giovedì 24 settembre 2020

BILL GATES E LA NEMESI TECNOMEDICA di Bianca Bonavita parte 2°


https://sinistrainrete.info/societa/18443-bianca-bonavita-bill-gates-e-la-nemesi-tecno-medica.html?fbclid=IwAR2w_I0htKHo4ERnDMF_hrEcrjpIDMhvtSoBU3Cf4omu0p7e221RzSKtelE

Differenze tra i vari paesi

La pandemia non ha colpito egualmente tutti i paesi. La Cina è stato il luogo dove è avvenuto il primo contagio. Sono stati in grado di utilizzare una quarantena inflessibile e un uso esteso dei tamponi per fermare la diffusione. In un secondo tempo sono stati i paesi più ricchi, che hanno più circolazione di persone che vengono da tutto il mondo, ad essere contagiati.
I paesi che hanno reagito rapidamente, hanno fatto tanti test e usato l’isolamento, hanno evitato il contagio su larga scala. I vantaggi di questa precoce reazione ha anche significato che questi paesi non hanno dovuto chiudere le proprie economie in maniera totale come altri. L’abilità di fare tamponi spiega bene molte differenze. È impossibile sconfiggere un nemico che non possiamo vedere. E quindi fare test è fondamentale per mettere sotto controllo la malattia e cominciare a riaprire l’economia.
Finora, i paesi in via di sviluppo come l’India e la Nigeria, hanno avuto una piccola percentuale del contagio globale registrato. Una delle priorità della nostra fondazione è stato aiutare questi paesi ad incrementare i tamponi affinché possano conoscere la loro reale situazione. Con un po’ di fortuna, la comprensione di alcuni fattori che ancora non ci sono noti, come per esempio l’influenza che il clima può avere sulla diffusione del virus, preverrà contagi in larga scala in questi paesi.
Comunque noi dobbiamo supporre che le dinamiche della malattia siano le stesse che in altri paesi.
Anche se la loro popolazione è sproporzionatamente giovane – che tenderebbe a significare meno morti da COVID19 – questo vantaggio è quasi certamente controbilanciato dal fatto che i sistemi immunitari delle persone dei paesi a basso reddito sono indeboliti dalla malnutrizione o dall’HIV. E meno l’economia di un paese è sviluppata, più è difficile la modifica dei comportamenti che riducono il tasso di riproduzione del virus. Se vivi in una periferia (slum) urbana e fai un lavoro informale per guadagnare abbastanza per nutrire la tua famiglia ogni giorno, non troverai facile evitare il contatto con altre persone. In più il sistema sanitario in questi paesi ha molta meno capacità, quindi sarà difficile anche solo fornire un trattamento di ossigeno a chiunque ne abbia bisogno.
Tragicamente è possibile che le morti totali nei paesi in via di sviluppo saranno molto più alte che nei paesi sviluppati.

In questo paragrafo Gates loda esplicitamente la Repubblica Popolare Cinese per la gestione efficiente e, aggiungiamo, totalitaria: la “quarantena inflessibile” e “l’uso esteso dei tamponi”. Si tratta del primo di una serie di riferimenti alla Cina, il cui modello di gestione del contagio viene elevato a modello governamentale da imitare.
Gates si sofferma sull’importanza dei test, su cui ritornerà più avanti in maniera più dettagliata, vincolando ad essi la “riapertura dell’economia”, e ritorna sul nemico da combattere mettendo l’accento sulla sua invisibilità. Solamente i test, ci dice Gates, possono smascherare il nemico che si cela in ogni persona, che è dunque ogni persona. Di qui l’uso massivo dei tamponi (che sappiamo avere una percentuale significativa di falsi positivi) che nella fase acuta dell’evento Covid-19 sono serviti, insieme al terroristico conteggio quotidiano dei morti “positivi al virus”, ad ingigantire la percezione del fenomeno. Tamponi che peraltro, insieme all’uso indiscriminato dei termoscanner, hanno abituato le persone ad accettare piccoli Tso quotidiani preventivi in nome di un presunto bene collettivo. Misure, in questo caso esenti da effetti collaterali, che possono però essere lette anche come preparazione simbolica di massa all’accettazione di altre future imposizioni di trattamenti sanitari ben più invasivi. A ben guardare l’evento spettacolare Covid-19 può essere letto fino ad ora come un gigantesco trattamento sanitario obbligatorio di prevenzione agito sull’intera popolazione di molti paesi.
Nella seconda parte del paragrafo, Gates accenna alla questione della diffusione del virus nei cosiddetti paesi in via di sviluppo assicurandoci di fatto che un’eventuale bassa diffusione registrata sarà illusoria perché dovuta a una difficoltà logistica nell’effettuare test sulla popolazione, dovuta all’impreparazione dei governi e dei loro sistemi sanitari, e che probabilmente ci saranno più morti nei paesi in “via di sviluppo” che in quelli “sviluppati”.
Ricordiamo che buona parte delle attività della Fondazione Gates è proprio rivolta ai cosiddetti paesi in via di sviluppo attraverso il finanziamento a progetti mirati dell’OMS e della sua partner GAVI, che si occupa di diffondere in essi campagne vaccinali di massa.
Attraverso la definizione “sproporzionatamente giovane”, riferita alla popolazione dei “paesi in via di sviluppo” Gates tradisce la vocazione malthusiana della sua fondazione e dell’istituto per la “salute riproduttiva” ad essa collegato.
Il filantropismo farmaceutico dei magnati alla Gates è, a dir poco, in odor di imperialismo e ancora una volta tornano utili le parole di Illich quando rileva come la medicina moderna occidentale agisca da colonizzatrice nei confronti delle culture tradizionali, esportando medicalizzazione e ospedalizzazione laddove andrebbero soltanto rimosse condizioni strutturali dannose per la salute spesso provocate dallo stesso colonialismo economico e culturale occidentale.
“Quando una cultura si medicalizza, in qualunque parte del mondo, la struttura tradizionale delle usanze, che possono diventare esercizio consapevole nella pratica personale della virtù dell’igiene, viene progressivamente paralizzata da un sistema meccanico, un codice medico in forza del quale gli individui si rimettono alle istruzioni emanate dai loro custodi sanitari. (…) Gli obbiettivi della civiltà medica metropolitana sono così antitetici a ogni programma sanitario culturale ch’essa incontra sulla via della progressiva colonizzazione”.

Cosa dobbiamo imparare
La nostra conoscenza della malattia ci aiuterà con strumenti e politiche. Ci sono numerose questioni chiave che ancora non capiamo. Si stanno facendo numerosi studi per rispondere a queste domande, incluso uno a Seattle fatto dall’Università di Washington. La collaborazione globale su questi aspetti è impressionante e dovremmo riuscire a sapere di più entro l’estate.
La malattia è stagionale o dipendente dal clima? Quasi tutti i virus respiratori sono stagionali (un gruppo che include anche il COVID-19). Questo significherebbe che ci sono meno infezioni in estate, il che potrebbe cullarci in una falsa sicurezza e noncuranza fino all’autunno. È un problema che dipende dal punto di vista. Noi vediamo che il nuovo coronavirus si sta diffondendo in Australia e altri luoghi dell’emisfero sud, dove le stagioni sono opposte alla nostra, e quindi già sappiamo che il virus non è stagionale come l’influenza.
Quante persone asintomatiche hanno abbastanza virus da contagiarne altre? Le persone che sono guarite e hanno ancora del virus residuale – quanto sono contagiose? Modelli fatti al computer dimostrano che se ci sono molte persone asintomatiche ma contagiose, è molto più difficile riaprire senza una recrudescenza dei casi. C’è molto disaccordo su quanti contagi vengano da queste fonti, ma noi sappiamo che molte persone con il virus non hanno sintomi, e una porzione di queste può finire col trasmetterlo.
Perché i giovani hanno un minore rischio di ammalarsi gravemente quando si contagiano? Comprendere le dinamiche di questa cosa ci aiuterà a soppesare i rischi della riapertura delle scuole. È un tema complicato perché anche se i giovani non si ammalano, potrebbero comunque diffondere la malattia ad altre persone.
Quali sintomi indicano che dovresti essere testato? Alcuni paesi misurano la temperatura di molte persone, come screening iniziale. Se fare questo ci aiuta a trovare più potenziali casi, potremmo usarlo agli aeroporti e ai grandi raduni. Dobbiamo fare i test che abbiamo a disposizione alle persone a più alto rischio, perché non abbiamo test per tutti.
Quali attività causano il rischio più alto d’infezione? Le persone mi fanno domande sull’evitare cibi preparati o i pomelli delle porte o i bagni pubblici, così possono minimizzare il rischio. Vorrei sapere cosa rispondere loro. Dovranno essere prese delle decisioni sui differenti tipi di raduni, come la scuola, o la chiesa e se dovrà essere richiesto un qualche tipo di distanziamento. Nei luoghi senza una buona sanificazione, ci potrebbe essere diffusione da contaminazione fecale perché le persone contagiate disperdono il virus.
Chi è più sensibile alla malattia? Sappiamo che le persone anziane corrono i maggiori rischi di grave malattia o morte. Comprendere come il genere, la razza e le co-morbilità interagiscono con questo è un work in progress.
In questo paragrafo costellato di banalità come “Sappiamo che le persone anziane corrono i maggiori rischi di grave malattia o morte”, Gates si premura di avvisarci che l’estate ci darà l’illusione erronea di essere al sicuro e che in autunno probabilmente ci sarà una recrudescenza dei casi.
L’allarme deve dunque essere tenuto alto anche durante l’estate perché questo virus, a differenza evidentemente di altri virus che provocano sindromi influenzali e che ogni anno vengono, vanno o ritornano mutati, sarà sconfitto solo attraverso le innovazioni tecnologiche che ancora non possediamo. Quali? Ci arriveremo.
Ci pare interessante far notare come Gates, dall’alto della sua auto-investitura, si senta in diritto di poter dire che dovranno essere prese delle decisioni su raduni quali quelli delle scuole e delle chiese. Vale forse la pena sottolineare, come peraltro è già stato fatto altrove, che durante l’evento Covid-19 esse sono state entrambe minate alle fondamenta: la scuola e l’università essendo immediatamente assorbite nella spettralità degli schermi; la religione avendo definitivamente ceduto il governo delle anime ridotte a nuda vita alla medicina come avanguardia mascherata del capitalismo.

Il ruolo della fondazione Gates
In tempi normali, la Fondazione Gates mette più della metà delle sue risorse nella riduzione delle morti da malattie infettive. Queste malattie sono la ragione per la quale un bambino in un paese povero ha 20 volte la possibilità di morire prima dei 5 anni che uno in un paese ricco. Noi investiamo nell’invenzione di nuove terapie e vaccini per queste malattie e nel fare in modo che questi siano distribuiti a chiunque ne abbia bisogno. Le malattie includono HIV, malaria, tubercolosi, polio e polmonite. Tutte le volte che c’è un’epidemia come Ebola, SARS o Zika, lavoriamo con i governi e il settore privato per aiutare a fare un modello dei rischi e a incentivare le risorse per creare nuovi strumenti per fermare l’epidemia. È stato per questo che nella mia TED talk del 2015 parlai del fatto che il mondo non era pronto per un’epidemia respiratoria. Sebbene non sia stato fatto abbastanza, alcuni passi sono stati fatti per prepararsi, incluso la creazione della CEPI (Coalition for Epidemic Preparedness Innovation), di cui parlerò più sotto nella sezione vaccini.
Ora che l’epidemia ha colpito, stiamo usando la nostra esperienza per trovare le idee migliori in ogni area e far sì che vengano implementate velocemente. Ci sono molti sforzi in atto. Più di 100 gruppi stanno lavorando sulle terapie e altri 100 sui vaccini. Stiamo finanziando una parte di questi ma li stiamo seguendo tutti quanti da vicino. La chiave è guardare ad ogni progetto per vedere non solo la sua possibilità di funzionamento ma anche le probabilità che possa essere implementata per aiutare l’intero mondo.
Un’attività urgente è raccogliere soldi per lo sviluppo di nuovi strumenti. Penso a questo come ai miliardi che abbiamo bisogno di spendere adesso per poter poi risparmiare migliaia di miliardi in un secondo tempo. Ogni mese che ci vuole per avere il vaccino è un mese nel quale l’economia non può ritornare alla normalità. Però non è chiaro come i paesi si uniranno per coordinare i finanziamenti. Alcuni fondi potrebbero andare direttamente al settore privato ma i paesi che li erogano esigono che i loro cittadini abbiano la priorità nel ricevere il vaccino. C’è molta discussione tra i governi, l’OMS, il settore privato e la nostra fondazione sul come organizzare questi sforzi.

In questo paragrafo Gates dopo averci informato dell’impegno filantropico profuso dalla sua Fondazione nella produzione e diffusione dei vaccini su larga scala e dopo averci ricordato il suo profetico (o programmatico?) discorso del 2015, entra nel vivo del suo programma di governo attribuendo chiaramente alla sua Fondazione, non si capisce sulla base di quale legittimità politica, un ruolo di coordinamento tra governi, OMS e settore privato (presumibilmente non solo case farmaceutiche e industrie biotecnologiche ma anche colossi dell’hi-tech fornitori delle tecnologie per i tracciamenti).
Per la prima volta dall’inizio della sua trattazione, Gates dichiara senza mezzi termini che soltanto l’arrivo di un vaccino (come nel film hollywoodiano “Contagion”) consentirà il ritorno alla normalità: “ogni mese che ci vuole per avere il vaccino è un mese nel quale l’economia non può tornare alla normalità”. Ecco cosa, quindi chi, deciderà sulla sospensione dello stato di emergenza.
Di fatto attraverso CEPI e la già citata GAVI, viene lanciata una sorta di gara o di bando globale per la preparazione di un vaccino salvifico in grado di riavviare il sistema. Ingenti somme di denaro pubblico stanno già confluendo al settore privato attraverso questi due grandi contenitori a partecipazione mista, entrambi promossi e largamente finanziati dalla Fondazione Gates. Lo stesso governo italiano, che dovrà affrontare la crisi economica più devastante del dopoguerra, ha stanziato 140 milioni di euro per il vaccino, di cui 10 a CEPI, 10 all’OMS e 120 a Gavi in cinque anni.

L’innovazione per sconfiggere il nemico
Durante la seconda guerra mondiale, un’impressionante quantità di innovazione, incluso il radar, siluri affidabili e decifratori di codici, aiutarono a terminare prima la guerra. Sarà la stessa cosa con la pandemia. Io divido l’innovazione in cinque categorie: terapie, vaccini, test, tracciamento dei contatti e politiche per la riapertura. Senza avanzamenti in ognuna di queste aree, non potremo tornare agli affari come al solito o fermare il virus. Sotto analizzerò nel dettaglio ogni area.
Di nuovo Gates ritorna sulla metafora bellica e ribadisce l’importanza delle innovazioni tecnologiche nella risoluzione della guerra. Ci sembra interessante far notare che Gates, nel suo breve elenco di innovazioni che aiutarono a terminare prima, ovvero a vincere, la seconda guerra mondiale, ometta di citare la bomba atomica. La rimozione dello spettro nucleare, che sembra aver magicamente esaurito il suo potenziale terrorizzante con la caduta del muro di Berlino, (benché sia stato periodicamente agitato per iniziare qualche guerra), non ha certo contribuito a metterci in guardia dai pericoli di autodistruzione resi possibili dal prometeismo scientifico.
E la questione del limite alla scienza si dimostra in questi giorni, ancora una volta, una questione politica di improrogabile centralità.

Scrive Illich:
“Le conseguenze tecniche della medicina istituzionale, fondendosi con quelle non tecniche, generano una nuova specie di sofferenza: la sopravvivenza anestetizzata, impotente e solitaria in un mondo trasformato in una corsia d’ospedale. La nemesi medica è quella che prova l’individuo spogliato d’ogni capacità autonoma di affrontare la natura, i vicini e i sogni, e conservato tecnicamente dentro a sistemi ambientali, sociali e simbolici. (…) La percezione della nemesi porta a una scelta. O i confini naturali dello sforzo umano vengono considerati, riconosciuti e tradotti in limiti determinati politicamente, o come alternativa all’estinzione si accetta la sopravvivenza obbligata in un inferno pianificato e tecnicizzato (…) o la società si decide di sottoporre i vari beni che produce alle medesime rigorose limitazioni, tali da garantire eguale libertà a tutti i suoi membri, o dovrà accettare controlli gerarchici senza precedenti per fornire a ciascun cittadino quello che le burocrazie assistenziali diagnosticheranno essergli di bisogno.”
La medicina assurta a religione porta all’estremo il carattere imperialista della società industriale. Nuovo terreno di conquista, come ben individuato da Illich nel 1976, dell’imperialismo capitalista, attraverso la medicalizzazione, è il bisogno degli individui di delegare a degli esperti la sofferenza, la malattia e la morte. Il grande evento spettacolare Covid-19 ne è ulteriore dimostrazione, laddove la medicina, nella sua accezione farmaceutica, si erige a sovrana.
La medicina, con la casta sacerdotale dei medici e più in generale degli scienziati, non solo si sostituisce al capitalismo come religione ma si sovrappone ad esso diventandone la nuova incarnazione. Il capitalismo e la medicina tendono ora a coincidere in religione fornendo insieme ai pazienti consumatori, che coincidono ormai con tutta l’umanità, le risposte ai loro bisogni indotti di sicurezza sanitaria.
Per scongiurare “l’inferno pianificato e tecnicizzato” preconizzato da Illich, ora alle porte, è quanto mai urgente quella traduzione, auspicata da Illich, in limiti determinati politicamente dei “confini naturali dello sforzo umano”.
E tali limiti andrebbero attentamente considerati nella disamina delle innovazioni tecnologiche che Gates andrà ora a trattare.
Se c’è una cosa che il Novecento avrebbe dovuto insegnarci è che tutto ciò che la tecnologia rende possibile non dovrebbe necessariamente essere usato.

Terapie
Ogni settimana, si leggerà di nuove terapie che saranno sperimentate, ma molte di loro falliranno. Eppure sono ottimista che alcune di queste terapie ridurranno significativamente il carico della malattia. Alcune saranno più facili da distribuire nei paesi ricchi che in quelli poveri, e alcune necessiteranno di tempo per implementarsi. Una parte di queste potrebbero essere disponibili per l’estate o l’autunno.
Se nella primavera del 2021 le persone andranno a grandi eventi pubblici – come una partita sportiva o un concerto in uno stadio – sarà perché abbiamo un terapia miracolosa che renderà le persone fiduciose nell’uscire di nuovo. È difficile sapere precisamente qual è la soglia, ma credo che sia qualcosa come il 95%; questo significa che necessitiamo di una terapia efficace al 95% perché le persone si sentano di nuovo sicure in grandi raduni pubblici. Nonostante sia possibile che una combinazione di terapie abbia più del 95% di efficacia, non è però verosimile, quindi non ci possiamo contare. Se le migliori terapie riducono le morti di meno del 95%, allora avremo ancora bisogno di un vaccino prima di poter tornare alla normalità.
Una potenziale terapia, che non si può definire un farmaco, è quella di raccogliere il sangue dai pazienti che sono guariti dal COVID19, dopo essersi assicurati che sia libero da coronavirus o altre infezioni, e dare il plasma alle persone malate. Le principali aziende in quest’area stanno lavorando insieme per elaborare un protocollo standard per vedere se questo funziona. Dovranno misurare ogni paziente per vedere quanto sono forti i suoi anticorpi. Una variante di questo approccio è prendere il plasma e concentrarlo in un composto chiamato globulina iperimmune, che è più semplice e veloce da somministrare ad un paziente che il plasma non concentrato. La fondazione sta supportando un consorzio di molte delle principali aziende che lavorano in quest’area per accelerare la valutazione e, se la procedura funziona, essere pronti ad implementarla. Queste aziende hanno sviluppato un’alleanza per il plasma (https://www.covig-19plasmaalliance.org/en-us#recruitment) per aiutare i pazienti guariti dal COVID-19 a donare plasma per questo sforzo.
Un altro tipo di potenziale terapia consiste nell’identificare gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario umano che sono i più efficaci contro il nuovo coronavirus. Una volta che questi anticorpi sono stati trovati, essi possono essere costruiti e usati come terapia o come modo per prevenire la malattia (in questo caso è nota come immunizzazione passiva). L’approccio anticorpale ha delle buone probabilità di funzionare, sebbene sia poco chiaro quante dosi possano essere fatte. Dipende da quanto materiale anticorpale si necessiti per dose; nel 2021, le industrie potrebbero essere in grado di produrre da un minimo di materiale anticorpale utile per 100.000 terapie ad un massimo di molti milioni. I tempi per la fabbricazione sono di circa sette mesi nel migliore dei casi. I beneficiari dei nostri finanziamenti stanno lavorando per comparare i differenti anticorpi e fare in modo che solo i migliori possano essere prodotti, stante una ridotta capacità di fabbricazione.
C’è una categoria di farmaci chiamati antivirali, che impediscono al virus di funzionare o riprodursi.
L’industria farmaceutica ha creato dei meravigliosi antivirali per aiutare le persone con HIV, nonostante ci siano voluti decenni per implementare una vasta scelta di efficaci terapie a tre farmaci. Per il nuovo coronavirus, il candidato farmaco principale in questa categoria è il Remdesivir delle Gilead, che è in sperimentazione adesso. Fu creato per l’Ebola. Se dimostra di essere efficace, allora la fabbricazione dovrà essere implementata drasticamente.
La fondazione ha chiesto recentemente alle industrie farmaceutiche di avere accesso alle loro sperimentazioni di farmaci antivirali così che i ricercatori finanziati dal Therapeutics Accelerator (https://www.gatesfoundation.org/TheOptimist/Articles/coronavirus-mark-suzman-therapeutics) possano fare delle selezioni per vedere quali debbano iniziare per primi le sperimentazioni umane. Le industrie farmaceutiche hanno risposto molto velocemente, e quindi c’è una lunga lista di antivirali da selezionare.

Un’altra classe di farmaci funziona perché cambia il modo in cui il corpo umano reagisce al virus.
L’idrossiclorochina è in questo gruppo. La fondazione sta finanziando una sperimentazione che darà indicazioni se funziona sul COVID-19 per la fine di maggio. Sembra che i benefici saranno alla fine modesti, nel migliore dei casi.
Un altro tipo di farmaco che cambia il modo in cui un umano reagisce al virus è chiamato modulatore del sistema immunitario. Questi farmaci sarebbero d’aiuto per la malattia all’ultimo stadio di gravità. Tutte le aziende che lavorano in quest’area stanno facendo tutto quello che possono per aiutare la sperimentazione.
Gates in questo paragrafo, costellato di lodi alle industrie farmaceutiche, fa un elenco di alcune terapie di cui abbiamo sentito parlare in questi mesi, tra le quali quella che prevede l’uso del plasma delle persone guarite e che in Italia, benché sembri aver prodotto risultati incoraggianti, è stata nei media trattata timidamente, quando non ostracizzata.
Quello che sembra importare a Gates, in questa breve trattazione sulle terapie, è di affermare la tesi, senza portare alcuna dimostrazione, che sia altamente improbabile il “ritorno alla normalità”, identificato qui con “i grandi raduni pubblici”, attraverso il solo uso di terapie efficaci. Esse dovrebbero superare, non si capisce in base a quale evidenza scientifica, il 95% di efficacia per poter garantire il “ritorno alla normalità”. In mancanza del raggiungimento di questa soglia, ci assicura Gates in maniera sbrigativa, avremo ancora bisogno di un vaccino.
E qui entriamo in una delle questioni nodali dell’evento Covid-19.

Vaccini
I vaccini hanno salvato più vite che ogni altro strumento nella storia. Il vaiolo, che uccideva milioni di persone ogni anno, fu eliminato con un vaccino. I nuovi vaccini hanno giocato un ruolo chiave nel ridurre le morti infantili da 10 milioni all’ anno nel 2000 a meno di 5 milioni all’anno oggi.
Siccome non disponiamo di una cura miracolosa e non possiamo contare su di essa, l’unico modo di far tornare il mondo al punto in cui era prima che arrivasse il COVID-19, è un vaccino molto efficace che prevenga la malattia. Sfortunatamente, il tipico tempo di sviluppo per un vaccino contro una nuova malattia è più di 5 anni. Questo tempo si suddivide in: a) scegliere il vaccino candidato; b) testarlo sugli animali; c) un test di sicurezza su un piccolo numero di persone (conosciuta come fase 1); d) un test di efficacia e sicurezza su un numero medio di persone (fase 2); e) un test di efficacia e sicurezza su un grande numero di persone (fase 3); f) approvazione normativa finale e produzione mentre il vaccino viene registrato in tutti i paesi.
I ricercatori possono risparmiare tempo comprimendo le fasi cliniche di sicurezza/efficacia mentre conducono in parallelo test sugli animali e contestualmente pianificano la capacità di produzione. Anche così nessuno saprà in anticipo quale approccio vaccinale funzionerà, quindi ne devono essere finanziati un bel numero così possono avanzare insieme ad alta velocità. Molti approcci vaccinali falliranno perché non genereranno una forte risposta immunitaria che fornisca protezione. Gli scienziati avranno delle risposte in questo senso entro tre mesi di sperimentazione di un dato vaccino sugli umani, guardando alla generazione di anticorpi. Di particolare rilevanza è capire se il vaccino proteggerà le persone più anziane, i cui sistemi immunitari non rispondono solitamente molto bene ai vaccini.
La questione della sicurezza è ovviamente molto importante. Gli enti di controllo sono molto severi sulla sicurezza, per evitare effetti collaterali e anche per proteggere largamente la reputazione dei vaccini, in quanto se uno di loro dà origine a problemi significativi, le persone diventeranno più riluttanti a prendere qualsiasi vaccino. I controllori in tutto il mondo dovranno lavorare insieme per decidere quanto grande deve essere il database di sicurezza per approvare un vaccino per il COVID- 19.
Un passo intrapreso dopo che la fondazione e altri nel 2015 chiesero investimenti per essere pronti ad affrontare una pandemia, fu la creazione della Coalition for Epidemic Preparedness Innovation (CEPI). Sebbene le risorse fossero abbastanza modeste, esse hanno aiutato a far avanzare nuovi approcci alla produzione di vaccini che possono essere usati per questa pandemia. CEPI ha aggiunto delle risorse per lavorare su di un approccio chiamato “vaccini RNA”, che la nostra fondazione ha supportato.
Tre aziende stanno approfondendo questo approccio. Il primo vaccino a iniziare una sperimentazione umana è un vaccino RNA di Moderna, che ha cominciato la fase uno di valutazione di sicurezza clinica a marzo.
Un vaccino RNA è significativamente diverso da un vaccino convenzionale. Una dose di anti-influenzale, per esempio, contiene tracce di virus influenzale che il sistema immunitario impara ad attaccare. Questo è quello che fornisce l’immunità. Con un vaccino RNA, piuttosto che iniettare frammenti del virus, si dà al corpo il codice genetico necessario per produrre diverse copie di questi frammenti.
Quando il sistema immunitario vede i frammenti virali, impara come attaccarli. Un vaccino RNA essenzialmente trasforma il corpo nella sua propria unità di produzione del vaccino.
Ci sono anche almeno 5 ipotesi principali che sembrano promettenti e che usano altri approcci che insegnano al sistema immunitario a riconoscere e attaccare un’infezione virale. CEPI e la nostra fondazione seguiranno gli sforzi di tutto il mondo per far sì che quelli più promettenti abbiano le risorse. Una volta che il vaccino sarà pronto, il nostro partner GAVI farà sì che sia disponibile anche nei paesi a basso reddito.
Una grande scommessa per le sperimentazioni dei vaccini è che il tempo richiesto per i trials dipende dal trovare luoghi di sperimentazione dove la percentuale di contagio è piuttosto alta. Mentre si sta preparando il sito per il trial e si sta ottenendo l’approvazione dei controllori, la percentuale di contagio in quel luogo può scendere. E le sperimentazioni devono coinvolgere un numero sorprendentemente alto di persone. Per esempio, supponiamo che il tasso atteso di contagio sia dell’1% all’anno e che si voglia avviare un trial nel quale ci si aspetta che 50 persone siano contagiate senza vaccino. Per avere un risultato efficace in 6 mesi, il trial necessiterebbe l’inclusione di 10.000 persone.

Lo scopo è quello di prendere uno o due dei migliori costrutti vaccinali e vaccinare il mondo intero – e cioè produrre 7 miliardi di dosi se è un vaccino a dose singola, e 14 miliardi se è un vaccino a due dosi. Il mondo avrà fretta di averlo, quindi le dimensioni e la portata della fabbricazione saranno senza precedenti e dovranno presumibilmente coinvolgere più aziende.
Mi chiedono spesso quando inizierà la vaccinazione su larga scala. Come sostengono i funzionari americani di alto grado della salute pubblica, penso che ci vorranno circa 18 mesi, anche se potrebbero essere 9 mesi o quasi due anni. Determinante sarà la lunghezza della sperimentazione della fase 3, quando si determina la piena sicurezza ed efficacia.
Quando il vaccino sarà prodotto, sorgerà la questione di chi dovrebbe essere vaccinato prima. Idealmente dovrebbe esserci un accordo globale su chi dovrebbe avere per primo il vaccino, ma dati i numerosi interessi in competizione, questo accordo probabilmente non ci sarà. I governi finanziatori, i paesi dove vengono condotte le sperimentazioni e i paesi dove la pandemia ha colpito più duramente: tutti questi soggetti porteranno avanti l’idea che loro dovrebbero avere la priorità.
Qui Gates prende le mosse da quello che viene presentato come un dogma di fede indiscutibile: il ruolo salvifico e miracoloso dei vaccini nella storia della medicina.
In realtà la letteratura sull’argomento, molto vasta, presenta tesi anche molto discordanti e vi sono numerosi studi che dimostrano come l’incidenza delle vaccinazioni nella diminuzione delle epidemie causate dalle malattie infettive non sia così preminente come spesso viene propagandata. Molte ricerche indicano come determinante, nella regressione della morbilità e della mortalità per malattie infettive, l’introduzione dell’uso di acqua pulita e delle fogne.
“In particolare i dati statistici indicano che:
la regressione delle epidemie si è verificata con curve simili sia nei Paesi e/o nei gruppi non vaccinati che nei Paesi e/o nei gruppi vaccinati a parità di condizioni igieniche;
l’efficacia delle vaccinazioni non è stata tale da impedire il verificarsi di epidemie, nonostante l’ampia copertura vaccinale della popolazione;
la riduzione della morbilità e mortalità per le malattie per cui sono stati creati i vaccini sono iniziati ben prima della immunizzazione stessa.”

Gates ribadisce poi, per l’ennesima volta, che non esiste cura miracolosa al Covid-19 e che l’unica innovazione che potrà farci tornare alla “normalità” sarà il vaccino. Sottintendendo due falsità: che possano esistere cure miracolose in generale (di nuovo la medicina come religione) e che la cura miracolosa per il Sars-CoV-2, un virus potenzialmente mutevole, sia, senza dimostrazione alcuna, un vaccino.
Lo stesso Gates ammette che abitualmente occorrono cinque anni di ricerche e di sperimentazioni per lo sviluppo di un vaccino per una nuova malattia. Più avanti profetizza che per il Sars-CoV-2, (visto forse la gara globale che è stata bandita per la sua produzione, e magari qualche scorciatoia nella procedure di sicurezza), occorreranno tra i 9 e i 24 mesi. Ma se il Sars-CoV-2 può subire mutazioni è legittimo chiedersi da cosa immunizzerebbe il vaccino prodotto.
Una risposta a questa domanda potrebbe essere nelle parole di Gates sui vaccini a RNA che, a differenza dei vaccini classici (i quali inoculano, insieme ad adiuvanti di non sempre provata innocuità quando non di comprovata dannosità, lo stesso virus attenuato vivo o inattivato) sono vaccini biotecnologici in corso di sperimentazione che agiscono attraverso la genetica.
“Con un vaccino RNA, piuttosto che iniettare frammenti del virus, si dà al corpo il codice genetico necessario per produrre diverse copie di questi frammenti. Quando il sistema immunitario vede i frammenti virali, impara come attaccarli. Un vaccino RNA essenzialmente trasforma il tuo corpo nella sua propria unità di produzione del vaccino.”
Trasformare il nostro corpo, peraltro già dotato di un naturale sistema immunitario, in una “unità di produzione del vaccino”, ci sembra un passo oltre uno di quei limiti da determinare politicamente di cui parla Illich. Attraverso quali biotecnologie avverrebbe questa trasformazione? In che modo esse potrebbero interagire con il Dna individuale? E soprattutto non si ribadisce in questo modo, ancora più che con i vaccini classici, l’inadeguatezza dell’essere umano di fronte alla malattia e dunque la totale, e ancor più grave poiché strutturalmente preventiva, espropriazione della capacità naturale di un corpo di reagire alla sua, personale, malattia?
Ci pare interessante far notare come in un passaggio della sua trattazione Gates ammetta come i sistemi immunitari delle persone più anziane non rispondano solitamente molto bene ai vaccini.
Le campagne vaccinali per l’influenza rivolte alle persone più anziane sono state negli ultimi anni sempre più pressanti.

Cosa intende Gates quando scrive che le persone più anziane non rispondono solitamente molto bene ai vaccini? Sta parlando di inefficacia o di qualche forma di iatrogenesi clinica, ovvero di danni ed effetti inattesi provocati dal vaccino stesso?
Immediatamente dopo Gates scrive: “La questione della sicurezza è ovviamente molto importante.”
Qui si entrerebbe in un campo sterminato. Ci sembra rilevante riportare il comma 1 dell’articolo 1 delle legge italiana 210/92:
“Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge.”
Leggi simili esistono in molti altri paesi a riprova del fatto che il danno da vaccino non è una “fake news”.
Per aggiungere un elemento utile alla comprensione di ciò che sta accadendo nel nostro paese ci pare interessante far rilevare come nel settembre del 2014 l’Italia sia stata nominata a Washington, dal “Global Health Security Agenda”, paese capofila nel mondo per le strategie e le campagne vaccinali.Tre anni dopo questa nomina, viene approvata in Parlamento, provocando un rumoroso dibattito pubblico, la legge 119/2017 che istituisce l’obbligo di dieci vaccinazioni nella fascia d’età 0-16.
Nel settembre del 2019 si tiene a Bruxelles una conferenza dal titolo “Global Vaccination Summit” che ha tra i suoi propositi quello di realizzare “dieci azioni verso la vaccinazione per tutti”.
Tutto il dibattito sulle vaccinazioni in Italia è stato, e continua, ad essere falsato da una mistificante impostazione della questione, avvallata soprattuto dai media, che attraverso un’etichetta (No Vax) ha voluto appiattire il dibattito alla misera semplificazione di essere contro o a favore dei vaccini, mentre la questione era ed è di ben altra portata ed ha a che fare con la libertà dell’individuo di potersi sottrarre a un trattamento sanitario obbligatorio imposto in nome di un presunto, tutto da dimostrare, bene collettivo.

Ancora una volta le parole di Illich risultano illuminanti:
“ L’individuo è subordinato alle superiori <> del tutto, le misure preventive diventano obbligatorie, e il diritto del paziente a negare il consenso alla propria cura si vanifica allorché il medico sostiene ch’egli deve sottoporsi alla diagnosi non potendo la società permettersi il peso d’interventi curativi che sarebbero ancora più costosi.”
Si tratta dello stravolgimento, da lui descritto, dei diritti civili in doveri civici.
L’articolo 2 della Convenzione di Oviedo, il primo trattato internazionale sulla bioetica del 1997, sembra aver accolto le preoccupazioni di Illich:
“Primato dell’essere umano. L’interesse e il bene dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della scienza.”
Su questo dovrebbe vertere oggi il dibattito pubblico in tema di vaccinazioni e una politica, libera finalmente da ogni subalternità rispetto a una scienza attraversata da molti conflitti di interesse, dovrebbe agire in difesa di questo primato.
Oltre alla libertà di cura e all’inviolabilità del corpo, in gioco vi è anche una pericolosa idea di umanità fondata sull’immunità, un’umanità che, ben lungi dal mettere in comune un prendersi cura reciproco, si sente solipsisticamente immune, ovvero, etimologicamente, esente da obblighi e doveri, dal momento che vi ha assolto attraverso i dispositivi imposti dal governo medico-tecnologico.
Ma gli interessi in gioco forse sono troppo grandi. La scala di produzione, ci dice Gates, sarà senza precedenti, “lo scopo è quello di prendere uno o due dei migliori costrutti vaccinali e vaccinare il mondo intero – e cioè 7 miliardi di dosi se è un vaccino a dose singola, e 14 miliardi se è un vaccino a due dosi.”
Ci sarà, vaticina Gates, una disputa internazionale su quali paesi potranno ricevere per primi il prodotto miracoloso, e tra questi, ci informa Gates, accamperanno certamente i loro diritti i paesi finanziatori…

E di nuovo risuonano profetiche le parole di Illich:
“Prima la medicina moderna controllava un mercato di dimensioni limitate; oggi il suo mercato non ha più confini. Si è arrivati al punto che persone non malate si assoggettano a un’assistenza professionale nell’interesse della loro salute futura. Risultato: una società morbosa che chiede una medicalizzazione universale, e un’istituzione medica che attesta una universale morbosità”.
I vaccini sono evidentemente l’emblema di questa tendenza della medicina moderna alla medicalizzazione totale. Si sta parlando, senza mezzi termini, di vaccinare l’intera umanità.
Il mercato farmaceutico, diffondendo la distorta convinzione che si faccia prevenzione molto più con i farmaci che con una forma di vita sana e prossima alla natura, programma ora di estendere la domanda dei suoi prodotti, propagandandone il bisogno, alla fetta di mercato più grande della storia del capitalismo: sette miliardi di persone.
È certo più proficuo, invece che concentrarsi sullo sviluppo di farmaci che possano aiutare le sole persone malate a guarire, investire nello sviluppo di un farmaco che consideri tutte le persone sane dei malati in potenza. Come nelle distopie in cui il crimine viene, attraverso una tecnologia avanzata, impedito ancor prima che accada e i criminali assicurati alla giustizia prima che commettano reato, ora si programma di prevenire una malattia considerando malata l’intera umanità.

I test
Tutti i test per il nuovo coronavirus prevedono un tampone nasale che viene poi elaborato in una macchina per la reazione a catena della polimerasi (PCR). La nostra fondazione ha investito nella ricerca e ha dimostrato che il paziente che si esegue il tampone da solo, nel fondo del naso, è affidabile come il dottore che fa il tampone fin dentro la gola. I nostri ricercatori stanno anche lavorando per progettare tamponi economici e capaci di essere prodotti in larga scala ma che funzionano bene come gli altri. Questo approccio dell’auto-tampone è più veloce, protegge gli operatori sanitari dai rischi dell’esposizione, e dovrebbe consentire agli enti di controllo di approvare la sua esecuzione in virtualmente qualsiasi luogo invece che solamente al centro medico. Il test PCR è molto sensibile – ed è in grado di mostrare se si ha il virus anche prima che si abbiano sintomi e si possano infettare altre persone.
C’è stata molta attenzione sul numero di test fatti in ogni paese. Alcuni, come la Corea del Sud, hanno fatto un grande lavoro intensificando la capacità di fare i test. Ma il numero dei test da solo non mostra se essi siano usati efficacemente. Si deve anche assicurarsi di dare priorità ai test sulle persone giuste. Per esempio, gli operatori sanitari dovrebbero essere in grado di avere indicazione immediata sul fatto di essere contagiati o meno, così da sapere se possono continuare a lavorare. Le persone senza sintomi non dovrebbero essere testate fino a quando non abbiamo abbastanza test per tutti coloro che hanno sintomi.
Inoltre, i risultati del test dovrebbero arrivare in meno di 24 ore così da sapere velocemente se si deve continuare ad isolarsi e a mettere in quarantena le persone conviventi. Negli Stati Uniti, ci volevano sette giorni in alcuni luoghi per avere i risultati, il che riduce il loro valore in maniera netta. Questo tipo di ritardo è inaccettabile.
Ci sono due tipi di macchine PCR: quelle ad alto volume di lavorazione e quelle a basso volume di processazione. Entrambe hanno un ruolo da giocare. Le macchine ad alto volume hanno una grande capacità. Quelle a basso volume sono migliori quando è importante avere un risultato in meno di un’ora. Tutti coloro che fabbricano queste macchine, e alcune nuove, stanno costruendo quanti più esemplari possibili. Aggiungere questa capacità e fare un uso completo di tutte le macchine già disponibili incrementerà la capacità di testare. La fondazione sta parlando con i fabbricanti sui modi differenti per far funzionare le macchine grandi in modo che possano farle rendere più del doppio.

Un altro tipo di test che si sta sviluppando è chiamato test diagnostico rapido (RDT). Questo sarebbe come un auto-test di gravidanza. Ci si potrebbe fare un tampone al naso come il test PCR ma invece di mandarlo in laboratorio a sviluppare, lo si potrebbe mettere in un liquido e poi versare quel liquido su una striscia di carta che cambierebbe colore se rileva il virus.
Questo tipo di test potrebbe essere disponibile in pochi mesi. Anche se potrebbe non essere sensibile come un test PCR, per chi presenta i sintomi dovrebbe essere abbastanza preciso. Si dovrebbe comunque comunicare il risultato del test al proprio governo dal momento che il risultato deve essere inserito nei trend della malattia.
Molte persone parlano del test sierologico, con il quale, attraverso il sangue, il test rileva se si hanno anticorpi contro il virus. Se li si ha, significa che si è stati esposti. Questi test danno risultati positivi solo tardi nella malattia, quindi non aiutano a decidere se mettersi in quarantena. E in più questi test hanno problemi con i falsi positivi. Fino a quando non capiremo quale livello di anticorpi sia protettivo e fino a quando non avremo dei test sicuri senza falsi positivi, è un errore dire alle persone di non preoccuparsi della loro esposizione al contagio, basandosi sui test sierologici che sono disponibili oggi. Nel frattempo i test sierologici potranno essere usati per capire chi può donare sangue e per comprendere le dinamiche della malattia.

Molti paesi hanno fatto un buon lavoro focalizzando la capacità PCR sui pazienti prioritari. La maggior parte dei paesi giocano un ruolo centrale in questo processo. Negli Stati Uniti non c’è un sistema per essere sicuri che questi test siano distribuiti razionalmente. Alcuni stati sono intervenuti nella regolazione ma anche negli stati migliori, l’accesso non è interamente controllato.
Fare i test diventa estremamente importante quando un paese prende in considerazione la riapertura. È necessario avere molti test così che si possano vedere i focolai ed essere pronti ad intervenire cambiando politiche prima che il numero aumenti. Non è possibile aspettare fino a quando si riempiono gli ospedali e sale il numero delle morti.
In pratica ci sono due casi critici: tutti coloro che presentano sintomi e tutti coloro che sono stati in contatto con qualcuno trovato positivo. Idealmente entrambi i gruppi dovrebbero ricevere un test che possono fare a casa senza andare in un centro medico. I test sarebbero ancora disponibili nei centri medici ma la cosa più semplice sarebbe averne la maggioranza fatti a casa. Per fare questo lavoro, un governo dovrebbe avere un sito web dove si può andare, si inseriscono i propri dettagli, inclusi i sintomi. Si dovrebbe quindi essere inseriti un una scala di priorità e a tutti i fornitori di test dovrebbe essere richiesto di fornire risultati veloci ai massimi livelli di priorità. A seconda di quanto accuratamente i sintomi predicono i contagi, da quante persone risultano positive e quanti contatti ha tipicamente una persona, si può capire quanta capacità di testare ci serve per gestire questi casi critici. Per adesso, la maggior parte dei paesi userà tutta la sua capacità di effettuare test per questi casi.

Ci sarà la tentazione per le aziende di comprare macchine per fare i test ai loro impiegati o clienti. Un hotel o un tour operator delle crociere vorrebbero essere in grado di fare test ad ognuno anche se non hanno sintomi. Vorranno procurarsi macchine PCR che diano risultati veloci o test diagnostici veloci. Queste aziende saranno in grado di offrire prezzi molto alti – molto più di quello che può offrire un sistema di sanità pubblica – quindi i governi dovranno determinare se c’è abbastanza disponibilità per consentire ciò.
Una questione importante è che le persone che devono essere testate si isolino e mettano in quarantena le persone della loro famiglia. Alcuni governi controllano attentamente attraverso la polizia che questo avvenga, mentre altri semplicemente presumono che le persone seguiranno la raccomandazione. Un’altra questione è che un governo provveda a trovare un posto dove isolarsi, per coloro che non lo possono fare a casa. Questo è particolarmente importante se hai persone anziane a stretto contatto nella tua casa.
In questo paragrafo Gates si sofferma sui vari dispositivi diagnostici, sottolinenando come essi sarebbero di fondamentale importanza soprattutto nel momento in cui un paese prende in considerazione la riapertura. A questo proposito Gates non manca di criticare la gestione statunitense del testing, polemizzando nemmeno troppo velatamente con l’amministrazione in carica. Mentre la Corea del Sud, dice Gates, sta facendo un grande lavoro, negli Stati Uniti ci sono, per i risultati dei test, ritardi inaccettabili.
Il monitoraggio costante, diffuso e aggiornato quotidianamente sui media, del contagio, attraverso il suo conteggio, è servito, e serve, a mantenere alta la percezione dell’emergenza. Questa funzione acquista ancora più importanza nelle fasi di distensione, o fase cronica, dell’evento Covid-19, in cui viene meno l’immediata convinzione, provocata dal confinamento, di vivere una situazione effettivamente straordinaria.
La società stessa deve diventare, per potere tenere alto il livello di allarme, una grande clinica diagnostica dove chiunque, attraverso l’utilizzo diffuso e arbitrario di tamponi e termoscanner, deve poter essere in grado di diagnosticare la malattia e di segnalarlo alle autorità, che, in alcuni casi, potranno separare le persone “positive” dalle proprie famiglie e isolarle in strutture apposite. Il solo considerare possibile questa separazione coatta, suggerita da alti funzionari dell’OMS e auspicata anche da alcuni amministratori italiani, si configura come un attentato contro l’umanità che Basaglia avrebbe probabilmente annoverato tra i suoi “crimini di pace”.

Il dispositivo del testing generalizzato eletto a forma biopolitica di governo dei corpi sembra essere il figlio ipertrofico della diagnosi come epidemia già denunciata da Illich:
“ La diagnosi, sempre aggrava lo stress, stabilisce un’incapacità, impone inattività, concentra i pensieri del soggetto sulla non-guarigione, sull’incertezza e sulla sua dipendenza da futuri ritrovati medici: tutte cose che equivalgono a una perdita di autonomia nella determinazione di sé. Inoltre, isola la persona in un ruolo speciale, la separa dai normali e dai sani ed esige sottomissione all’autorità di un personale specializzato. Quando tutta una società si organizza in funzione di una caccia preventiva alle malattie, la diagnosi assume allora i caratteri di un ‘epidemia. Questo strumento tronfio della cultura terapeutica tramuta l’indipendenza della normale persona sana in una forma intollerabile di devianza.” 
Così come la polizia “dà la caccia ai criminali” il test deve dare la caccia ai contagiati che, un amministratore italiano ci promette, saranno scovati casa per casa e isolati.
La più grave epidemia in corso sembra a questo punto essere non tanto quella di Sars-CoV-2, che alcuni importanti istituti di ricerca sostengono abbia quasi esaurito la sua diffusione, quanto quella della sua diagnosi, la quale genera disturbi iatrogeni di varia natura e tutti correlati all’interno del corpo sociale: disturbi mentali, fisici, sociali e culturali.

continua

mercoledì 23 settembre 2020

BILL GATES E LA NEMESI TECNOMEDICA di Bianca Bonavita parte 1°


BILL GATES E LA NEMESI TECNOMEDICA
di Bianca Bonavita


“L’Homo sapiens, che si destò al mito in una tribù e crebbe alla politica come cittadino, viene ora addestrato a essere un detenuto a vita di un mondo industriale. La medicalizzazione porta all’estremo il carattere imperialista della società industriale.”
“Nessuna assistenza dovrà essere imposta a un individuo contro la sua volontà: nessuna persona, senza il suo consenso, potrà essere presa, rinchiusa, ricoverata, curata o comunque molestata in nome della salute.”
Ivan Illich, Nemesi Medica

“Potere vuol dire infliggere dolore e umiliazione.
Potere vuole dire ridurre la mente altrui in pezzi che poi rimetteremo insieme nella forma che più ci parrà opportuna.
Cominci a intravedere adesso il mondo che stiamo costruendo?”
George Orwell, 1984

Premessa
Denunciare la mistificazione costruita attorno al grande evento spettacolare Covid-19 (che distingueremo nel testo dal virus Sars-CoV-2) e alla forma di governo e di controllo della popolazione che si sta globalmente ridefinendo, non significa difendere la devastante normalità del prima, non significa porsi in una posizione di conservazione di un prima desiderabile da preservare. Così come non significa negare la morte delle persone.
Il virus non ci sembra, come molta della critica radicale vorrebbe, una speciale conseguenza della distruzione prodotta dal capitalismo e dai suoi allevamenti industriali umani e animali. Il nuovo coronavirus non ci sembra affatto un “demone della distruzione totale”, né “la produzione più devastante della devastazione della produzione”.
Gli allevamenti umani e animali da molti decenni ormai producono malattie croniche ben più letali: quasi tutti hanno pianto amici o parenti morti prematuramente per tumori o per malattie cardiovascolari che sono, se vogliamo usare questa parola, le due vere pandemie dei nostri tempi. Pandemie prodotte, queste sì, da forme di vita innaturali, dominate dal regime della separazione, incatenate a lavori alienanti, immerse in arie irrespirabili, abbeverate da acque inquinate e pasturate con mangimi industriali.

Spostare dunque il fuoco dell’attenzione dalle malattie croniche, che sono le vere pandemie moderne, a malattie infettive che hanno una bassa letalità, contribuisce a rimuovere un serio discorso sul nesso tra prevenzione e forma di vita.
Per questo il virus non ci sembra un messaggero o un messia in grado di mettere in luce, a chi non li vedeva prima, i mali del mondo in cui ci troviamo a vivere, ma piuttosto proprio uno strumento di distrazione che rende ancora più difficile mettere a fuoco le profonde e strutturali perversioni del capitalismo.
Se un paese intero, (ma si potrebbe estendere il discorso anche al di fuori dei confini nazionali), con rare eccezioni, accetta, senza metterne in questione le ragioni, la sospensione di molte delle libertà fondamentali, cadendo in preda alla paura e al sospetto o semplicemente a una ancor più inquietante serena accettazione, come potranno le persone che vivono in quel paese rivoltarsi contro i disastri prodotti dal capitalismo fino a mettere in questione e ridefinire la propria forma di vita?
I più non desidereranno forse soltanto il ritorno alla normalità?
E in nome di questo desiderio non accetteranno qualunque sopruso da parte del potere?
E pur di ritrovare almeno alcuni elementi della vecchia normalità non accetteranno esse tutti gli atroci e assurdi dispositivi della nuova, odiosa, normalità che si sta definendo?
Se l’ecatombe che ogni anno procurano il cancro e le malattie cardiovascolari (solo in Italia a causa loro muoiono rispettivamente 180.000 e 220.000 persone) non ha mostrato ai più la verità della distruzione che produce il capitalismo, per quale ragione dovrebbe farlo un virus che ha bisogno di un’impressionante operazione di propaganda per poter accrescere la sua letalità che altrimenti sarebbe probabilmente di poco superiore alla media stagionale per influenza? (Alcuni studi, come quello dell’università di Kobe, parlano addirittura di una letalità inferiore alla media dell’influenza stagionale).
Come può vedere la luce del vero dentro o intorno a sé chi è offuscato dalla fitta cortina di fumo del falso che lo circonda?
Il virus Sars-CoV-2, nelle sue diverse e mutanti forme che stanno circolando, sia che esso abbia un’ origine dolosa e artificiale, sia che abbia un’origine incidentale o naturale, ci sembra piuttosto un prodotto/evento (atteso, voluto o provocato poco importa) gestito dalle oligarchie digitali, farmaceutiche e biotecnologiche transnazionali al fine di poter ridefinire assetti geopolitici e forme di governamentalità.
Per rispetto delle persone morte a causa del virus Sars-CoV-2 e di tutte quelle morte per altre cause che, risultate positive a un tampone in vita o in morte, sono finite nei mistificatori conteggi dei governi (quello italiano particolarmente mistificatorio), sarebbe doveroso far cessare immediatamente l’uso strumentale della morte a fini di propaganda: è criminale usare la morte delle persone per realizzare progetti egemonici che hanno ben poco a che fare con la salvaguardia della salute, (visti tra l’altro i danni enormi in termini di salute, che sappiamo non essere slegata dall’equilibrio psichico, che sappiamo non essere slegato da quello economico e sociale, che le misure di contenimento hanno causato e causeranno in moltissime persone).
Sul conteggio mistificatorio del governo italiano vale la pena far notare che lo stesso Istituto Superiore di Sanità, nel suo report settimanale su un campione di persone decedute di cui è stato possibile analizzare le cartelle cliniche, ci dice implicitamente nel titolo “Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia”, che non v’è prova di una correlazione diretta e decisiva tra la morte di queste persone e l’infezione di Sars-CoV-2. L’unica certezza (anch’essa in realtà non così certa visto che il tampone ha un margine d’errore) è che al momento della morte i “pazienti” del campione erano “positivi” al virus. Questo dato, unito al fatto che l’età media delle persone decedute in esame è di 80 anni, e che il numero medio di patologie presenti al momento della morte è di 3,3, può legittimamente far pensare che molte di queste persone non siano morte a causa del virus ma in sua presenza.
Quanto alle zone della Lombardia in cui pare esservi stata effettivamente un’anomalia della mortalità nei primi mesi dell’anno in corso, sarebbe auspicabile che si moltiplicassero le ricerche volte a indagare i co-fattori ambientali (inquinamenti di varia natura) e iatrogeni (interferenze virali, interferenze con altri farmaci, errori di diagnosi e di terapie) che potrebbero aver reso più letale l’infezione da Sars-CoV-2. Queste considerazioni non vogliono negare che ci siano state morti provocate direttamente dal virus Sars–CoV-2, né tantomeno vogliono togliere peso al dolore e alla tragedia che ogni morte può portare con sé. Ma sono purtroppo necessarie per denunciare l’opera di mistificazione tuttora in corso che ha bisogno di ingigantire a dismisura la letalità del virus per poter giustificare l’instaurarsi di uno stato di allarme permanente con relative sospensioni delle libertà fondamentali e con il progressivo normalizzarsi dei dispositivi di emergenza, al fine di ridefinire assetti geopolitici, egemonie economiche, nonché la forma stessa della governamentalità e il suo rapporto con i governati.
Lo stato di eccezione non ha di certo fatto la sua comparsa nella primavera del 2020 e, a ben guardare, poteva essere considerato permanente anche prima del grande evento spettacolare Covid-19. Ma è innegabile che lo stato di emergenza globale dichiarato di fatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a fine gennaio 2020, e le conseguenti misure d’emergenza adottate dai governi di tutto il mondo, abbiano segnato un salto di qualità senza precedenti per intensità e diffusione dello stato di eccezione e che sia necessario interrogarsi sulla sua causa efficiente così come sulla sua causa finale.
Per intraprendere questa indagine abbiamo deciso di tradurre e di commentare (in corsivo) un testo apparso nel mese di aprile sul blog personale di Bill Gates.

* * * *

Bill Gates
Pandemic I

La Prima Pandemia moderna
Le innovazione scientifiche che ci servono per fermare il Covid 19
(23 aprile 2020)


La pandemia da coronavirus oppone tutta l’umanità al virus. Il danno alla salute, alla prosperità, al benessere è già stato enorme. Questa è come una guerra mondiale, con la sola differenza che in questo caso siamo tutti dalla stessa parte. Tutti possiamo lavorare insieme per imparare di più sulla malattia e sviluppare gli strumenti per combatterla. Io vedo nella innovazione globale la chiave per limitare i danni. Ciò include innovazione nei test, nelle terapie, nei vaccini e nelle politiche per limitarne la diffusione e contemporaneamente minimizzare il danno alle economie e al benessere.
Questo memorandum vuole condividere la mia visione della situazione e delle modalità con le quali possiamo accelerare queste innovazioni. La situazione cambia ogni giorno, ci sono molte informazioni disponibili – molte delle quali contraddittorie – e può essere difficile dare un senso a tutte le proposte e idee che si sentono. Può anche sembrare che abbiamo già tutte le innovazioni scientifiche che necessitiamo per riaprire l’economia, ma in effetti non è così.
Nonostante alcune cose di cui parlerò siano piuttosto tecniche, spero che questo aiuti le persone a dare un senso a ciò che sta succedendo, a capire le innovazioni di cui necessitiamo ancora, e crei decisioni consapevoli nell’affrontare la pandemia.
La prima affermazione parte da un assunto fondamentale dato per vero: che ci troviamo di fronte a una pandemia. Il termine è controverso e ha una sua storia. Nella definizione adottata dall’OMS prima del 2009 si faceva riferimento a un “enorme numero di morti e malati”. Durante la cosiddetta “pandemia influenzale” dell’influenza suina del biennio 2009-2010, l’OMS ne cambiò la definizione eliminando ogni riferimento a un’alta mortalità.
Il 26 gennaio del 2010 l’OMS venne invitata al Consiglio d’Europa per rispondere alla mozione “Le false pandemie una minaccia per la salute”, in merito a quello che venne definito da molti un procurato allarme che creò grandi profitti per le case farmaceutiche produttrici di vaccini e ingenti danni economici a molti stati che comprarono milioni di dosi vaccinali rimaste inutilizzate.
L’uso improprio del termine “pandemia”, che evoca nell’immaginario scenari catastrofici, sembra avere, da una decina d’anni, uno specifico ruolo propagandistico che è quello di terrorizzare. Il virus risulta essere in questo senso la prosecuzione del terrorismo, o meglio del dominio attraverso il terrore, con altri mezzi.
Ricordiamo che la Bill & Melinda Gates Foundation oltre ad essere finanziatrice di numerose case farmaceutiche, anche attraverso GAVI, risulta ad oggi essere il primo ente finanziatore dell’OMS (dopo che l’amministrazione Trump ha dichiarato che taglierà i fondi Usa all’organismo internazionale).

Gates, benché non lo dichiari, sta dunque parlando in veste di autorità morale auto-nominatasi in virtù degli ingenti finanziamenti elargiti all’OMS, a suo dire, per il bene dell’umanità.
Gates entra poi immediatamente nella metafora bellica, che riprenderà anche alla fine del testo, gettando le basi di quello che vuole essere un vero e proprio mito fondativo su cui edificare, o forse è meglio dire in gergo informatico, programmare, un nuovo governo globale.
In molti hanno notato che fin dall’inizio dell’evento spettacolare Covid-19, i media si sono profusi nell’utilizzo ossessivo di un linguaggio di propaganda bellica.
Riteniamo importante far notare che nell’autunno del 2019 si è potuto registrare un crescente livello di tensione, per questioni di egemonia economica, tra amministrazione Trump e Repubblica Popolare Cinese e che nei primi giorni del gennaio 2020 Trump ha rivendicato l’assassinio del generale Soleimani, una figura di spicco della Repubblica Islamica dell’Iran. Per diversi giorni sembrava che un nuovo conflitto ad alta intensità fosse inevitabile.
Tra il 14 e il 16 febbraio del 2020 durante la Conferenza di Monaco sulla sicurezza, il segretario della difesa Esper (dell’amministrazione Trump) ha espresso forti preoccupazioni nei confronti delle politiche di egemonia commerciale e militare della Repubblica Popolare Cinese, focalizzando in special modo il suo discorso su come l’installazione della rete 5G in Europa da parte della Huawei sarebbe stato un cavallo di Troia dell’intelligence cinese e dicendo che i paesi occidentali avrebbero dovuto prepararsi al passaggio da un conflitto a bassa intensità ad uno ad alta intensità (“we must move away from low intensity conflict and prepare once again for high-intensity warfare”).

La guerra che evoca Gates, e che staremmo dunque vivendo, pare essere la sublimazione virtuale di una terza guerra mondiale combattuta non sui campi di battaglia con armi da fuoco ma sui corpi e nelle menti delle persone attraverso dispositivi di altra natura.
Forse non è così assurdo vedere in queste manovre belliche virtuali, attraverso una OMS fortemente condizionata da enti privati, un’alleanza strategica tra cosiddetto Deep State statunitense, di cui Gates sembra essere portavoce, e Repubblica Popolare Cinese, che, estromettendo di fatto l’amministrazione statunitense in carica (all’interno di una lotta di potere tra lobbies statunitensi), sigla una sorta di patto di non aggressione atto a ridefinire assetti geopolitici, sfere d’influenza, accordi economici e forme di governo.
Il possibile, se non probabile, conflitto con la Repubblica Islamica dell’Iran e quella che appariva, fino a febbraio, come l’inevitabile resa dei conti per l’egemonia del secolo XXI tra USA e Repubblica Popolare Cinese, sembrano essersi trasformati in qualcosa d’altro.
La guerra, che doveva pur esserci (perché da sempre la guerra è indispensabile paradigma di governo da mettere in atto per ridefinire menti e corpi dei sudditi e assetti bio/geo/politici), non si manifesta quindi nella maniera tradizionale a cui siamo sempre stati abituati. Quello stato di cose bellico, così fecondo per la costruzione della paura, della vulnerabilità degli individui e della manipolazione delle masse (cari al potere di ogni tempo), si sta manifestando in maniera altra, come un nuovo tipo di conflitto, una guerra spettacolare a un nemico invisibile che è in ciascuno di noi, che in fondo siamo noi.
Ecco qual è la guerra, la Pandemic I, di cui parla Gates (invocando attraverso quel I, neanche tanto implicitamente, una guerra potenzialmente permanente). Uno stato bellico continuo nel quale quella paura e quella vulnerabilità e quindi la malleabilità, il controllo, e la disponibilità a tutto pur di sopravvivere, diverranno perenni strumenti di governo per chi è in grado di controllare il nuovo sovrano taumaturgo capace di dare la guarigione, ovvero la Scienza Tecnocratica.
Gates dice che siamo tutti dalla stessa parte contro il virus, ma trasformando ciascuno di noi in un potenziale untore diventiamo noi stessi i nemici da combattere: lungi dall’essere uniti in realtà siamo tutti divisi dal virus, il prossimo diventa il distante e la guerra civile è diffusa ovunque e concentrata in ciascuno.
Dopo aver separato l’umano dalla natura attraverso una millenaria frattura insanabile e aver così generato il bisogno inappagabile di salvaguardare un’idea di ambiente ormai totalmente altro dall’umanità, ora la civiltà occidentale opera una frattura interna all’umano stesso ed estromettendo da esso simbolicamente il virus (come se da sempre l’umano non convivesse con un numero indefinitamente alto di virus e batteri) genera così il bisogno altrettanto inappagabile di salvaguardare un’idea di umanità asettica e impermeabile ad ogni relazione potenzialmente pericolosa con l’esterno. I “dispositivi di protezione individuale” e il “distanziamento” ne sono l’emblema immediatamente visibile.
Opponendo tutta l’umanità al virus Gates sta anche rendendo simbolicamente impossibile ogni forma di dissenso perché chi si azzarda a contestare le misure atte a contenerlo può essere immediatamente accusato di disumanità e disfattismo (quando non di pazzia), che è esattamente ciò che sta accadendo a chi dissente. E allo stesso tempo Gates sta dicendo che nessuna amministrazione (e parla sopratutto alla sua) può disertare da questa chiamata alle armi.
La guerra fredda è iniziata ma non è, come qualcuno vorrebbe (e tra questi l’amministrazione Trump), tra Usa e Repubblica Popolare Cinese, ma tra il nuovo governo globale biotecnologico , o tecno-sanitario, in corso di riprogrammazione sul modello “Microsoft Cina” e la nostra stessa umanità.
Il terrore del virus, (che è riuscito laddove lo spettro del fondamentalismo islamico non ha portato a compimento fino in fondo la sua missione di demolizione delle sedicenti democrazie liberali) ha trionfato grazie alla gran cassa mediatica ma lo ha fatto facendo leva proprio sulla espropriazione dell’esperienza della sofferenza e della morte da parte della medicina moderna, di cui parla Ivan Illich in “Nemesi Medica” a proposito della iatrogenesi culturale.

Scrive Illich nel 1976:
“ La paura moderna della morte sguarnita di presidi sanitari fa apparire la vita come una corsa verso una zuffa finale, e ha spezzato in maniera unica la fiducia delle persone in se stesse. Ha spinto a credere che l’uomo ha ormai perso la capacità autonoma di riconoscere quando è arrivata la sua ora e di farsi carico della propria morte.”
“La medicina organizzata professionalmente è venuta assumendo la funzione di un’impresa morale dispotica tutta tesa a propagandare l’espansione industriale come una guerra contro ogni sofferenza. Ha così minato la capacità degli individui di far fronte alla propria realtà, di esprimere propri valori e di accettare il dolore e la menomazione inevitabili e spesso irrimediabili, la decadenza e la morte.”
“ Le nostre principali istituzioni rappresentano un gigantesco programma di difesa che nel nome dell'<<umanità>> fa guerra agli agenti e ai gruppi portatori di morte. Si tratta di una guerra totale. Non soltanto la medicina, ma l’assistenza sociale, gli aiuti internazionali, i programmi di sviluppo, sono tutti impegnati in questa lotta. Partecipano alla crociata le burocrazie ideologiche di tutti i colori. La rivoluzione, la repressione, persino le guerre civili e internazionali sono giustificate se hanno lo scopo di abbattere chi sia accusabile di produrre e tollerare senza motivo la malattia e la morte.”
“ La società, agendo attraverso il sistema medico, decide quando e dopo quali offese e mutilazioni dovrà morire. La medicalizzazione della società ha posto fine all’epoca della morte naturale. L’uomo occidentale ha perso il diritto di presiedere all’atto di morire. La salute, cioè il potere di reagire autonomamente, è stata espropriata fino all’ultimo respiro. La morte tecnica ha prevalso sul morire. La morte meccanica ha vinto e distrutto tutte le altre morti.”

È impossibile non sentire l’eco delle parole di Illich nella dichiarazione di guerra di Gates a quella malattia mortale che è l’umano. Il nemico recondito che si cela dietro il virus è allora la morte stessa, o meglio l’atto del nostro morire, quella menomazione vergognosa che abbiamo imparato a ospedalizzare, tecnicizzare, medicalizzare fino a svuotarla di senso e di umanità.
E come in ogni guerra che si rispetti, l’innovazione tecnologica gioca anche qui un ruolo fondamentale e diventa motore della guerra stessa. Per questo Gates prosegue il suo preambolo proclamando che la chiave per “limitare i danni”, in attesa della soluzione finale, il vaccino, è “l’innovazione globale”, ovvero quel grande esperimento di bioingegneria psicosociale fatto di segregazioni, distanziamenti, test, e tracciamenti che stiamo vivendo.
Se sovrano è colui che decide dello stato di eccezione, sovrano è colui che ne può decretare la fine. E Gates ci informa che non possediamo ancora tutte le innovazioni scientifiche necessarie per far ripartire l’economia. Sovrano è colui che produrrà, gestirà e distribuirà queste innovazioni scientifiche, decidendo così quando e come arrestare il sistema o riavviarlo.

Crescita esponenziale e declino
Nella prima fase della pandemia, abbiamo assistito alla diffusione esponenziale in un grande numero di paesi, iniziando dalla Cina e poi, attraverso l’Asia, l’Europa e gli Stati Uniti. Il numero di contagi raddoppiava molte volte ogni mese. Se il comportamento delle persone non fosse cambiato, tutta la popolazione sarebbe stata contagiata. Cambiando il comportamento, molti paesi hanno ottenuto che la curva dei contagi si stabilizzasse e iniziasse poi a calare.
La crescita esponenziale non è intuitiva. Se si dice che il 2 per cento della popolazione è contagiata e che questo raddoppierà ogni 8 giorni, la maggior parte delle persone non si immagina che in 40 giorni la maggioranza della popolazione sia contagiata. Il grande beneficio del cambiamento delle abitudini è il ridurre così marcatamente la percentuale dei contagi che invece di raddoppiare ogni 8 giorni, ogni 8 giorni cala.
Noi usiamo qualcosa che si chiama la percentuale di riproduzione o R0, per calcolare quanti nuovi contagi sono causati da un precedente contagio. R0 è difficile da misurare, ma noi sappiamo che è sotto 1.0 quando il numero dei casi cala e sopra 1.0 quando il numero dei casi aumenta. E quella che può sembrare una piccola differenza nell’ R0 può portare a enormi cambiamenti.
Se ogni contagio va dal causare 2,0 casi al causare 0,7 contagi, allora dopo 40 giorni si avranno solo 1/6 delle infezioni invece che 32 volte di più. E cioè 192 volte meno casi.
Questa è un’altra cosa a cui pensare: se si inizia con 100 infezioni in una comunità, dopo 40 giorni si potranno avere 17 contagi all’R0 più basso e 3200 a quello più alto. Gli esperti stanno dibattendo ora proprio di quanto a lungo tenere l’R0 molto basso per fare scendere il numero dei casi prima che inizi la riapertura.
Il declino esponenziale è ancora meno intuitivo. Molte persone saranno stupite del come in molti luoghi si passerà dall’avere gli ospedali sovraccaricati in aprile all’avere un sacco di letti vuoti in luglio. Il colpo di frusta provocherà confusione ma è inevitabile data la natura esponenziale del contagio. All’avvicinarsi dell’estate, alcuni luoghi che mantengono il cambiamento di comportamento esperiranno un declino esponenziale. Comunque, nel momento in cui il comportamento ritorna normale, alcuni luoghi continueranno a singhiozzo con nuclei persistenti di contagio e alcuni torneranno alla crescita esponenziale. Il quadro sarà più complesso di quello che è oggi, con molta eterogeneità.
Il cambiamento del comportamento è un’argomentazione utilizzata ossessivamente da media e governanti fin dai primi giorni successivi alla dichiarazione dello stato di emergenza.
Al di là del fatto che è difficilmente dimostrabile che vi sia una correlazione tra questo cambiamento del comportamento e la stabilizzazione e il declino della curva dei contagi (in questo possono contare tanti fattori tra cui l’alzarsi delle temperature e l’indebolirsi del virus stesso), interessa piuttosto far notare che questo cambiamento del comportamento è stato presentato fin da subito in maniera troppo insistente, quasi fosse una preparazione a un mutamento antropologico che in parte era già in atto prima dell’evento Covid-19.
Questo cambiamento del comportamento, qui non meglio specificato, ha significato per miliardi di persone lo stravolgimento delle proprie vite, la segregazione coatta nelle abitazioni, la sospensione a tempo indeterminato di libertà fondamentali, la telematizzazione ulteriore delle relazioni, del lavoro, della conoscenza e, attraverso il principio del “distanziamento sociale”, l’imporsi di un nuovo livello di intensità nel regime di separazione che già prima divideva gli umani.
La forma di vita che ci si prospetta dietro questo eufemistico “cambiamento del comportamento” è una forma di vita ancora più separata dalla natura e dal prossimo e ancora più catturata dai dispositivi di controllo del regime di “biosicurezza” che va delineandosi. In virtù di questo riesce difficile pensare, come alcuni auspicano, che questo “cambiamento del comportamento” di cui parla Gates, possa essere trasformato da molte persone, nell’istante di verità che aprirebbe, in un cambiamento della propria forma di vita in chiave destituente. Ciò che stiamo osservando in questa fase di normalizzazione dei dispositivi di emergenza è piuttosto l’adeguamento diffuso, benché non totale, ai dispositivi atti a realizzare questo mutamento antropologico.

Abbiamo reagito in maniera sproporzionata?
È ragionevole che le persone si chiedano se il cambiamento di comportamento fosse necessario. La risposta è si, in modo schiacciante. Ci sarebbero potute essere poche aree nelle quali il numero di casi non avrebbe mai raggiunto grandi numeri di contagi e morti, ma non c’era modo di sapere in anticipo quali sarebbero state queste aree. Il cambiamento ci ha permesso di evitare molti milioni di morti e un carico estremo degli ospedali, che avrebbe anche aumentato le morti per altre cause.
Il costo economico che è stato pagato per ridurre il tasso di contagio è senza precedenti. Il crollo dell’occupazione è stato ed è più veloce di ogni altra cosa di cui abbiamo avuto esperienza. Interi settori dell’economia sono chiusi. È importante capire che questo non è solo il risultato delle politiche di governo che hanno limitato le attività. Quando le persone sentono che una malattia infettiva si sta diffondendo largamente, cambiano il proprio comportamento. Non c’è mai stata scelta: non si poteva avere nel 2020 la stessa economia forte del 2019.
Molte persone avrebbero scelto di non andare al lavoro o al ristorante o a far viaggi, per evitare di contagiarsi o contagiare le persone più anziane della loro famiglia. I dettami del governo si sono assicurati che abbastanza persone cambiassero il proprio comportamento per portare la percentuale di riproduzione sotto 1.0, che è quella necessaria per avere poi la possibilità di riaprire alcune attività.
I paesi più ricchi stanno vedendo una riduzione dei contagi e stanno pensando a come riaprire.
Anche se un governo allentasse le restrizioni al comportamento, non tutti riprenderebbero immediatamente le attività permesse. Ci sarà bisogno di molta buona comunicazione per far capire alle persone quali sono i rischi e per fare in modo che si sentano a proprio agio a tornare a lavoro o a scuola. Sarà un processo graduale, con alcune persone che immediatamente faranno tutto ciò che è permesso e altre che lo faranno più lentamente. Alcuni datori di lavoro necessiteranno di un certo numero di mesi prima che possano richiedere ai dipendenti di tornare a lavorare. Alcune persone vorranno che le restrizioni siano rimosse più rapidamente e potranno scegliere di infrangere le regole, il che metterà tutti a rischio. I leader dovrebbero incoraggiare l’obbedienza.

Gates si chiede retoricamente in questo paragrafo se non ci sia stata una reazione sproporzionata e in poche righe risolve la questione senza portare alcuna prova sostanziata alle sua tesi.
Di fatto interi paesi sono stati paralizzati preventivamente in base alla “logica del peggio”, e molto spesso attraverso misure totalmente illogiche, irrazionali e dannose, in virtù di un altissimo rischio ipotetico che non si è realizzato nemmeno dove le misure sono state blande o quasi nulle.
Gates cita poi il costo economico del cosiddetto “lock down” e lo definisce senza precedenti e sembra voler convincere chi legge che in assenza delle misure estreme e liberticide adottate dai governi le persone si sarebbero comportate ugualmente e che quindi la grave crisi economica sarebbe comunque stata inevitabile.
Sappiamo che il capitalismo ha bisogno di periodiche crisi per potersi rigenerare e risulta difficile pensare che l’attuale crisi provocata dell’evento Covid-19 non sia stata in alcun modo voluta, se non programmata, e ora gestita con enorme profitto, da alcuni grandi attori del capitalismo transnazionale.
Più che un “lock down”, uno “shock down”, una “economia dello shock”, un “ctrl alt canc” del sistema capitalista per farlo ripartire con ancora più rapacità, tagliando senza pietà il superfluo e lanciando, col beneplacito della finanza, alcuni settori chiave (farmaceutico, tecnologico, biotecnologico) a traino del grande calcolatore-mondo. Saranno loro, essendo determinanti nel controllo del virus e quindi potendo decidere sulla fine dell’emergenza, a guidare e a controllare di fatto tutti gli altri settori.
Nel “costo economico” di Gates non c’è alcun riferimento al costo sociale del “lock down”, che avrà gravi ricadute anche sugli stessi sistemi sanitari in nome dei quali sono state giustificate le misure di contenimento. La crisi economica e sociale può diventare per molte persone crisi esistenziale e porterà con sé inevitabilmente, e ha già iniziato a farlo, depressione, angoscia, malattie e suicidi.
Gates accenna poi alla questione della “riapertura”, soffermandosi sulle diverse reazioni psicologiche ad essa. Predicendo che “anche se un governo allentasse le restrizioni al comportamento, non tutti riprenderebbero immediatamente le attività permesse” inquadra con esattezza un fenomeno sociale già in corso che si potrebbe chiamare “lock down interiore”.
Il “terrore sanitario” interiorizzato ha fatto sì che molte persone continuino a rifiutare come pericolose o inutili le dosi di libertà loro concesse e ad interpretare in maniera più restrittiva le disposizioni dei governi. Che bisogno c’ è di uscire di casa esponendosi a mille rischi di varia natura quando si possono vedere gli amici in videochiamata?
All’estremo opposto dei comportamenti, Gates punta il dito contro i trasgressori, gli untori che infrangendo le regole metteranno tutti a rischio e su cui ricadrà la responsabilità di nuove possibili chiusure. Gates conclude il paragrafo dicendo eufemisticamente che i governanti “dovrebbero incoraggiare l’obbedienza”. Conosciamo con quali misure fino ad ora i governanti italiani hanno, attraverso lo stato di polizia, “incoraggiato l’obbedienza”.
Per incoraggiare l’obbedienza, peraltro già introiettata da molti, nell’attuale fase di normalizzazione dei dispositivi di emergenza si ventila in Italia l’ipotesi della costituzione di un corpo volontario di vigilanti che avranno tra i loro compiti quello di segnalare alle forze di polizia eventuali assembramenti e inosservanze del distanziamento. Una sorta di corpo civico della delazione, pratica già tristemente diffusa, ancorché informale, nella prima fase acuta dell’evento Covid-19.

continua

martedì 8 settembre 2020

LA MEDICINA COME RELIGIONE di Giorgio Agamben


 

La medicina come religione 

Che la scienza sia diventata la religione del nostro tempo, ciò in cui gli uomini credono di credere, è ormai da tempo evidente. Nell’Occidente moderno hanno convissuto e, in certa misura, ancora convivono tre grandi sistemi di credenze: il cristianesimo, il capitalismo e la scienza. Nella storia della modernità, queste tre «religioni» si sono più volte necessariamente incrociate, entrando di volta in volta in conflitto e poi in vario modo riconciliandosi, fino a raggiungere progressivamente una sorta di pacifica, articolata convivenza, se non una vera e propria collaborazione in nome del comune interesse. Il fatto nuovo è che fra la scienza e le altre due religioni si è riacceso senza che ce ne accorgessimo un conflitto sotterraneo e implacabile, i cui esiti vittoriosi per la scienza sono oggi sotto i nostri occhi e determinano in maniera inaudita tutti gli aspetti della nostra esistenza. Questo conflitto non concerne, come avveniva in passato, la teoria e i principi generali, ma, per così dire, la prassi cultuale. Anche la scienza, infatti, come ogni religione, conosce forme e livelli diversi attraverso i quali organizza e ordina la propria struttura: all’elaborazione di una dogmatica sottile e rigorosa corrisponde nella prassi una sfera cultuale estremamente ampia e capillare che coincide con ciò che chiamiamo tecnologia. Non sorprende che protagonista di questa nuova guerra di religione sia quella parte della scienza dove la dommatica è meno rigorosa e più forte l’aspetto pragmatico: la medicina, il cui oggetto immediato è il corpo vivente degli esseri umani. Proviamo a fissare i caratteri essenziali di questa fede vittoriosa con la quale dovremo fare i conti in misura crescente.


1)
Il primo carattere è che la medicina, come il capitalismo, non ha bisogno di una dogmatica speciale, ma si limita a prendere in prestito dalla biologia i suoi concetti fondamentali. 
A differenza della biologia, tuttavia, essa articola questi concetti in senso gnostico-manicheo, cioè secondo una esasperata opposizione dualistica. 
Vi è un dio o un principio maligno, la malattia, appunto, i cui agenti specifici sono i batteri e i virus, e un dio o un principio benefico, che non è la salute, ma la guarigione, i cui agenti cultuali sono i medici e la terapia. Come in ogni fede gnostica, i due principi sono chiaramente separati, ma nella prassi possono contaminarsi e il principio benefico e il medico che lo rappresenta possono sbagliare e collaborare inconsapevolmente con il loro nemico, senza che questo invalidi in alcun modo la realtà del dualismo e la necessità del culto attraverso cui il principio benefico combatte la sua battaglia. Ed è significativo che i teologi che devono fissarne la strategia siano i rappresentanti di una scienza, la virologia, che non ha un luogo proprio, ma si situa al confine fra la biologia e la medicina.

2) Se questa pratica cultuale era finora, come ogni liturgia, episodica e limitata nel tempo, il fenomeno inaspettato a cui stiamo assistendo è che essa è diventata permanente e onnipervasiva. 
Non si tratta più di assumere delle medicine o di sottoporsi quando è necessario a una visita medica o a un intervento chirurgico: la vita intera degli esseri umani deve diventare in ogni istante il luogo di una ininterrotta celebrazione cultuale. 
Il nemico, il virus, è sempre presente e deve essere combattuto incessantemente e senza possibile tregua. Anche la religione cristiana conosceva simili tendenze totalitarie, ma esse riguardavano solo alcuni individui – in particolare i monaci – che sceglievano di porre la loro intera esistenza sotto l’insegna «pregate incessantemente». La medicina come religione raccoglie questo precetto paolino e, insieme, lo rovescia: dove i monaci si riunivano in conventi per pregare insieme, ora il culto deve essere praticato altrettanto assiduamente, ma mantenendosi separati e a distanza.

3) La pratica cultuale non è più libera e volontaria, esposta solo a sanzioni di ordine spirituale, ma deve essere resa normativamente obbligatoria. La collusione fra religione e potere profano non è certo un fatto nuovo; del tutto nuovo è, però, che essa non riguardi più, come avveniva per le eresie, la professione dei dogmi, ma esclusivamente la celebrazione del culto. Il potere profano deve vegliare a che la liturgia della religione medica, che coincide ormai con l’intera vita, sia puntualmente osservata nei fatti. Che si tratti qui di una pratica cultuale e non di un’esigenza scientifica razionale è immediatamente evidente. 
La causa di mortalità di gran lunga più frequente nel nostro paese sono le malattie cardio-vascolari ed è noto che queste potrebbero diminuire se si praticasse una forma di vita più sana e se ci si attenesse a una alimentazione particolare. Ma a nessun medico era mai venuto in mente che questa forma di vita e di alimentazione, che essi consigliavano ai pazienti, diventasse oggetto di una normativa giuridica, che decretasse ex lege che cosa si deve mangiare e come si deve vivere, trasformando l’intera esistenza in un obbligo sanitario. 
Proprio questo è stato fatto e, almeno per ora, la gente ha accettato come se fosse ovvio di rinunciare alla propria libertà di movimento, al lavoro, alle amicizie, agli amori, alle relazioni sociali, alle proprie convinzioni religiose e politiche.
Si misura qui come le due altre religioni dell’Occidente, la religione di Cristo e la religione del denaro, abbiano ceduto il primato, apparentemente senza combattere, alla medicina e alla scienza. 
La Chiesa ha rinnegato puramente e semplicemente i suoi principi, dimenticando che il santo di cui l’attuale pontefice ha preso il nome abbracciava i lebbrosi, che una delle opere della misericordia era visitare gli ammalati, che i sacramenti si possono amministrare solo in presenza. 
Il capitalismo per parte sua, pur con qualche protesta, ha accettato perdite di produttività che non aveva mai osato mettere in conto, probabilmente sperando di trovare più tardi un accordo con la nuova religione, che su questo punto sembra disposta a transigere.

4) La religione medica ha raccolto senza riserve dal cristianesimo l’istanza escatologica che quello aveva lasciato cadere. Già il capitalismo, secolarizzando il paradigma teologico della salvezza, aveva eliminato l’idea di una fine dei tempi, sostituendola con uno stato di crisi permanente, senza redenzione né fine. Krisis è in origine un concetto medico, che designava nel corpus ippocratico il momento in cui il medico decideva se il paziente sarebbe sopravvissuto alla malattia. 
I teologi hanno ripreso il termine per indicare il Giudizio finale che ha luogo nell’ultimo giorno. Se si osserva lo stato di eccezione che stiamo vivendo, si direbbe che la religione medica coniughi insieme la crisi perpetua del capitalismo con l’idea cristiana di un tempo ultimo, di un eschaton in cui la decisione estrema è sempre in corso e la fine viene insieme precipitata e dilazionata, nel tentativo incessante di poterla governare, senza però mai risolverla una volta per tutte. 
È la religione di un mondo che si sente alla fine e tuttavia non è in grado, come il medico ippocratico, di decidere se sopravviverà o morirà.

5) Come il capitalismo e a differenza del cristianesimo, la religione medica non offre prospettive di salvezza e di redenzione. Al contrario, la guarigione cui mira non può essere che provvisoria, dal momento che il Dio malvagio, il virus, non può essere eliminato una volta per tutte, anzi muta continuamente e assume sempre nuove forme, presumibilmente più rischiose. 
L’epidemia, come l’etimologia del termine suggerisce (demos è in greco il popolo come corpo politico e polemos epidemios è in Omero il nome della guerra civile) è innanzi tutto un concetto politico, che si appresta a diventare il nuovo terreno della politica – o della non-politica – mondiale. È possibile, anzi, che l’epidemia che stiamo vivendo sia la realizzazione della guerra civile mondiale che secondo i politologi più attenti ha preso il posto delle guerre mondiali tradizionali. 
Tutte le nazioni e tutti i popoli sono ora durevolmente in guerra con sé stessi, perché il nemico invisibile e inafferrabile con cui sono in lotta è dentro di noi.
Com’è avvenuto più volte nel corso della storia, i filosofi dovranno nuovamente entrare in conflitto con la religione, che non è più il cristianesimo, ma la scienza o quella parte di essa che ha assunto la forma di una religione. Non so se torneranno ad accendersi i roghi e dei libri verranno messi all’indice, ma certo il pensiero di coloro che continuano a cercare la verità e rifiutano la menzogna dominante sarà, come già sta accadendo sotto i nostri occhi, escluso e accusato di diffondere notizie (notizie, non idee, poiché la notizia è più importante della realtà!) false. Come in tutti i momenti di emergenza, vera o simulata, si vedranno nuovamente gli ignoranti calunniare i filosofi e le canaglie cercare di trarre profitto dalle sciagure che esse stesse hanno provocato. Tutto questo è già avvenuto e continuerà a avvenire, ma coloro che testimoniano per la verità non cesseranno di farlo, perché nessuno può testimoniare per il testimone.

2 maggio 2020
Giorgio Agamben





martedì 1 settembre 2020

IL TAMPONE DEI DESIDERI



Il tampone presenta l'80,33% di falsi positivi, lo rileva il NCWIT, e prima diversi studi virologici cinesi, oltre a diverse riviste scientifiche mediche internazionali. Il tampone rileva almeno una decina di corona virus, quindi il 90% dei positivi non avrà il covid 19, però rientrerà strumentalmente nella conta degli untori e, in certi casi, dei futuri decessi. 
Nel Bugiardino del tampone viene riportato questo: Xpert Xpress SARS-COV-2 è un test di reazione a catena della polimerasi in tempo reale (RT-PCR) previsto per il rilevamento qualitativo degli acidi nucleici del SARS-COV-2 in campioni di analisi da tampone nasofaringeo, tampone nasale o lavaggio/aspirato nasale prelevati da soggetti con sospetta infezione da covid-19. I risultati servono per l’identificazione dell’RNA del SARS-COV-2. I risultati positivi sono indicativi della presenza di RNA del SARS-COV-2, ciononostante, per determinare lo stato di paziente infetto è necessaria la correlazione clinica con l’anamnesi e con altri dati diagnostici del paziente stesso. I risultati positivi non escludono la presenza di infezioni batteriche o di infezioni concomitanti da altri virus. L’agente rilevato potrebbe non essere la causa concreta della malattia. 
Questo conferma quello che dicevamo. Qual è il significato? Che se hai un’infezione di altro genere che coinvolge le mucose delle vie aeree superiori, la probabile interferenza potrebbe causare positività del tampone.

Robert Koch è stato un medico, batteriologo e microbiologo tedesco vissuto a cavallo tra il 1800 e il 1900, per i suoi meriti ha ricevuto il Nobel, nel 1905, per la medicina. 
Koch ha formulato i quattro postulati che portano il suo nome, i quali stanno alla virologia come il Teorema di Pitagora sta alla geometria. 
La storia dei nuovi infetti e nuovi contagiati che sembrano moltiplicarsi come i conigli che escono dal cilindro di un mago e di cui parlano i TG, omettendo di dire che sono tutti asintomatici, è qualcosa di veramente surreale. 
"Una persona che non ha sintomi è sana. Se il soggetto è sano non può trasmettere ciò che non ha."
Questo è quanto affermava Koch. 
Ma allora perché risultano positivi al tampone? Facciamo un'altra piccola regressione. 
Il tampone è una brillante invenzione di Kary Mullis, pure lui premiato col Nobel nel 1993 proprio per questa scoperta. 
Mullis inventò per l’esattezza il processo PCR: Polymerase Chain Reaction. 
“La PCR viene utilizzata in tutte quelle situazioni in cui bisogna amplificare un quantitativo di DNA fino a livelli utili per analisi successive. I campi di applicazione sono enormi. 
La tecnica viene sfruttata oggi, per esempio, in campo medico per riconoscere cellule tumorali, quando esse sono troppo poche per essere evidenziate da altre metodiche. 
Estremamente utile è l’uso della PCR in medicina legale e in vari campi dell’ingegneria genetica. 
Il suo utilizzo consente inoltre di rivelare eventuali malattie genetiche”. 
Capite quale era l’uso per il quale Kary Mullis inventò tale processo? 
Lo scopo era quello della ricerca, visto la possibilità di AMPLIFICARE un campione genetico. 
Mullis - fino a quando era in vita - ha più volte affermato nei testi scientifici che il tampone è uno strumento di ricerca (ottimo strumento), ma non è idoneo a nessun tipo di diagnosi. 
Il metodo PCR funziona per “amplificazioni”. 
Più amplifichi e meglio vedi. Sotto le 35 amplificazioni il test è sempre negativo, essendo nato per la diagnosi, sopra le 60 amplificazioni è sempre positivo. 

Lo studio cinese, autori GH Zhuang ed altri scienziati cinesi, sugli asintomatici, presentato addirittura a marzo 2020, descrive il potenziale tasso di falsi positivi tra gli “individui infetti asintomatici” venuti in stretto contatto con pazienti COVID-19.
I risultati dello studio parlano chiaro: “Quando il tasso di infezione dei contatti stretti e la sensibilità e la specificità dei risultati riportati sono stati presi come stime puntuali, il valore predittivo positivo dello screening attivo era solo del 19,67%, al contrario, il tasso di falsi positivi dei risultati positivi era dell’80,33 %.
I risultati dell’analisi di sensibilità probabilistica multivariata hanno supportato i risultati del caso base, con una probabilità del 75% per il tasso di falsi positivi di risultati positivi oltre il 47%”.
Le conclusioni dello studio hanno portato gli scienziati a dire che “negli stretti contatti dei pazienti COVID-19, quasi la metà o anche più degli ‘individui infetti asintomatici’ riportati nello screening del test dell’acido nucleico attivo potrebbero essere falsi positivi”.
Un’altra ricerca del Center for Disease Prevention della Corea, ha rintracciato 790 contatti diretti di 285 persone asintomatiche positive, dei 790 nessuno era positivo ai test.
Giorgio Palù, virologo dell’Università di Padova ha sostenuto che “il tampone è un mezzo per fare un prelievo e per questo motivo il buon esito dipende da molte variabili, a partire da chi fa il prelievo e in che modo, la situazione del paziente, dal modo in cui il materiale prelevato con il tampone viene prelevato e congelato, dalla quantità di virus presente.
La sensibilità di questa analisi è infatti del 60%, vale a dire che in quattro casi su dieci non si riesce ad avere una diagnosi corretta. È un sistema che va corredato ed integrato con la clinica”.
Il Prof. Palù aggiungeva inoltre che l’analisi delle tracce genetiche del virus SarsCoV2 “potrebbero amplificare anche alcuni frammenti del virus”, ma questo non significa che il virus sia in grado di replicarsi.
“Si può avere il covid e sfuggire ai vari test. Il tampone naso-gola ha due variabili: la prima è quella dell’operatore che lo fa e che potrebbe commettere degli errori, la seconda chi processa il campione raccolto in laboratori.
Consideriamo, per quanto riguarda i campioni, fino al 30% può essere un falso negativo, se poi ci mettiamo gli errori umani ecco che il tampone può essere un falso negativo fino al 50% dei casi”, queste le parole di Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova e componente della task force covid della Regione Liguria.
Per quanto riguarda la comunità medica degli Stati Uniti, il dottor Chris Smalley, della Norton Healthcare nel Kentucky, si è occupato di diversi pazienti che erano negativi al test, ma venivano poi ricoverati con quadri clinici anche gravi, con sintomi simili alla malattia covid.
Un caso degno di nota è infatti quello della sedicenne francese ‘Julie’, trovata con 2 tamponi negativi, ma poi deceduta. Anche da qui si evince una chiara non affidabilità dei test oro-faringei attualmente in uso.
Infatti un altro studio cinese (di febbraio), portato avanti su ben 1000 pazienti e pubblicato sulla rivista scientifica ‘Radiology’, ha dimostrato come il tampone dava 1 ‘falso negativo’ in circa il 33% dei casi.
Il dottor Scoglio ha spiegato che: «Per testare la patogenicità di un organismo bisogna prendere un campione di sangue o umore infetto, isolare e purificare il batterio o il virus, metterlo in coltura, iniettarlo a una cavia, vedere se si riproduce la malattia e solo se si ammala posso affermare che quell’organismo è causa della malattia." 
Se c’è una possibilità che si sviluppi una immunità è proprio quella che tutti diventino, impropriamente, “positivi asintomatici”. 
Costoro, sono coloro che hanno con molta probabilità contratto il Covid19, poi liquidato come fastidioso raffreddore, e infine "digerito". Se esistono degli anticorpi naturali si trovano proprio nel loro organismo. 

TRISTE CONCLUSIONE:
Il tampone, oltre a non essere uno strumento realmente diagnostico, rischia di trasformarsi da inutile a dannoso, perché non specifico per il covid 19, ma realizzato per un ampio range di corona virus. 
È uno strumento costoso, prevede un enorme dispendio di energie e mezzi ed è stato dimostrato essere fallace (per quanto fondamentale ed importante per altre ricerche mediche), non solo, anche se fosse scientificamente testato solo per il covid 19 e non presentasse errori, non avrebbe senso farlo casualmente ed occasionalmente, perché chiunque potrebbe risultare negativo e poi contagiarsi un'ora dopo ovunque, sarebbe come svuotare dall’acqua una barca piena di falle. 
È un po' la stessa logica con la quale sono stati conteggiati i morti nei mesi scorsi. 
Chiunque sia risultato positivo al tampone, anche post mortem, è stato inserito nello stesso contenitore propagandistico, senza considerare se con covid o senza covid, anzi, talvolta ben sapendo che non c'era nessuna relazione riguardo al decesso (furono addirittura bruciati i cadaveri ed impedite le autopsie).
Sono state congelate terapie per ogni altra patologia, migliaia di esami rimandati a date da destinare, ci saranno migliaia di pazienti che subiranno queste emergenze governative, con tutte le conseguenze del caso. Non la scienza, che è ben altra cosa, ma la politica, l'interesse mafioso farmaceutico, il ricatto morale, l'ideologia scientista di Stato ed i suoi lacchè, consapevoli ed inconsapevoli, non hanno prodotto proprio nulla per risolvere il problema. 
La sieroterapia aveva dimostrato risultati eccellenti e definitivi, prima fu osteggiata, e poi, una volta costretti ad ammetterne la validità, ricordandosi per incanto fosse una vecchia e valida pratica, venne subito relegata all'oblio generale. È stata prodotta solo la paura, inutili ed obsolete mascherine di cortesia, il distanziamento sociale ed il tampone dei desideri. 
Questi protocolli sono provvedimenti creati e proposti dall'OMS a tutti i governi del mondo, secondo schemi precisi che non permettono a nessun governo di dissociarsi, per evitare responsabilità di qualsiasi natura e per altre svariate ragioni politiche, economiche e di potere.
È concettualmente sbagliato il tampone, se utilizzato in questi termini propagandistici, e dovrebbe essere logico comprendere che, attraverso la paura, qualsiasi forma di potere può far accettare qualsiasi paradigma liberticida ad i suoi cittadini ed implementare quello che è stato annunciato fin troppo spesso, ovvero, il memento mori del: "NULLA SARA' COME PRIMA..."
Oltretutto, gli stessi organi statuali e transnazionali che da decenni hanno tagliato sanità, chiuso ospedali, ridotto massivamente posti letto, per non parlare della distruzione dello Stato Sociale, sarebbero poi gli stessi che oggi si stracciano le vesti per prendersi cura di noi (ma in che film?), tamponando a raglio potenziali pazienti, creando uno stato di allerta perenne e costante, censurando o ridicolizzando qualsiasi criticità, ma anche ghettizzando od oscurando ricerche e studi UFFICIALI di scienziati, che però non rispondo alle logiche dello status quo.
Conta ciò che appare sui media e che viene percepito dalla massa come UNICA REALTA’, la fede nell'oracolo scientista, non scientifico, sembra placare emozionalmente l'ansia di morte di molti nostri simili.
Siamo in pieno pensiero magico e questo non è un problema solo sanitario, ma anche culturale ed epocale, perché riguarda non solo la nostra libertà, ma ancor prima la percezione generale delle cose.
Perché le persone si affidano all'oracolo vigente, scartando tutte le ipotesi, ricerche e verità scientifiche ufficiali che escono fuori dai binari del conformismo dilagante?
Per diversi motivi.
Pigrizia mentale, voglia di approssimazione, perché è giusto credere in qualcosa che ci rassicuri dopo averci spaventato (siamo ancora troppo legati alle forme pensiero bastone/carota?), per ignoranza, per ignavia, per interesse di difendere le proprie posizioni di rendita, per mancanza intrinseca di laicità (praticata solo quando ci serve strumentalmente), perché non tutti si possono permettere il lusso di mettersi in gioco, scardinando il proprio castello di carte composto di credenze e sedimentato nel tempo.
Quindi basterà un po' di minculpop per far scattare pavlovianamente i sudditi; è un po' come tornare bambini, tra favole e punizioni, in attesa di trasgressioni.
Allora aspettiamo con ansia le prime forme influenzali, che saranno tutte catalogate covid 19, che riporteranno l'orologio indietro a marzo 2020, magari senza ricorrere necessariamente a demenziali ed inutili quarantene totali, ma attraverso misure più light, chiudendo scuole ad hoc e tutto ciò che può essere chiuso ad hoc, il resto andrà avanti da sé, sanità tagliata e tutte le altre malattie comprese, anche se ad oggi, pare, dimenticate.
Attendendo il vaccino salvifico, step successivo a queste prese in cura (o per il culo), buon tamponamento a tutti e mi raccomando, mascherine e distanziamento sociale per tutti, untori che non siete altro.