giovedì 30 gennaio 2020

CRAXI NEMICO PUBBLICO N°1



-"Un' Unione Monetaria prematura, malaticcia, non creerà alcun paesaggio fiorito, ma costerà posti di lavoro». «Bisogna discutere senza pregiudizi dei rischi dell'euro".
-"Solo in Italia sono tutti europeisti purosangue, giovani, vecchi, donne e bambini, da Prodi a Berlusconi: non spiegano bene di cosa si tratta e si tratterà, ma sono egualmente europeisti al cento per cento".
-“I parametri di Maastricht non si compongono di regole divine. Non stanno scritti nella Bibbia. Non sono un’appendice ai dieci comandamenti. Poiché si tratta di un trattato, la cui applicazione e portata è di grande importanza per il futuro dell’Europa comunitaria, come tutti i trattati può essere rinegoziato, aggiornato, adattato alle condizioni reali ed alle nuove esigenze”.
“Il governo italiano, visto l’andazzo delle cose, avrebbe dovuto per primo, essendo l’Italia tra i maggiori paesi la più interessata a porre con forza nel concerto europeo il problema della rinegoziazione di un trattato che nei suoi termini è divenuto obsoleto e financo pericoloso. 
Non lo ha fatto il governo italiano. 
Non lo fa l’opposizione, che rotola anch’essa nella demagogia europeistica. 
Questa è la regola del buon senso, dell’equilibrio politico, della gestione concreta e pratica della realtà. Su di un altro piano stanno i declamatori retorici dell’Europa, il delirio europeistico che non tiene conto della realtà, la scelta della crisi, della stagnazione, e della conseguente disoccupazione. Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro”.
“Quattro anni fa mi capitava di osservare che il trattato di Maastricht si presentava come un’opera ancora molto incompleta. Tre questioni dovevano essere approfondite, e l’Italia era ancora più di altri, assolutamente interessata a farlo. La prima poteva essere definita una questione democratica. Di fronte ai crescenti compiti di direzione e di coordinamento spettanti all’unione, che andavano dal campo monetario a quello fiscale, dalla ricerca scientifica e tecnologica all’agricoltura e all’ambiente, per non dire in prospettiva alla politica estera, alla difesa, sanità, politiche sociali e cultura, si imponeva una fondamentale riflessione. 
Quale sarebbe stato in prospettiva il ruolo e la funzione reale del parlamento europeo, presente in un ambito molto ristretto, e in che modo si potevano invece far crescere i suoi poteri reali di coordinamento politico. Si sente parlare molto di Europa ma poco di parlamento europeo. 
La seconda questione riguardava lo squilibrio, non difficile peraltro da verificare, tra la concretezza e il rigore degli impegni da assumere in vista dell’unione monetaria, e la scarsa concretezza degli impegni che invece riguardavano materie economiche, sociali, politiche, scientifiche tecnologiche. La terza riguardava il rischio di un’Europa a due velocità. 
C'è da chiedersi a questo proposito se i parametri del trattato sono veramente dogmi essenziali ed intangibili. Non è mai stato cosi e non si capisce perché l’Italia non abbia mai sollevato seriamente questo problema, come avrebbe potuto fare. 
C’è da chiedersi perché si continua a magnificare l’entrata in Europa come una sorta di miraggio, dietro il quale si delineano le delizie del paradiso terrestre. Non sarà così. Alle condizioni attuali, dal quadro dei vincoli cosi come sono stati definiti, ad aspettare l’Italia non c’è affatto un paradiso terrestre. Senza una nuova trattativa e senza una definizione di nuove condizioni, l’Italia nella migliore delle ipotesi finirà in un limbo, ma nella peggiore andrà all’inferno”.
Quindi bisogna riflettere su ciò che si sta facendo perché la cosa più ragionevole di tutte era quello di richiedere e di pretendere, essendo noi un grande Paese – perché se l’Italia ha bisogno dell’Europa l’Europa ha bisogno dell’Italia – pretendere la rinegoziazione dei parametri di Maastricht."


A riascoltare le parole di Craxi, certe sue dichiarazioni, certi sottintesi, si comprendono diverse cose riguardo la sovragestione del potere in Italia e all'estero e le conseguenze che ne derivarono. 
Le sue furono parole profetiche riguardo alla nostra economia, riguardo all'Euro, riguardo alla geopolitica.
Attraverso le sue parole si intuisce come i poteri forti, massonico reazionari, abbiano scientemente eliminato tutti i partiti socialisti e le social-democrazie europee per spostare a destra il baricentro politico, economico, culturale e valoriale, per fare entrare l'Italia a pieni voti nell'alveo del neoliberismo, questo a prescindere dai limiti e dalle fisiologiche involuzioni presenti negli stessi.
Questo processo avvenne poco alla volta, attraverso la svalutazione, il declassamento, le privatizzazioni e l'attaco alla Lira per destrutturare l'Italia.
Il vicario di questo processo fu Ciampi, Prodi colui che bruciò le aziende di Stato, Soros ed accoliti coloro che specularono sulla moneta, distruggendo la nostra economia, Mani Pulite, eterodiretta dagli USA, il braccio armato per "innovare" il parlamento e Berlusconi il grande traditore.
La finta rivoluzione cavalcata dall'ex PC, scampato e protetto dalla mattanza giudiziaria, fu la facciata democratica dietro la quale governava l'egemonia dei poteri atlantisti, che garantiva al centro-sinistra, posizione di rendita e di potere, salvo poi opporre la neonata Forza Italia, come contenitore conservatore, tradendo lo stesso Craxi ed aprendo la strada a scenari terrificanti.
Questo e tanti altri fattori, insieme alla morte e all'isolamento di tutti gli altri socialisti al mondo negli ultimi decenni, diversamente declinati ovunque, vuoi Allende in sud-america negli anni 70, vuoi Olof Palme in Svezia negli anni 80, vuoi in Africa Sankara'  afine anni 80, rappresentarono la trasformazione delle economie nazionali in economie globali, l'abbraccio mortale del sistema turbocapitalista, del pensiero unico.
Craxi in Italia andava eliminato in quanto baluardo di un sovranismo socialista che, con tutti suoi limiti ed errori, era un ostacolo alla globalizzazione ordoliberista che poi, attraverso il PD, FI fino ai governi tecnici, è stata instaurata ed implementata in Italia.
Il cattivo Craxi, il cesarista Craxi, il dittatore Craxi fu invece l'unico vero oppositore degli USA, senza considerare lo schiaffo di Sigonella, l'amicizia con Gheddafi e l'appoggio ai palestinesi.
Senza entrare in merito alle vicende giudiziarie, è chiaro lo scenario che si sviluppò.
La destrutturazione della nostra economia e la cessione di sovranità, rientrarono nel progetto di un Nuovo Ordine Mondiale, come ben ci ricordava il massone reazionario Napolitano, scampato a qualsiasi indagine, uomo collegato ai servizi segreti degli amici e dei nemici, vero Caronte che ci ha preso per mano portandoci fino al baratro.
Craxi fu l'unico politico italiano a contrastare l'attuale paradigma neoliberista, a difendere la sovranità di molte realtà mediorientali e nordafricane, ad opporsi all'arroganza yenkee. La narrativa che abbiamo appreso dal 90 ad oggi è abbastanza falsata.
La magistratura, la cosiddetta 2° Repubblica ed i loro poteri forti, i media ed il giustizialismo, da un lato hanno sviluppato le premesse per l'affermazione degli attuali populismi, salutati come salvatori, dall'altro lato furono al contrario i nostri veri carnefici e saranno i nostri nuovi padroni con i loro nuovi contenitori del dissenso.





Nessun commento:

Posta un commento