Interi tg dedicati a questa inutile ma tanto simbolica notizia, il Costa Concordia si raddrizza e in sincrono rinasce la nuova Forza Italia... Silvio e il concordia tornano a galla e riemerge il "male"... Al Silvio si rizza ancora e nasce nuova concordia dalle ceneri della prostata...cit. Un trapasso, una trasmutazione??? Dalla morte alla rinascita, dall'Alba al tramonto, un evento targato Giglio, noto simbolo massonico e simbolo della città di Firenze, la stessa del Renzi... Forza-Concordia in realtà è un evento mondiale, annuncia e contemporaneamente oscura le notizie sull'imminente guerra o sul fatto che sia stata procrastinata la sua data ufficiale... Forza- Concordia è un codice, o meglio lo strumento per veicolarlo !!! Forza Concordia ha fatto il suo video messaggio, anzi, video massaggio sulla
nostra pelle...
Ci ha rassicurati sulla guerra contro il fantasma del comunismo, ci ha
ricordato che lui è l'uomo del fare e che la magistratura sarebbe diventata un potere dello stato... Ecco, in questa voluta gaffe, dato che la
magistratura è sempre stata un potere dello stato, c'è il segreto che
nasconde e spiega tutta l'esistenza del berlusconismo e della sua mission... Gelli, quando teorizzò e scrisse negli anni 60 con i suoi Fratelli, per conto della massoneria
internazionale e della CIA, il piano di Rinascita Democratica, aveva previsto la distruzione della costituzione, la sua trasformazione in senso antidemocratico e la
dipendenza della magistratura all'esecutivo, che tradotto significa una privatizzazione della giustizia... Quindi un cambiamento peggiorativo alle dipendenze dei governi di turno, senza troppi lacci e lacciuoli... Silvio ed i suoi lontani e vicini padroni, hanno avuto ed hanno ancora la mission di
spostare ulteriormente l'asse del sistema a destra, quindi non in senso realmente
garantista e libertario, cosa augurabile in una democrazia, ma in senso reazionario e illiberale... L'ultima fase, l'ultima operazione politica che ancora manca per realizzare in
toto il Piano di Rinascita Democratica, ovvero il piano atlantista della P2, è il fattore Giustizia... "E Forza-Concordia, che siamo tantissimi, e Forza-Concordia... Forza vieni con noi..." cit. Ma questo è solo il livello primario del codice, quello più politico.
Ma torniamo alla Costa Concordia, all'isola del Giglio e alla misteriosa scritta sulla nave che abbiamo visto un pò tutti quando sono inziate le operazioni di recupero del vascello fantasma... La scritta AZZURRA, riporta la seguente dicitura... "KIT KAT BIG DAWG", cosa vorrà mai significare??? L'estro di un Writer palombaro che si è immerso di notte nonostante la costante sorveglianza della marina militare??? Uno scherzo di un subacqueo che ha partecipato alle operazioni di parbuckling??? Un messaggio in codice da veicolare su scala globale, dato che la vicenda è morbosamente seguita dalle reti televisive di tutto il mondo??? Chissà???
Proviamo ad analizzare il significato che potrebbe nascondere il messaggio... Il Kit Kat è un famoso snack al cioccolato, è anche un'espressione slang inglese per definire una persona un pò tonta, stupida, ma non solo, è anche un noto locale berlinese di eventi soft-porno, sadomaso e fetish...
Ma soprattutto è un famoso e ridente club massonico inglese, dove nel 1700, servivano, pensate un pò, l'antenato del famoso snack. Una merenda per aristocratici e aristogatti, deliziosa lecornia che forse un tempo poteva vantarsi di essere un vero e proprio dolce riservato all'elite che ne andava ghiotta. Veniva servita su piatti d'argento dopo lunghi simposi filantropici sulle sorti della Corona d'Inghilterra e sulla politica del 18° secolo. Nel 1705 Thomas Hearne scrisse: "Il Kit Cat Club ha preso il
nome da Christopher Catling ".Altre fonti danno il suo cognome come Catt (Katt). Il soprannome
per Christopher era "Kit".Christopher ("Kit") Catt... E' possibile che il Club sia nato alla fine del 17° secolo con il nome di "Ordine del Toast". Qualcuno suggerisce che le origini del club
risalgono a prima della Gloriosa Rivoluzione del 1688, e che la sua importanza
politica per la promozione degli obiettivi, era maggiore prima di diventare
ufficialmente riconosciuto, dopo, almeno in apparenza, è stato confinato a confezionare eventi da salotti intellettuali anglosassoni, operando in realtà più segretamente. Tali obiettivi che perseguivano gli iniziati merenderi furono quelli di lavorare nella direzione della costituzione di un forte
parlamento, di limitare il controllo e la forza della monarchia conservatrice, ma soprattutto la resistenza alla Francia e le decisioni per la successione al trono. Downes
cita John Oldmixon, che conosceva molti dei membri del club prima della Rivoluzione
del 1688, personaggi incontrati sovente la sera in una taverna, nei pressi di Temple
Bar a parlare tra patrioti che salvarono la Gran Bretagna e a cospirare contro/per il sistema dell'epoca. Tra i
soci del Club ci furono scrittori come William Congreve, Sir John Vanbrugh
e Joseph Addison, tra i politici il duca di Somerset, il conte di
Burlington, duca di Newcastle-upon-Tyne, il conte di Stanhope, visconte
Cobham, Abraham Stanyan e Sir Robert Walpole. Altri notabili come i duchi di Grafton, Devonshire Kingston, Richmond, Manchester, Dorset, Newcastle, Lord Sunderland e Wharton, tra i più noti Lord Mohun e il
conte di Berkeley.
Temple Bar è un famoso luogo di Londra dove un tempo, il monarca sostava simbolicamente prima dell'invito formale del sindaco ad accedere alla città INTERNA, la cerimonia rituale prevedeva un'offerta di una spada tempestata di gioielli come pegno di fedeltà. Temple Bar designava anche l'antico confine dove veniva praticato il commercio tra Londra e l'esterno. Simbolicamente è un Sigillo, raffigurato da un Drago e il nome deriva originariamente dalla Chiesa del Tempio e copriva una zona più ampia appartenente ai Templari. Anticamente venivano mozzate le teste ed esposte nell'arco di Temple Bar come monito al popolo, esso veniva anche associato all'ingresso infernale dantesco, per la sua ritualità e per la brutalità dei contrappassi inflitti alle povere vittime. Quindi un'entrata verso un'altra dimensione, il passaggio metaforico dalla prima alla seconda Londra, quella che oggi è incarnata dalle lobby e dalle massonerie che l'hanno trasformata in una cittadella stato, autonoma, l'odierna CITY, detta anche Baby London. Le due città, un pò come accade nelle società segrete tra l'ordine più essoterico e quello più occulto ed esoterico, tra ordine esterno ed ordine INTERNO, e come per la Golden Dawn, ordine esterno, esiste l'Antico Ordine della Rosa Rossa e della Croce d'Oro, ordine segreto INTERNO... Il simbolo rettiliano sigilla l'antico confine templare e magari rappresenta il simbolo della più importante e meno nota Confraternita di Babilonia o del Drago...
Dopo questo excursus storico sul club massonico KIT KAT, dedichiamoci al BIG DAWG, traslitterazione di big dog, che diventerebbe cane contrapposto a gatto... Nello slang big dawg significa in sintesi il cazzuto, il boss, colui che prende le decisioni, insomma il più forte, il capo, oltretutto si usa sovente nell'ambiente esoterico DOG per dire GOD, rovesciando la D con la G, quindi più che il boss di quartiere diverebbe il grande architetto dell'oracolo. Il Kit o kid gatto sarà mangiato o è stato mangiato dal grande cane-Dio??? Oppure il piccolo e "stupido" gatto è il grande architetto, come dire, un piccolo evento determina e comunica un grande evento??? Oppure ancora, sempre nell'ambito dell'imminente guerra e riferendosi alla rivalità militare e massonica di antica data tra Francia e Inghilterra, un messaggio che determina i ruoli in campo, Holland interventista, l'Inghilterra attendista, Obama interventista, appoggiato dai martinisti francesi di matrice "progressista", Vaticano attendista... In realtà tutti interventisti ma ognuno con tempi, interessi, pretese ed agende interne diverse e contrapposte su un livello primario politico, ma uniti in un macro livello di sistema occulto, come una matrioska... Oppure un duplice messaggio, con valenza nazionale più politica, Giglio simbolo della Firenze massonica, la Loggia Concordia, loggia fiorentina, l'isola del Giglio scenario della morte e della rinascita simbolica della nave-sistema massonico... Quindi trasmutazione interna e ritorno di fiamma, la nave fantasma non è morta, è ferma ed aspetta di essere guidata, ma da chi??? Da Renzi, da Silvio con Forza-Concordia, da quale ordine o loggia, o insieme di logge... Quelle vicine al GOI e alla P2, P3 notata anch'essa come scritta sul fianco affondato della nave, quindi più tradizionalmente conservatrici e filo-atlantiste, da quelle che prenderanno il loro posto, quelle appunto "progressiste" ma anch'esse filo-atlantiste...??? Ed un messaggio di valenza transnazionale e globale, che ricalca lo stesso schema precedente ampliandolo su vasti scenari ripresi dai media di ogni paese... Ovvero, quando intervenire, come intervenire, chi ed insieme a chi, secondo quale agenda all'interno dell'AGENDA... Obama, Holland, Putin, Letta, Renzi e ovviamente il Silvio... e poi??? La nave che affonda la nave che ritorna, come nelle leggende templari di un tempo, un sistema che affonda un sistema che riemerge e rinasce come la fenice??? Come recitava Adam Weishaupt nel 1700... Bisogna fare attentati terroristici e farli percepire come eventi casuali catastrofici alla massa, gli adepti sapranno leggere la firma tra le righe e capire nei dettagli i passaggi dell'Agenda che trasformerà l'Europa nei secoli... cit.
BARILLA: NO SPOT CON GAY, SONO PER LA TRADIZIONE...cit. A parte che non è assolutamente per la tradizione, in quanto la Barilla usa OGM, quindi semmai modernista ed inquinante... Poi la Barilla ha già fatto uno spot... che non è direttamente gay, ma va nella direzione perlomeno maschile automasturbatoria adulta, quindi non necessitando di una figura femminile, Banderas diventa simbolicamente icona gay di rimando, essendolo stato in passato e non a caso hanno scelto proprio lui... Lo fa ma in maniera più subdola e subliminale e torna alle origini almodovariane per andare oltre, nel senso che usa un modello concettuale omosessuale per approdare o riapprodare nella cara e vecchia società contadina patriarcale pedofila, quindi retrò e strumentale ma subliminale, il tutto mascherato e fuorviato dal fatto che piace alle donne, quindi apparentemente insospettabile.
Nello spot Banderas SI BASTA, e vive in mezzo a galline, la sua compagna è rosita, non una bella e formosa contadinotta di una volta, ma una gallina "regina" CHE SEMBRA UN GALLO, AZZ... seduta sulla poltrona più comoda che lo conforta in questa metafisica solitudine artificiale... I due bambini che corrono in mezzo al grano, come guidati dall'aereoplanino, approdano al tempio della bontà, ed entrando rimangono colpiti da tanta ingegneria degna di Tempi moderni... Al suo interno pare d'essere dentro un enorme orologio, dove giovani lavoranti, ovviamente tutti uomini, silenziosamente, danno vita alla torre e permettono che si compia la grande opera... Si stabiliscono e si mostrano i ruoli sociali della piramide, in questo molto tradizionale...
Banderas, ancor giovane ma vecchio mugnaio mostra ai curiosi bambini, increduli e spaesati, le sue PALLE a forma di Tarallucci... Come un'alchimista nella torre e felice di essere rinchiuso nella gabbia dorata, il mugnaio proto-pedofilo sarà il loro maestro di vita... Il Mulino finto patriarcale è già intrinsecamente omosex perché rappresenta una situazione idilliaca improbabile che viene tradita dalla cruda realtà, dove invece regna il relativismo sessuale, aggiungo fortunatamente, e quindi di un idealista forzato ed ingannevole... La luce e l'ambiente oleografico, religioso da Torre di Guardia ne accertano l'ambiguità di fondo... Ergo, la pubblicità Barilla è la più frocia che ci sia... cit.
Abbiamo
scelto di pubblicare questo articolo, tratto dalla rivista
di intelligence dell'ex Sisde, Gnosis, per dare una scossa a una certa
mentalità “di sinistra” che ha rimosso completamente la percezione del
conflitto reale e delle sue forme concrete; e che riconosce l'agire
repressivo solo quando si manifesta platealmente con arresti, perquisizioni,
ecc. Solo dopo che il danno è statosubìto, insomma.
In
questo testo si riassume sinteticamente una figura non nuovissima di
“infiltrato politico” che finora non aveva però avuto né menzione
ufficiale (tantomeno sulla stampa quotidiana), né riconoscimento o ammissione
d'esistenza da parte delle strutture ufficiali di spionaggio. L'”agente di
influenza” è del resto figura sfuggente già nella definizione (“attività
condotta da soggetti, statuali o non, al fine di orientare a proprio vantaggio
le opinioni di un individuo o di un gruppo”), ma concretissima nella sua azione.
Il
ventaglio di applicazione di questa figura è immenso, praticamente senza
limiti. Può andare dall'”agente” (un singolo o un gruppo) che cerca di
condizionare la politica di uno Stato fino al più “normale” sbirro che si
infila in un gruppo, un collettivo, un centro sociale, per orientarne alcune
scelte, assumere informazioni che non viaggiano per telefono o Internet,
favorirne la disgregazione, ecc.
Una
figura che si complica ulteriormente quando le si affianca l'”agente di
influenza inconsapevole”, ovvero il cretino (singolo, gruppo, movimento,
partito) che fa spontaneamente ciò che interessa a un'entità statuale, senza
averne ricevuto alcun input. Qui il terreno diventa immediatamente più politico
che “spionistico”, con qualche aspetto comico ben espresso dalla battuta
“vorrei sapere chi è il mandante delle cazzate che faccio”. Tanto più se
“il mandante” viene trovato magari strada facendo. Un esempio? Beh, nella
“sinistra italiana” - anche in quella “estremissima” - non ne mancano
davvero. Si può andare dalla Rifondazione bertinottiana a certi ambiti
“centrosociali” che hanno offerto un facile fianco per “operazioni
antiterrorismo” in cui eraquasi trasparente l'azione “organizzativa” di
alcuni infiltrati dei servizi (non a caso usciti indenni dalla retata finale).
In
gergo, questo tipo di attività complessa, dai contorni adattabili a ogni
contesto, viene chiamata “soft power” (o “smart power”), perché non mette
al primo posto – ma nemmeno l'esclude – l'uso della violenza statuale.
Naturalmente un'opera di infiltrazione in movimenti o gruppi di opposizione può
implicare arresti, torture, omicidi mirati; così come l'opera di digregazione e
isolamento di uno stato nemico può comportare sabotaggi
o attacchi militari. Ma l'enfasi principale è posta sull'informazione.
Del nemico si vuol sapere tutto, si vogliono mantenere sotto controllo tutti
gli aspetti vitali che lo rendono un soggetto autonomo, indipendente,
progettuale, attivo: un “nemico”, appunto, non un occasionale “problema”
strategicamente irrilevante.
Da
questo articolo, insomma, è possibile vedere emergere – in controluce – una
macchina potente che accumula e centralizza informazione, sapere, conoscenza; e
lo fa per usarla in modo progettuale, scientificamente, per realizzare gli
obiettivi (tattici e/o strategici) che si pone. Una macchina che dura nel
tempo, al di là della vita dei singoli “agenti” o dirigenti. Un'istituzione,
insomma, delegata alla guerra perpetua contro altre istituzioni
percepite o qualificate come “nemiche”.
Davanti
a questa macchina appare davvero bambinesca quella risposta che molti
“compagni” si danno: “ma io non ho niente da nascondere...”.
L'altro
elemento rilevante che emerge è l'impotenza dei singoli (individui, collettivi,
gruppi) di fronte all'agire di questa macchina. Non c'è un criterio “di
protezione” che valga in qualsiasi caso; non c'è né può esistere un
“fiuto” individuale. La conoscenza individuale, anche dell'attivista più
scaltro ed esperto, è nulla inconfronto alla potenza sistemica di una
macchina istituzionale. I partiti rivoluzionari ne sono sempre stati
consapevoli; anzi, hanno rappresentato la risposta –
altrettanto istituzionale, ovvero complessa, regolata, centralizzata
e ramificata – alla serietà delconflitto.
Ultima
considerazione, o chiave di lettura suggerita. Il primo obiettivo del soft
power, è teorizzato con chiarezza in questo articolo (“attività d’intelligence
– l’ingerenza, la disinformazione e l’intossicazione – impiegate in modo
coordinato e combinato per pianificare e condurre operazioni offensive
finalizzate alla destabilizzazione di uno Stato avversario (o di altra
struttura organizzata”, “identificazione dei bersagli da raggiungere, che
possono essere singoli (es. un leader politico, un comandante militare, ecc.),
gruppi selezionati (la redazione di un giornale, la dirigenza di un partito
politico, il management di un’azienda, ecc.) o gruppi più estesi (un movimento
di pensiero, l’opinione pubblica di un paese, ecc.”) è
la disgregazione della struttura nemica presa a bersaglio.
Nel
caso di un partito o di un movimento politico di opposizione, non
necessariamente rivoluzionario (ma a maggior ragione se questo si pone
l'obiettivo di un cambiamento reale e radicale dello “stato di cose presente”),
è facile capire come la divisione perenne sia non tanto un “regalo” al nemico,
quanto la sua ragione di vita. E come uno stile di confronto interno in cui
“ognuno dice la sua”, senz'altro obiettivo che l'esibizione di sé, sia il
meglio che il soft power capitalista possa desiderare. In pratica, una pletora
di “agenti d'influenza inconsapevoli”, totalmente gratuita.
Il
soft power[2] è una modalità di espressione del potere, lontana
dalle forme classiche di manifestazione della forza, che può consentire a uno
Stato, prevalentemente attraverso il ricorso alle attività di influenza[3], di orientare e modellare la realtà secondo i propri
obiettivi strategici e di proteggere gli interessi vitali della propria
comunità.
Ma
cosa si intende per influenza? Come si pianifica e si conduce una campagna di
influenza? In che modo e in quale misura le attività di influenza possono
supportare efficacemente l’azione governativa, con particolare riguardo a
quella connessa alla gestione della sicurezza nazionale e alla tutela dell’interesse
del sistema paese? E, soprattutto, chi sono gli attori protagonisti di tali
attività e quale rapporto lega l’intelligence alle operazioni di influenza? Con
questo contributo si proverà a rispondere sinteticamente a queste e ad altre
domande, nonché a stimolare la discussione riguardo all’impiego dell’influenza
per scopi di sicurezza e difesa nazionale e alla necessità di potenziare tali
capacità nell’ambito dell’architettura istituzionale della Repubblica.
L’influenza
Il
Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS) ha definito l’influenza
quale “attività condotta da soggetti, statuali o non, al fine di orientare a
proprio vantaggio le opinioni di un individuo o di un gruppo”[4]. Questa sintetica definizione, elaborata con finalità
preminentemente divulgative[5], tratteggia le prime linee essenziali dell’influenza. È
possibile acquisire qualche elemento supplementare, integrando la citata
definizione con un altro lemma a essa espressamente collegato[6], quello relativo all’information warfare (IW), che è
qualificato dal DIS come un “concetto basato sull’idea che quello informativo
sia un vero e proprio dominio in cui tra Stati ovvero tra Stati e attori non
statuali, si gioca un confronto che vede le informazioni costituire, ad un
tempo, strumento di offesa e obiettivo. In questo contesto, il termine indica
le azioni intraprese al fine di acquisire superiorità nel dominio
informativo minando i sistemi, i processi e il patrimonio informativo
dell’avversario e difendendo al contempo i propri sistemi e le proprie reti
nonché, più in generale, l’impiego delle informazioni ai fini del perseguimento
degli interessi nazionali. [L’IW] include anche una serie di attività
tipiche della tradizione intelligence – ma che oggi possono avvalersi delle
potenzialità offerte dal progresso tecnologico – quali [...] l’influenza”[7]. L’analisi di quest’ultima definizione, oltre a far
emergere la centralità delle informazioni, consente di affermare che
l’influenza è un’attività tipica degli organismi d’intelligencemediante la
quale due o più attori – statuali e non – si confrontanocondotta nell’ambito
del dominio informativo, che ne diviene il «terreno di battaglia»incentrata
sulle informazioni, impiegate (anche) come strumenti offensivi che può
esplicarsi efficacemente anche attraverso l’utilizzazione delle nuove
tecnologie.
Il
Gen. Mario Maccono, già Direttore della Scuola di Addestramento del SISMi, e il
Gen. Maurizio Navarra, già funzionario del SISDe, hanno posto in risalto la
complementarietà tra l’influenza ealtre tipiche attività d’intelligence –
l’ingerenza, la disinformazione e l’intossicazione – impiegate in modo
coordinato e combinato per pianificare e condurre operazioni offensive[8] finalizzate alla destabilizzazione[9] di uno Stato avversario (o di altra struttura
organizzata).
L’influenza,
in definitiva, si fonda sull’impiego mirato delle informazioni per generare
effetti cognitivi e psicologici in grado di alterare le percezioni e di
condizionare comportamenti, attitudini e opinioni. Tale processo di
orientamento può essere sviluppato sia mediante l’uso di informazioni
totalmente vere, facendo prevalere i fattori di credibilità e attraenza, sia
mediante il ricorso a tecniche di deception [10],
privilegiando gli aspetti manipolativi e ingannevoli.
L’agente
di influenza
L’influenza,
in particolar modo quella di livello strategico, si articola per mezzo
di un complesso «ecosistema», composto da una vasta gamma di strutture
organizzate[11], le cui competenze non sono sempre marcate da confini
rigidi e le cui funzioni effettive non appaiono facilmente
riconoscibili, e singoli individui, alcuni dei quali non sempre
consapevoli del loro ruolo[12] e delle finalità ultime del loro agire. I principali
attori coinvolti nelle influence operations sono gli agenti di
influenza e i servizi di informazione e sicurezza. Ma chi sono gli agenti di
influenza? E in che rapporto sono con gli apparati d’intelligence?
Per
il Gen. Ambrogio Viviani, già responsabile del controspionaggio del
SISMi, l’agente di influenza è “un agente segreto che opera sotto mentite
spoglie ma apertamente, senza commettere alcun reato, diffondendo idee,
sostenendo teorie, dirigendo movimenti di opinione, secondo le direttive
ricevute e seguite allo scopo di conseguire determinati effetti nell’ambiente
avversario in funzione degli obiettivi della politica del proprio Paese. [Ma] è
anche colui che per convinzione personale agisce nello stesso modo, senza
rendersi conto di essere […] manipolato da altri e quindi senza rendersi conto,
magari in buona fede, di operare per interessi estranei ed esterni e
addirittura in contrasto con i propri e con quelli del proprio Paese”[13].
Walter
Raymond, politologo e docente universitario presso la Virginia Commonwealth
University, ha incluso gli agenti d’influenza nelle risorse della human
intelligence (HUMINT), definendoli come “persons with influence in one country
secretly promoting the interests of another”[14].
E proprio tenuto conto di quella che deve essere la loro
principale dote, cioè la capacità di influenzare, Francesco Cossiga ha
circoscritto il bacino dal quale gli agenti di influenza possono essere
reclutati: “quadri dirigenti di un Paese o «aiutati» a salire ad alti livelli
della vita politica, burocratica, scientifica, finanziaria, bancaria o
attraverso individui di particolare autorevolezza personale, culturale e
morale”[15].
Secondo
Abram Shulsky e Gary Schmitt la via più semplice e diretta per condizionare i
processi decisionali e i comportamenti degli avversari consiste nell’impiegare
un agent of influence, che è definito “an agent whose task is to influence
directly government policy rather than to collect information”[16]. Dalla descrizione offerta dai due esperti statunitensi
emerge un confine tra l’influenza e l’attività informativa pura, che, in linea
teorica, è ben definito e marcato, mentre, nella realtà operativa, diviene
permeabile e sfumato: l’agente di influenza, infatti, non ha
necessariamente il compito esclusivo di operare nel campo dell’influenza ma può
anche occuparsi, contemporaneamente, di raccolta informativa. Tale
potenziale duplicità di incarico discende dalla posizione che spesso l’agente
di influenza ricopre all’interno dell’establishment dell’avversario: una
posizione privilegiata, che, oltre a consentirgli di manipolare direttamente le
percezioni della controparte e orientarne i comportamenti e le decisioni, gli
permette di avere accesso a informazioni sensibili e, talvolta,
fondamentali per la stessa pianificazione ed esecuzione delle influence
operations. Ancora una volta affiora la stretta interconnessione tra
intelligence e influenza. Shulsky e Schmitt, inoltre, hanno chiarito che l’agente
di influenza non è sempre legato da un rapporto organico con l’apparato
d’intelligence per cui opera e che frequentemente la relazione tra l’agente e
la struttura è di natura flessibile e varia a seconda delle circostanze e del
contesto operativo in cui l’agente stesso è impiegato.
Angelo
Codevilla, docente di relazioni internazionali presso l’università di Boston e
già membro del Select Committee on Intelligence del Senato degli Stati Uniti,
ha dipinto gli agenti di influenza come “allies in the councils of a foreign
power”[17], mediante i quali uno Stato può esprimere le sue capacità
di political warfare[18]. L’esperto statunitense, inoltre, ha osservato che:
1- gli agenti di influenza non
sono meri esecutori di ordini e non sono motivati, in genere, da ricompense di
tipo economico
2- sebbene le attività
poste in essere dagli agenti di influenza siano tendenzialmente condotte in
modo palese (in quanto, per poter influenzare altri soggetti, gli agenti devono
necessariamente esternare i propri sentimenti, comportamenti e opinioni), le procedure
di coordinamento e i canali di comunicazione con il servizio d’intelligence a
cui essi riportano sono prevalentemente occulti (al fine di non rendere
conoscibile la natura effettiva e lo scopo reale della loro azione)
3- l’impiego eccessivo degli
agenti di influenza comporta per gli stessi un rischio di sovraesposizione e un
incremento delle probabilità che essi siano individuati dagli apparati di
informazione e sicurezza dell’avversario
4- il ricorso agli agenti di
influenza deve essere preceduto da un’attenta attività di pianificazione e
dalla predisposizione di un chiaro e definito programma da affidare loro,
soprattutto se gli stessi sono destinati, nel lungo termine, a ricoprire
posizioni di vertice nell’establishment dell’avversario
5- le operazioni di influenza
possono garantire validi risultati solo se efficacemente supportate da attività
di intelligence (volte a comprendere il quadro operativo in cui l’operazione si
dovrà svolgere e a valutare le capacità dell’agente di influenza) e di controspionaggio (finalizzate
a verificare le effettive intenzioni dell’agent of influence nonché a
misurarne il livello di reale collaborazione e di lealtà)
Esempi
di impiego degli agenti di influenza
Per
comprendere meglio la capacità che gli agenti di influenza possono avere nel
determinare gli eventi, o comunque, nel condizionarli, può essere utile
riportare sinteticamente qualche caso documentato, relativo a epoche storiche,
Paesi e campi d’azione differenti:
William
Stephenson, agente di influenza britannico, operò durante la seconda guerra
mondiale negli Stati Uniti, non solo per analizzare e sorvegliare le attività
dei futuri alleati, ma, soprattutto, per influenzare l’establishment americano
in favore degli interessi del Regno Unito[19].
Attraverso un’estesa rete di influenza composta da oltre tremila persone,
Stephenson indirizzò i principali organi di stampa statunitensi (The Herald
Tribune, The New York Post, The Baltimore Sun, ecc.) in favore della Gran
Bretagna e orientò l’opinione pubblica nordamericana, e quindi il governo degli
Stati Uniti, a sostegno dell’entrata in guerra contro la Germania nazista e i
suoi alleati[20]
Eli Cohen fu un agente di
influenza israeliano in Siria. Agente sotto copertura del Mossad, dopo essersi
infiltrato nel partito baatista siriano al potere dal 1961, con la nuova
identità di Kamil Amin Thabit, raggiunse i vertici del governo di Damasco,
orientandone le decisioni fino al suo arresto e uccisione nel 1965[21]
Pierre-Charles Pathé,
giornalista francese ben introdotto nei salotti della politica e dell’economia
di Parigi, fu un agente di influenza sovietico[22].
Pathé condusse un’articolata campagna di influenza per conto del KGB,
pubblicando, dal 1976 al 1979, Synthèse, un bollettino di analisi politica
indirizzato ai maggiori esponenti della classe dirigente francese, orientato a discreditare
la NATO e, in generale, i Paesi occidentali e a favorire gli interessi
dell’URSS in Francia nonché il progressivo avvicinamento delle posizioni di
Parigi a quelle di Mosca
Arne Treholt, funzionario del
Ministero degli Esteri norvegese, operò come agente di influenza sovietico nel
periodo della guerra fredda e sino al suo arresto nel gennaio 1984[23].
Il diplomatico, ricoprendo incarichi di rilievo in ambito nazionale e
internazionale, condizionò tra il 1976 e il 1984 le politiche del governo
norvegese in favore degli interessi sovietici ed utilizzò la sua vasta rete di
contatti nei media per diffondere notizie sconvenienti per gli Stati Uniti e
per la NATO
secondo alcuni membri del
Congresso americano,[24] Huma
Abedin, Deputy Chief of Staff dell’ex Segretario di Stato Hillary Clinton, è
stata un agente di influenza dei Fratelli Musulmani. Secondo questa ipotesi,
Abedin, sfruttando la sua posizione all’interno del Department of State, è
riuscita a condizionare la politica estera statunitense durante il primo
mandato di Barack Obama in direzione favorevole agli interessi dei Fratelli
Musulmani, a esempio, supportando le attività di proselitismo e di
indottrinamento condotte dall’organizzazione negli Stati Uniti e concedendo
alcuni canali di finanziamento all’Egitto (dove i Fratelli Musulmani sono la
forza politica dominante) e ad altri beneficiari rientranti nella rete del
movimento (esponenti dell’Autorità Palestinese, di Hamas, ecc.).
Gli
apparati di intelligence e la gestione delle operazioni di influenza
Gli
agenti di influenza, sebbene, come già esaminato in precedenza, spesso non
siano legati da un rapporto organico con i servizi di intelligence e godano di
un ampio margine di libertà sulle modalità di esecuzione delle proprie
attività, sono tuttavia «gestiti» e coordinati da strutture organizzate,
riconducibili direttamente o indirettamente agli apparati di sicurezza e
informazione o, comunque, al sistema di sicurezza e difesa di uno Stato,
soprattutto nel caso di campagne di influenza complesse, caratterizzate da un
elevato livello di sofisticazione e proiettate a lungo termine.
L’organismo
deputato a gestire una campagna di influenza deve sposare una logica di
pianificazione delle azioni che poi l’agente di influenza dovrà condurre. Nel
quadro di questa attività di pianificazione è necessario provvedere:
1- all’analisi del contesto di
intervento
2- all’individuazione delle
finalità della campagna e alla valutazione del tempo necessario per
raggiungerle
3- all’identificazione dei
bersagli da raggiungere, che possono essere singoli (es. un leader politico, un
comandante militare, ecc.), gruppi selezionati (la redazione di un giornale, la
dirigenza di un partito politico, il management di un’azienda, ecc.) o gruppi
più estesi (un movimento di pensiero, l’opinione pubblica di un paese, ecc.)
4- alla scelta degli strumenti
e dei canali più adeguati per raggiungerli
5- alla comparazione
costi/benefici connessi all’operazione.
La
fase di pianificazione strategica deve essere integrata da un’attività di
controllo, volta al monitoraggio continuo dell’andamento della campagna, al
fine di apportare, se necessario, aggiustamenti e correttivi, o, nell’ipotesi
peggiore, di sospendere la campagna stessa. È indispensabile, quindi, che la
struttura di coordinamento e controllo acquisisca la consapevolezza dei
potenziali effetti imprevisti che la campagna può generare.
Tra
le strutture deputate alla pianificazione e alla gestione delle operazioni di
influenza, giusto per fare qualche esempio, oltre al già citato OWI (vedi nota
n.1), il Servizio Speciale A del KGB sovietico[25],
gli Special Groups[26] americani,
il National Clandestine Service[27] (NCS)
della CIA e l’Office of Strategic Influence[28] (OSI)
della Difesa statunitense.
Conclusioni
Nel
quadro del nuovo assetto internazionale, caratterizzato da fluidità e carenza
di leadership, i singoli Stati, e particolar modo quelli di media potenza come
l’Italia, non sono più in grado di incidere unilateralmente, e in misura
significativa, sulle dinamiche globali[29], soprattutto se limitano la loro azione al ricorso agli
strumenti convenzionalmente riconosciuti quali espressione del potere: la forza
militare, l’attività politico-diplomatica e la competitività
economico-finanziaria. La combinazione tra gli strumenti coercitivi classici e
quelli legati ai meccanismi dell’influenza, della persuasione e
dell’attrazione, definita smart power[30], è la modalità di espressione del potere che oggi risulta
essere più efficace affinché uno Stato possa affermare la propria posizione
geopolitica e consolidare i propri interessi nazionali. L’Italia dovrebbe,
quindi, accrescere il suo smart power, acquisendo soprattutto nuove
capacità nel campo dell’influenza (o potenziando quelle preesistenti),
ricorrendo anche alle tecnologie per l’informazione e la comunicazione[31], da impiegare in modo integrato, sinergico e
sincronizzato con le altre capacità già espresse dal corpo diplomatico, dallo
strumento militare, dagli apparati di intelligence e, più in generale,
dall’intero sistema di sicurezza e difesa del Paese.
[1] Slogan
elaborato dall’U.S. Office of War Information (OWI) e inserito in un poster
utilizzato per promuovere nell’opinione pubblica interna l’intervento degli
Stati Uniti nella II Guerra Mondiale e per sostenere il morale delle forze
combattenti impegnate sui diversi fronti. L’OWI era un organismo competente nel
pianificare e condurre campagne di influenza e di propaganda su larga scala,
anche oltre i confini nazionali statunitensi, e impiegava, oltre ai poster,
programmi radiofonici, film e riviste.
[2] Joseph
Nye, docente a Harvard e già Presidente dello U.S. National Intelligence
Council, ha coniato nel 2004 il concetto di soft power, contrapponendolo a
quello di hard power. J. S. Nye,Soft Power: un nuovo futuro per l’America,
Einaudi, Torino, gennaio 2005.
[3] P.
Cornish, J. Lindley-French, C. Yorke, Strategic Communications and
National Strategy, Chatham House, settembre 2011.
[4] Presidenza
del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle Informazioni per la
Sicurezza, Il linguaggio degli Organismi Informativi – Glossario Intelligence,
Quaderni di Intelligence, Gnosis, giugno 2012.
[5] La
pubblicazione del Glossario rientra nelle attività svolte dal DIS nell’ambito
dei compiti, assegnatigli dalla legge 124/2007, concernenti la promozione e la
diffusione della cultura per la sicurezza.
[6] Il
Glossario consta di 259 lemmi, i quali sono collegati tra loro per analogia
concettuale o perché appartenenti alla medesima macro-categoria.
[7] Presidenza
del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle Informazioni per la
Sicurezza, op. cit.
[8] M.
Navarra, M. Maccono, “La destabilizzazione”, in Per Aspera ad Veritatem,
n. 24, Roma, settembre-dicembre 2002.
[9] Secondo
Edward Luttwak, infatti, la pianificazione di una campagna di destabilizzazione,
propedeutica all’esecuzione di un colpo di stato, deve essere indirizzata
prevalentemente a influenzare i processi decisionali dell’élite del Paese
avversario. E. Luttwak, Coup d’Etat – A Pratical Handbook, Fawcett Premier
Book, New York, 1969.
[10] La deception,
la cui traduzione letterale è «inganno», è un’attività “impiegata per
nascondere, in tutto o in parte, le effettive intenzioni, capacità e strategie
all’avversario (target) e, al contempo, comprometterne le capacità di
comprensione in merito a un dato fenomeno, evento o situazione, al fine di
indurlo a un impiego irrazionale e/o svantaggioso delle proprie risorse”. A.
Montagnese, Intelligence e deception strategica: manipolazione percettiva
ed influenza dei processi decisionali di vertice, Istituto Italiano di Studi
Strategici N. Machiavelli, Roma, aprile 2012.
[11] Le
operazioni di influenza pianificate dagli organismi di intelligence possono
essere eseguite, infatti, sia ricorrendo direttamente ai propri agenti di
influenza, sia in modo indiretto, attraverso think tank, società di consulenza,
organi di informazione (radio, giornali, ecc.), associazioni culturali,
istituti di formazione, centri di ricerca, circoli accademici, club e altre
strutture presenti nella società civile e in grado di incidere sulla formazione
di opinioni, idee, sentimenti e, quindi, sui comportamenti e le attitudini di
gruppi più o meno estesi o di singoli individui.
[12] P.
Cornish, J. Lindley-French, C. Yorke, op. cit.
[14] W.
J. Raymond, Dictionary of Politics – Selected American and Foreign
Political and Legal Terms, Brunswick, 1992.
[15] F.
Cossiga, I Servizi e le attività di informazione e di controinformazione –
Abecedario per principianti, politici e militari, civili e gente comune,
Rubbettino, Soveria Mannelli, marzo 2002.
[16] A.
Shulsky, G. Schmitt, Silent Warfare, Potomac Books, Inc., 2002.
[17] AA.
VV., Political Warfare and Psychological Operations – Rethinking the US
Approach, a cura di F. R. Barnett, C. Lord, National Defense University Press,
Washington DC, 1989.
[18] “Political
warfare is a term […] that seems useful for describing a spectrum of overt and
covert activities designed to support national political-military
objectives”. Ibidem.
[19] W.
Stevenson, A Man Called Intrepid – The Secret War, Lyons Press, Toronto,
2000.
[20] Edward
Luttwak ha sostenuto che nel periodo immediatamente precedente all’entrata in
guerra degli Stati Uniti, avvenuta nel 1941, operavano su suolo americano
gruppi di pressione e di influenza, sia espressione della Gran Bretagna sia
della Germania nazista, il cui compito era di spingere il vertice
politico-militare statunitense ad assumere decisioni favorevoli ai rispettivi
interessi, con specifico riferimento all’evento bellico. E. Luttwak, op.
cit.
[21] A.
Giannulli, Come funzionano i servizi segreti, Ponte alle Grazie, Milano,
dicembre 2009.
[24] Michele
Bachmann, Louie Gohmert, Lynn Westmorleand, Trent Francks e Thomas Rooney,
tutti membri del Partito Repubblicano, hanno formalmente invitato, il 13 giugno
2012, l’ambasciatore Harold Geisel, responsabile del servizio ispettivo dello
U.S. Department of State, a investigare sulle capacità di influenza dei
Fratelli Musulmani nei confronti della politica estera degli Stati Uniti e a
verificare se, con specifico riferimento ad alcune scelte e misure adottate
durante il mandato del Segretario di Stato Hillary Clinton, vi sia stato il
coinvolgimento dell’organizzazione islamica o di personalità a essa collegate.
[25] P.
Guzzanti, I servizi russi: dal KGB a Putin, materiale didattico presentato
e distribuito dall’autore a supporto della lezione tenuta nell’ambito del
Master in Intelligence e Sicurezza Nazionale presso la Link Campus University
of Malta, Roma, 25 giugno 2010.
[26] Particolari
gruppi istituiti nei primi anni ’60 dal Presidente John Fitzgerald Kennedy,
caratterizzati da una competenza per materie specifiche e da una composizione
interministeriale/interagenzia. J. H. Michaels, Managing Global Counterinsurgency:
the Special Group (CI) 1962-1966, in Journal of Strategic Studies,
vol. 35-1, 2012.
[27] Articolazione
della CIA istituita nel 2005 ed erede del Directorate of Operations
dell’Agenzia. All’interno del Servizio vi è la Special Activities Division,
che, tra le varie competenze, ha anche quella di condurre attività di covert
influence.
[28] Organismo
operante nell’ambito dello U.S. Department of Defense, dal 30 ottobre 2001 fino
a febbraio 2002, con compiti di influenza, disinformazione e propaganda in
supporto alle operazioni militari fuori territorio statunitense. S. L.
Gough, The Evolution of Strategic Influence, U.S. Army War College –
Strategy Research Project, Carlisle Barracks, Pennsylvania, 2003.
[29] A.
Evans, D. Stevens, Organizing for Influence, Chatham House, giugno 2010.
[30] J.
Nye, “Get Smart: Combining Hard and Soft Power”, in Foreign Policy, luglio
– agosto 2009.
[31] A
esempio un impiego proattivo dei social media da parte delle istituzioni,
adeguatamente inquadrato nella cornice della strategia di sicurezza nazionale,
consentirebbe di esprimere elevate capacità sia di natura offensiva (operazioni
di influenza, propaganda, deception, disinformazione, perception management)
sia di natura difensiva (contro-propaganda, contro-ingerenza,
counter-deception, warning, ecc.). Non a caso, oggi, tra i più incisivi agenti
di influenza è possibile individuare i blogger e i gestori di contenuti
multimediali su piattaforme online di networking. A. Montagnese, Impact of
Social Media on National Security, Ce.Mi.S.S., Roma, aprile 2012.