sabato 27 maggio 2017

UOMO, ANDROIDE E MACCHINA (1976) di Philip Dick parte 2°


UOMO, ANDROIDE E MACCHINA (1976) di Philip Dick (parte 2°)
"L’anima sta all’uomo come l’uomo sta alla macchina: è la dimensione aggiuntiva, in termini di gerarchia funzionale." 
cit. Philip Dick

Vorrei a questo punto ricordare come, secondo la concezione di antichi greci ed ebrei, Dio, o la Mente di Dio, non sovrasti l’universo, bensì si trovi al suo interno: Mente o Dio immanente, con l’universo visibile a costituirne il corpo, cosicché Dio stia all’universo come la psyche sta al soma. Ma essi avanzavano anche l’ipotesi che forse Dio non era una grande Psiche, bensì Nous, una niente di tipo diverso; in tal caso non l’universo ne sarebbe stato il corpo, bensì Dio stesso. L’universo spazio-temporale accoglie Dio ma non ne fa parte: Dio è soltanto l’enorme campo di energia.
Se ammettete (e ciò sarebbe corretto) che le nostre menti sono campi di energia di qualche tipo, e che noi siamo fondamentalmente campi interagenti più che particelle discrete, allora concepire questa interazione tra miliardi di cervelli da cui emanano, si formano e si riformano i modelli della noosfera non costituisce assolutamente un problema teorico.
Se invece vi attenete alla visione ottocentesca di voi stessi come organismi discreti, molto simili a macchine, composti di parti, come sarà possibile che voi vi fondiate con la noosfera?
Voi siete una cosa singolare, concreta.
E la “cosalità” è ciò da cui dobbiamo allontanarci nella considerazione di noi stessi e della vita. Secondo concezioni più moderne, noi siamo campi che si sovrappongono – tutti noi, animali e piante inclusi. Questa è l’ecosfera, in cui tutti ci troviamo. Ma ciò di cui non ci rendiamo conto è che i miliardi di emisferi cerebrali sinistri discreti e interamente fondati sull’ego hanno da dire molto meno riguardo alla definitiva disposizione del mondo che produce il noosferico collettivo.
La mente che comprende tutti i nostri emisferi cerebrali destri e da noi tutti condivisa. Sarà essa a decidere, e non credo sia impossibile che questa vasta noosfera plasmatica -considerando che racchiude tutto il nostro pianeta come un velo o uno strato- interagisca all’esterno con campi di energia solare e, di lì, con i campi cosmici. Ognuno di noi, dunque, partecipa del cosmo, se è disponibile ad ascoltare i propri sogni. E saranno questi sogni che lo trasformeranno da semplice macchina in autentico essere umano.
Non se ne andrà più in giro tutto impettito rumoreggiando con la sua armatura metallica, e qui cesserà il suo piccolo regno: si librerà verso l’alto, volando come un campo di ioni negativi, come l’entità Ubik nel mio romanzo omonimo: è vita, dà vita, ma senza mai definirsi, perché è impossibile dare a esso e a noi un nome preciso.
Muovendoci nel molteplice, cioè progredendo lungo il tempo lineare, o rimanendo immobili mentre il tempo lineare progredisce (quale che sia il modello più corretto) noi, come tante entelechie riceviamo continui segnali, informazioni e, soprattutto, veniamo messi in azione da brillamenti dell’universo circostante; in questo modo si mantiene l’armonia tra tutti i suoi elementi.

Non esiste piano più grandioso di questo: la consapevolezza di doversi dispiegare, come entelechie, solo nel momento in cui questi segnali prestabiliti mi raggiungono, e del fatto che il controllo sul momento – cioè, il luogo nel tempo – in cui questi segnali mi raggiungeranno sono interamente nelle mani dell’universo… Questa è un’illuminazione elettrizzante, e mi rende conscio dell’indissolubile legame che mi avvince all’ambiente circostante.
Esiste un tale ordine nell’azione-reazione che si instaura tra i sistemi inscritti dentro ciascuno di noi e i segnali accumulantisi che mettono sequenzialmente in azione questi sistemi, da far ritenere necessariamente che l’Agente il quale in primo luogo ha posto in essere l’entelechia, per poi inscrivere e predisporre questi sistemi, sapeva con precisione assoluta in quale punto del tracciato temporale si sarebbero manifestati i segnali che avrebbero dato il via; il caso non svolge qui alcun ruolo: il più felice degli accidenti risponde a un’astutissima pianificazione dell’universo.
A volte mi domando come sia stato possibile immaginare che la nostra specie fosse esente dagli istinti che nelle specie inferiori sono manifesti.
L’aspetto che ci differenzia, però, è che le formiche, per esempio, vengono messe in azione da uno stesso segnale, che dà luogo a un comportamento sempre identico; è come se il tutto accadesse a un’unica formica, ad infinitum. Nel nostro caso, invece, ognuno è un’entelechia diversa, e ognuno riceve sequenze di segnali assolutamente particolari, a cui reagisce in modo assolutamente singolare. Tuttavia, quello che la formica ode è il medesimo linguaggio dell’universo: la gioia che ci elettrizza è comune. Io stesso ho tratto molto materiale per le mie opere dai sogni.
In Flow My Tears, per esempio, il grandioso sogno del vecchio saggio a cavallo, che capita a Felix Buchman verso la fine del romanzo, è un sogno che ho davvero fatto mentre scrivevo quel romanzo. In Martian Urne-Slip ho inserito tali e tante esperienze oniriche da non riuscire più a distinguerle, rileggendo il romanzo.
Ubik era innanzi tutto un sogno, o una serie di sogni. Secondo me, contiene molti elementi filosofici delle visioni del mondo presocratiche (si pensi a Empedocle, per esempio) che ai tempi non mi erano affatto familiari. È possibile che la noosfera contenesse modelli di pensiero sotto forma di energia debole, finché non abbiamo inventato la trasmissione radio; a quel punto il livello di energia della noosfera si è liberato dai vincoli e ha acquistato una vita propria.
Ha smesso di essere semplice ricettacolo passivo dell’informazione umana (i “mari della sapienza” in cui credevano gli antichi sumeri) e invece, a causa dell’incredibile flusso di carica proveniente dai nostri segnali elettronici e dal materiale denso di informazioni in essi contenuto, abbiamo potuto oltrepassare una soglia importantissima: abbiamo, per così dire resuscitato ciò che Filone [Filone Ebreo, o di Alessandria, 20 a.C.-40 d.C. ca., N.d.T.] e gli altri antichi hanno chiamato Logos. L’informazione, dunque, è diventata viva, dotata di una sua mente collettiva indipendente dai nostri cervelli, se questa teoria è corretta. Non sa semplicemente quello che noi sappiamo o ricorda quello che si sapeva un tempo, bensì inventa soluzioni sue proprie: è un sistema titanico di intelligenza artificiale. La differenza allora sarebbe tra un registratore audio in grado di “ricordare” una sinfonia di Beethoven che ha “sentito” e uno in grado di crearne di sempre nuove: la biblioteca celeste, che ha letto tutti i libri già scritti, sta ora scrivendo un’opera sua che di notte ci viene letta, l’emozionante fiaba comprendente quel grandioso work in progress.
Vorrei ricordare a questo punto l’articolo di lan Watson, comparso su “Science Fiction Studies”, a proposito di La falce dei cieli di Ursula Le Guin. In questo eccellente pezzo Watson si sofferma su quello che è probabilmente il più significativo – e sbalorditivo -racconto di sf mai scritto, opera di Fredric Brown e comparso su “Astounding”: The Waveries [Gli oscillanti]. Vi consiglio di leggere questo racconto, perché se non lo fate potreste morire senza aver capito l’universo in divenire che vi circonda. Le waveries venivano attratte sulla Terra dalle onde radio: rispondevano in forma così simile alle nostre trasmissioni (Sos e così via, in senso cronologico) che dapprincipio non riuscivamo a capire che cosa stesse succedendo.


A proposito di La falce dei cieli, Watson dice:
"A quanto pare, George (Orr) ha sognato un’invasione ostile all’interno di una pacifica; eppure la cosa più probabile è che gli alieni appartengano, come loro sostengono, “al tempo dei sogni”, che tutta la loro civiltà ruoti attorno al modo con cui la “realtà realizza se stessa sognando”, che sono stati attratti sulla Terra come le waveries del racconto di Fredric Brown, ma da onde oniriche, invece che da onde radio.
Lo si potrebbe considerare roba da paura, questo tema nell’opera di Le Guin e mia. Che cosa sono i sogni? Esistono simili entità universal-oniriche giunte qui da un’altra stella (Aldebaran, nel caso del romanzo della Le Guin)?
Gli ufo osservati dalla gente non sono magari ologrammi proiettati dalle loro menti inconsce, che agiscono come trasformatori e anche come trasduttori di queste strane creature universal-oniriche? Per tutto lo scorso anno ho fatto moltissimi sogni che sembravano – e sottolineo “sembravano” -suggerire l’ipotesi che da qualche parte nella mia testa fosse in atto una sorta di comunicazione telepatica, ma dopo aver parlato con Henry Korman, un collaboratore di Ornstein, credo piuttosto che fossero i miei emisferi destro e sinistro impegnati in un dialogo alla Martin Buber.
Ma la produzione di gran parte di quel materiale onirico sembrava al di là delle mie capacità personali. A un certo punto, è stato fatto un tentativo di indurmi a descrivere un complicato principio ingegneristico che mi era stato rivelato nella forma di un motore circolare dotato di due ruote identiche, rotanti in senso opposto – molto simile all’alternanza taoista di yin e yang come coppia di opposti (e anche al dualismo empedocleo di amore e odio, come interazione dialettica universale ). Ma quello era un vero dispositivo ingegneristico che era stato insinuato nel mio sogno; mi hanno mostrato una matita e mi hanno detto: “Questo principio era noto ai tuoi tempi“. E mentre io correvo a prendere la matita, hanno aggiunto: “Noto, ma sepolto e dimenticato in una cantina“.
Si trattava di un complicato meccanismo di coppia azionato a catena che si muoveva eccentricamente tra i due rotori, ma al risveglio non sono più stato in grado di ricostruirlo.
Ecco, invece, che cosa ho afferrato in seguito: ulteriori sogni hanno chiarito che in qualche modo il nostro trattamento dell’acqua marina secondo un processo di osmosi ci avrebbe dato non solo acqua pura, bensì anche energia. Comunque, hanno scelto l’uomo sbagliato a cui fornire questo genere di materiale: non sono certo il più adatto a divulgarlo.
Però, ho speso più di mille dollari in libri e manuali per cercare di capire che cosa mi fosse stato comunicato. Ecco cosa ho scoperto: in questo sistema a doppio rotore, qualcosa che aveva a che fare con una sensibile isteresi si traduceva in un vantaggio, invece che costituire un difetto.
Non serve sistema frenante: i due rotori girano costantemente alla stessa velocità, e la torsione viene trasmessa per mezzo di una catena a camme.
Dico questo solo per mostrare che o il mio inconscio ha letto articoli e saggi di ingegneria che sfuggono al mio ricordo, nonché alla mia attenzione e al mio interesse, oppure ci sono, diciamo, persone universal-oniriche provenienti, diciamo, da Aldebaran o da qualche altra stella.
Condividono forse con noi la medesima noosfera?
Offrono forse aiuto a un pianeta paralizzato e afflitto che si è arenato, come un topo su una ruota stanca, nel mezzo di un inverno che dura da più di duecento anni?
Se portano con sé la primavera, allora – chiunque essi siano – io do loro il benvenuto; come Joe Chip in Ubik, temo il freddo e la stanchezza; ho paura di morire consumandomi nella salita di un’interminabile scala, mentre un essere crudele, o qualcuno che ne indossi la maschera assiste senza offrirmi aiuto: la macchina priva di empatia che si limita a osservare, semplice spettatrice – incubo che, lo so, attanaglia anche Harlan Ellison.
Fa persino più paura dell’assassino (Jory, in Ubik) questa figura che vede ma non porge aiuto, non tende la mano. Per me è l’androide, per Harlan il semidio; entrambi rabbrividiamo alla sola idea della sua esistenza.
Quello che posso dirvi delle persone universal-oniriche è che se esistono – di chiunque si tratti non sono androidi anempatici: sono esseri umani nel senso più pieno del termine.
Hanno teso una mano compassionevole al nostro pianeta, alla nostra ecosfera inquinata e, forse, hanno addirittura contribuito ad abbattere la tirannia che ha oppresso gli Stati Uniti, il Portogallo, la Grecia, e un giorno abbatteranno anche la tirannia del blocco sovietico. Ecco cosa ho in mente quando penso alla primavera: l’apertura delle porte d’acciaio della prigione, e i poveri prigionieri, come nel Fidelio di Beethoven, liberi di uscire alla luce del sole.
È stupendo quel momento dell’opera in cui vedono il sole e ne sentono il tepore. E finalmente, al termine, gli squilli di tromba della libertà segnano la fine perpetua della loro crudele prigionia: è arrivato un aiuto, dall’esterno (in realtà questo esterno è un interno).
Ogni tanto qualcuno si presenta a uno scrittore di fantascienza e con un sorriso folle di segreta complicità ammicca: “So che quello che scrivi è vero, ma in codice. Tutti voi scrittori di sci-fi riuscite a riceverLi”. Ovviamente, io chiedo sempre chi mai siano Costoro, e la risposta è sempre la stessa. “Lo sai bene: quelli di lassù, la gente dello spazio. Sono già tra noi, e si servono dei tuoi scritti. Non far finta di non saperlo“. A quel punto, di solito, sorrido e cambio discorso. Accade continuamente. Be’, detesto ammetterlo, ma è possibile:
1) che esista qualcosa di simile alla telepatia;
2) che l’idea del progetto ceti, secondo cui potremmo comunicare telepaticamente con intelligenze extraterrestri, sia ragionevole – ammesso che esistano telepatia e intelligenze extraterrestri.


In caso contrario, stiamo tentando di comunicare con qualcuno che non esiste utilizzando, per giunta, un sistema che non funziona. Se non altro, ciò terrà molti di noi occupati a lungo. Ora, però, capisco come un’equipe di astronomi sovietici – evidentemente capeggiati dallo stesso dottor Nikolaj Kozyrev che ha sviluppato la teoria del tempo-energia già menzionata – abbia affermato di aver ricevuto segnali emessi da intelligenze extraterrestri presenti all’interno del nostro sistema solare.
Se ciò fosse vero… ma i nostri sostengono che i sovietici stiano solo ricevendo banali, inutili e vecchi segnali prodotti dai nostri satelliti abbandonati e da altre navicelle in disuso.
Supponiamo comunque che queste entità extraterrestri intelligenti o questa mente collettiva si trovi all’interno, diciamo, del grande plasma che sembra circondare la Terra e abbia a che fare con fenomeni quali macchie solari e affini. Mi riferisco, ovviamente, alla noosfera: si tratta di intelligenza terrestre ed extraterrestre al tempo stesso, che probabilmente somiglia molto a ciò di cui Ursula Le Guin ha parlato in La falce dei cieli.
Inoltre, come sanno tutti gli appassionati di sf, anche i miei scritti affrontano temi analoghi, fornendo così un altro paio di fastidiosi appigli a tutti quei balordi che si presentano agli scrittori di SF e dicono: “Voi scrivete in codice” ecc.
In verità, può darsi che noi si sia influenzati, soprattutto in sogno, da una noosfera prodotta da noi stessi, capace di processi mentali autonomi e legata a intelligenze extraterrestri -una combinazione di tutte e tre le cose e Dio solo sa di cos’altro. Potrebbe anche non trattarsi del Creatore, ma è la nostra migliore approssimazione possibile alla Mente Infinita; ed è un’approssimazione sufficiente.
Che sia benefica è ovvio, se si accoglie l’affermazione di Maslow, secondo cui – se non le fossimo graditi – ci avrebbe giustiziato molto tempo fa; qui, la definiamo “noosfera infinita” per natura. Forse, siamo noi umani – teneri e buoni d’aspetto, con i nostri occhi pensierosi – le vere macchine.
E quelle costruzioni oggettuali, gli oggetti naturali che ci circondano -in particolare, i macchinari elettronici da noi costruiti, i trasmettitori e le stazioni di ritrasmissione a microonde, i satelliti -potrebbero essere il travestimento di realtà viventi, nella misura in cui possono far parte più pienamente e in modo a noi oscuro della Mente ultima.
Forse noi non vediamo solo un velo ingannevole, bensì anche all’indietro.


La migliore approssimazione alla verità è, forse, questa: “Tutto è egualmente vivo, libero, sensibile, non perché tutto sia vivo, o vivo a metà, o morto, bensì perché è vissuto. Un trasmettitore emette segnali radio che attraversano i vari componenti, si modificano e si amplificano; i loro contorni mutano; il rumore viene eliminato, scartato…
Noi siamo estensioni, come quegli arti metallici utilizzati dagli scienziati per manipolare oggetti radioattivi. Siamo come guanti che Dio ha adibito al movimento delle cose secondo i Suoi gusti. Per qualche ragione, Egli preferisce gestire la realtà in questo modo (sono irremovibile e difenderò fino all’ultimo questa analogia).
Siamo come abiti che Egli crea, indossa, consuma e, infine, scarta. Siamo armature, il che produce un’impressione sbagliata in certe altre farfalle chiuse in altre armature.
Dentro l’armatura c’è la farfalla, e dentro la farfalla c’è… il segnale proveniente da un’altra stella. Nel romanzo che sto scrivendo (o che il Sognatore, forse, sta creando tramite me) questa stella si chiama Albemuth. Non avevo ancora letto il romanzo di Ursula Le Guin, La falce dei cieli, quando mi è venuta quest’idea, ma chi lo ha letto troverà anche nel mio lavoro questa concezione di noi come stazioni all’interno di una vasta rete, inconsapevoli.
Considerate questa Meditazione di Rumi, un detto [tradotto] da Idries Shah, che è molto famoso tra i moderni maestri sufi: “L’artigiano è celato nell’opera“. Poiché, evidentemente, è stato il dottor Ornstein, prima di chiunque altro, lo scopritore della nuova visione del mondo che implica, tra i due emisferi cerebrali, una parità mai sospettata dai tempi di Pitagora e Platone, ho fatto appello a tutto il mio coraggio e gli ho scritto. Ogni tanto qualche ammiratore mi scrive, con mano tremante; così, tutta la mia macchina da scrivere elettrica tremava mentre scrivevo al dottor Ornstein.
Riporterò, qui di seguito, il testo della mia lettera, a mo’ di nota conclusiva al fine di spiegare come, grazie all’aiuto di Ornstein, io abbia trasceso l’opposizione di realtà e illusione, portando chiaramente a conclusione uno studio e uno sforzo durati vent’anni della mia vita.
Cito testualmente:
Caro dottor Ornstein, ho incontrato di recente Henry Korman e Tony Hiss (quest’ultimo era venuto a intervistarmi per il “New Yorker”). Con il primo ho avuto una meravigliosa conversazione sul sufismo e ho parlato della mia ammirazione, confinante con l’entusiasmo fanatico, per il suo pionieristico lavoro in merito all’uguaglianza tra i due emisferi cerebrali.
Avendo in tal modo scoperto che La conoscono entrambi, mi faccio coraggio e Le chiedo: che cosa sono diventato dopo i miei esperimenti miranti a sollecitare il mio emisfero destro (soprattutto per mezzo di vitamine a formula ortomolecolare, oltreché di una notevole dose di approfondita meditazione)? È successo dieci mesi fa, e da dieci mesi non sono più lo stesso. Ma la cosa per me più straordinaria (a questo proposito sto scrivendo un libro in forma narrativa, un romanzo intitolato To Scare the Dead) è che… Ma lasci che le esponga la premessa così come l’ho espressa nel mio romanzo.

Nicholas Brady, un comune cittadino americano con valori mondani e le comuni ambizioni del suo tempo (denaro, potere e prestigio) registra improvvisamente dentro di sé il risveglio alla vita di un’entità che è rimasta assopita per duemila anni. Quest’entità è un esseno, morto con la certezza della resurrezione promessagli: ne era certo perché a garanzia di ciò lui e altri abitanti di Qumran disponevano di formule segrete, medicine e pratiche scientifiche. Così, all’improvviso, il nostro protagonista, Nicholas Brady, scopre di essere duplice: da una parte, il suo vecchio Io, col suo lavoro e i suoi obiettivi secolari, e questo esseno, originario del wadi di Qumran, vissuto intorno al 45 d.C.; un sant’uomo animato da valori sacri e da un totale antagonismo nei confronti del mondo fisico e terreno, da lui visto come la “Città d’acciaio”. La mente di Qumran si impadronisce di Brady e lo guida nel compimento di una serie di atti, finché non risulta evidente che altri uomini di Qumran, come questo, stanno tornando alla vita, qua e là nel mondo.

Studiando la Bibbia, con il supporto di quest’uomo di Qumran, Brady scopre che il Nuovo Testamento è scritto in codice, e che l’esseno è in grado di decifrarlo. “Gesù” è in realtà Zagreo-Zeus, caratterizzato da due diverse forme: una dolce, l’altra onnipotente, su cui i seguaci possono contare in caso di bisogno. L’uomo di Qumran -che nella narrazione si chiama Thomas – a poco a poco avverte Brady dell’imminenza della Parousia, gli ultimi giorni del mondo.
Gli dice di prepararsi. Thomas lo preparerà evocando in lui il ricordo della sua – di Brady – divinità, con l’anamnesi. È Thomas che la definisce così. Thomas crea una particolare uguaglianza tra sé e Brady, ma sviluppa come fonte di conoscenza per l’ignorantissimo Brady l’entità nota con il nome di Erasmo, che in realtà è solo un nodo della noosfera – la quale è così intensamente attiva attorno alla Terra che, se uno ne ha consapevolezza, ne può consciamente, più che inconsciamente, trarre un’influenza positiva: sono i “mari della sapienza“, noti agli antichi, su cui faceva affidamento la sibilla di Delfi. Ma questa è apparenza; Brady scopre, infatti, che il dio degli uomini di Qumran non è il mitico Gesù, bensì Zagreo, e in seguito ad alcune ricerche viene a sapere che Zagreo è una delle identità assunte da Dioniso.
Il cristianesimo non è che una tarda manifestazione del dionisismo, addolcito dalla strana e tenera figura di Orfeo.
Orfeo, come Gesù, è reale solo nella misura in cui Dioniso diviene “sociale”: nato come figlio di un’altra stirpe – non umana, bensì proveniente da un altro luogo – Zagreo ha dovuto imparare per gradi a modificare la sua “follia”, ora ridotta ai minimi termini.
In sostanza, egli è tra noi per ricostituirci quali sue manifestazioni, e ciò attraverso la possessione, ricercata dai primi cristiani e nascosta agli odiati romani. Dioniso-Zagreo-Orfeo-Gesù è sempre stato in lotta contro la Città d’acciaio, che si trattasse di Roma o di Washington: è il dio della primavera, della vita nuova, delle creature piccole e indifese; è il dio del mirto e dell’invasamento, il dio che mi consente di lavorare un giorno dopo l’altro a questo romanzo.
Ma nel libro, Thomas dice: “Gli ultimi giorni sono giunti. Il rovesciamento della tirannia è quello che Giovanni, con fosche parole, ha descritto nell’Apocalisse. Ora Gesù-Zagreo si reimpossessa di coloro che gli appartengono, uno dopo l’altro: risorge“. Durante l’inverno si credeva che Dioniso, dio della vite, della vegetazione, del raccolto, dormisse. Si sapeva che, per quanto morto potesse apparire (il Finnegans Wake di Joyce ne dà meravigliosamente conto, quando i protagonisti versano accidentalmente la birra sul cadavere, facendolo tornare alla vita), in realtà era vivo, anche se non lo si sarebbe mai detto. Dopodiché -senza la benché minima sorpresa di chi lo comprendeva e credeva in lui – rinasceva.
I suoi adepti sapevano che sarebbe successo; conoscevano il segreto (“Badate! Vi rivelo un sacro segreto…”). Ci riferiamo alle religioni misteriche -a tutte, cristianesimo compreso.
Il nostro Dio ha dormito nel lungo inverno della civiltà umana (non solo per la durata del ciclo delle stagioni, bensì dal 45 d.C. per tutti i secoli di inverno mentale fino ai giorni nostri); solo quando l’inverno serra ogni cosa nella sua presa, nella neve della disperazione e del declino (del caos politico e della rovina morale ed economica, nel nostro caso: l’inverno del nostro pianeta, del nostro mondo, della nostra civiltà), solo allora la vite, che era avvizzita, vecchia, apparentemente morta, torna a erompere alla vita, e il nostro Dio risorge, non realmente fuori di noi, ma in ognuno di noi. Dormendo, non sotto la neve che copre la terra, bensì all’interno dell’emisfero destro dei nostri cervelli. Abbiamo aspettato, anche se non sapevamo che cosa.
Ecco: questa è la primavera del nostro pianeta, in un senso più profondo ed essenziale. Le gelide catene d’acciaio sono state spezzate, ma quale miracolo c’è voluto! Come il mio personaggio, Nicholas Brady, ho vissuto il risveglio di Zagreo nel mio emisfero destro, e mi sono sentito inondare dalla sua vita che si rinnova, dal suo vigore, dalla sua personalità e dalla sua saggezza divina: egli odiava l’ingiustizia e le menzogne che vedeva intorno a sé, e ricordava: “La persona cara giunge indisturbata dagli uomini, dove tra le fronde ombrose / i piccoli della foresta vivono nascosti” (Euripide). Grazie, dottor Ornstein, per aver messo fine a quest’inverno e per aver introdotto non solo la primavera, bensì risvegliato la primavera che, pur viva, era assopita dentro di noi.

In realtà credo che la linea netta che separava allucinazione e realtà sia divenuta essa stessa una specie di allucinazione, e forse sto prendendo i miei sogni troppo sul serio. Ma, attualmente, suscita molto interesse, per esempio, la tribù Senoi della penisola malese (si veda Kilton Stewart, Dream Theory in Malaya, in Charles T. Tart, Altered States of Consciousness). Una volta ho sognato che la parola “Gesù” fosse un codice, un neologismo, un nome nient’affatto vero: gli esoterici (cioè, probabilmente, gli uomini di Qumran), coloro che leggevano il testo in quei tempi antichi, vedevano “Zeus” e “Zagreo” combinati a formare il nome di Gesù. È un codice di sostituzione; così credo che si chiami. Ebbene, normalmente, si tenderebbe a non dare molto credito a sogni come questo, o anche di altro genere, secondo cui potrebbe esserci effettivamente un’entità, un sistema di la, magari, che fornisce informazioni precise altrimenti indisponibili.
Ma andando a verificare una questione ortografica su uno dei miei volumi di consultazione, ho scoperto questi passaggi testuali notevolmente simili tra loro – il primo dei quali universalmente noto, dato che conclude le nostre sacre scritture, il Nuovo Testamento: “Io sono la radice della stirpe di David, la stella radiosa del mattino” (Apocalisse di Giovanni 22,16, dove chi parla è Gesù).
E poi: Tra tutti gli alberi al mondo
pasce il suo gregge e lo nutre di ogni radice
Dioniso, dio della Gioia, la pura stella
che brilla al raccolto del frutto.
(Pindaro, una delle quartine preferite da Plutarco, 430 a.C. ca.)

Che valore hanno i nomi? Questo è il dio dell’intossicazione, che prende i funghi sacri (cfr. John Allegro) o beve il vino, o inventa uno scherzo così divertente da far impazzire dal ridere e dal piangere, come certe slapstick comedies mute. In questa singola, breve stanza pindarica troviamo un gregge, alberi e, oltre a questi, due importanti simboli di Gesù, termini con cui tutti gli esoterici lo identificano e, pur tuttavia, molto profondi: la radice e la stella.
Questo riferimento alla radice e alla stella potrebbe essere considerato analogo all’estensione spaziale e temporale dell’Io sono l’Alfa e l’Omega” [Apocalisse di Giovanni, 22,13, N.d.T], cioè il primo e l’ultimo.
Dunque, radice e stella significano: io salgo dal mondo ctonio e discendo dal cielo stellato. Ma nella stella, nella stella radiosa del mattino, io vedo qualcos’altro. Credo che ciò voglia dire: “II segno che la primavera per l’uomo è arrivata proviene da un’altra stella“. Abbiamo degli amici, intelligenze extraterrestri, che sono come Egli ci ha detto: una radiosa stella del mattino, la stella dell’amore.


3 commenti:

  1. https://books.google.it/books?id=TdJ1DQAAQBAJ&pg=PT49&hl=it&source=gbs_toc_r&cad=2#v=onepage&q&f=false

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  2. In questo scritto di Dick trovo molto interessante e condivido solo la prima parte (fino al geniale paragone con le formiche).

    In tutti i modi non si può non volere bene a quest' uomo, così pieno di speranze, di BUONE speranze.

    Lilith

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  3. "IO SARO' IL PIU' GRANDE CREATORE DI LAVORO CHE DIO ABBIA MAI CREATO."

    E' così, che, il narcisista Trump-trombetta delle lobby delle armi e farmaceutiche che lo hanno finanziato/ricattato, si è presentato.
    Ebbene, i posti di lavoro non si creano dal nulla; quindi, cosa aveva in mente(o gli avevano messo i suddetti) il "nostro assatanato"?

    Ora, in primo luogo c'è l' Inghilterra che si "defila" dall' Europa: presentimento? ma valà! sapeva benissimo che sarebbe stato eletto un rappresentante delle sopra citate lobby...e forse non voleva avere nulla a che fare...o forse troppo.
    Queste lobby, seppure ancora forti, rischiano di indebolirsi non essendoci "abbastanza guerre" in corso, ed essendo calata la vendita dei medicamenti allopatici (sostituiti da quelli OMEOPATICI, unici validi, per quanto non tutti i medici omeopatici lo siano, ci sono tanti, troppi FARLOCCHI tra loro!) in crisi a causa delle MIGLIAIA di morti causati da questi OGNI ANNO.
    In secondo luogo c'è il cane da guardia coreano (della Cina),e un cane, in questo caso: non "abbaia MAI a cazzo di cane".
    In terzo luogo c'è il recente G7: dove l' Europa, non ancora consolidata a causa di problemi interni egoistici, ha risposto un NO grande come una casa alle proposte del "presidente folletto", che vorrebbe, UDITE, UDITE, per risolvere "i cazzi suoi": fare GUERRA alla CINA! e proibire
    l'OMEOPATIA e qualsiasi altra medicina alternativa che NON AMMAZZI.

    Ecco come "CREEREBBE i posti di lavoro" ! ! !

    Sulla posizione dell' Inghilterra rimango in dubbio, per quanto non creda che fosse a conoscenza del "rituale regalo" (sigillato con cera rosso-sangue), ricevuto da questa il giorno prima.
    Mah !!!

    danotiziedalsottomondo

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