto che succederanno cose eclatanti nei prossimi giorni, forse in questa stessa settimana; chiede che si parli del caso e di diffondere tutte le notizie utili a chiarire i fatti".

Fonti : http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4172:sospensione-del-pm-ferraro-intervista-al-legale-giorgio-carta-su-questa-misteriosa-vicenda-&catid=19:interviste&Itemid=46
www.newnotizie.itCronaca 

giovedì 14 luglio 2011

ORIGINI DEL SACRIFICIO RITUALE... !!!





SACRIFICIO di Enrico Comba 
sommario: 1. La dimensione religiosa di uno scambio. 2. La comunità sacrificale. 3. Il sacrificatore. 4. La vittima. 5. Dare la morte, dominare la morte. □ Bibliografia.
Il sacrificio consiste in un atto rituale attraverso il quale si dedica un oggetto o un animale o un essere umano a un'entità sovrumana o divina, sottraendolo alla sfera quotidiana, come segno di devozione oppure per ottenere qualche beneficio. L'offerta o il dono di un oggetto o di un essere vivente alle potenze del mondo non umano o divino ha grande importanza in molte forme religiose. La natura dell'offerta, il significato e gli scopi di ciò che viene sacrificato, come pure il contesto in cui tale attività si situa, variano molto nelle diverse culture, cosicché è spesso difficile distinguere il sacrificio vero e proprio da altre forme cerimoniali che comportano offerte, doni, oblazioni.

1. La dimensione religiosa di uno scambio 
Vari autori hanno creduto di individuare alcuni elementi comuni e ricorrenti nelle differenti forme di sacrificio. Per es., J. van Baal (1976) ritiene che vi sia sacrificio ogniqualvolta si abbia un'offerta diretta a un essere soprannaturale, accompagnata dall'uccisione rituale dell'oggetto dell'offerta stessa.
Questa definizione pone in luce due aspetti importanti: la dimensione religiosa del sacrificio, in cui ci si rivolge a una potenza o a un essere sovrumano o soprannaturale, e l'aspetto cruento dell'atto sacrificale, l'uccisione di un essere vivente.
Se, per quanto riguarda il primo elemento, si può riscontrare una sostanziale concordanza di vedute tra i diversi autori, anche se ciascuno interpreta in modo specifico il significato di questo riferimento a un essere non umano, il secondo aspetto si presenta subito più problematico.
Nella definizione di van Baal, infatti, sembrano escluse tutte le forme di sacrificio che non comportano un'uccisione rituale. Eppure si possono trovare offerte di oggetti, come frutta, ortaggi, semi, bevande, pezzi di stoffa o di tabacco.
Sebbene in molti casi il sacrificio comporti l'uccisione di un animale, in casi più rari di esseri umani, talvolta l'offerta di un oggetto o di un prodotto vegetale si può considerare sostitutiva di quella di una vittima.
Il sacrificio, in quanto atto cerimoniale, comporta in genere un'attività rituale più o meno solenne, il coinvolgimento di più persone, lo svolgimento di pratiche rigidamente codificate e di rilevanza collettiva. In questo si distingue dal più vasto campo di offerte che possono anche essere semplici atti individuali di devozione o di supplica nei confronti di un'entità spirituale. Inoltre, si configura sempre come un dono, che implica una controparte senziente e consapevole, la quale riceve l'offerta e risponde concedendo la propria benevolenza, accogliendo le richieste degli officianti e così via.
Questo aspetto di rapporto di scambio tra sacrificante e destinatario contraddistingue il sacrificio da altre forme di uccisione rituale, quali la deposizione di esseri umani o animali nel sepolcro per accompagnare il defunto e l'uccisione di una vittima come rito di eliminazione di malattie o di influssi impuri e malefici.

2. La comunità sacrificale
Tra i primi studiosi a occuparsi della dimensione sociale del sacrificio, W. Robertson Smith (1889) analizzò le forme sacrificali riscontrabili nell'antico mondo semitico.
Secondo questo autore, il sacrificio era una cerimonia pubblica di un clan o di un villaggio, in cui la folla si radunava intorno al santuario oppure al tempio per celebrare l'offerta alla divinità. Il sacrificio vero e proprio consisteva nell'uccisione di un animale che, macellato e cucinato, sarebbe stato consumato dalla comunità in festa.
L'attenzione di Robertson Smith era attirata soprattutto dalla vittima sacrificale che, una volta entrata nel recinto del luogo di culto, assumeva una caratteristica sacrale.

Tale sacralità derivava dal ricordo dell'animale totem che originariamente veniva sacrificato affinché i membri del clan potessero entrare in comunione con la divinità dell'animale-dio attraverso la partecipazione al banchetto sacrificale. Secondo tale interpretazione, ogni sacrificio in origine era una forma di comunione, grazie a cui membri di un gruppo sociale rinnovavano il senso di solidarietà e di appartenenza alla comunità celebrando i legami che li univano all'animale totem.
L'interpretazione di Robertson Smith ebbe un'enorme influenza sullo sviluppo delle teorie etnologiche e storico-religiose dei primi anni del 20° secolo: la si riscontra nell'opera di É. Durkheim per quanto riguarda l'importanza dei rituali collettivi nel promuovere e ricreare la coesione della comunità e nella formazione del sentimento del sacro, come pure nel pensiero di S. Freud, per quanto riguarda la concezione dell'orda primitiva e dell'uccisione del padre primordiale, da cui avrebbe origine la pratica del sacrificio totemico, oltre al costume dell'esogamia e al complesso edipico.

Tuttavia, oggi gran parte delle argomentazioni di questo autore appaiono discutibili e inaccettabili. In particolare, la teoria evoluzionistica secondo cui il totemismo costituirebbe una fase attraverso cui tutte le culture umane, compresi gli antichi semiti, sarebbero necessariamente passate risulta insostenibile.
Inoltre, la fonte storica più interessante sulla quale Robertson Smith basava la sua interpretazione dell'antico rito sacrificale semitico, il racconto del sacrificio di un cammello da parte dei beduini riportato da Nilus, un presunto eremita che viveva nella penisola del Sinai, si è rivelata un falso storico di autore ignoto e quindi un documento inattendibile (Henninger 1955).
Rimane comunque di grande interesse il contributo metodologico del filone di studi inaugurato dallo studioso scozzese, il fatto cioè di individuare nel sacrificio un meccanismo di doni e di scambi con una doppia valenza: da un lato, il rapporto tra uomini e divinità, in cui l'essere sovrumano viene integrato nelle relazioni sociali mediante l'offerta e il dono; dall'altro, la relazione che lega tra di loro i partecipanti al rituale, la comunità dei praticanti, la quale, attraverso l'identificazione con la divinità del gruppo, celebra la propria solidarietà e i vincoli che la tengono unita.
Robertson Smith ha contribuito a porre in evidenza il contesto simbolico e sociale che si articola intorno al corpo della vittima; il senso di comunione, condivisione da parte di tutti i partecipanti di un insieme di pratiche corporali, di gesti e di significati che esprimono i valori sociali del gruppo.

3. Il sacrificatore 
Sulla base della documentazione disponibile, soprattutto sui riti sacrificali dell'India vedica e degli antichi ebrei, H. Hubert e M. Mauss (1899) hanno posto l'accento non tanto sulla trasformazione simbolica della vittima quanto sull'effetto che il sacrificio determina su coloro che ne sono gli attori principali, sui sacrificatori.
In questa prospettiva, il sacrificio produce una trasformazione della condizione di colui che lo pratica, mentre l'oggetto sacrificato agisce come termine mediatore tra la sfera del profano e quella del sacro.
Il corpo della vittima, in quanto elemento mediatore, viene distrutto perché la pericolosità della sfera del sacro è tale da non poter essere avvicinata impunemente.
Secondo l'ottica della scuola sociologica francese, il sacro si rivela come una proiezione di forze e meccanismi sociali: il sacrificio non è che uno strumento attraverso il quale l'individuo ha accesso alla sfera sacrale, ha la possibilità di entrare in comunicazione con il mondo soprannaturale.

Dal momento che le potenze ultraterrene non sono altro che proiezioni di forze sociali, il sacrificio si configura come un mezzo mediante il quale l'individuo riconosce la propria dipendenza dalle influenze e dalle rappresentazioni collettive.
La prospettiva di Hubert e Mauss, tuttavia, va oltre il semplice riconoscimento del sacrificio come fatto sociale: essa si delinea come tentativo di ricostruire la logica soggiacente ai fenomeni sacrificali.
La figura dell'entità a cui si rivolge il sacrificio viene oscurata e si scolora in una più o meno definita ipostatizzazione della società stessa. Per contro, l'attenzione si sposta sul sacrificatore e sulle modificazioni che la sua condizione subisce attraverso il processo sacrificale: l'uomo accede a una diversa dimensione sacrale mediante la manipolazione della vittima, che assume le caratteristiche di un simbolo, di un tramite.
L'oggetto o l'animale che si distrugge offrendolo alla divinità è lo strumento che consente al sacrificatore di passare a una condizione diversa, di manipolare e modificare il proprio rapporto con la sfera sacrale. D'altra parte, l'oggetto sacrificato assume anche caratteristiche che lo assimilano o lo identificano con il sacrificatore.
In questa prospettiva si può collegare il sacrificio di un oggetto esterno con la pratica dell'autosacrificio.

La vittima offerta in sacrificio è una parte del corpo del sacrificatore stesso, lo rappresenta, si identifica con lui: in molti casi, ciò che di più prezioso il sacrificatore può offrire è il proprio corpo, il proprio sangue.
Tra i maya del periodo classico, per es., l'offerta del proprio sangue da varie parti del corpo era una pratica diffusa e ricorrente: spine venivano infilate nella lingua, nelle labbra, nelle guance, nelle orecchie o nel pene, e il sangue veniva lasciato scorrere liberamente.
In questo modo i maya cercavano probabilmente di ottenere una visione quale manifestazione di un antenato o di una divinità.
L'offerta di sangue rappresentava uno dei principali 'ingredienti' della loro pietà religiosa e costituiva parte integrante di ogni attività rituale (Schele-Miller 1986).
Al loro arrivo gli spagnoli, inorriditi da queste pratiche, le condannarono e le repressero con brutalità in quanto manifestazione di idolatria e paganesimo, dimenticando quanto spesso le feste e le processioni del mondo cattolico ispanico fossero teatro di flagellazioni, macerazioni e mortificazioni corporali, le cui finalità andavano nella stessa direzione.

4. La vittima 
L'aspetto più inquietante e, al tempo stesso, avvincente del fenomeno sacrificale consiste nella soppressione cruenta di una vittima: è pur vero che esistono varie forme di sacrificio che comprendono offerte e distruzioni di oggetti, di prodotti vegetali, di bevande o di altri beni, ma è sicuramente il sacrificio di sangue quello che ne costituisce il modello per eccellenza e che ne fa una forma di culto del tutto singolare.
Il fatto poi che varie tradizioni religiose (quali lo zoroastrismo e il buddhismo, oltre che l'ebraismo postesilico e l'islamismo) si siano scagliate con forza contro la pratica dei sacrifici di sangue ne sottolinea l'antichità, ma al tempo stesso la variabilità di interpretazione e di valorizzazione religiosa.
L'enigmatica caratteristica del sacrificio, di essere cioè un rituale religioso che si prefigge di promuovere il benessere della comunità dei praticanti, la benevolenza degli esseri soprannaturali e la scrupolosa esecuzione delle tradizioni sacrali attraverso l'uccisione di un essere vivente, venne affrontata, fra i primi, dall'etnologo tedesco A.E. Jensen (1951), il quale considerava l'interpretazione del sacrificio inteso quale dono offerto a una divinità come niente altro che una sopravvivenza impoverita e deformata di una pratica che aveva avuto la sua origine fra le più antiche culture di agricoltori.

Per questi popoli il cosmo si presentava basato su un ordinamento instabile, in cui si alternavano periodicamente distruzioni e ricreazioni, morti e rinascite, così come accade ai prodotti dei campi, che devono essere tagliati e distrutti: seppelliti poi i semi questi daranno vita, la stagione successiva, a un nuovo raccolto.
Ispirandosi alle popolazioni dell'area indonesiana, Jensen riteneva che l'uccisione rituale di uomini e animali non fosse che la riattualizzazione di un mito, a suo parere universalmente diffuso tra le culture di orticoltori primitivi. Secondo tale mito, nei tempi primordiali esistevano esseri semidivini, chiamati dema.
Uno di questi, un personaggio generalmente femminile, venne ucciso e dal suo corpo scaturirono le piante alimentari utili agli uomini.
Da quel momento gli esseri umani furono tenuti a ripetere ritualmente il gesto originario da cui nacque la possibilità stessa di promuovere e sviluppare le forze vitali del cosmo.

Il ciclo agricolo palesava la compresenza di vita e morte, distruzione e creazione.
Con l'atto del sacrificio gli uomini si impadronivano del mezzo per poter controllare e manipolare a loro beneficio questo alternarsi e completarsi vicendevole di morti e rinascite. R. Girard (1972) ha invece posto l'accento sul nesso inscindibile che lega il sacro alla violenza e al sacrificio: l'ambiguità nei confronti dell'uccisione di una vittima è, secondo questo autore, l'evento fondante su cui si basa lo sviluppo della società e della religione.
Nella prospettiva di Girard, la società umana non produce inevitabilmente una coesistenza pacifica tra i suoi membri, anzi, il formarsi di rivalità, conflitti, tensioni, costituisce un ingrediente fondamentale della vita sociale e comporta pericolose tendenze alla violenza, che mettono in pericolo l'ordine sociale e il rispetto delle norme.
Se però le varie tendenze aggressive vengono focalizzate su un singolo oggetto, un capro espiatorio, queste possono essere neutralizzate, trovano un canale di espressione formalizzato ed esterno e non pregiudicano la continuità dell'ordine sociale.

La vittima, il cui corpo costituisce il termine sostitutivo su cui si concentrano gli impulsi violenti del gruppo, assume al tempo stesso caratteristiche di impurità e di sacralità: è esecrato e distrutto in quanto simbolo dei mali che affliggono la comunità, ma è anche considerato sacro, in quanto portatore di salvezza per il gruppo e per le norme sociali che lo reggono. Dalla violenza e dall'uccisione della vittima scaturisce quindi il senso del sacro e, con esso, la possibilità di garantire alla collettività un nuovo ordine sociale.
Girard ritiene che la logica arcaica del sacrificio venne trascesa soltanto con il cristianesimo, laddove Cristo assume su di sé il ruolo di 'capro espiatorio' e offre il proprio corpo per la redenzione delle colpe di tutta l'umanità.
Dall'ineludibile aggressività dell'essere umano muove anche W. Burkert (1972) in un'originale interpretazione del sacrificio nel mondo antico.
Le pratiche sacrificali, così diffuse tra le società del passato, evidenziano che "proprio nel cuore della religione incombe, affascinante, la violenza sanguinaria" (trad. it., p. 22).
Anche Burkert scorge nel meccanismo rituale del sacrificio una sorta di riparazione da una colpa collettiva: è questo aspetto che gli permette di fungere tanto da cardine dell'integrazione sociale quanto da fondamento dell'ordine che governa la comunità.

L'origine di tale rapporto apparentemente contraddittorio tra uccisione, mantenimento della vita e garanzia di sopravvivenza deve essere ricercata nel mondo dei cacciatori della preistoria: qui si costituisce il nucleo ideologico di una pratica che vede lo strumento della sopravvivenza degli esseri umani nell'uccisione violenta di altri esseri viventi.
Con il passaggio alla cultura agricola, avvenuto in seguito alla 'rivoluzione neolitica', i rituali di caccia, da attività legate alla sopravvivenza quotidiana, divengono rappresentazioni simboliche e si aggiungono offerte vegetali e alimentari: tuttavia il nucleo centrale del sacrificio rimane la realtà della morte e lo scorrere del sangue, simbolo concreto del mistero per cui dalla morte può nascere la vita e dall'uccisione violenta il pacifico convivere in società.

5. Dare la morte, dominare la morte 
Se il sacrificio cruento costituisce la manifestazione più significativa e impressionante del fenomeno sacrificale, a maggior ragione ciò si manifesta quando la vittima è un essere umano. Il caso forse più clamoroso e singolare in tal senso è costituito dal ruolo centrale che il sacrificio umano ha assunto nel mondo azteco.
Imponenti riti sacrificali erano celebrati in numerose occasioni presso i templi: i sacerdoti estraevano il cuore dal corpo delle vittime e lo offrivano in oblazione agli dei.
In una sorta di scambio cosmico, gli dei fornivano agli uomini i mezzi di sussistenza, garantivano la crescita dei raccolti, la pioggia che ne permetteva il prosperare, l'abbondanza dei prodotti della natura, ma in compenso imponevano di essere nutriti a loro volta dal sangue delle vittime umane.
L'universo degli aztechi era un cosmo instabile e precario, destinato a estinguersi come era avvenuto già numerose volte durante le epoche precedenti e richiedeva il continuo apporto di fonti vitali da parte degli uomini, che garantivano, attraverso la pratica del sacrificio, il mantenimento dell'ordine cosmico e il procrastinarsi dell'inevitabile distruzione (Duverger 1979). Il sacrificio azteco aveva però anche un altro aspetto: quello di mantenere il dominio sui popoli soggetti e, contestualmente, di giustificare la stratificazione sociale, in cui la classe sacerdotale godeva di una condizione privilegiata (Scarduelli 1980).

In un contesto storico-culturale diverso, M. Detienne e J.-P. Vernant (La cuisine du sacrifice... 1979) hanno dimostrato come nel mondo greco antico il sacrificio cruento costituisse un elemento determinante nella demarcazione simbolica fra umano e divino, fra greci e barbari, fra normalità e devianza.
Entro i confini della città greca, il sacrificio si risolve in una spartizione collettiva delle carni, nella quale si riflette la visione dell'organizzazione sociale.
I marginali, le forme di aggregazione religiosa e sociale atipiche, vengono esclusi dalla spartizione, mentre i rispettivi ruoli del sacrificatore e dello spettatore pongono anche una divisione di ruoli tra l'uomo e la donna.
L'importanza delle relazioni sociali che uniscono tra loro i partecipanti al rito sacrificale e che vengono illuminate dalle diverse fasi del rituale (scelta della vittima, uccisione, macellazione, cottura e distribuzione) rimane ovviamente valida anche in altri contesti culturali e offre una stimolante direzione di ricerca per interpretare questi fenomeni.

Le forme sacrificali diffuse nelle diverse culture umane mostrano una grande varietà di funzioni e di obiettivi: vi sono sacrifici di ringraziamento e di comunione, come strumento per sancire un contratto o un legame speciale tra gli uomini e la divinità, come mezzo attraverso il quale garantire la continuità dei cicli cosmici o per rimediare a una qualche calamità inviata dagli dei.
Come ricordato, si possono trovare offerte di oggetti apparentemente banali (prodotti dei campi, semi, bevande, nastri di stoffa ecc.), mentre in taluni casi il sacrificio comporta l'uccisione di un animale, in occasioni più rare di esseri umani.
In tutte le circostanze descritte ricorre l'aspetto del dono di un corpo, tramite il quale si realizza una comunicazione tra mondo umano e mondo delle potenze sovrumane.
La manipolazione del corpo della vittima, la sua uccisione e, spesso, la sua consumazione in un pasto in comune rivelano il contesto simbolico di comunione, condivisione da parte di tutti i partecipanti di un insieme di gesti e di significati che esprimono i valori sociali del gruppo.

In molte religioni il sacrificio costituisce un modello paradigmatico attraverso il quale si definiscono anche le pratiche religiose più spiritualizzate: l'ascetismo, l'abnegazione, la preghiera, la condotta morale e la pratica cultuale vengono frequentemente definite come pratiche di sacrificio, sia nel cristianesimo sia nel buddhismo.
Questa tendenza all'uso metaforico e analogico del linguaggio sacrificale non deve però indurre a vedere nelle pratiche sacrificali, e in particolare nel sacrificio umano, qualcosa di totalmente estraneo alla società moderna.
Recenti casi di omicidi-suicidi in massa, in Svizzera, in Canada e in Uganda a opera di sette religiose, palesano la costante presenza dell'uccisione sacrificale come ambigua e perturbante possibilità dell'agire collettivo degli esseri umani, come paradossale rivendicazione del privilegio di dare la morte o di infliggere a sé stesso o ad altri la morte, per affermare il proprio dominio sulla morte stessa. 

Bibliografia 
W. BurkertHomo necans. Interpretationen altgriechischer Opferriten und Mythen, Berlin, De Gruyter, 1972 (trad. it. Torino, Boringhieri, 1981).
La cuisine du sacrifice en pays grec, éd. M. Detienne, J.-P. Vernant, Paris, Gallimard, 1979 (trad. it. Torino, Boringhieri, 1982).
N. DaviesHuman sacrifice. In history and today, New York, Morrow, 1981.
L. de HeuschLe sacrifice dans les religions africaines, Paris, Gallimard, 1986.
C. DuvergerLa fleur létale. Économie du sacrifice aztèque, Paris, Éditions du Seuil, 1979 (trad. it. Milano, Mondadori, 1981),.
R. GirardLa violence et le sacré, Paris, Grasset, 1972 (trad. it. Milano, Adelphi, 1980).
C. GrottanelliIl sacrificio, Roma-Bari, Laterza, 1999.
J.C. HeestermanThe broken world of sacrifice. An essay in ancient Indian ritual, Chicago, University of Chicago Press, 1993.
J. HenningerIst der sogennante Nilus-Bericht eine brauchbare religionsgeschichtliche Quelle?, "Anthropos", 1955, 50, pp. 81-148.
H. Hubert, M. MaussEssai sur la nature et la fonction du sacrifice, "Année Sociologique", 1899, 2, pp. 29-138.
A.E. JensenMythos und Kult bei Naturvölker, Wiesbaden, Steiner, 1951.
W. Robertson SmithLectures on the religion of the Semites, London, Black, 1889.
Sacrifice, ed. M.F.C. Bourdillon, M. Fortes, London, Academic Press, 1980.
Sacrificio e società nel mondo antico, a cura di C. Grottanelli, N.F. Parise, Roma-Bari, Laterza, 1988.
P. ScarduelliGli Aztechi e il sacrificio umano, Torino, Loescher, 1980.
L. Schele, M.E. Miller, The blood of kings, London, Sotheby's Publications, 1986.
P. SoliéLe sacrifice, Paris, Michel, 1988 (trad. it. Genova, Ecig, 1997).
J. Van BaalOffering, sacrifice and gift, "Numen", 1976, 23, pp. 161-78.

lunedì 11 luglio 2011

"L'OCCHIO" DI COSTANZO ... !!!


«Nella P2 erano tutte persone serie, l'unico a non esserlo stato è Maurizio   Costanzo, che poi si è pentito»  (Licio Gelli)
Corre l’anno 1978. Milano - Angelo detto Angelone, giovane rampollo della dinastia Rizzoli, è all’apice della sua (breve) carriera dopo l’acquisizione del Corriere della Sera. Sposato al tempo con l’attrice Eleonora Giorgi, è di fatto uno degli uomini più invidiati ed apparentemente più potenti d’Italia. Tessera n. 532.
Bruno Tassan Din è l’amministratore delegato eminenza grigia del Gruppo Rizzoli - Corriere della Sera. 
È lui a tenere le briglie dei rapporti con la dirigenza del Banco Ambrosiano del cui cda Rizzoli è membro da circa due  anni. Tessera n. 534.
Franco Di Bella è subentrato da una anno alla direzione del Corriere, sostituendo il dimissionario Piero Ottone  Tessera n. 655.
Il vero potere risiede nelle mani dei detentori dei mass-media, sosteneva Licio Gelli. 
Alla fine degli anni Settanta lo scopo era stato praticamente raggiunto, riassunto nella triade di cui sopra. 
In breve, Gelli e i suoi vedono nel giovane imprenditore di casa Rizzoli una facile preda da manovrare per saziare la voracità massmediatica della Loggia. 
Poco più che trentenne, Angelone ha infatti ereditato il colosso editoriale dal padre Andrea, ritiratosi a vita privata. L’allegra brigata Gelli&Co. – composta nello specifico da Umberto Ortolani (tessera n. 494) e Roberto Calvi (tessera n. 519) – nel 1974 spinge il Rizzoli all’acquisizione del Corriere della Sera


A sostenere economicamente l’impresa penserà il presidente di Montedison Eugenio Cefis. A foraggiarla nel lungo periodo, il Banco Ambrosiano allora diretto dallo stesso Calvi che un anno dopo ne assumerà la presidenza. 
Stando così le cose, le sorti di Angelone sono in mano alla Loggia che gli impone di espandere il dominio editoriale. Non ostanti i debiti contratti, fra il ’77 e il ‘79 il Gruppo Rizzoli acquista infatti anche La Gazzetta dello SportIl PiccoloL’Alto AdigeIl Giornale di Sicilia, finanzia L’Adige, diventa il maggior azionario di Tv, Sorrisi e Canzoni ed entra nella proprietà de Il Lavoro.
Il resto è storia.

Nella massonica scalata alla conquista dei mezzi di comunicazione rientra però anche un’altra strampalata iniziativa editoriale di cui si è un po’ persa la memoria: quella del quotidiano L’Occhio.
Corre l’anno 1978, dicevamo.
A questo punto la P2 ritiene di aver bisogno di un quotidiano tutto suo. Fatto su misura per essere votato alla causa. 
Deve essere un quotidiano popolare, a grande tiratura. Deve rag-giungere proprio tutti e fare opinione. Ispirato ai tabloid inglesi, sarà un genere di quotidiano come ancora in Italia non ne esistono (né più esisteranno).
Un’operazione ambiziosa, in somma, a dirigere la quale viene convocato niente meno che il tesserato P2 n. 1819: Maurizio Costanzo. 

Direttore de La Domenica del Corriere ed anchorman dalla carriera in ascesa, con i salotti televisivi di sua invenzione il telegiornalista rampante spopola in Rai e nelle case degli italiani.
Il nuovo progetto viene commissionato a Costanzo nell’autunno 1978 per partire ufficialmente un anno dopo, dopo un breve rodaggio nella zona di Pavia. 
Il tabloid strillone, identico nella grafica al più notoDaily Mirror porta un nome che definire evocativo sarebbe un eufemismo: L’Occhio.  
E, per  fugare ulteriormente ogni dubbio di paternità, per la campagna promozionale venne scelto un logo inequivocabile corrispo-ndente ad un occhio racchiuso dentro un triangolo. 
I fratelli, del resto, non badano a spese. Pare in fatti che fra il lancio e le prime settimane di pubblicazione L’Occhio sia costato la bellezza di dieci miliardi. 

Ad affiancare Costanzo, oltre ad una redazione composta da 111 giornalisti (fra i quali non mancano figli di politici, dirigenti Rai e notabili vari),  Alberto Tagliati e Pier Augusto Macchi in qualità di vicedirettori, la caporedattrice Isabella Bossi Fedrigotti e Marino Bartoletti come responsabile delle pagine sportive.                                                 
L’Occhio fa la sua prima uscita in edicola il 10 ottobre 1979 stampato in tre edizioni (Nazionale, Milano e Lombardia, Roma e Lazio). Il prezzo è di duecento lire, cento in meno rispetto agli altri quotidiani, la tiratura di seicentomila copie.
Il risultato sono 32 pagine di titoli strillati a caratteri cubitali, così come le dimensioni delle foto sempre ad impatto. E tra un finto scoop, una storia strappalacrime ed un gossip, il Direttore si lancia in appassionati articoli ispirati direttamente al Piano di rinascita democratica. 
Con le sue false denunce con cui spara nel mucchio imprecisato dei potenti, Costanzo riesce nel duplice compito di non infastidire realmente nessuno e, allo stesso tempo, incarnare le generiche opinioni del popolino che dibatte di politica e ingiustizie varie al mercato del pesce. 

Praticamente il target del suo giornale. Demagogo e populista fino all’inverosimile, non manca di onorare i suoi fratelli. Incensa i libercoli di Roberto Gervaso (tessera n. 622), le doti danzerecce della figlia di Gustavo Selva (tessera n. 1814) e quelle imprenditoriali dell’immarcescibile Silvio Berlusconi (tessera n. 625). 
Le pagine sportive de L’Occhio grondano elogi rivolti al futuro premier quando, nel dicembre 1980, manda in onda sulle frequenze della sua Canale 5 il torneo calcistico Mundialito, minando dalle fondamenta il monopolio della rete pubblica. 
«L’attacco del piduista Berlusconi al monopolio della Tv di Stato avvenne nel dicembre 1980. 
Dopo aver assicurato a Canale 5, mediante una misteriosa transazione in Svizzera, i diritti esclusivi del torneo calcistico Mundialito organizzato dalla giunta militare che insanguinava l’Uruguay (a Montevideo, Licio Gelli era di casa), la Loggia P2 scatenò in Italia un’offensiva propagandistica tesa a consentire alla Tv privata berlusconiana la teletrasmissione nazionale degli incontri calcistici, benché la legge in vigore vietasse tale possibilità. 

La manovra trovò il decisivo sostegno di tutta la stampa controllata dai piduisti (in prima fila: Il Giornale NuovoIl Corriere della SeraLa Gazzetta dello Sport, e naturalmenteL’Occhio)» (Riccardo Bocca, Maurizio Costanzo Shock, Kaos Edizioni, Milano 1996  p. 99).
Così, fra un’intervista a Licio Gelli (Corriere della Sera, 5 ottobre 1980) e la direzione del telegiornale Contatto della neonata tv di Rizzoli Prima Rete Indipendente, Costanzo va avanti per la sua strada, non ostante  L’Occhio, con 160.000 copie vendute ogni giorno, si stia rivelando sempre di più un fallimento. Ma l’importante è andare avanti con gli insegnamenti del Gran Maestro. 
Non per niente, su questo punto Costanzo è il primo della classe. 

E sui brevi articoli del suo giornale va giù duro attaccando continuamente il sistema dei partiti, il Parlamento, lo Stato in generale. Fino a spingersi troppo in là.
L’occasione di gridare al golpe si presenta il 12 dicembre 1980 con il rapimento, rivendicato dalle Brigate Rosse, del magistrato Giovanni D’Urso. Il 4 gennaio 1981 le Br annunciano con un comunicato la condanna a morte del magistrato. 
Morte fortemente auspicata dalla Loggia, che avrebbe così avuto il pretesto per la svolta autoritaria. 
Ed ecco l’editoriale scritto in merito dal direttore che auspica palesemente il colpo di stato: « è guerra. Siamo in guerra. Tanto vale prenderne atto e agire di conseguenza. Il codice di guerra va rimesso in vigore…Rendiamoci conto che abbiamo il nemico in casa; è perciò necessario rinunciare temporaneamente ad alcune garanzie costituzionali per snidarlo e neutralizzarlo. 
È un prezzo altissimo, addirittura mostruoso, ma va pagato (1)». 
È troppo anche per gli stomaci forti degli organismi sindacali de L’Occhio che, minacciando il blocco del giornale, costringono Costanzo ad edulcorare non poco lo zelante editoriale. 
Che uscirà in queste nuove vesti: « D’Urso è stato condannato a morte. Che ora la “sentenza” venga o meno eseguita, nulla toglie al nuovo oltraggio che lo Stato di diritto deve subire dal partito armato. 
Questa ennesima dichiarazione di guerra da parte delle Brigate rosse non può essere ignorata o sottovalutata. Siamo in guerra: tanto vale prenderne atto e agire di conseguenza, per consentire alle forze impegnate contro i brigatisti la massima libertà di azione. 
Rendiamoci conto che abbiamo il nemico in casa; è perciò il caso di rinunciare a un eccesso di garantismo per snidarlo e neutralizzarlo. È una linea da seguire subito per allontanare la Repubblica dal disfacimento, mai vicino come in questo momento».

Inutile dire che le nuove vesti non convincono affatto i fratelli
A marzo Costanzo viene esonerato dal suo incarico e sostituito dal suo vice Pier Augusto Macchi. Giusto due mesi prima che la lista degli affiliati venga scoperta e la bufera si abbatta sulla Loggia. L’Occhioscivola sotto le 100.000 copie e chiude i battenti il 15 dicembre dello stesso anno. 
Se l’impresa fosse andata a buon fine quest’anno festeggeremmo il trentennio del primo giornale controllato direttamente dalla P2. Ma così non è stato.
O forse sì.
Martina Manescalchi
13 giugno 2009

mercoledì 6 luglio 2011

LE ORIGINI OCCULTE DELLA GOLDEN DAWN !!!

LE ORIGINI DEL MALE:

Nel 1888 venne fondato da William Robert Woodman (frater Vincit Omnia Veritas), William Wynn Westcott (frater Non Omnis Moriar) e Samuel Liddell Mc Gregor Mathers (frater Deo Duce Comite Ferro)tutti massoni ed affiliati alla Societas Rosicruciana in Anglia - l’Hermetic Order of Golden Dawn, o più semplicemente Golden Dawn, di cui membri eminenti furono Aleister Crowley, William Yeats, Arthur Machen e Bram Stoker e lo stesso Bulwer-Lytton.

La base originale dell’Ordine era una raccolta di documenti conosciuti come i “Manoscritti Cifrati”, crittati con un codice attribuito a Johannes Trithemius.
Erano una collezione di 60 in folio contenenti una serie di rituali di iniziazione magica. Erano scritti da destra a sinistra in Inglese e cifrati con una semplice sostituzione crittografica conosciuta come il Cifrario Trithemius.
Westcott dichiarò di averli avuti per il tramite del reverendo Woodford e che, insieme ai Manoscritti, avrebbe rinvenuto l’indirizzo in Germania di Fräulein Anna Sprengel, Soror Sapiens Dominatibur Astris, a cui si rivolse per ottenere la traduzione finale dei manoscritti ed i Rituali dell’Ordine.
Fräulein Sprengel era una dei Mitici Capi Segreti. Nel 1896, Mathers emanò un Manifesto in cui veniva comunicato che i Capi Segreti sono umani che vivono sulla Terra, dotati di incredibili poteri praeter-umani (la Forza Vril). Proclamò, pertanto, la fondazione del Secondo Ordine all’interno della Golden Dawn.
Nel Manifesto affermava che: “Quanto ai Capi Segreti con i quali sono in contatto e dai quali horicevuto la Saggezza del Secondo Ordine che Vi ho trasmesso, non possodirvi niente. Non conosco neppure i loro nomi sulla Terra e li ho visti molto raramente nei loro corpi fisici....Hanno usato tali corpi per entrare incontatto fisico con me sempre in luoghi ed orari fissati in anticipo. Da parte mia, credo che siano esseri umani che vivono su questa terra, ma in possesso di poteri terribili e sovrumani... 
Il mio incontro fisico con loro mi ha mostrato quantodifficile sia per un mortale, quantunque “elevato,” sostenere la loropresenza.... 
Non voglio dire che nel corso dei miei rari incontri conloro io abbia avvertito la stessa sensazione della depressione fisicaintensa che accompagna la perdita di magnetismo. 
Al contrario, ho percepito di essere in contatto con una forza così terribile da poterla comparare soltanto alla scossa che si riceverebbe dall’ essere vicino ad un fulmine durante un potente temporale, provando allo stesso tempo grande difficiltà a respirare.... 
la prostrazione nervosa di cui parlo è stata accompagnata da sudori freddi e fuoriuscita di sangue dal naso, dalla bocca ed a volte dagli orecchi”.

E’ da notare che Hermann Rauschning in “Gespräche mit Hitler” (“Hitler mi ha detto”) così parlava dei contatti del Führer con quelli che lui definiva i Superiori Sconosciuti: “Ti sbagli, l’uomo nuovo vive tra di noi già adesso! Egli è qui! 
Non è abbastanza per te? Ti dirò un segreto: io ho visto l’uomo nuovo. 
È intrepido e crudele. Io ho paura di lui”. Rauschning aggiunge su Essi, “Sono visitatori provenienti da unaltro piano. Il medium ne è posseduto. 
Liberato da questo demone, egliripiomba nel mediocre. Così avviene che incontestabilmente alcune forze invadono Hitler, forze quasi infernali, delle quali il corpo chiamato Hitler è soltanto l’involucro provvisorio”.

Denis de Rougemont diceva di Hitler: “Alcuni pensano, per averlo provato i nsua presenza, con una pecie di brivido di orrore sacro, che egli è la sede di una Dominazione, di un Trono o di una Potenza, come San Paolo designa gli spiriti del secondo ordine, che possono anche cadere in un corpo di un uomo qualsiasi e occuparlo come una guarnigione. Io l’ho sentito pronunciare uno dei suoi grandi discorsi. Donde gli viene il potere sovrumano che sviluppa? Un’energia di quella natura, si sente benissimo che non è dell’individuo, e anche che essa non poterbbe manifestarsi se non in quanto l’individuo non conta: non è che il sotegno di una potenza che sfugge alla nostra psicologia. Ciò che dico sarebbe romanticismo della più bassa lega se l’opera compiuta da quest’uomo - e intendo dire da questa potenza attraverso di lui - non fosse una realtà che suscita lo stupore del mondo.”
Un altro episodio raccapricciante venne narrato da Alfred Speer. In una tempestosa e ventosa notte autunnale del 1933, i camerieri di Hitler vennero svegliati da alte urla stridule provenienti dalla camera da letto dell’allora Cancelliere del Reich. Entrati lo videro puntare freneticamente il dito verso un angolo. “Lì, nell’angolo! Non li vedete? Ci sono quattro angeli in piedi che vogliono portarmi via!”
“Hitler in realtà non appartiene affatto alla nostra razza. Vi è qualcosa di completamente estraneo in lui, qualcosa di una razza primordiale estinta, di indole assolutamente amorale.”
Altre considerazioni dimostrano che quella del Vril era un’energia conosciuta e bramata (e mai posseduta) da Hitler. Infatti, “’Se Churchill non avesse combattuto, il sogno hitleriano di un mondo nuovo tutto nazista sarebbe stato davvero realizzabile’. Il fatto è che Churchill teneva moltissimo all’Impero inglese. 

Lo dimostrano tutta la sua vita e i suoi scritti, compresa la monumentale Storia dei popoli di lingua inglese. L’Inghilterra vittoriana della sua giovinezza di combattente per difendere l’impero (in India) e estenderlo (in Sudafrica), era per Churchill il culmine della civiltà occidentale; e tale rimase per lo statista. Perché dunque ‘non attribuiva all’Impero la stessa importanza che dava alla sconfitta di Hitler?’. Perché, — e questo è il punto che il dibattito non rileva, — il premier percepiva nel nazismo non un semitotalitarismo come quello comunista, ma una componente ‘occulta’ con fini non negoziabili, ‘la costruzione di uno spazio eurasiatico che consentisse ai popoli ariani di ritrovare la loro antica saggezza e potenza’Il Führer avrebbe voluto associare a questo progetto l’Inghilterra, ‘sorella ariana’. Churchill lo riteneva pura follia, dettata da una cultura occulta la cui presenza egli avvertiva e temeva anche in settori influenti (aristocratici, intellettuali) della società inglese. Riteneva di salvare l’occidente da un pericolo ‘demoniaco’ e sperava anche di salvare l’Impero con l’aiuto degli Stati Uniti.” (Giorgio Galli, ibidem)

Per Adolf Hitler era, pertanto, necessario impossessarsi delle conoscenze esoteriche che avrebbero permesso alla razza ariana di recuperare le energie divine dei Superiori Sconosciuti. Il luogo ove reperirle era l’Heartland. “Heartland era il ‘cuore’ pulsante di tutte le civiltà di terra, in quanto logisticamente inavvicinabile dagli avversari marittimi. L’unico punto di accesso da cui si poteva dominare Heartland erano le pianure slave dell’Europa dell’Est.” (Wikipedia, voce Heartland)
Influenzato dalle teorie di Helena Petrovna Blavatsky,  il Führer era ossessionato dalla conquista del Lebensraum, dello spazio vitale euroasiatico, convinto che ivi avrebbe trovato l’ingresso per Shambhalah ed il mezzo per impossessarsi dell’energia Vril, che gli avrebbe permesso di conquistare l’intero pianeta. Quindi fece organizzare da Himmler la spedizione in Tibet, capitanata da Ernst Schäfer e, vista la mancanza di risultati, tentò, con l’operazione Barbarossa, di appropriarsi del ponte verso il cuore dell’Eurasia, la Russia, l’Heartland di Mackinder:
Who rules East Europe commands the Heartland: who rules the Heartland commands the World-Island: who rules the World-Island commands the World.Chi controlla l’Est Europa comanda l’Heartland: chi controlla l’Heartland comanda l’Isola-Mondo (la massa terrestre eurasiatico-africana): chi controlla l’Isola-Mondo comanda il mondo”

La ‘la volpe del deserto’, Erwin Romme, con appena un terzo degli effettivi impiegati nell’Operazione Barbarossa, il 21 giugno 1941, avrebbe conquistato, partendo dall’Egitto, i preziosi pozzi petroliferi nella penisola arabica, mettendo in ginocchio  la capacità di approvvigionamento inglese.
Ma Hitler voleva la Russia ad ogni costo e proprio in quella terra, nelle polverose ed immense steppe dalle cupi nubi basse, si sarebbe infranto il  sogno (o incubo) del Reich millenario.
Come abbiamo visto, però, dietro i suoi intenti c’era un lucido obiettivo che atterriva Winston Churchill, un politico, come abbiamo visto, ben lontano dalla follia onirica e dai sogni utopici. Era necessario impedire alla Germania hitleriana di mettere le mani sull’energia Vril. Churchill riuscì nello scopo che si era prefisso. Sconfisse la Germania, ma la Gran Bretagna perse, di lì a poco, l’Impero.
Ritornando alla Golden Dawn, è d’obbligo riportare che Anna Sprengel Soror Sapiens Dominatibur Astris, collaborò alla decodifica completa dei Manoscritti Cifrati (ut supra), ottenendo in cambio la fondazione in Londra del Tempio di Isis-Urania, uno dei primi Templi - il più importante - della Golden Dawn e il permesso all’accesso delle donne all’Ordine, il che segnò una sorta di spartiacque tra la Golden Dawn e le Società che successivamente trassero da Essa vita e linfa e la stragrande maggioranza degli altri ordini esoterici e massonici in cui non si permette, ancora oggi, l’ingresso alle donne.
Scelta idiota ed infausta, tipica del mondo umano controllato dalle Potenze del Male, considerando gli enormi e benefici poteri psichici di cui molte donne sono dotate.
Diverse e famose donne entrarono a far parte della Goden Dawn, tra cui Florence Farr (che fece suo il motto esoterico “Sapientia Sapienti Dona Data”), Annie Horniman, Maud Gonne ed Evelyn Underhill.



Il Secondo Ordine, l’Ordine Interno, venne chiamato Rosæ Rubeæ et Aureæ Crucis, l’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro (RR+AC). 
I rituali necessari per la fondazione dell’Ordine Interno erano stati consegnati nella città di Parigi a Mathers da frater “Lux E Tenebris(motto proprio della Massoneria di Rito Scozzese), un emissario dei Capi Segreti, motto dietro cui si sarebbe celato un membro del mitico Ordine dei Rosa+Croce. Alcuni autori sono convinti che potesse trattarsi del Dr. Thiesen, di Liegi.
Sarebbero stati, infine, consegnati nel 2002 i rituali per la Fondazione del cosiddetto Terzo Ordine agli emisseri di Alpha et Omega da un Rosacruciano presentatosi nuovamente come frater Lux E Tenebris.
Secondo quanto affermato da Westcott, Anna Sprengel morì nel 1891 o le venne impedito ogni ulteriore contatto dai suoi compagni, ma l’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata era ormai in piena espansione, con la fondazione degli importanti Templi di Amon-Ra ad Edinburgo, Ahathoor a Parigi, Thot-Ermes a Chicago e Alpha Omega a Londra.
Gli adepti della Golden Dawn utilizzarono famosi Grimori tra cui “La magia sacra di Abramelin il mago”, “La Chiave di Re Salomone” (detta anche Lemegeton Clavicula Salomonis ) e “Il Grimorio di Papa Onorio”.
Tutti gli adepti erano, in particolare, uniti dallo studio della Forza del Vril e della Magia Sessuale ed è indicativo che, nello stesso anno della nascita della Golden Dawn, il 1888, iniziassero i delitti di Jack lo Squartatore, che Galli collega, giustamente, ad una ritualità magico-sessuale.
Molti esegeti hanno notato inquietanti collegamenti trai delitti di Jack The Ripper, verificatisi nel 1888, anno di fondazione della “Golden Dawn” e il Mostro di Firenze.
Ricordiamo che, come riporta Giorgio Galli nel più volte citato Hitler e il nazismo magico. Le componenti esoteriche del Reich Millenario, “Nell’anno successivo alla fondazione della Golden Dawn Londra è sconvolta da una serie di crimini sessuali, quelli di Jack lo squartatore, che uccide cinque prostitute londinesi senza essere scoperto. 
Il mistero su di lui dura tuttora. E sono note le ipotesi secondo le quali il mistero sarebbe dovuto al fatto che in qualche modo quei delitti sessuali avrebbero coinvolto mèmbri dell’alta società. Vi si è vista inoltre la connessione con pratiche esoteriche.
Un recente testo ha avanzato l’ipotesi che the Ripper, lo squartatore, fosse un dottore, Roslyn D’Onston Stephenson, che all’epoca scrisse una serie di articoli su giornali popolari, collegando gli assassinii, tutti accaduti nel quartiere di Whitechapel, a cerimonie di magia nera.Un altro testo riprende la tesi che l’assassino fosse John Druitt Montague: è la tesi tradizionale, poiché dopo la scoperta del suo cadavere gli assassinii cessarono. 

Ma si aggiunge che in realtà egli non si suicidò gettandosi nel Tamigi, come affermato a suo tempo, bensì fu assassinato. Il suo corpo con le tasche piene di pietre era stato ripescato nel fiume a pochi metri da Osiers, una dimora privata di Cheswick che veniva utilizzata per le riunioni di un club detto degli Apostoli, una società dai fini oscuri alla quale Druitt apparteneva e della quale erano mèmbri molti aristocratici e anche un possibile erede al trono d’Inghilterra, Albert Victor (Eddy) duca di Clarence, nipote della regina Vittoria, a sua volta sospettato di essere the Ripper.
Nel libro si sostiene che il fratello di John Montague, William, sarebbe stato in possesso di prove che dimostrerebbero l’innocenza del duca, i sospetti nei confronti del quale vengono comunque sottolineati. Colin Wilson, uno studioso dell’occulto che verrà citato anche in seguito, sostiene invece, in un libro pure recente, l’innocenza di John Montague Druitt e la colpevolezza del duca di Clarence. Il medico della regine, William Gull, avrebbe attirato sospetti su di sé per stornarli dal duca. Una variante vede inoltre Jack nell’amante dell’omosessuale Eddy, James Kenneth Stephen. In un testo pure recente di uno scrittore italiano documentato ed equilibrato, Silvio Bertoldi, l’episodio è rievocato in relazione a un possibile matrimonio tra il duca e Elena d’Orleans, futura sposa di Emanuele Filiberto di Savoia.

Prima di conoscere Emanuele Filiberto, tutto aveva lasciato credere che dovesse sposare il duca Alberto di Clarence, primogenito di Edoardo VII e pertanto destinato a regnare un giorno sull’Inghilterra, che ebbe anche un’altra notorietà, più equivoca e torbida, a voler dar credito a certe voci care ai cultori di romanzi polizieschi. Secondo una versione uscita dagli archivi di Scotland Yard, comprovata da referti medici e naturalmente contraddetta con sdegno dalle autorità (alcune delle quali, però, per essersi dimostrate dubbiose, furono poi emarginate), sarebbe stato lui il misterioso mostro di Londra. Cioè il famigerato Jack lo Squartatore, l’assassino mai identificato nè catturato di prostitute inglesi. 
Il mostro colpiva le donne alla gola con un coltello e, volendo credere a simili storiacce, beveva il sangue delle vittime. Dunque un vampiro? Personalmente ho altre volte utilizzato nei miei studi di politica temi e tesi che sembravano cari ai cultori di romanzi polizieschi. In genere mi sono stati utili per avvicinarmi alla realtà. 
L’accostamento delle date (il duca di Clarence si ammalò nel corso del 1890 e morì nel 1891 o secondo altri nel 1892) permette un’ipotesi: vi è una tradizione di magia sessuale e di magia nera, che provoca discussioni e divisioni nei circoli occultistici, che si rinverdisce con l’incontro tra Eliphas Levi e Bulwer Lytton, che in parte è presente nella fondazione della “Golden Dawn” (1887), che può essere connessa con gli assassinii quasi rituali del 1888, come tali presentati in una storia ritenuta fantastica negli anni Quaranta, ai quali segue una sorta di epurazione nelle società occultistiche.
Queste vicende coinvolgono settori dell’aristocrazia inglese sino a far cadere sospetti sui membri della famiglia reale.”

Ci sono però interessanti collegamenti tra il Mostro di Whitechapel (Jack the Ripper) e il Mostro di FIrenze, legati apparentemente al Secondo Ordine della Golden Dawn, l’Ordine Interno, chiamato Rosæ Rubeæ et Aureæ Crucis, l’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro (RR+AC).
Il “Mostro di Firenze” è la denominazione che i media italiani dettero all’autore di 8 duplici delitti che si verificarono tra il 1968 e il 1985 nelle campagne della provincia di Firenze.
E’  di risalto che “le indagini sulla pista esoterica prenderanno un indirizzo particolare con Gabriella Pasquali Carlizzi. Insieme a Licciardi, Carlizzi pubblica un libro-intervista, che però, da una valutazione ad impronta prettamente esoterica-ortodossa, comparirebbe come fonte di perplessità valutativa, come si evince difatti da uno scambio di battute tra il Licciardi e la Carlizzi riguardo la pistola ultilizzata negli omicidi delle coppiette e che citiamo qui di seguito:
Carlizzi: In effetti ci sono due scuole di pensiero: alcuni attribuiscono al ‘mostro’ anche il delitto del ‘68, altri invece partono da quello del ‘74. Di vero c’è che tutti gli omicidi in comune hanno solo la pistola.
Ecco quanto riporta “Il Tempo” del 25 febbraio 2002: La ‘Rosa Rossa’: origine e diramazioni. 
Nel panorama dei movimenti magici, alcune organizzazioni, di origine inglese, che hanno rilevante spicco e profonda conoscenza di certe ritualità, in relazione all’utilizzot enebroso della magia sessuale, si collegano agli insegnamenti segreti del mago inglese Aleister Crowley (1875-1947). Egli fu iniziato all’Ordine della società esoterica Hermetic Order o the Golden Dawn, presieduta dal mago Samuel Liddell Mathers sposato con la sorella del filosofo Henri Bergson, Moira. Nel tempo furono fondate altre società, collegate in qualche modo, alla Golden Dawn che, a sua volta si divideva in tre Ordini. 

Il primo ordine, della Golden Dawn in Outer, comprendeva i primi cinque gradi inferiori.
Il secondo Ordine fu fondato nel 1891, quando un adepto ‘Frater Lex e Tenebris’ passò a Mathers i rituali necessari per stabilire un Ordine Interno, un Secondo ordine: l’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro (Rosae Rubeau et Aurea Crucis).
Sulla base delle rivelazioni fornite, fu stabilita anche una ‘Cripta degli Adepti’, che divenne l’organismo guida dei Templi della Golden Dawn. 
Il terzo ed ultimo Ordine era riservato ai Capi Segreti. 
Il nome ‘Rosa Rossa + Croce d’Oro’ richiama immediatamente al simbolismo esoterico massone.
La setta dei Rosa + Croce, fondata nel XII da Raimondo IV, conte di Tolosa, uno dei capi della prima crociata, fu in certo senso d’ispirazione, nel XVIII secolo, alla Massoneria (...).”
Ma ci sono altri collegamenti tra il Mostro di Firenze, la Rosa Rossa e una serie di omicidi avvenuti nel Lazio. “Serena Mollicone doveva intervistare ‘un noto letterato’ a chiusura della sua tesina sulla follia. Un narratore ‘competente in materia’. 
Esperto in devianze psichiatriche, ma anche di paranormale. Ma la studentessa di Arce è morta prima di scrivere quell’ ultimo capitolo. A tre mesi esatti dalla scomparsa della ragazza ciociara, trovata morta domenica 3 giugno [2001] legata mani e piedi e con un sacco in testa vicino al fiume Liri, si materilizza con una certa nettezza la pista esoterico-satanica. Non si sa se Serena avesse un appuntamento proprio quel venerdì 1° giugno quando si volatilizzò dopo una visita medica, al mattino, a Isola Liri, un paese vicino. 

Una collega del padre maestro disse di averla notata ad Arce alle 13,20, ma la sua testimonianza risulterebbe controversa. Di certo la studentessa scompare molte ore prima di morire, nessuno la vede più in un paese di appena seimila abitanti. 
Solo un paio di settimane fa, il babbo Guglielmo Mollicone ha confermato che Serena aveva accennato a quest’ intervista, a questo possibile incontro con il ‘noto letterato’. Alcuni fogli della tesina di diploma all’ Istituto pedagogico di Sora, che la ragazza doveva presentare entro il 10 giugno, erano vicino al cadavere nella radura di Anitrella, a sei chilometri dal paese. Il corpo fu trovato stranamente composto, un gomito legato a un albero. Un’anomalia che fece pensare a un depistaggio, oppure a una sorta di rituale, di certo uno dei molti aspetti oscuri, a iniziare dal movente, di questo delitto su cui senza interruzione gli investigatori e la procura di Cassino si sono scervellati tutta l’estate. 

Sull’intervista allo scrittore, se cioè sia o meno un tassello decisivo per l’indagine, gli inquirenti preferiscono non pronunciarsi. Ma c’è un altro elemento che sembra ricorrere con frequenza in questa vicenda: la presenza di una rosa rossa, secondo alcuni non priva di un significato simbolico-esoterico. Delle due piste all’ attenzione dei carabinieri e del procuratore Gianfranco Izzo - delitto commesso da un conoscente, forse preterintenzionale, di tipo passionale, l’agonia dopo una lite; delitto, invece, da collegare a un rito satanico - questa seconda ipotesi, pur con cautela, è stata esaminata fin dal principio. Il particolare più inspiegabile, nella storia, resta il ritrovamento del telefonino di Serena nel cassetto del comò della sua stanza, la notte tra l’8 e il 9 giugno, durante la veglia funebre. Rientrando un momento a casa dalla veglia il padre lo scopre lì. 
Non c’ era nei giorni precedenti, qualcuno deve avercelo portato. 
Ma quando, e perché? Curioso: è privo di impronte, eccetto quelle di Guglielmo che lo prende in mano per consegnarlo in caserma, dunque è stato “ripulito”. E nel cellulare del padre, nella “rubrica”, spunta una scritta: ‘Diavolo 666’. Guglielmo afferma che non ne sa nulla. Qualche volta il suo telefonino era però usato dalla figlia. 

E veniamo alla rosa rossa. Succede che Gabriella Carlizzi, scrittrice ed esperta di cose esoteriche, si inserisce nel caso già dalle prime ore. Telefona agli investigatori la sera di domenica, poco dopo il ritrovamento del corpo di Serena. «Comunicai ai carabinieri che dovevano cercare dei segni legati al delitto, qualcosa sulla follia e una rosa rossa - spiega oggi -. Fui interrogata il giorno dopo. Ancora nulla si era detto della tesina e di quel disegno della rosa scoperto a casa della ragazza. Informai gli inquirenti che, a mio avviso, non era un delitto volontario, ma che forse la morte di Serena poteva esser stata trasformata in una offerta rituale al demone di una... chiamiamola nota setta, più esattamente una Schola esoterico-massonica, aperta alle donne, con cui probabilmente Serena era più o meno consapevolmente entrata in contatto. 
Un’organizzazione internazionale molto potente, elitaria, di cui fanno parte scrittori, artisti, intellettuali, che non gradiscono chi minaccia di svelare i loro segreti». 

La Carlizzi afferma di avere avuto come padre spirituale uno dei più autorevoli esorcisti italiani, padre Gabriele Maria Berardi, e attribuisce a una setta anche i delitti del mostro di Firenze. Tesi ufficializzata dagli stessi inquirenti fiorentini. 
Ora ritiene che Serena, attraverso conoscenze dirette o su Internet abbia cercato qualche esperto per concludere la sua tesina sulla follia nella letteratura. 
«E la Schola esoterica della rosa rossa - ricorda - studia anche il superamento del disagio mentale attraverso il paranormale». 
Una rosa rossa compare inoltre nella poesia ciclostilata diffusa ai funerali di Serena. E spunta in mano a qualcuno, ma non come semplice omaggio, durante le esequie: un video riprende una donna che, con una rosa rossa tenuta alta sopra la testa, compie due giri intorno alla bara della ragazza prima e dopo la funzione. 
Il fiore torna persino su un foglietto deposto davanti alla casa di una persona che si è occupata del caso, assieme a un messaggio criptico in Sms e su Internet. «Queste organizzazioni sono solite compiere offerte rituali quando sentono minacciati i propri segreti - riflette la Carlizzi, che è stata sentita più volte dagli inquirenti - L’ agonia di Serena potrebbe esser stata una cerimonia di purificazione. 
La Schola temeva in altri ambiti un 
pericoloso disvelamento delle proprie origini e tradizioni iniziatiche. I suoi vertici avrebbero così usato la povera ragazza per esorcizzare quel rischio. E anche il luogo del ritrovamento del corpo ha connotazioni magiche. 
Lì, anche di recente, sono stati individuati reperti di materiale organico che, in chiave esoterica, comproverebbero la rialimentazione del rituale.”  (la Repubblica, 1 settembre 2001).


TRATTO da Terra Cava