giovedì 25 luglio 2019

I CASI "VELENO", BIBBIANO E LA MANIPOLAZIONE MEDIATICA E OCCULTA DEL POTERE PEDOFILO




Leggendo le vicende del caso VELENO e mettendole in relazione con il caso Bibbiano, mi sono accorto della manipolazione mediatica in corso. Manipolazione talvolta perpetrata inconsapevolmente, talvolta strumentalmente, che ha come unico scopo quello di occultare il vero grande crimine del traffico pedofilo, scaricando colpe sulle strutture pubbliche e private, sui servizi sociali ed in ultima istanza, su tutto il ramo socio-sanitario.
Ritengo che certi casi giudiziari siano scoppiati per coprire ben altro.
Il caso VELENO, nonostante le ambiguità su tutti i fronti, le mezze verità, le confessioni dei bambini, le eventuali manipolazioni, penso che occulti un traffico pedofilo di vaste proporzioni, perpetrato da certi ambienti in odore di zolfo, traffico che è stato salvato, scaricando la colpa, prima sui genitori, poi sui servizi sociali, per spostare l'attenzione dai veri bersagli.
Si taglia un ramo secco per salvare l'intero albero, quindi si colpiscono eventuali realtà che potrebbero aver compiuto o meno reati, per evitare siano coinvolte realtà ben più importanti e pericolose che agiscono nell'ombra, un po' come il piccolo corriere di droga che viene fatto arrestare, dopo essere stato messo in bella vista, per nascondere il grande corriere che opera indisturbato su altri livelli.

Sono perfettamente conscio del fatto che ci siano da sempre abusi ed illeciti, truffe e quant'altro, sono il primo a desiderare un controllo capillare su tutto il territorio, per evitare che certe realtà possano specularci sopra e commettere reati sulla pelle dei minori, come chiudere certe comunità lager e favorirne altre che possano offrire un clima familiare, ma fare di tutta l'erba un fascio, senza distinzione tra chi opera per il bene dei bambini e della collettività e chi sfrutta la sua posizione per fare traffici criminali, creando un contenitore indistinto per l'indignazione del popolino, è un metodo veramente cinico ed infame.
Le generalizzazioni nel mondo interniano sono all'ordine del giorno, purtroppo, talvolta cadiamo tutti nel tranello emozionale, nessuno è esente dal peccato originale e dalla voglia di sentenziare.
In questo caso però, non parliamo di cose ordinarie, di bustarelle e "schiocchezze" del genere, ma di un tema assai delicato e complesso, di abusi su minori e di relative accuse su persone coinvolte, ancor prima di condanne definitive, con indagini in corso, sbattute come mostri in prima pagina, alla merce' della gogna digitale e della piazza con la bava alla bocca, in attesa di imbracciare virtualmente un forcone qualsiasi.

Andrea Coffari è un avvocato che si è occupato di infanzia, di pedofilia e maltrattamenti sui minori ed è stato il primo legale in Italia ad occuparsi del caso Forteto, facendo battaglie coraggiose e rischiando in prima persona.
Coffari difende Foti, lo psicoterapeuta messo alla gogna dai meme interniani e dai media filo-goverantivi, perché i fatti, pare, non sussistano, facendo presagire che stanno circolando liste di proscrizione, le stesse che fin da subito, in quasi totale solitudine, avevo indicato in tempi non sospetti, aspettando di scrivere l'articolo, fiducioso che sarebbero emerse novità "leggermente" differenti da quelle presentate inizialmente da certi giornalai e strilloni di mestiere, e quindi trattare l'argomento con più obiettività possibile.
Su temi così delicati come l'infanzia e la pedofilia, bisognerebbe stare attenti a fare la lavagna dei buoni e dei cattivi, perché molto probabilmente, tra i cattivi ci saranno tanti e troppi innocenti; la storia umana ci insegna quanti innocenti siano stati accusati e poi, magari dopo anni di carcere, prosciolti con tanti saluti.
Pregate di non cadere MAI in una lista di proscrizione ancor prima di condanne definitive ed addirittura di processi. Le diffamazioni create ad hoc da certi media, senza alcuna possibilità di difesa e replica per gli accusati, a maggior ragione in casi dove sono coinvolti bambini, sono pericolose e non aiutano certo le vittime, ma a questi giornalai e politici prezzolati non interessa fare gli interessi dei minori, ed infatti creano solo confusione, provocando l'effetto domino degli indignati di ogni latitudine.
Indignazione che serve al potere per manipolare le menti fragili in cerca di un salvatore di turno.


Parlare di business totale degli affidi, senza fare alcun distinguo e senza alcuna precisazione, facendo un calderone unico, non ha alcun senso ed è allarmante come metodo inquisitorio.
Succede anche per i tanti casi di omicidi mediatici, dove spesso l'indignazione segue alla lettera i castelli accusatori, sicuri di un colpevole, così, spesso ne consegue che un innocente diventi un capro espiatorio per fare tutti felici e contenti.
Gli aggiornamenti di sistema invocati dal nostro Governo, saranno lo specchietto per le allodole e pura propaganda, ma soprattutto, porteranno un vento ancora più reazionario e non certo di trasparenza, l'esempio storico di tangentopoli dovrebbe insegnarci qualcosa.
Questi casi mediatici saranno l'occasione per fare ulteriori tagli alla sanità, ai servizi sociali, approfittando di alcuni crimini, veri o presunti ancora non lo sappiamo, e verrà implementato un paradigma illiberale, con la scusa della morale ed in direzione di uno "Stato Etico", soprattutto, con l'avallo popolare, bisognoso di sfamare la sua rabbia e frustrazione, eteropilotato dai moralizzatori di mestiere.
La sovrastruttura del potere che celatamente permette ai populismi di cavalcare l'onda delle varie indignazioni, ha interesse a plasmare una società più autoritaria, meno democratica e con meno diritti e garanzie. Questo avviene attraverso eventuali scandali, facendo percepire alle persone che non funziona nulla e che solo il salvatore annunciato potrà risolvere i problemi.

Il noto e sempreverde trinomio PROBLEMA REAZIONE SOLUZIONE non si smentisce mai e passa agevolmente sopra le nostre teste che non si accorgono dell'elefante in salotto.
Con tangentopoli il messaggio subliminale è stato "la politica è il male assoluto, è tutta corrotta, tutti i politici sono uguali", e sicuramente in grande parte è così, ma quello che è venuto dopo, ovvero l'aggiornamento di sistema, è stato molto peggiorativo, sia in quantità che in qualità di crimini.
Ora tocca allo Stato Sociale, a quel poco che è rimasto in piedi, dopo privatizzazioni, speculazioni, e destrutturazioni del bene pubblico, ora è il momento di colpire il ramo sociale, socio-sanitario, poi tornerà il ritornello della già tanto bistrattata e vituperata scuola, magari attraverso scandali, eventuali o creati ad hoc, e così via...

Cosa succederà tra qualche anno?
Che a suon di scandali si scardinerà tutto, il buono ed il cattivo di quello che rimane della Sanità Pubblica, perché è li che si vuole andare a parare, è quello l'ultimo tassello, il vero scopo ed obiettivo, andando ad edificare un nuovo modello che continuerà a commettere gli stessi crimini di prima, magari in termini ancora più sofisticati e "trasparenti". Si avrà la scusa per smantellare i servizi sociali, si taglieranno quindi i servizi alla persona, i fondi regionali saranno centellinati, ma non gli sprechi, perché in un sistema sofisticato, gli sprechi diventano più "sofisticati" ed intangibili.
Ci rimetteremo tutti, credendo malamente di essere dentro un processo rivoluzionario ed ingenuamente che bisogna tagliare per fare pulizia.
E' una vecchia e sempre funzionante tattica del sistema neoliberista. Un cambiamento gattopardesco in nome di una pulizia che non avverrà mai, se non si usa il bisturi, ma la mannaia, colpendo a destra e manca.

Anche parlare di "bambini rubati" non è sempre corretto, bisogna vedere caso per caso, e quando siamo in presenza di reati del genere, se confermati, è necessario e logico siano sanzionati anche duramente con pene severe, ma gli abusi nell’infanzia sono un fenomeno sottostimato.
La società è turbata, non lo accetta e preferisce non vederlo.
È la stessa ragione per cui chi toglie i bambini ai genitori viene sempre attaccato, a torto o ragione, dalla società ed anche da alcuni partiti, in nome del valore della famiglia, senza conoscere realmente le storie che ci sono dietro.
Ma tutto questo, come scrivevo all'inizio, servirà in primis a salvare l'albero del male, creando tanti piccoli scandali per coprire il vero ed infame traffico di bambini di cui nessuno parla, una distrazione di massa spaventosa, dove tutti seguiranno le ultime notizie di Bibbiano e non sapranno mai nulla di certe realtà criminali più invisibili.
Un depistaggio maestoso voluto, taciuto, non abbastanza conosciuto da tutti, che viene realizzato per evitare scandali di proporzioni bibbliche e allora, forse, anche il nome del comune di BIBBIANO, non è così casuale, ma un messaggio simbolico annunciato.







giovedì 18 luglio 2019

IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO


Era ovvio che finisse così...
La gerontocrazia domina e continuerà a dominare il palcoscenico della vita politica, con il benestare di Faceapp, la nuova applicazione che ci fa diventare tutti vecchi o giovani, ma anche donne o uomini, a seconda delle nostre curiosità.
Non esiste ancora l'applicazione per fare diventare nuovo un governo, oppure, invece, esiste eccome, perché questo nuovo/vecchio ibrido potrebbe rappresentare questa innovazione artificiale, e non parlerei in questo caso di intelligenza artificiale, semmai di supidità naturale.
Ho visto il nuovo video indignato di Barnard, che dice anche cose giuste su questo esecutivo gialloverde, ci ricorda come tutto è rimasto uguale, ed ha ragione, però eravamo in tanti a dirlo.
Il punto è molto semplice, o nascono modelli di governance differenti che si scontrano in un reale bipolarismo, tipo un modello socialista VERO, magari in occidente declinato in termini keynesiani spinti, versus un modello, l'attuale, che comprende tutto l'arco costituzionale, dal PD, a FI, passando per i 5STELLE, fino alla LEGA, oppure tutto rimane e rimarrà identico, con qualche piccola differenza, a seconda delle esigenze della sovrastruttura.


Fare un distinguo tra diversi neoliberisti, è a mio avviso ridicolo ed antistorico, o costruiamo e lavoriamo per la nascita o rinascita di ideologie contrapposte, e non questo brodo rancido di pensiero unico dove tutti invocano la distruzione dei concetti di sinistra e destra, andando poi a parare nel solito schema di potere reazionario, oppure resteremo sempre nello stesso loop.
Poi capisco la voglia di un SALVATORE, che è un po' un retaggio tipico dello schiavo, un retaggio religioso di attesa di un messia che faccia le nostre veci, ma non funziona così, e non serve prevedere proprio nulla, perché finché non si esce da questo incantesimo non può, per natura delle cose, cambiare niente.
Aggiungo che, la cosa peggiore, è far credere di cambiare, presentarsi come il NUOVO e poi aggiornare il VECCHIO, questo imbroglio è molto, molto peggio di quello che succedeva nella cosiddetta 1° Repubblica.
In fondo ha ragione l'elite ed è tutta colpa nostra, se fossi un malvagio illuminato, plasmerei partiti contenitore del dissenso per fare credere di cambiare politica, ed invece aggiornarei la mia agenda, mi infiltrerei nelle sinistre facendole fare cose di destra, farei credere che c'è una contrapposizione partitica, mentre è assente quella ideologica, anzi, farei di tutto per sputare sulle ideologie, convincendo anche i complottisti che sono vecchie e sbagliate, che bisogna appunto cambiare.


La celebre frase del capolavoro di Visconti ci mostra bene il concetto del "gattopardismo".
“Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi...”

E' tutto meraviglioso, il potere si replica all'infinito e nessuno si accorge, nonostante la storia insegni, che la lotta all'interno dello stesso schema, non può cambiare le regole del gioco.
Funziona come nel Sistema Calcio, può vincere la Juventus, talvolta l'Inter o pochi altri, ma tutto rimane identico, ogni tanto c'è qualche piccola novità, ma ognuno, consapevole o meno, continuerà ad interpretare il suo ruolo sociale e simbolico, dando linfa al Moloch.
Noi siamo dentro ad un sistema simile, dove attori fingono di lottare, o talvolta lottano pure in diverse fazioni, solo apparentemente diverse, ma in realtà identiche, o meglio, tutte che condividono lo stesso schema di potere.
Magari qualcuno alza la voce e vuole chiudere i porti, creando finte contrapposizioni contro fantasmi immaginari, facendo la solita propaganda al popolino in astinenza da rogo, per coprire l'incapacità di risolvere problemi reali, economici, salari, occupazione e spostare i soliti bersagli.
Si fa solo propaganda creando un nemico esterno, senza peraltro risolvere nulla a livello di immigrazione, di accordi diplomatici tra paesi, nessuno che ha un progetto politico serio proiettato nel tempo, si vive alla giornata, si promette, si seduce l'elettorato come fosse una vecchia amante in cerca di stabilità, ecco perché vediamo qualcuno che si fa grosso per aver contrastato la Carola o chi per essa, quasi in una lotta a chi ce l'ha più duro o più molle, mentre altri mettono in piedi un reddito di cittadinanza ridicolo e solo di facciata, senza capire che quel sistema che si illudevano o ci illudevamo di trasformare, l'hanno solo aggiornato e cristallizzato.

Il bruco non è diventato affatto farfalla, anzi, si è trasmutato in un essere monocellulare simile ad un virus, allora mi pare giusto e sensato mostrare questi due leader da vecchi, perché questo governo del cambiamento nasce vecchio, anzi, vecchissimo.





martedì 16 luglio 2019

UN GUERRIERO DI NOME SINISA


Introduzione:
Dopo l'annuncio della sua malattia, Sinisa è entrato un po' nel cuore di tutti gli italiani e non solo di noi tifosi del Bologna.
Sono tornato a seguire il Campionato proprio quando è stato scelto come Allenatore della mia squadra per sostituire Inzaghi. Erano anni che avevo smesso di seguire il Calcio, ero deluso, anche schifato da un certo ambiente dove regna solo il mercato ed il Dio denaro.
Ero pure annoiato e stanco del karma di una società che aveva perso da tanto tempo lo spirito combattivo e certi valori umani, forse perché consapevole del suo ruolo nella terribile piramide gerarchica del Calcio. 
L'ultimo Bologna che mi aveva commosso era stato quello di Baggio che, oltre ad essere il mio calciatore preferito, aveva dato quel valore aggiunto ad un destino già scritto per certe squadre piccole come la nostra.
Da allora, fatta eccezione per alcuni grandi giocatori come Signori e pochi altri, avevo declinato la mia passione, evitando spesso di andare allo stadio e di seguire le partite in tv.
Mi consideravo oramai un ex-appassionato di Calcio, fino a quando ho avvertito un cambiamento forte, e non parlo solo della salvezza del Bologna che è riuscito pure a raggiungere il 10° posto in classifica, parlo del fatto che Sinisa è riuscito a ricreare uno spirito di squadra ed una coesione meravigliosa tra i suoi giocatori e la città che non avvertivo da tanti anni.
Una visione di gioco e della vita forse più romantica, coraggiosa e combattiva, una rarità ai giorni nostri. 
Gli stessi calciatori che avevano perso stimoli e vitalità sono come rinati e sono diventati magicamente fortissimi, vincendo addirittura contro formazioni di alto livello.
Ho avvertito una forte energia, quella che si respirava nei campetti di periferia da bambini, quella energia stupenda e primordiale che prescinde la sovrastruttura della politica che domina lo sport, ho infine avvertito il lato umano, sincero, forte e dignitoso di un uomo che, nel bene o nel male, si distingue da tanti suoi illustri colleghi.
Quella dignità che Sinisa, con coraggio e sensibilità, ha voluto regalarci nella conferenza stampa dove pubblicamente ha parlato della sua malattia. E' proprio questo il valore aggiunto, e in un mondo ipocrita, algido ed individualista, dove tutto è regolato dai soldi e prefrabbricato da multinazionali, il lato umano con la sua forza, con le sue debolezze, con le sue lacrime e che non si vergogna delle sue lacrime, mi ha commosso e dato speranza.
Sinisa è un esempio positivo, può piacere o non piacere, possiamo pensarla diversamente su tante cose, possiamo criticare alcune sue amicizie passate, come quella del criminale di guerra Arkan, però contestualizzandole all'interno di una realtà fuori dal comune, sicuramente lontana anni luce dalla nostra cultura, e di un conflitto in cui, forse, tutti noi avremmo avuto "amicizie sbagliate", se dettate dalla contingenza di orrori creati dal conflitto NATO in Serbia e dalla guerra fratricida tra popoli che fino al giorno prima, certamente con tanti problemi, vivevano l'uno accanto all'altro.
In bocca al lupo Sinisa e, facendoti i migliori auguri, ti saluto riproponendo questa bella intervista di Guido De Carolis di 10 anni fa, dove parli della tragedia del bombardamento nella ex-Jugoslavia che, un po' come il Bologna, ha subito l'egemonia dei più "forti". 
Il tuo destino è la lotta...
MDD


Mihajlovic: «Vi racconto la mia Serbia,
prima bombardata e poi abb
andonata»
di Guido De Carolis 
(23 marzo 2009)

Non rinnega, perché è fiero. Non ha vergogna, perché non c’è paura. Parlare di forza del gruppo, spogliatoio coeso non è il suo rifugio. Per star comodamente al mondo, anche in quello del calcio, basta dire ovvie banalità. Si fa così, è il protocollo da conferenza stampa. Racconta niente, ma basta a sfamare tutti. Sinisa Mihajlovic no. Non la prende mai alla larga, non ci gira attorno.
Va dentro il problema, lo spacca, lo analizza.
Poi lo ripone daccapo, con un’altra domanda e una nuova ancora, finché sei tu a cercare risposte e a dover ricomporre certezze sgretolate. Mihajlovic è una persona forte, cresciuto sotto il generale Tito, svezzato da due guerre, indurito dall’orgoglio della sua Serbia. 
Gli storici sogni di grandezza del Paese sono scomparsi, resta a mala pena la voglia di farcela a sopravvivere. L’allenatore del Bologna è un «privilegiato», almeno così dice chi guarda da fuori. 
E in fondo è vero. Aveva notorietà e miliardi in tasca quando sulla sua casa piovevano bombe. Aveva tutto, ha ancora l’umiltà di non dimenticare da dove viene e chi è.



Il 24 marzo 1999 la Nato cominciò i bombardamenti sulla Federazione Jugoslava. Quando l’hai saputo? Dov’eri?
«In ritiro con la nazionale slava. La notte prima ci avvisarono che la guerra sarebbe potuta cominciare. Eravamo al confine con l’Ungheria, la Federazione ci trasferì in fretta a Budapest. La mattina dopo sulla Cnn c’erano già i caccia della Nato che sventravano la Serbia». 

Qual è stata la tua prima reazione?
«Ho contattato i miei genitori, stavano a Novi Sad. Li ho fatti trasferire a Budapest, ma papà non voleva. Da lì siamo partiti per Roma (ai tempi giocava nella Lazio, ndr), ma dopo due giorni mio padre Bogdan ha voluto tornare in Serbia. Mi disse: "Sono già scappato una volta da Vukovar a Belgrado durante la guerra civile. Non lo farò ancora, non potrei più guadare i vicini di casa quando i bombardamenti finiranno". Prese mia madre Viktoria e se ne andarono. Ero preocuppato, ma fiero di lui». 

Dieci anni dopo come giudichi quella guerra?
«Devastante per la mia patria e il mio popolo. A Novi Sad c’erano due ponti sul Danubio: li fecero saltare subito. Ci misero in ginocchio dal primo giorno. Prima della guerra per andare dai miei genitori dovevo fare 1,4 km, ma senza ponti eravamo costretti a un giro di 80 chilometri. Per mesi la gente ha sofferto ingiustamente. Bombe su ospedali, scuole, civili: tutto spazzato via, tanto non faceva differenza per gli americani. Sul Danubio giravano solo delle zattere vecchie. Come la giudico? Ho ricordi terribili, incancellabili, inaccettabili». 

Ma la reazione della Nato fu dettata dalla follia di Milosevic. La storia dice che fu lui a provocare quella guerra.
«Siamo un popolo orgoglioso. Certo tra noi abbiamo sempre litigato, ma siamo tutti serbi. E preferisco combattere per un mio connazionale e difenderlo contro un aggressore esterno. So dei crimini attribuiti a Milosevic, ma nel momento in cui la Serbia viene attaccata, io difendo il mio popolo e chi lo rappresenta». 

L’hai conosciuto?

«Ci ho parlato tre-quattro volte. Aveva una mia maglietta della Stella Rossa di Belgrado e mi diceva: Sinisa se tutti i serbi fossero come te ci sarebbero meno problemi in questa terra».
Il tuo rapporto con gli americani?
«Non li sopporto. In Jugoslavia hanno lasciato solo morte e distruzione. Hanno bombardato il mio Paese, ci hanno ridotti a nulla. Dopo la Seconda Guerra Mondiale avevano aiutato a ricostruire l’Europa, a noi invece non è arrivato niente: prima hanno devastato e poi ci hanno abbandonati. Bambini e animali per anni sono nati con malformazioni genetiche, tutto per le bombe e l’uranio che ci hanno buttato addosso. Che devo pensare di loro?». 

Rifaresti tutto ciò che hai fatto in quegli anni, compreso il necrologio per Arkan?
«Lo rifarei, perché Arkan era un mio amico: lui è stato un eroe per il popolo serbo. Era un mio amico vero, era il capo degli ultras della Stella Rossa quando io giocavo lì. Io gli amici non li tradisco né li rinnego. Conosco tanta gente, anche mafiosi, ma non per questo io sono così. Rifarei il suo necrologio e tutti quelli che ho fatto per altri». 

Ma le atrocità commesse?
«Le atrocità? Voi parlate di atrocità, ma non c’eravate. Io sono nato a Vukovar, i croati erano maggioranza, noi serbi minoranza lì. Nel 1991 c’era la caccia al serbo: gente che per anni aveva vissuto insieme da un giorno all’altro si sparava addosso. È come se oggi i bolognesi decidessero di far piazza pulita dei pugliesi che vivono nella loro città. È giusto? Arkan venne a difendere i serbi in Croazia. I suoi crimini di guerra non sono giustificabili, sono orribili, ma cosa c’è di non orribile in una guerra civile?» 

Sì, ma i croati...?
«Mia madre Viktoria è croata, mio papà serbo. Quando da Vukovar si spostarono a Belgrado, mia mamma chiamò suo fratello, mio zio Ivo, e gli disse: c’è la guerra mettiti in salvo, vieni a casa di Sinisa. Lui rispose: perché hai portato via tuo marito? Quel porco serbo doveva restare qui così lo scannavamo. Il clima era questo. Poi Arkan catturò lo zio Ivo che aveva addosso il mio numero di telefono. Arkan mi chiamò: "C’è uno qui che sostiene di essere tuo zio, lo porto a Belgrado". Non dissi niente a mia madre, ma gli salvai la vita e lo ospitai per venti giorni». 

Hai nostalgia della Jugoslavia?
«Certo, di quella di Tito. Slavi, cattolici, ortodossi, musulmani: solo il generale è riuscito a tenere tutti insieme. Ero piccolo quando c’era lui, ma una cosa ricordo: del blocco dei Paesi dell’Est la Jugoslavia era il migliore. I miei erano gente umile, operai, ma non ci mancava niente. Andavano a fare spese a Trieste delle volte. Con Tito esistevano valori, famiglia, un’idea di patria e popolo. Quando è morto la gente è andata per mesi sulla sua tomba. Con lui la Jugoslavia era il paese più bello del mondo, insieme all’Italia che io amo e che oggi si sta rovinando». 

Sei un nazionalista?
«Che vuol dire nazionalista? Di sicuro non sono un fascista come ha detto qualcuno per la faccenda di Arkan. Ho vissuto con Tito, sono più comunista di tanti. Se nazionalista vuol dire patriota, se significa amare la mia terra e la mia nazione, beh sì lo sono». 

È giusta l’indipendenza del Kosovo?

«Il Kosovo è Serbia. Punto. Non si possono cacciare i serbi da casa loro. No, l’indipendenza non è giusta per niente». 

Dieci anni dopo la guerra cos’è la Serbia?
«Un paese scaraventato indietro di 50-100 anni. A Belgrado il centro è stato ricostruito, ma fuori c’è devastazione. E anche dentro le persone. Oggi educare un bambino è un’impresa impossibile». 

Perché?
«Sotto Tito t’insegnavano a studiare, per migliorarti, magari per diventare un medico, un dottore e guadagnare bene per vivere bene, com’era giusto. Oggi lo sapete quanto prende un primario in Serbia? 300 euro al mese e non arriva a sfamare i suoi figli. I bimbi vedono che soldi, donne, benessere li hanno solo i mafiosi: è chiaro che il punto di riferimento diventa quello. C’è emergenza educativa in Serbia. L’educazione dobbiamo far rinascere». 

Sei ambasciatore Unicef da dieci anni e hai aperto una casa di accoglienza per gli orfani a Novi Sad.
«Sì è vero, ce ne sono 150, ma non ne voglio parlare. So io ciò che faccio per il mio Paese. Una cosa non ho mai fatto, come invece alcuni calciatori croati: mandare soldi per comprare armi». 

L’immagine peggiore che hai della guerra?
«Giocavo nella Lazio. Apro Il Messaggero e vedo una foto con due cadaveri. La didascalia diceva: due croati uccisi dai cecchini serbi. Uno aveva una pallottola in fronte. Era un mio caro amico, serbo. Lì ho capito, su di noi hanno raccontato tante cose. Troppe non vere».


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venerdì 5 luglio 2019

IL MITO DEL POST-MODERNO E' IL VECCHIO CHE AVANZA...


Questa ERA è il massimo compimento del passatismo più bieco, magico e religioso, mai come in questa epoca, che è intrinsecamente vecchia e perbenista, ci sono verità stabilizzatrici ed ordinatrici. Viviamo tutti i giorni immersi a regole ordinatrici e di natura intimamente religiosa, solamente che è cambiata la proprietà dello scettro, oppure la percezione di codesta proprietà.
La scienza, o meglio, lo scientismo vive e campa su dogmi autoritari che hanno una natura oracolare vecchia e vetusta, la politica e l'economia sono sempre più simili a vecchie aristocrazie decadenti, le regole del quotidiano sono pervasive molto più di ieri... 
Siamo nel massimo apice del crogiolo della verità ordinatrice in occidente, oggi governata dalla tecnologia, che di per se' non è ne buona ne cattiva, essendo mero strumento, peccato sia diventata strumento coercitivo e rieducazionale di massa.
Però il potere è trasmutato, e da questo punto di vista nulla è cambiato, anzi, proprio in virtù di questa percezione caduta dall'alto, che il "vecchione" ritorna e non brucia mai. 

Nel 80% del mondo attuale la religione è talvolta più fondamentalista che in passato, ci sono guide spirituali o criminali che fottono milioni di persone, in Cina, in India e in tanti paesi del 4° mondo, ci sono, come mai è successo in passato, dittature, società alveari che saranno l'esempio del nuovo mondo e situazioni di indigenza reali. 
Altro che disincanto e libertà individuali, altro che civiltà, altro che sarcasmo, piacere ed ozio, quello sarà riservato forse solo a noi e a pochi altri fortunati. 
Questa epoca è solo l'aggiornamento di quello che è già successo, filtrato dall'evoluzione delle rivoluzioni umaniste, sociali e massoniche dei secoli scorsi, che ne hanno contenuto i danni evolvendo purtroppo solo una piccola parte dell'umanità.
Oggi però stiamo tornando indietro... 
Il discorso riguardo alla glorificazione del moderno e del post-moderno, aveva un senso negli anni 70 che furono anni folli e creativi, castrati dallo schema del potere, dagli anni 80 ad oggi, è nato il paradigma assoluto del pensiero unico e del conformismo. 
Non a caso una certa forma pensiero creativa e disincantata degli anni 70 è stata sostituita con un modello coloniale della mistica della produzione e non dell'ozio, del controllo del tempo libero e del controllo su ogni aspetto del vivere. L'ossessione del controllo è il nuovo oracolo post-umano, che poi era lo stesso di un tempo sotto altra veste.
Hanno preso potere, sempre non a caso, in quegli anni sovragestioni neoaristocratiche e reazionarie, e l'egregora che ne è conseguita è l'attuale forma pensiero indotta, alveare, conformista e qualunquista, dell'uomo fatto in serie, del replicante, del modello quindi transumano, anch'esso massimo compimento del potere che riemerge aggiornato e rieducante.
Magari ci fosse disincanto e spirito critico, a leggere i 3/4 dei post sui social, noto molta voglia di RE e fede in qualsiasi forma gruppale, divisoria e tribale, che alimentano una regressione collettiva e nostalgia verso una morale estinta che invece regna beata.


DIO E' MORTO? DATEMI UN CONDOTTIERO...
Cosa si intende per DIO. 
Se per DIO si intende il vecchio patriarca delle religioni, è ovvio che non esiste e che si tratta di una metafora che andava spiegata in termini favolistici ai sudditi, se si intende l'energia primaria intelligente che permea il tutto, il caos quantico, il discorso cambia.
Per "DIO" intendo questo, l'insieme di tutte le volontà e coscienze dell'infinito, o meglio dell'immensamente finito. 
L'inconscio collettivo degli spiriti, tutte le dimensioni possibili, l'insieme di tutti i calcoli possibili, compresa anche la possibilità del nulla, del bene e del male. 
Ovviamente anche la mia visione difetta di una percezione e di una descrizione terrestre e soggettiva. 
In realtà non è possibile definire alcun DIO, se fosse possibile definirlo decreteremmo la sua morte concettuale, cosa che hanno già ampiamente realizzato le religioni e tutte le sovrastrutture, ben prima del materialismo storico, che arriva solo dopo la puzza, facendo l'autopsia sul cadavere in decomposizione. 
In ultima analisi DIO è un po' la nostra coscienza, il nostro spirito, individuale e poi collettivo al tempo stesso, è tutte le possibilità matematiche che qualcosa si compia, bella o brutta che sia o che non sia.
Altro discorso è la spiritualità, che significa dare importanza alle istanze del profondo e non solo agli aspetti meccanicistici del vivere e che non ha nulla di religioso. L'uomo è fatto di materia e di energia vitale, entrambi gli aspetti vivono in simbiosi ed esistono in quanto unione, almeno nella nostra dimensione attuale, dopo chissà, non possiamo aver alcuna certezza...
Quindi del pensiero, dei sentimenti, della condivisione, dell'esercizio della criticità, della creatività. 
Il nostro SE' superiore, secondo me, è il DIO, inteso come volontà immateriale, o di altra materialità, come simbolo e come metafora della vita stessa, della natura. 
Secondo me, le due cose si sovrappongono, ed è curioso che le pulsioni emotive irrazionali dei cosiddetti fedeli siano storicamente più materialiste, rispetto a quelle di coloro che si percepiscono materialisti ed atei che spesso posseggono più anima senza saperlo.
E' tipico dell'uomo schiavo accettare il corso degli eventi, salvo poi sublimare l'uomo forte. 
Il concetto di uomo forte è il massimo del passatismo, ed è proprio quello che io denuncio come aspetto religioso reazionario che il finto modernismo veicola e fa accettare.
Il DIO cattivo delle religioni oggi è ben rappresentato dal nuovo che avanza, o meglio dal vecchio che ha solo cambiato nome e forma.