lunedì 25 marzo 2019

TRA IL DIRE E IL FARE C'E' DI MEZZO IL MARE... E UN PULLMAN IN FIAMME


Due episodi mediatici hanno cavalcato l'onda negli ultimi giorni, il primo è quello del pullman in fiamme, dove hanno rischiato di morire 51 bambini, ed il secondo è il salvataggio di 50 profughi in acque libiche, da parte di una ONG guidata da un redivivo Casarini.
Due vicende diverse, ma intimamente legate tra loro, fosse solo per l'accostamento mediatico e per il fatto che sembrano complementari. Due vicende che alimentano due fazioni belligeranti in una campagna elettorale oramai giunta alla fine.


ELEMENTO ACQUA:
Voi riuscite a rallegrarvi se ci sono minori sbarchi, anche sapendo che i profughi torneranno nei lager libici che abbiamo finanziato noi?
Io sinceramente no, ciò non significa che voglio essere invaso da un continente intero, ci mancherebbe, ma mi chiedete troppo, non riesco ad essere felice di questo paradigma che sposta solo il problema altrove, sono terrorizzato ugualmente, ben sapendo la fine che faranno anche i più fortunati tra loro.
Secondo me, in questa vicenda, probabilmente c'è anche una ragione che risponde all'ego di Casarini, forse la sfrutterà politicamente, ma poco importa nell'economia della vita reale di 50 poveracci.
Nonostante io sia Noglobal (ovvero contro la globalizzazione delle banche e non dei diritti, che invece andrebbero massivamente implementati), c'ero anch'io a Genova all'epoca, tengo ANCHE in considerazione la transizione e le sue conseguenze reali di queste due visioni contrapposte, quella pro-immigrazionista e quella anti-immigrazionista, che vede comunque disperati a cui nessuno frega nulla. 


Aspettando un utopico socialismo che auspico e non vedo all'orizzonte, nel frattempo ci sono vite reali di poveracci che stanno, grazie a Minniti, dentro lager di detenzione, dove stupri, omicidi e violenze sono all'ordine del giorno.
Non si può parlare sempre e solo in senso macropolitico, optando giustamente per un cambiamento che, in parte condivido, ci sono anche vite nel mezzo che andrebbero valutate, perché è vero che ci sono meno sbarchi, abbiamo MENO DISTURBO, ma tutta questa massa di gente non è che allora smette di avere problemi esistenziali.
E' complesso il discorso ed andrebbe valutato anche tutto il resto.
E' quello che succede nel mentre, quello che ora è ritualizzabile come materiale umano, da entrambe le visioni, che andrebbe preso in considerazione.
Non credo che nascondere la polvere sotto il tappeto (lager che noi abbiamo prodotto, anche con la morte di Gheddafi), aspettando un cambio di rotta, sia la sola posizione possibile, in mezzo c'è un inferno a cielo aperto, ci sono persone reali e non merci, quelle non hanno confini, anche se noi saremo meno "contagiati" di prima.
Il punto è che non si è fatto ancora nulla di serio a livello diplomatico con certi paesi africani, solo chiacchiere e distintivo.
E, comunque, anche se l'operazione è stata palesemente strumentale, e lo si evince da tante cose, se si sono salvate vite, è sempre un bene, non me ne frega nulla del resto, a voi tutti giustamente non fregherebbe nulla se foste parte in causa.
Poi possiamo essere d'accordo che l'immigrazione vada gestita, che è necessario un cambio di rotta, ma in mezzo c'è l'inferno, e se noi possiamo "rallegrarci" dei minori sbarchi, questo significa che il problema è SOLO spostato verso l'Africa.
Diciamo più onestamente, mors tua... ecc ecc, sempre aspettando il famoso cambiamento, si intende...


ELEMENTO FUOCO:
Dopo aver visto Salvini al TG sbeffeggiare l'eroe ragazzino e Fabio Fazio, in prima serata, celebrarli entrambi, mi viene in mente al volo solo una cosa, due servi e due facce della stessa medaglia egregorica. Due fratellini e un Caronte (Fazio), esposti e celebrati a rete unificate, in scala, un piccolo anti-governo speculum di quello attuale, formato dai due bulli più il loro di Caronte, ovvero, il Conte e poco Arconte. Opposti ma in fondo uguali, anche loro con la divisa, tutti uniti dalla stessa matrice liturgica del sistema.
Se la tragedia del Bus fosse stata una strage, ci avrebbe guadagnato Salvini a livello di propaganda e forma pensiero, dato che invece non è morto nessuno ed i 51 bambini sono fortunatamente salvi, il rito mediatico ha celebrato i due eroi stranieri che simbolicamente danno vantaggio al PD, partito un po' troppo ancora zingaro/Zingaretti. Però tra un Salvini che "salva" ed un piccolo zingarello, mi sa che vinca il primo dei due, ma non si sa mai... Potrebbero esserci sorprese?
Nel codice morse il numero 51 è un'abbreviazione comunemente usata con significato di wishes (auguri). Un augurio per Adam & Rami? 


Il 51 rappresenta anche la natura benefica: la terra è umida e produttiva. 
Le generazioni (Adam &Rami), sono la vera forza motrice della via."
La vicenda fa da contraltare al salvataggio dei 50 profughi di Casarini in mare (numero curiosamente quasi identico)
La tragedia del bus ritengo sia vera, quello che è successo è reale, questo però non cambia la questione. Probabilmente il tizio pazzo è stato manipolato o comunque "convinto" a fare quella pazzia, ma potrebbe anche essere isolato, non lo possiamo sapere oggi.
Quello che non credo è che sia tutta farina del suo sacco, anche se nella sceneggiatura reale il pullman è stato evacuato e dato alle fiamme. C'è a livello simbolico la contrapposizione tra le fiamme del bus e la barca salvata in mare, fuoco e acqua, e una nuova contrapposizione tra i due salvatori, simbolicamente "profughi", ma eroi italianizzati, e i soliti "scocciatori" profughi che vengono dal mare. "Vince" il fuoco sull'acqua, i migranti torneranno probabilmente nei lager libici, mentre i due ragazzini potranno esultare nella capanna dello Zio (Tom) Fa-Zio...
Non credo che tutto questo sia creato dall'alto, penso piuttosto indotto, un po' come una palla di neve che viene mossa e, cadendo, provoca una valanga. La valanga è naturale, è solo la conseguenza reale, a monte potrebbe esserci semplicemente una "casuale" spintarella...


 

martedì 19 marzo 2019

L'ULTIMA CENA DI FADIL, DEL CAVALIERE E DELL'ORSO...

Dopo l'avvocato di Ruby RubaCuori, Egidio Verzini, ed un giornalista di inchiesta, ci lascia anche la modella Imane Fadil, testimone delle "Ultime Cene" di Silvio, dove viene raccontato di una "Setta Satanica" (definizione approssimativa, forse di un rito magico sessuale) guidata da una vestale, poco vestita, composta di sole donne che interagiscono con i potenti di turno e non solo con Berlusconi.
Tre persone muoiono in circostanze a dir poco curiose, l'avvocato decide improvvisamente di sottoporsi all'eutanasia in Svizzera, dopo aver saputo di avere un male incurabile, e non prima di gettare ulteriori sospetti sui ricatti e le pressioni che Berlusconi e il suo entourage avrebbero fatto ai vari testimoni di quelle feste.
Il giornalista che si occupava dell'inchiesta muore anche lui all'improvviso per un male incurabile non meglio identificato, lasciando un vuoto incolmabile, ed infine, dopo un mese di lunga agonia, muore Imane Fadil, testimone chiave che, fin da subito, aveva detto ai suoi avvocati ed ai suoi parenti di essere stata avvelenata.
La modella marocchina, forse ingenuamente, aveva più volte rilasciato alla stampa, dichiarazioni molto pesanti e gravi, fatti che voleva pubblicare in un libro verità sulla vicenda, contenuti di intercettazioni telefoniche, documentazione che proverebbe il coinvolgimento di Berlusconi nel pagamento di milioni di euro per comprare il silenzio delle varie olgiettine ed ospiti annessi.
Questo però è solo il primo livello di accuse imputate al padrone di casa di Arco-Re.
Sia Imane Fadil che gli altri due "ammalati", hanno sempre fatto intendere che c'era qualcosa di ben più grosso in ballo e che la questione non si limitava a descrivere una squallida orgia per ricchi annoiati, ma che erano coinvolti personaggi potenti ed importanti che orbitavano come ospiti graditi a queste tristi sciarade.
La modella era venuta a conoscenza di fatti che riguardavano proprio alcuni ospiti stranieri (potenti uomini d'affari e politici stranieri cari al nostro Presidente) che avrebbero messo in cattiva luce la loro reputazione ed avrebbero creato problemi diplomatici.
Quindi, oltre al discorso della compravendita del silenzio di tutte le ragazze dei festini, è trapelato il discorso che riguardava più da vicino alcuni personaggi che non sarebbero dovuti risultare presenti e che forse si sono lasciati scappare qualche parola di troppo riguardo a fatti gravi successi in quelle serate ed altrove.
Tralasciando l'aspetto della celebrazione della Setta Satanica che ritengo per adesso marginale, in quanto, come scrivevo all'inizio, sia stato più una messinscena in stile Eyes Wide Shut che altro, proprio riagganciandomi al capolavoro di Kubrick, volevo far notare come nel film, la prostituta che decide di parlare, salvando Tom Cruise da un impasse imbarazzante e pericoloso, fa una brutta fine e viene trovata morta per overdose il giorno dopo.
Nella scena successiva un grande Sydney Pollack, nella parte del ricco massone amico del medico Cruise, spiega come funzionano certi mondi, certe serate a tema e come vengono puntualmente puniti chi tradisce l'Entità, perché è obbligo dare l'esempio del "memento mori" a chiunque cerchi di denunciare certi potenti.
Kubrick mette in scena magistralmente come funziona il potere e come esso si comporta in certi casi.
Le analogie ci sono, anche nella nostra storia abbiamo una ragazza che decide di non piegarsi al ricatto e decide addirittura di sputtanare quel potere che inizialmente l'aveva sedotta, ma che ben presto ha capito essere molto pericoloso e malvagio.


Ritengo, quindi, che Imane Fadil sia stata uccisa, probabilmente avvelenata, come esempio da dare a tutti quanti, per far capire chi è che comanda a chiunque osi mettere il bastone tra le ruote di certi personaggi.
La morte di Fadil ristabilisce i ruoli sociali in campo ed anche i loro destini annessi, non può passare l'idea che una povera straniera disperata possa permettersi di svergognare i potenti di turno, è un fatto che non può essere assolutamente accettato e contemplato.
Ci sono delle convergenze parallele, parafrasando un vecchio politico famoso, su questi morti.
Faceva comodo a tutti che loro morissero in circostanze particolari, faceva comodo all'ambiente di Berlusconi, come faceva comodo a certi ambienti legati a politici stranieri, bisognava dare una lezione a questa ragazza che parlava troppo.
Ed è proprio la modalità dell'avvelenamento della modella che ci riporta all'amico Putin, grande frequentatore delle sciarade a tema, ed a come solitamente LORO uccidono i testimoni scomodi, gli esempi di giornalisti e persone non gradite avvelenate in Russia, e un po' ovunque, si sprecano.
La ragazza non si drogava, non aveva alcuna malattia rara e prima del ricovero era in perfetta salute, intenta a pubblicare quel famoso libro-documento dove avrebbe messo alla berlina diversi potenti di turno, probabilmente anche personaggi legati al doppio filo con la mafia russa.
L'avvocato di Ruby RubaCuori, ammalatosi anche lui in circostanze poco chiare, ed il giornalista che indagava sulle intercettazioni di personaggi politici legati a certe vicende criminali, avevano parlato di fatti gravi venuti fuori proprio in quelle serate, con nomi e cognomi.
Muore proprio Fadil, che in arabo significa fedele, degno, un bel contrappasso per chi ha tradito ed è stato poco FEDELE.

L’ex consulente della Commissione Mitrokhin ha parlato così della misteriosa morte di Imane Fadil:
 «All’impronta direi che potrebbe trattarsi di l’utilizzo di cosiddetti BRV cioè sostanze radiologiche da combattimento, per una possibile eliminazione fisica, ma ripeto è roba da agenzie statali o di gruppi specializzati del livello di Al Qaida o di Mohylevyč (ritenuto il capo della mafia russa nel mondo) per intenderci». «Un veleno è fatto per non essere individuato e questi sono veleni di Stato o della cosiddetta State sponsored Mafia. Difficile per gli inquirenti farsi una idea in tempi brevi sui fatti di Milano, credo in Italia non ci siano le competenze tecnico-militari necessarie, solo i pochi governi che possiedono arsenali nucleari o che gestiscono questo livello di operazioni di intelligence hanno quel che serve per orientarsi, l’ideale sarebbe richiedere la collaborazione del Regno Unito in questa indagine».


Vittima di convergenze parallele. Non è Putin in prima persona che ordina: "UCCIDETELAAA...", diciamo che, la sua uscita di scena, è stata CONDIVISA. Fatti puntualmente avvenuti, ed il modus operandi è stato piuttosto chiaro. 
Quando la mafia nostrana incapretta delle sue vittime designate, usa determinate modalità rituali per uccidere, altri ne usano solitamente diverse, più consone alle loro usanze.
L'omicidio in questi casi, ed oggi dovremmo averlo capito tutti, viene firmato...
Perché quello che è emerso era solo una piccola, piccola parte dell'inchiesta.
Alla fine risulta una storia penosa e squallida, mi riferisco al fatto che a 80 anni suonati, un uomo pubblico debba ancora mentire su una ragazza, dicendo che non l'ha mai conosciuta alle sue feste, nonostante le prove oggettive delle intercettazioni e delle sue 8 presenze alle serate, e non parliamo di un cristiano qualunque, ma di un ex Presidente del Consiglio che ha pesanti responsabilità politiche.
Poi la morte, avvenuta chissà, forse per caso....
Tanto a breve la gente si scorderà di tutto, a chi può interessare la sorte di una straniera considerata dalla maggioranza silenziosa solo una prostituta, meglio un imbarazzo iniziale e poi il LIMBO ETERNO, domani è un altro giorno e già siamo alle elezioni europee.  
Il punto è che sono morte più persone intorno a questa vicenda, e non credo siano morte per sincronicità.
Cui prodest?

Leggiamo sul sito dell' ANSA e sul Fatto Quotidiano:
La procura di Milano ha aperto un’indagine per omicidio volontario e sono stati gli esiti degli esami tossicologici disposti lo scorso 26 febbraio dai medici dell’Humanitas di Rozzano, dove era ricoverata, ed effettuati in un centro specializzato di Pavia a evidenziare che la donna è deceduta a causa di un “mix di sostanze radioattive”. Gli esiti, scrive l’Ansa, sono arrivati il 6 marzo e trasmessi immediatamente dallo stesso ospedale alla Procura di Milano.
Disposta autopsia: “Sintomatologia da avvelenamento”.
La notizia, infatti, è stata diffusa direttamente dal procuratore capo di Milano, Francesco Greco.
È lo stesso capo dell’ufficio inquirente lombardo a spiegare che la giovane aveva detto ai suoi familiari e avvocati che temeva di essere stata avvelenata. 
Nella cartella clinica di Fadil, spiega Greco, ci sono “più anomalie” e per capire la causa esatta della morte “è stata disposta l’autopsia, che dovrebbe essere seguita a breve”. Ma visto il risultato degli esami tossicologici, i tempi per effettuarla sono tutti da verificare, visto che le sostanze rilevate potrebbero mettere in pericolo i medici stessi.
La procura ha riferito di essere stata informata del decesso solo la settimana scorsa, quando l’avvocato di Fadil si è rivolto alla magistratura. 
“I medici della clinica non hanno avvisato la procura del decesso”, ha detto il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, titolare dell’inchiesta. 
Il primo marzo la giovane è morta e, da quanto si è saputo, quello stesso giorno sono state sequestrate le cartelle cliniche. Il 6 marzo è arrivato il referto tossicologico che parlava di sostanze radioattive, immediatamente trasmesso dall’ospedale all’autorità giudiziaria. La ragazza era risultata anche negativa agli esami che le erano stati effettuati per capire se facesse uso di sostanze stupefacenti.

Secondo le indagini, la modella era stata ricoverata prima in terapia intensiva e poi rianimazione: è stata vigile fino all’ultimo, nonostante i forti dolori e il “cedimento progressivo degli organi”. “Non c’è una diagnosi precisa sulla morte – ha detto l’aggiunto Siciliano – ma dalle analisi emerge una sintomatologia da avvelenamento“. 
“Ha detto di essere stata avvelenata” – “Sono in corso gli accertamenti sui campioni di sangue prelevati durante il ricovero – spiega Greco – non si può escludere nessuna pista visto che dalla cartella clinica non emerge nessuna malattia specifica“.
La giovane riferiva di gonfiori e dolori al ventre. “Fadil – ha detto il procuratore di Milano – durante il ricovero ha telefonato ad alcune persone, il fratello e l’avvocato, sostenendo di essere stata avvelenata. 
“Che sostanza poteva essere ad averla avvelenata? 
Ci sono diverse ipotesi che sono al vaglio della Procura”, ha spiegato il legale. 
Che poi ha aggiunto: “Ho letto il libro che aveva scritto Imane sul caso Ruby ma non so se avesse trovato un editore. Di sicuro l’aveva terminato diversi mesi fa. Conoscendo la situazione e conoscendo bene Imane, io una mia idea me la sono fatta, ma ci sono delle indagini in corso e di più non posso dire”.

L’intervista al Fatto: “Ad Arcore setta che adora il demonio” – Di quel libro aveva parlato anche in un’intervista al Fatto Quotidiano dell’aprile scorso. “Voglio raccontare tutto. La cosa non si limita a un uomo potente che aveva delle ragazze. C’è molto di più in questa storia, cose molto più gravi”
La modella sosteneva di avere lasciato Arcore dopo aver ricevuto una proposta indecente. Dopo poco tempo era diventata una testimone dell’accusa. 
Al Fatto, però, Fadil aveva raccontato anche dettagli mai resi in tribunale. “Questo signore fa parte di una setta che invoca il demonio. Sì lo so che sto dicendo una cosa forte, ma è così. E non lo so solo io, lo sanno tanti altri, che in quella casa accadevano oscenità continue. Una sorta di setta, fatta di sole donne, decine e decine di femmine complici”.
“Non manca molto, devo solo finire questo libro. E poi il mondo saprà”.
Il caso dell’ex avvocato di Ruby – Recentemente, tra l’altro, il caso Ruby era tornato al centro della cronaca quando il procuratore aggiunto Siciliano e il sostituto Luca Gaglio avevano ascoltato come persona informata sui fatti la socia di studio dell’avvocato Egidio Verzini, morto col suicidio assistito in Svizzera il 5 dicembre, dopo che il giorno precedente aveva raccontato, in un comunicato affidato all’Ansa, che Berlusconi avrebbe versato 5 milioni di euro a Karima El Mahroug, con i soldi transitati da Antigua in Messico. Verzini fu legale di Ruby nel 2011. 
La sua socia di studio ha confermato che il legale decise di fare quelle rivelazioni per una “esigenza di giustizia” e per un “dovere etico“, come da lui stesso scritto nel comunicato, ma che lei non sapeva altro su questa sua scelta. Verzini era già stato sentito quattro volte nel corso delle indagini, avvalendosi più volte del segreto professionale: era anche un teste dell’accusa nel processo in corso. Nel comunicato diffuso un giorno prima di morire parlò di “un pagamento di 5 milioni di euro eseguito tramite la banca Antigua Commercial Bank su un conto presso una banca in Messico”, sostenendo che la “operazione Ruby” sarebbe stata “interamente diretta dall’avvocato Ghedini con la collaborazione di Luca Risso”, ex compagno di Karima. Lo storico legale di Berlusconi aveva annunciato querela. Nell’ultima riga del comunicato Verzini aveva scritto di essere “in possesso di ulteriori elementi ed informazioni documentate“. 
Ed è proprio su questo aspetto, ossia sulla ricerca di carte e documenti per trovare riscontri alle sue dichiarazioni, che si stanno concentrando le indagini in corso dei pm, i quali poi depositeranno gli atti dei nuovi accertamenti nel dibattimento in corso. Il processo ha al centro i milioni di euro che l’ex premier avrebbe versato a Ruby e alle ‘Olgettine’ per ottenere il silenzio o la reticenza sulle serate ad Arcore. A quel processo Imane Fadil voleva costituirsi parte civile.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/15/caso-ruby-morta-la-testimone-imane-fadil-decesso-dovuto-a-mix-di-sostanze-radioattive-la-procura-di-milano-indaga-per-omicidio/5040409/?fbclid=IwAR0WJDWJw5qabJqe64ctSSeLRj6NqqmWPHWnrOb6M4rw57F1wvMCby6zN40


giovedì 14 marzo 2019

BLACK-OUT TERRORISTA IN VENEZUELA, OVVERO LA NUOVA ARMA DELLA SOVRAGESTIONE...


Guaido', fossi in te, avrei paura del fuoco amico...
Secondo me, se non dovessero bastare gli attacchi infami e terroristici che hanno provocato il black-out, qualcuno potrebbe giocare la carta del vittimismo che funziona sempre.
La prossima mossa strategica militare potrebbe riguardare Guaido'.
Guaido' potrebbe fare una brutta fine, potrebbe essere sacrificato all'altare della patria, nonostante sia stato rassicurato dai servizi riguardo la sua incolumità, per giustificare un'aggressione militare da parte degli USA ed indicare Maduro come colpevole.
Morale della favola, se va bene scoppia una guerra civile, se va male, scatta il Piano B, ovvero una guerra.
In ogni caso Maduro è fottuto, il popolo venezuelano pure, le aziende di Stato saranno privatizzate e tutti moriranno felici, contenti... e liberisti.
Una terza via, diplomatica e super-partes, potrebbe arrivare dal Vaticano e dall'Europa, per sbloccare l'embargo mafioso e ripristinare la sovranità economica perduta, ma è pura utopia non contemplata in questo mondo crudele, infatti, pare che nessuno voglia sporcarsi le mani e schierarsi contro certi poteri.

Sostenere il Venezuela di Maduro, con tutti i suoi limiti congeniti e precisando che non mi rappresenta politicamente, non significa essere anti-americani, anzi, è l'esatto contrario, amici miei.
I veri anti-americani sono coloro che sostengono le politiche imperialiste della sovragestione, politiche che tradiscono per prime i valori fondativi democratici e liberali degli USA.
Il sottoscritto non odia nessuno, troppa fatica odiare, non serve a nulla, ed il popolo americano non è certo il bersaglio, infatti numerosi intellettuali, scrittori, musicisti, professori e cittadini comuni hanno criticato l'arroganza del loro governo, firmando petizioni, scrivendo manifesti e tanti articoli.
Personalmente non sono schierato con nessuno, non sono certo un fan di Putin, la Cina mi fa politicamente orrore, e se al posto degli USA ci fosse qualsiasi altra nazione o il redivivo Impero Romano, direi e scriverei esattamente le stesse cose.
Sono ben consapevole che lo schema di potere si manifesta in maniera identica ovunque si presenti e che il problema non è l'America in quanto tale, la Russia in quanto tale o il Venezuela in quanto tale, qualsiasi impero al posto degli USA farebbe uguale, questo è ovvio e palese, ma ciò non deve legittimare il sopruso internazionale. 
Il POTERE, proprio perchè è trasversale, va sempre criticato e osteggiato in quanto struttura, a prescindere dove esso si manifesti nel mondo.
Sostenere il Venezuela di Maduro è anche sostenere chi non si schiera con il padrone di turno, chi non accetta acriticamente il pensiero unico, anche se è conscio di essere in minoranza e di perdere la sua battaglia. 


Ora è addirittura la stampa Usa (anti-americani pure loro?), ad accusare lo stesso Guaidò, sia per la distruzione degli aiuti umanitari, che per il drammatico black-out. 
Le denunce del “New York Times” e di “Forbes” attestano che il blackout in Venezuela sia stato causato da un cyber-attacco informatico USA. 
Questo tipo di conflitto 2.0, utilizzando le nuove tecnologie, è molto sofisticato e non da scampo a nessuno, è uno conflitto sbilanciato e vigliacco, perché è praticamente impossibile lottare contro attacchi informatici che arrivano dall'alto dei cieli e paralizzano un paese, è un po' come una punizione divina. 
E' anche un esempio criminale su scala internazionale da dare a tutti coloro che osano schierarsi contro la sovragestione, e non a caso lo si compie contro un paese non allineato, socialista, come in passato è successo con diverse modalità contro Allende, contro Gheddafi, contro Sankara e tanti, tanti altri socialisti, diversi tra loro, più o meno democratici, ma sicuramente migliori di tanti altri paesi illiberali e totalitari alleati con la Metà oscura della Forza. 
Sicuramente meno criminali del "democratico" Bolsonaro, amico dei neo-nazisti dei battaglioni della morte, colluso con la malavita brasiliana e finanziato, coccolato e sostenuto dal backoffice di Trump, sicuramente migliori di tutte le teocrazie terroristiche ed infami islamiche che fanno affari con i cosiddetti "buoni", buoni che, ad oggi, hanno diversi problemi di democraticità interna e si vedono trasformare davanti agli occhi, quella che fu la patria dei Kennedy (non a caso ucciso anche lui ed i suoi familiari) e dei padri fondatori, in una cloaca fascista ed illiberale. 
Altro che anti-americanismo, qui c'è da salvare l'America dal suo cancro interno (o è già metastasi?), anche perché la ruota gira e l'Impero Romano non fu eterno.
Segue un articolo di Pino Arlacchi molto preciso ed illuminante sulla terribile situazione Venezuelana. Da leggere e condividere.


Io, ex vicesegretario dell’Onu vi spiego il grande imbroglio della crisi in Venezuela, tra Wall Street e petrolio”
di Pino Arlacchi | 27 Febbraio 2019
- Se c’è una lezione che si impara dirigendo una grande organizzazione internazionale come l’Onu è che, nelle cose del mondo, la verità dei fattiraramente coincide con la sua versione ufficiale. Le idee dominanti – come diceva il vecchio Marx – restano quelle della classe dominante. E il caso del Venezuela di questi giorni si configura appunto nei termini di una gigantesca truffa informativa volta a coprire la sopraffazione di un popolo e la spoliazione di una nazione.
Il principale mito da sfatare riguarda le cause di fondo del dramma venezuelano. I media occidentali non hanno avuto dubbi nell’additare gli esecutivi succedutisi al potere dopo l’elezione del “dittatore” Chávez alla presidenza nel 1998 come unici responsabili della crisi, nascondendone la matrice di gran lunga più importante: le barbare sanzioni americane contro il Venezuela decise da Obama nel 2015 e inasprite da Trump nel 2017 e nel 2018.
Spese sociali mai così alte. La “dittatura” di Chávez, confermata da 4 elezioni presidenziali e 14 referendum e consultazioni nazionali successive, è stata condotta sotto il segno di uno strappo radicale con la storia passata del Venezuela: i proventi del petrolio sono stati in massima parte redistribuiti alla popolazione invece che intascati dall’oligarchia locale e imboscati nelle banche degli Stati Uniti.
Nonostante Chávez abbia commesso vari errori di malgoverno e corruzione tipici del populismo di sinistra – errori confermati in seguito dal più debole Maduro – sotto la sua presidenza le spese sociali hanno raggiunto il 70% del bilancio dello Stato, il Pil pro capite è più che triplicato in poco più di 10 anni, la povertà è passata dal 40 al 7%, la mortalità infantile si è dimezzata, la malnutrizione è diminuita dal 21 al 5%, l’analfabetismo è stato azzerato e il coefficiente Gini di disuguaglianza è sceso al livello più basso dell’America Latina (dati Fmi, Undp e Banca Mondiale).

Ma la sfida più temeraria lanciata dal Venezuela “socialista” è stata quella contro l’egemonia del dollaro. L’economia ha iniziato a essere de-dollarizzata favorendo investimenti non statunitensi, tentando di non farsi pagare in dollari le esportazioni, e creando il Sucre, un sistema di scambi finanziari regionali basato su una cripto-moneta, il Petro, detenuta dalle banche centrali delle nazioni in affari col Venezuela come unità di conto e mezzo di pagamento. Il tempo della resa dei conti con il Grande Fratello è arrivato perciò molto presto. Molti hanno evocato lo spettro del Cile di Allende di 30 anni prima.
Ma il Venezuela di oggi è preda ancora più consistente del Cile. Dopo la Russia, è il Paese più ricco di risorse naturali del pianeta: primo produttore mondiale di petrolio e gas, secondo produttore di oro, e tra i maggiori di ferro, bauxite, cobalto e altri. Collocato a tre ore di volo da Miami, e con 32 milioni di abitanti. Poco indebitato, e capace di fondare una banca dello sviluppo, il Banco do Sur, in grado di sostituire Banca Mondiale e Fondo monetario come sorgente più equa di credito per il continente latinoamericano.
È per queste ragioni che la “cura cilena” è inizialmente fallita. 
Il tentato golpe anti-chavistadel 2002 e le manifestazioni violente di un’opposizione divenuta eversiva e anti-nazionale, si sono scontrati con un esecutivo che vinceva comunque un’elezione dopo l’altra. Perché anche i poveri, dopotutto, votano. L’occasione per chiudere la partita si è presentata con la morte di Chávez nel 2013 e il crollo del prezzo del petrolio iniziato nel 2015.
La strategia delle sanzioni – La raffica di sanzioni emesse l’anno dopo con il pretesto che il Venezuela fosse una minaccia alla sicurezza nazionale degli Usa mettono in ginocchio il Paese. 
Il Venezuela viene espulso dai mercati finanziari internazionali e messo nelle condizioni di non poter più usare i proventi del petrolio per pagare le importazioni. 

Quasi tutto ciò che entra in un’economia che produce poco al di fuori degli idrocarburi deve essere pagato in dollari contanti. E le sanzioni impediscono, appunto, l’uso del dollaro. I fondi del governo depositati negli Usa vengono congelati o sequestrati. I canali di rifinanziamento e di rinegoziazione del modesto debito estero del Venezuela vengono chiusi. Gli interessi sul debito schizzano in alto perché le agenzie di rating al servizio di Washington portano il rischio paese a cifre inverosimili, più alte di quelle della Siria. Nel 2015 lo spread del Venezuela è di 2 mila punti, per raggiungere e superare i 6 mila nel 2017.
Gli economisti del centro studi Celag hanno quantificato in 68,6 miliardi di dollari, il 34% del Pil l’extra costo del debito venezuelano tra il 2014 e il 2017. 
Ma il più micidiale degli effetti del blocco finanziario del Venezuela è il rifiuto delle principali banche internazionali, sotto scacco americano, di trattare le transazioni connesse alle importazioni di beni vitali come il cibo, le medicine, i prodotti igienici e gli strumenti indispensabili per il funzionamento dell’apparato produttivo e dei trasporti. 
Gli ospedali venezuelani restano senza insulina e trattamenti antimalarici. I porti del paese vengono dichiarati porti di guerra, portando alle stelle le tariffe dell’import-export. Il valore delle importazioni crolla da 60 miliardi di dollari nel 2011-2013 a 12 miliardi nel 2017, portandosi dietro il tonfo del 50% del Pil.

Le banche di Wall Street – I beni che riescono comunque a essere importati vengono accaparrati e rivenduti di contrabbando dagli oligopoli dell’industria alimentare che dominano il settore privato dell’economia venezuelana. La stessa delinquenza di alto livello che tira le fila del sabotaggio del Clap, il piano di emergenza alimentare del governo che soccorre 6 milioni di famiglie. È stato calcolato che tra il 2013 e il 2017 l’aggressione finanziaria al Venezuela è costata tra il 110 e il 160% del suo Pil, cioè tra i 245 e i 350 miliardi di dollari. Senza le sanzioni, l’economia del Venezuela, invece di dimezzarsi, si sarebbe sviluppata agli stessi tassi dell’Argentina.
Durante il 2018 si sviluppa in Venezuela una crisi umanitaria interamente indotta. Che si accompagna a un’iperinflazione altrettanto fasulla, senza basi nei fondamentali dell’economia, determinata da un attacco del mercato nero del dollaro alla moneta nazionale riconducibile alle 6 maggiori banche d’affari di Wall Street.
È per questo che il rapporto dell’esperto Onu che ha visitato il Venezuela nel 2017, Alfred De Zayas (di cui non avete mai sentito parlare ma che contiene buona parte dei dati fin qui citati), propone il deferimento degli Stati Uniti alla Corte Penale Internazionale per i crimini contro l’umanità perpetrati in Venezuela dopo il 2015.

Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/02/27/venezuela-in-crisi-cosa-nasconde-il-grande-imbroglio/5000660/?fbclid=IwAR0E0NB8iAG6YpG2gT0-90PR5sfJ6qwXcVCnHYLUcFsS3EJPrVqfPduFkwk



sabato 9 marzo 2019

DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELLA DONNA E DELLA CITTADINA



INTRODUZIONE STORICA:
Emancipazione e liberazione delle donne
Il femminismo è un movimento che si oppone alla concezione tradizionale della donna come subalterna e inferiore all'uomo: tale inferiorità non è altro che la disuguaglianza creata da secoli di predominio maschile. Come movimento organizzato il femminismo nasce nell'Ottocento, ma il patrimonio di idee a cui attinge ha le sue radici nella cultura illuministica. La lotta delle femministe per la parificazione giuridica, economica e politica ha determinato una profonda rivoluzione anche nel costume, con un radicale ripensamento della cultura occidentale e dei rapporti personali e familiari.

La preistoria del femminismo
Il termine femminismo fu coniato solo verso la fine dell'Ottocento per indicare un movimento politico e sociale per l'emancipazione delle donne.
Già in precedenza, tuttavia, varie voci femminili avevano espresso pubblicamente posizioni di denuncia e rifiuto della subordinazione femminile e della diversità di potere tra i sessi. Tra queste pioniere del femminismo ricordiamo la gentildonna francese Christine de Pizan, che nel 1405 scrisse la Città delle dame negando la tesi di un'inferiorità innata delle donne. Ma le radici culturali del femminismo vanno ricercate soprattutto nelle idee illuministe di eguaglianza, universalità della ragione e diritti inalienabili (diritti dell'uomo).
Durante la Rivoluzione francese, per la prima volta le donne ebbero la possibilità di organizzarsi istituendo club femminili e di rivendicare quella universalità dei diritti da cui le escludeva un'interpretazione della categoria 'uomo' ristretta al sesso maschile. 
I diritti delle donne si intitola un'opera pubblicata nel 1792 dall'inglese Mary Wollstonecraft: un'aperta polemica con le idee di Rousseau secondo cui le donne nascevano per piacere all'uomo e dovevano essere educate all'obbedienza e al futuro ruolo di mogli. Un classico del femminismo è la Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadinescritta da Olympe de Gouges nel 1792, in cui si rivendica il diritto delle donne all'assoluta eguaglianza politica e giuridica.

Anche gli uomini possono essere femministi
Il femminismo è essenzialmente un movimento delle donne per le donne. Alcuni importanti pensatori femministi però furono uomini. Nel 1646, all'epoca della Rivoluzione inglese, John Lilburne affermava che tutti gli esseri umani, di entrambi i sessi, sono uguali e hanno pari dignità. Nel 1790 il marchese di Condorcet sosteneva che i diritti naturali vanno riconosciuti a tutti gli individui della specie umana.
A metà dell'Ottocento il pensatore liberale inglese John Stuart Mill propugnava l'abolizione della "tirannia maschile" nel matrimonio e la totale eguaglianza dei diritti per i due sessi. Agli stessi anni risale il primo libro sui diritti delle donne pubblicato in Italia, La donna e la scienza di Salvatore Morelli, il quale nel 1877 fece approvare in Italia la prima legge che riconosceva alle donne la capacità giuridica.

Il femminismo in azione: le battaglie per il diritto di voto
Nella seconda metà dell'Ottocento il femminismo acquista le caratteristiche di un movimento organizzato: dai discorsi sulla parità e sull'eguaglianza si passa all'azione concreta per la conquista dei diritti politici e civili. La battaglia per la parità nel campo dell'istruzione e per il suffragio, cioè il diritto di voto, sono i due grandi temi del femminismo ottocentesco.
La Gran Bretagna fu il paese pioniere nella rivendicazione del diritto di voto per le donne: il primo comitato per il suffragio femminile sorse a Manchester nel 1865. In questa prima fase il femminismo finì per identificarsi con il movimento per i diritti politici delle donne; femministe e 'suffragette' divennero sinonimi.
Il primo paese in cui le donne ottennero il diritto al voto fu l'Australia (1902). In Europa la strada fu aperta dalla Finlandia e dalla Norvegia (1906 e 1907), seguite tra il 1915 e il 1922 da altri 17 paesi, anche extraeuropei tra cui gli Stati Uniti. Nel 1931 fu la volta del Portogallo e della Spagna. In Francia il suffragio femminile fu introdotto nel 1944, in Italia un anno dopo, in Grecia nel 1952, in Svizzera solo nel 1971.
Nel campo dell'istruzione il processo di parificazione fu ancora più lento e faticoso. In Francia solo un decreto del 1924 sanciva la parità dell'istruzione secondaria femminile e maschile. In Inghilterra le università si aprirono alle donne verso la metà dell'Ottocento, ma le facoltà di medicina e di giurisprudenza le esclusero ancora per lungo tempo; anche quando le donne riusciranno a ottenere l'ingresso nelle università, non saranno ammesse agli albi professionali. In Italia la professione di giudice sarà accessibile alle donne solo dal 1963.


Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina:
La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (titolo in francese Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne) è un testo giuridico francese pubblicato nel settembre 1791 dalla scrittrice Olympe de Gouges sul modello della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 proclamata il 26 agosto dello stesso anno, che esige la piena assimilazione legale, politica e sociale delle donne.
Primo documento a invocare l'uguaglianza giuridica e legale delle donne in rapporto agli uomini, la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina è stata pubblicata allo scopo di essere presentata all'Assemblée nationale per esservi adottata.
La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina costituisce un'imitazione critica della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, che elenca i diritti validi solo per gli uomini, allorché le donne non dispongono del diritto di voto, dell'accesso alle istituzioni pubbliche, alle libertà professionali, ai diritti di possedimento, ecc.
L'autrice vi difende, non senza ironia sulle considerazioni dei pregiudizi maschili, la causa delle donne, scrivendo che « La donna nasce libera e ha uguali diritti all'uomo». Volendo, si può dire che Olympe de Gouges criticò la Rivoluzione francese di aver dimenticato le donne nel suo progetto di libertà e di uguaglianza.
L'evoluzione del concetto dei diritti umani si è sviluppata con l'Illuminismo e con gli avvenimenti che ha conosciuto. Benché questa nozione fu lanciata per la prima volta nel 1776 nella Dichiarazione dei Diritti della Virginia e in seguito alla Rivoluzione nella Dichiarazione dei Diritti degli Uomini e del Cittadino (1789), alcuni di questi documenti non prendono in considerazione le donne.
Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina.

«Uomo, sei capace d'essere giusto? È una donna che ti pone la domanda; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi? Chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? Il tuo ingegno? Osserva il creatore nella sua saggezza; scorri la natura in tutta la sua grandezza, di cui tu sembri volerti raffrontare, e dammi, se hai il coraggio, l'esempio di questo tirannico potere. Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine uno sguardo su tutte le modificazioni della materia organizzata; e rendi a te l'evidenza quando te ne offro i mezzi; cerca, indaga e distingui, se puoi, i sessi nell'amministrazione della natura. 
Dappertutto tu li troverai confusi, dappertutto essi cooperano in un insieme armonioso a questo capolavoro immortale.
Solo l'uomo s'è affastellato un principio di questa eccezione. 
Bizzarro, cieco, gonfio di scienza e degenerato, in questo secolo illuminato e di sagacia, nell'ignoranza più stupida, vuole comandare da despota su un sesso che ha ricevuto tutte le facoltà intellettuali; pretende di godere della rivoluzione, e reclama i suoi diritti all'uguaglianza, per non dire niente di più.
Preambolo salina Daniele
Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, chiedono di potersi costituire in Assemblea nazionale. Considerando che l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le cause delle disgrazie pubbliche e della corruzione dei governi, hanno deciso di esporre, in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi loro senza sosta i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo essere paragonati ad ogni istante con gli scopi di ogni istituzione politica, siano più rispettati, affinché le proteste dei cittadini, fondate ormai su principi semplici e incontestabili, si rivolgano sempre al mantenimento della Costituzione, dei buoni costumi, e alla felicità di tutti. In conseguenza, il sesso superiore sia in bellezza che in coraggio, nelle sofferenze della maternità, riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'essere supremo, i seguenti Diritti della Donna e della Cittadina.

Articolo I La Donna nasce libera ed ha gli stessi diritti dell'uomo. Le distinzioni sociali possono essere fondate solo sull'utilità comune.

Articolo II Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili della Donna e dell'Uomo: questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e soprattutto la resistenza all'oppressione.

Articolo III Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione, che è la riunione della donna e dell'uomo: nessun corpo, nessun individuo può esercitarne l'autorità che non ne sia espressamente derivata.

Articolo IV La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto quello che appartiene agli altri; così l'esercizio dei diritti naturali della donna ha come limiti solo la tirannia perpetua che l'uomo le oppone; questi limiti devono essere riformati dalle leggi della natura e della ragione.

Articolo V Le leggi della natura e della ragione impediscono ogni azione nociva alla società: tutto ciò che non è proibito da queste leggi, sagge e divine, non può essere impedito, e nessuno può essere obbligato a fare quello che esse non ordinano di fare.

Articolo VI La legge deve essere l'espressione della volontà generale; tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, alla sua formazione; esse deve essere la stessa per tutti: Tutte le cittadine e tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammissibili ad ogni dignità, posto e impiego pubblici secondo le loro capacità, e senza altre distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti.

Articolo VII Nessuna donna è esclusa; essa è accusata, arrestata e detenuta nei casi determinati dalla Legge. Le donne obbediscono come gli uomini a questa legge rigorosa.

Articolo VIII La Legge non deve stabilire che pene restrittive ed evidentemente necessarie, e nessuno può essere punito se non grazie a una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto e legalmente applicata alle donne.

Articolo IX Tutto il rigore è esercitato dalla legge per ogni donna dichiarata colpevole.

Articolo X Nessuno deve essere perseguitato per le sue opinioni, anche fondamentali; la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere ugualmente il diritto di salire sulla Tribuna; a condizione che le sue manifestazioni non turbino l'ordine pubblico stabilito dalla legge.

Articolo XI La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi della donna, poiché questa libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni Cittadina può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio che vi appartiene, senza che un pregiudizio barbaro la obblighi a dissimulare la verità; salvo rispondere dell'abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.

Articolo XII La garanzia dei diritti della donna e della cittadina ha bisogno di un particolare sostegno; questa garanzia deve essere istituita a vantaggio di tutti, e non per l'utilità particolare di quelle alle quali è affidata.

Articolo XIII Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell'amministrazione, i contributi della donna e dell'uomo sono uguali; essa partecipa a tutte le incombenze, a tutti i lavori faticosi; deve dunque avere la sua parte nella distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche delle dignità e dell'industria.

Articolo XIV Le Cittadine e i Cittadini hanno il diritto di constatare personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, la necessità dell'imposta pubblica. Le Cittadine non possono aderirvi che a condizione di essere ammesse ad un'uguale divisione, non solo dei beni di fortuna, ma anche nell'amministrazione pubblica, e di determinare la quota, la base imponibile, la riscossione e la durata dell'imposta.

Articolo XV La massa delle donne, coalizzata nel pagamento delle imposte con quella degli uomini, ha il diritto di chiedere conto, ad ogni pubblico ufficiale, della sua amministrazione.

Articolo XVI Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non sia assicurata, né la separazione dei poteri sia determinata, non ha alcuna costituzione; la costituzione è nulla, se la maggioranza degli individui che compongono la Nazione, non ha cooperato alla sua redazione.

Articolo XVII Le proprietà appartengono ai due sessi riuniti o separati; esse sono per ciascuno un diritto inviolabile e sacro; nessuno ne può essere privato come vero patrimonio della natura, se non quando la necessità pubblica, legalmente constatata, l'esiga in modo evidente, a condizione di una giusta e preliminare indennità.»