I principi fondamentali del pensiero di Giordano Bruno
Simone Germini
25 Maggio, 2018
E chi mi impenna, e chi mi scalda il core?
Chi non mi fa temer fortuna o morte?
Chi le catene ruppe e quelle porte,
Onde rari son sciolti ed escon fore?
L’etadi, gli anni, i mesi, i giorni e l’ore
Figlie ed armi del tempo, e quella corte
A cui né ferro, né diamante è forte,
Assicurato m’han dal suo furore.
Quindi l’ali sicure a l’aria porgo;
Né temo intoppo di cristallo o vetro,
Ma fendo i cieli e a l’infinito m’ergo.
E mentre dal mio globo a gli altri sorgo,
E per l’eterio campo oltre penetro:
Quel ch’altri lungi vede, lascio al tergo.
Giordano Bruno, De l’infinito, universo e mondi, 1584.
Giordano Bruno (1548-1600) concentra tutte le sue attenzioni sulla natura, ne brama ardentemente la conoscenza, e il suo interesse, che trova terreno fertile in un animo positivamente tracotante e tumultuoso, sfocia in un fervore poetico che si concretizza di frequente nella lirica. Egli è infatti, oltreché filosofo e mago, anche poeta. Abbiamo accennato alla sua brama di conoscenza, brama tanto veemente e rovente da non riuscire a dirigersi verso quella mite e alacre indagine naturalistica propria, ad esempio, di un pensatore a noi noto, Bernardino Telesio (1509-1588).
Bruno vuole prendere d’assalto il sapere, possederlo con impeto e per questo si dedica alla mnemotecnica, o arte lulliana, il cui obiettivo è raggiungere la conoscenza attraverso l’utilizzo della memoria, e di far avanzare la scienza a gran velocità, attraverso invenzioni quasi miracolose che superino il metodo piuttosto lento, razionale, sistematico e regolare della ricerca scientifica tradizionale.
Bruno è un frate domenicano, dunque ha una formazione religiosa profonda e approfondita, eppure giudica la religione, come puro impianto di credenze, nauseante perché sostanzialmente priva di senso, illogica e incoerente.
Bruno è un frate domenicano, dunque ha una formazione religiosa profonda e approfondita, eppure giudica la religione, come puro impianto di credenze, nauseante perché sostanzialmente priva di senso, illogica e incoerente.
La spoglia di ogni valore, è solamente un groviglio di superstizioni distanti dalla ragione e dalla natura, che avvinghiano i popoli rozzi e ignoranti. Non solo, la religione ha la colpa di etichettare come ignobile e delittuoso tutto quello che all’intelletto sapiente sembra straordinario, compresi i principi naturali, la filosofia e la magia, definendole follie. Colpevolizza gli atti eroici ed esalta l’ignoranza come scienza.
Il filosofo nolano si scaglia inoltre contro la figura di Cristo. Nonostante si sia formato sui testi di Erasmo da Rotterdam, apprezzandone soprattutto il cristocentrismo, Bruno è un anticristiano convinto. Il cosiddetto salvatore è il nemico contro cui combattere, lo spettro da cui bisogna liberarsi per progredire nella conoscenza. Cristo non ha saputo morire, sulla croce ha implorato l’aiuto di Dio. Al contrario, in punto di morte Bruno non pregherà il Signore, anzi, continuerà a imprecare contro il cielo per quella morte assurda tanto da spingere gli esecutori a inchiodargli la lingua.
Questo atteggiamento ostile nei confronti della religione e di Cristo, è particolarmente presente in alcune opere di Bruno, come Lo spaccio della bestia trionfante (1585), Cabala del cavallo Pegaseo (1585) e L’asino cillenico (1585), nelle quali si lancia in una violenta e implacabile satira anticristiana.
Nell’articolo dedicato all’incredibile vita del filosofo, abbiamo visto come egli abbia vissuto anche l’esperienza della Riforma, abbracciando la fede calvinista.
Il filosofo nolano si scaglia inoltre contro la figura di Cristo. Nonostante si sia formato sui testi di Erasmo da Rotterdam, apprezzandone soprattutto il cristocentrismo, Bruno è un anticristiano convinto. Il cosiddetto salvatore è il nemico contro cui combattere, lo spettro da cui bisogna liberarsi per progredire nella conoscenza. Cristo non ha saputo morire, sulla croce ha implorato l’aiuto di Dio. Al contrario, in punto di morte Bruno non pregherà il Signore, anzi, continuerà a imprecare contro il cielo per quella morte assurda tanto da spingere gli esecutori a inchiodargli la lingua.
Questo atteggiamento ostile nei confronti della religione e di Cristo, è particolarmente presente in alcune opere di Bruno, come Lo spaccio della bestia trionfante (1585), Cabala del cavallo Pegaseo (1585) e L’asino cillenico (1585), nelle quali si lancia in una violenta e implacabile satira anticristiana.
Nell’articolo dedicato all’incredibile vita del filosofo, abbiamo visto come egli abbia vissuto anche l’esperienza della Riforma, abbracciando la fede calvinista.
Eppure Bruno non risparmia critiche neppure al cristianesimo riformato, che gli sembra addirittura peggiore del cattolicesimo, in quanto nega la libertà e cancella persino il valore delle opere misericordiose, provocando divisioni, disaccordi, dissidi e inimicizie inutili fra i popoli.
A questa religiosità ignorante e superstiziosa, definita con spirito «santa asinità», Bruno contrappone la religiosità propria dei teologi, dei dotti, dei sapienti che, filosofando e indagando, hanno cercato la via autentica per approdare direttamente a Dio. Questa seconda religiosità è per il pensatore campano la filosofia, il cui campo di indagine prediletto è la natura.
A questa religiosità ignorante e superstiziosa, definita con spirito «santa asinità», Bruno contrappone la religiosità propria dei teologi, dei dotti, dei sapienti che, filosofando e indagando, hanno cercato la via autentica per approdare direttamente a Dio. Questa seconda religiosità è per il pensatore campano la filosofia, il cui campo di indagine prediletto è la natura.
Per questo motivo Bruno, più che a Platone e Aristotele, rivolge le sue attenzioni ai cosiddetti presocratici, portatori di una verità originaria che deve essere riveduta e rinnovata.
Per Bruno Dio è mente al di sopra di tutto e mente presente in tutte le cose.
Per Bruno Dio è mente al di sopra di tutto e mente presente in tutte le cose.
Dunque, per quanto riguarda il primo punto di vista, la massima entità si trova ben al di là del cosmo, e per questo motivo supera di gran lunga le possibilità della ragione umana. Dio è trascendente, oggetto di fede svelato parzialmente dalla Rivelazione. Per quanto riguarda invece il secondo punto di vista, Dio è immanente, insito nel cosmo e raggiungibile dalla mente dell’uomo, e rappresenta l’argomento favorito dell’indagine filosofica.
Dio è lo spirito che anima le cose, ma anche causa, ovvero energia che elabora il cosmo, e principio, ovvero componente fondativo di tutte le cose. L’universo è un organismo sconfinato che possiede una sola forma e una sola materia. La forma è Dio in quanto anima del mondo, la materia è la massa corporea del mondo, plasmata dalla sapienza celeste. Soffermandoci un istante sulla materia, occorre sottolineare come dal punto di vista materiale, per Bruno gli uomini, prodotti dalla stessa materia universale, sono tutti uguali, è solamente il merito a distinguerli. In questo senso, il filosofo nolano si allontana dalla concezione di Dio come creatore del mondo. Egli prende le distanze dal tradizionale mito della Creazione.
Inoltre, ancora materialmente parlando, non ci sono differenze sostanziali neppure tra l’uomo e la bestia. Tuttavia, Bruno individua un aspetto che distingue le due creature, e cioè la mano.
Dio è lo spirito che anima le cose, ma anche causa, ovvero energia che elabora il cosmo, e principio, ovvero componente fondativo di tutte le cose. L’universo è un organismo sconfinato che possiede una sola forma e una sola materia. La forma è Dio in quanto anima del mondo, la materia è la massa corporea del mondo, plasmata dalla sapienza celeste. Soffermandoci un istante sulla materia, occorre sottolineare come dal punto di vista materiale, per Bruno gli uomini, prodotti dalla stessa materia universale, sono tutti uguali, è solamente il merito a distinguerli. In questo senso, il filosofo nolano si allontana dalla concezione di Dio come creatore del mondo. Egli prende le distanze dal tradizionale mito della Creazione.
Inoltre, ancora materialmente parlando, non ci sono differenze sostanziali neppure tra l’uomo e la bestia. Tuttavia, Bruno individua un aspetto che distingue le due creature, e cioè la mano.
La mano è alla base della civiltà umana. Nulla impedisce all’animale di essere più intelligente e scaltro dell’uomo, ma quest’ultimo possiede l’operatività, è in grado di eseguire praticamente.
Altro concetto essenziale all’interno del pensiero filosofico di Bruno è l’infinito.
Altro concetto essenziale all’interno del pensiero filosofico di Bruno è l’infinito.
L’universo è infinito, e in sé contiene un numero illimitato di mondi possibili, e un numero altrettanto illimitato di creature. E per Bruno non è possibile una relazione tra ciò che è infinito e ciò che è finito. Proprio per questa sua convinzione Cristo è una menzogna.
Essendo il figlio di Dio, Cristo dovrebbe essere al tempo stesso Dio e uomo, brevemente finito e infinito. Ecco, per il filosofo nolano ciò è inammissibile.
Bruno ambisce a una visione, la visione della natura nella sua unicità. È il fine ultimo della sua ricerca filosofica, del suo percorso conoscitivo. Per giungere a un tale, superiore, magnifico “livello” nel quale intravedere effettivamente almeno qualcosa di Dio, occorre essere furiosi ed eroici, bramare, agognare ardentemente l’infinito e Dio stesso, scavalcando confini, limiti e orizzonti imposti. Superare la barriera rappresentata dal corpo, spingersi oltre se stessi, tendere, tendere con tutte le forze a disposizione, fin quando si giunga all’ideale immedesimazione con il cosmo, comprendendo così pienamente l’idea secondo cui l’universo si distende nelle cose e le cose si estinguono nell’universo. È questo «l’eroico furore» di cui parla Bruno con tanto impeto (il termine eroico deriva da eros).
Prendendo le distanze da morali ascetiche che prevedono l’isolamento e la contemplazione totali, il pensatore campano elogia lo sforzo e il lavoro dell’uomo. Il lavoro come attività che sottomette la materia all’intelligenza, manifestazione, come abbiamo visto poco fa parlando della mano, della differenza tra uomo e bestia.
Per quanto riguarda l’anima, Bruno mantiene il tema della sua immortalità, cancellandone però l’individualità. Non esiste un’anima individuale che viene giudicata in base alla condotta.
Bruno ambisce a una visione, la visione della natura nella sua unicità. È il fine ultimo della sua ricerca filosofica, del suo percorso conoscitivo. Per giungere a un tale, superiore, magnifico “livello” nel quale intravedere effettivamente almeno qualcosa di Dio, occorre essere furiosi ed eroici, bramare, agognare ardentemente l’infinito e Dio stesso, scavalcando confini, limiti e orizzonti imposti. Superare la barriera rappresentata dal corpo, spingersi oltre se stessi, tendere, tendere con tutte le forze a disposizione, fin quando si giunga all’ideale immedesimazione con il cosmo, comprendendo così pienamente l’idea secondo cui l’universo si distende nelle cose e le cose si estinguono nell’universo. È questo «l’eroico furore» di cui parla Bruno con tanto impeto (il termine eroico deriva da eros).
Prendendo le distanze da morali ascetiche che prevedono l’isolamento e la contemplazione totali, il pensatore campano elogia lo sforzo e il lavoro dell’uomo. Il lavoro come attività che sottomette la materia all’intelligenza, manifestazione, come abbiamo visto poco fa parlando della mano, della differenza tra uomo e bestia.
Per quanto riguarda l’anima, Bruno mantiene il tema della sua immortalità, cancellandone però l’individualità. Non esiste un’anima individuale che viene giudicata in base alla condotta.
Ogni anima è inserita all’interno del ciclo infinito della metempsicosi, dunque l’anima dell’uomo può mutare nell’anima della bestia e viceversa. Nell’infinito ciclo della metempsicosi, nel processo che prevede il passaggio da individuo a bestia, l’uomo ha una responsabilità, la responsabilità meritoria. In poche parole, se viviamo con merito la nostra anima riassumerà la forma umana, se, al contrario, viviamo in modo bestiale la nostra anima assumerà la forma animale.
La metempsicosi è un punto essenziale della filosofia di Bruno, ed è quello che più di ogni altro susciterà le ire di Bellarmino, cardinale e teologo che rivestirà un ruolo primario nel lungo e duro processo romano del filosofo che si concluderà con la condanna a morte per rogo, eseguita il 17 febbraio 1600 a Campo de’ Fiori.
Un altro aspetto importante del pensiero di Bruno, e che dunque merita almeno un accenno, è il legame tra biografia e filosofia. È impossibile scindere le due cose, perché è proprio nell’esperienza esistenziale che il filosofo mette in pratica le sue convinzioni, che non restano astratte ma si concretizzano nella vita. Per questo motivo Bruno lotta anni e anni senza lasciare nulla agli accusatori pur di non morire. Egli è convinto del fatto che, prima di tutto, è nella sua esperienza biografica che si realizza la riscoperta della verità autentica, dopo i secoli oscuri caratterizzati dall’egemonia teologica ebraico-cristiana. Detto questo, è chiaro il motivo per cui abbiamo dedicato un intero articolo alla vita di Bruno.
Ho lottato, è molto: credetti poter vincere (ma alle membra venne negata la forza dell’animo) e la sorte e la natura repressero lo studio e gli sforzi. È già qualcosa l’essersi cimentati; giacché vincere vedo che è nelle mani del fato. Per quel che mi riguarda ho fatto il possibile, che nessuna delle generazioni venture mi negherà; quel che un vincitore poteva metterci di suo: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa ad un’imbelle vita.
Giordano Bruno visse e pensò come un uomo libero, perché ciò che denota l’uomo nella realtà è essenzialmente la libertà della ricerca, dell’indagine, la libertà di filosofare. Egli non si piegò neanche dinanzi a un potere che giunse ad annientarlo fisicamente. Non abiurò, non cancellò la sua filosofia in cambio della vita. Bruno è un’icona del pensiero libero, un martire il cui insegnamento di libertà fende i cieli e si riverbera nei secoli con forza, senza perdere efficacia e lucentezza.
http://imalpensanti.it/2018/05/25/i-principi-fondamentali-del-pensiero-filosofico-di-giordano-bruno/Un altro aspetto importante del pensiero di Bruno, e che dunque merita almeno un accenno, è il legame tra biografia e filosofia. È impossibile scindere le due cose, perché è proprio nell’esperienza esistenziale che il filosofo mette in pratica le sue convinzioni, che non restano astratte ma si concretizzano nella vita. Per questo motivo Bruno lotta anni e anni senza lasciare nulla agli accusatori pur di non morire. Egli è convinto del fatto che, prima di tutto, è nella sua esperienza biografica che si realizza la riscoperta della verità autentica, dopo i secoli oscuri caratterizzati dall’egemonia teologica ebraico-cristiana. Detto questo, è chiaro il motivo per cui abbiamo dedicato un intero articolo alla vita di Bruno.
Ho lottato, è molto: credetti poter vincere (ma alle membra venne negata la forza dell’animo) e la sorte e la natura repressero lo studio e gli sforzi. È già qualcosa l’essersi cimentati; giacché vincere vedo che è nelle mani del fato. Per quel che mi riguarda ho fatto il possibile, che nessuna delle generazioni venture mi negherà; quel che un vincitore poteva metterci di suo: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa ad un’imbelle vita.
Giordano Bruno visse e pensò come un uomo libero, perché ciò che denota l’uomo nella realtà è essenzialmente la libertà della ricerca, dell’indagine, la libertà di filosofare. Egli non si piegò neanche dinanzi a un potere che giunse ad annientarlo fisicamente. Non abiurò, non cancellò la sua filosofia in cambio della vita. Bruno è un’icona del pensiero libero, un martire il cui insegnamento di libertà fende i cieli e si riverbera nei secoli con forza, senza perdere efficacia e lucentezza.
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