I paesi che hanno reagito rapidamente, hanno fatto tanti test e usato l’isolamento, hanno evitato il contagio su larga scala. I vantaggi di questa precoce reazione ha anche significato che questi paesi non hanno dovuto chiudere le proprie economie in maniera totale come altri. L’abilità di fare tamponi spiega bene molte differenze. È impossibile sconfiggere un nemico che non possiamo vedere. E quindi fare test è fondamentale per mettere sotto controllo la malattia e cominciare a riaprire l’economia.
Finora, i paesi in via di sviluppo come l’India e la Nigeria, hanno avuto una piccola percentuale del contagio globale registrato. Una delle priorità della nostra fondazione è stato aiutare questi paesi ad incrementare i tamponi affinché possano conoscere la loro reale situazione. Con un po’ di fortuna, la comprensione di alcuni fattori che ancora non ci sono noti, come per esempio l’influenza che il clima può avere sulla diffusione del virus, preverrà contagi in larga scala in questi paesi.
Comunque noi dobbiamo supporre che le dinamiche della malattia siano le stesse che in altri paesi.
Anche se la loro popolazione è sproporzionatamente giovane – che tenderebbe a significare meno morti da COVID19 – questo vantaggio è quasi certamente controbilanciato dal fatto che i sistemi immunitari delle persone dei paesi a basso reddito sono indeboliti dalla malnutrizione o dall’HIV. E meno l’economia di un paese è sviluppata, più è difficile la modifica dei comportamenti che riducono il tasso di riproduzione del virus. Se vivi in una periferia (slum) urbana e fai un lavoro informale per guadagnare abbastanza per nutrire la tua famiglia ogni giorno, non troverai facile evitare il contatto con altre persone. In più il sistema sanitario in questi paesi ha molta meno capacità, quindi sarà difficile anche solo fornire un trattamento di ossigeno a chiunque ne abbia bisogno.
Tragicamente è possibile che le morti totali nei paesi in via di sviluppo saranno molto più alte che nei paesi sviluppati.
In questo paragrafo Gates loda esplicitamente la Repubblica Popolare Cinese per la gestione efficiente e, aggiungiamo, totalitaria: la “quarantena inflessibile” e “l’uso esteso dei tamponi”. Si tratta del primo di una serie di riferimenti alla Cina, il cui modello di gestione del contagio viene elevato a modello governamentale da imitare.
Gates si sofferma sull’importanza dei test, su cui ritornerà più avanti in maniera più dettagliata, vincolando ad essi la “riapertura dell’economia”, e ritorna sul nemico da combattere mettendo l’accento sulla sua invisibilità. Solamente i test, ci dice Gates, possono smascherare il nemico che si cela in ogni persona, che è dunque ogni persona. Di qui l’uso massivo dei tamponi (che sappiamo avere una percentuale significativa di falsi positivi) che nella fase acuta dell’evento Covid-19 sono serviti, insieme al terroristico conteggio quotidiano dei morti “positivi al virus”, ad ingigantire la percezione del fenomeno. Tamponi che peraltro, insieme all’uso indiscriminato dei termoscanner, hanno abituato le persone ad accettare piccoli Tso quotidiani preventivi in nome di un presunto bene collettivo. Misure, in questo caso esenti da effetti collaterali, che possono però essere lette anche come preparazione simbolica di massa all’accettazione di altre future imposizioni di trattamenti sanitari ben più invasivi. A ben guardare l’evento spettacolare Covid-19 può essere letto fino ad ora come un gigantesco trattamento sanitario obbligatorio di prevenzione agito sull’intera popolazione di molti paesi.
Nella seconda parte del paragrafo, Gates accenna alla questione della diffusione del virus nei cosiddetti paesi in via di sviluppo assicurandoci di fatto che un’eventuale bassa diffusione registrata sarà illusoria perché dovuta a una difficoltà logistica nell’effettuare test sulla popolazione, dovuta all’impreparazione dei governi e dei loro sistemi sanitari, e che probabilmente ci saranno più morti nei paesi in “via di sviluppo” che in quelli “sviluppati”.
Ricordiamo che buona parte delle attività della Fondazione Gates è proprio rivolta ai cosiddetti paesi in via di sviluppo attraverso il finanziamento a progetti mirati dell’OMS e della sua partner GAVI, che si occupa di diffondere in essi campagne vaccinali di massa.
Attraverso la definizione “sproporzionatamente giovane”, riferita alla popolazione dei “paesi in via di sviluppo” Gates tradisce la vocazione malthusiana della sua fondazione e dell’istituto per la “salute riproduttiva” ad essa collegato.
Il filantropismo farmaceutico dei magnati alla Gates è, a dir poco, in odor di imperialismo e ancora una volta tornano utili le parole di Illich quando rileva come la medicina moderna occidentale agisca da colonizzatrice nei confronti delle culture tradizionali, esportando medicalizzazione e ospedalizzazione laddove andrebbero soltanto rimosse condizioni strutturali dannose per la salute spesso provocate dallo stesso colonialismo economico e culturale occidentale.
“Quando una cultura si medicalizza, in qualunque parte del mondo, la struttura tradizionale delle usanze, che possono diventare esercizio consapevole nella pratica personale della virtù dell’igiene, viene progressivamente paralizzata da un sistema meccanico, un codice medico in forza del quale gli individui si rimettono alle istruzioni emanate dai loro custodi sanitari. (…) Gli obbiettivi della civiltà medica metropolitana sono così antitetici a ogni programma sanitario culturale ch’essa incontra sulla via della progressiva colonizzazione”.
Cosa dobbiamo imparare
La nostra conoscenza della malattia ci aiuterà con strumenti e politiche. Ci sono numerose questioni chiave che ancora non capiamo. Si stanno facendo numerosi studi per rispondere a queste domande, incluso uno a Seattle fatto dall’Università di Washington. La collaborazione globale su questi aspetti è impressionante e dovremmo riuscire a sapere di più entro l’estate.
La malattia è stagionale o dipendente dal clima? Quasi tutti i virus respiratori sono stagionali (un gruppo che include anche il COVID-19). Questo significherebbe che ci sono meno infezioni in estate, il che potrebbe cullarci in una falsa sicurezza e noncuranza fino all’autunno. È un problema che dipende dal punto di vista. Noi vediamo che il nuovo coronavirus si sta diffondendo in Australia e altri luoghi dell’emisfero sud, dove le stagioni sono opposte alla nostra, e quindi già sappiamo che il virus non è stagionale come l’influenza.
Quante persone asintomatiche hanno abbastanza virus da contagiarne altre? Le persone che sono guarite e hanno ancora del virus residuale – quanto sono contagiose? Modelli fatti al computer dimostrano che se ci sono molte persone asintomatiche ma contagiose, è molto più difficile riaprire senza una recrudescenza dei casi. C’è molto disaccordo su quanti contagi vengano da queste fonti, ma noi sappiamo che molte persone con il virus non hanno sintomi, e una porzione di queste può finire col trasmetterlo.
Perché i giovani hanno un minore rischio di ammalarsi gravemente quando si contagiano? Comprendere le dinamiche di questa cosa ci aiuterà a soppesare i rischi della riapertura delle scuole. È un tema complicato perché anche se i giovani non si ammalano, potrebbero comunque diffondere la malattia ad altre persone.
Quali sintomi indicano che dovresti essere testato? Alcuni paesi misurano la temperatura di molte persone, come screening iniziale. Se fare questo ci aiuta a trovare più potenziali casi, potremmo usarlo agli aeroporti e ai grandi raduni. Dobbiamo fare i test che abbiamo a disposizione alle persone a più alto rischio, perché non abbiamo test per tutti.
Quali attività causano il rischio più alto d’infezione? Le persone mi fanno domande sull’evitare cibi preparati o i pomelli delle porte o i bagni pubblici, così possono minimizzare il rischio. Vorrei sapere cosa rispondere loro. Dovranno essere prese delle decisioni sui differenti tipi di raduni, come la scuola, o la chiesa e se dovrà essere richiesto un qualche tipo di distanziamento. Nei luoghi senza una buona sanificazione, ci potrebbe essere diffusione da contaminazione fecale perché le persone contagiate disperdono il virus.
Chi è più sensibile alla malattia? Sappiamo che le persone anziane corrono i maggiori rischi di grave malattia o morte. Comprendere come il genere, la razza e le co-morbilità interagiscono con questo è un work in progress.
In questo paragrafo costellato di banalità come “Sappiamo che le persone anziane corrono i maggiori rischi di grave malattia o morte”, Gates si premura di avvisarci che l’estate ci darà l’illusione erronea di essere al sicuro e che in autunno probabilmente ci sarà una recrudescenza dei casi.
L’allarme deve dunque essere tenuto alto anche durante l’estate perché questo virus, a differenza evidentemente di altri virus che provocano sindromi influenzali e che ogni anno vengono, vanno o ritornano mutati, sarà sconfitto solo attraverso le innovazioni tecnologiche che ancora non possediamo. Quali? Ci arriveremo.
Ci pare interessante far notare come Gates, dall’alto della sua auto-investitura, si senta in diritto di poter dire che dovranno essere prese delle decisioni su raduni quali quelli delle scuole e delle chiese. Vale forse la pena sottolineare, come peraltro è già stato fatto altrove, che durante l’evento Covid-19 esse sono state entrambe minate alle fondamenta: la scuola e l’università essendo immediatamente assorbite nella spettralità degli schermi; la religione avendo definitivamente ceduto il governo delle anime ridotte a nuda vita alla medicina come avanguardia mascherata del capitalismo.
Il ruolo della fondazione Gates
In tempi normali, la Fondazione Gates mette più della metà delle sue risorse nella riduzione delle morti da malattie infettive. Queste malattie sono la ragione per la quale un bambino in un paese povero ha 20 volte la possibilità di morire prima dei 5 anni che uno in un paese ricco. Noi investiamo nell’invenzione di nuove terapie e vaccini per queste malattie e nel fare in modo che questi siano distribuiti a chiunque ne abbia bisogno. Le malattie includono HIV, malaria, tubercolosi, polio e polmonite. Tutte le volte che c’è un’epidemia come Ebola, SARS o Zika, lavoriamo con i governi e il settore privato per aiutare a fare un modello dei rischi e a incentivare le risorse per creare nuovi strumenti per fermare l’epidemia. È stato per questo che nella mia TED talk del 2015 parlai del fatto che il mondo non era pronto per un’epidemia respiratoria. Sebbene non sia stato fatto abbastanza, alcuni passi sono stati fatti per prepararsi, incluso la creazione della CEPI (Coalition for Epidemic Preparedness Innovation), di cui parlerò più sotto nella sezione vaccini.
Ora che l’epidemia ha colpito, stiamo usando la nostra esperienza per trovare le idee migliori in ogni area e far sì che vengano implementate velocemente. Ci sono molti sforzi in atto. Più di 100 gruppi stanno lavorando sulle terapie e altri 100 sui vaccini. Stiamo finanziando una parte di questi ma li stiamo seguendo tutti quanti da vicino. La chiave è guardare ad ogni progetto per vedere non solo la sua possibilità di funzionamento ma anche le probabilità che possa essere implementata per aiutare l’intero mondo.
Un’attività urgente è raccogliere soldi per lo sviluppo di nuovi strumenti. Penso a questo come ai miliardi che abbiamo bisogno di spendere adesso per poter poi risparmiare migliaia di miliardi in un secondo tempo. Ogni mese che ci vuole per avere il vaccino è un mese nel quale l’economia non può ritornare alla normalità. Però non è chiaro come i paesi si uniranno per coordinare i finanziamenti. Alcuni fondi potrebbero andare direttamente al settore privato ma i paesi che li erogano esigono che i loro cittadini abbiano la priorità nel ricevere il vaccino. C’è molta discussione tra i governi, l’OMS, il settore privato e la nostra fondazione sul come organizzare questi sforzi.
In questo paragrafo Gates dopo averci informato dell’impegno filantropico profuso dalla sua Fondazione nella produzione e diffusione dei vaccini su larga scala e dopo averci ricordato il suo profetico (o programmatico?) discorso del 2015, entra nel vivo del suo programma di governo attribuendo chiaramente alla sua Fondazione, non si capisce sulla base di quale legittimità politica, un ruolo di coordinamento tra governi, OMS e settore privato (presumibilmente non solo case farmaceutiche e industrie biotecnologiche ma anche colossi dell’hi-tech fornitori delle tecnologie per i tracciamenti).
Per la prima volta dall’inizio della sua trattazione, Gates dichiara senza mezzi termini che soltanto l’arrivo di un vaccino (come nel film hollywoodiano “Contagion”) consentirà il ritorno alla normalità: “ogni mese che ci vuole per avere il vaccino è un mese nel quale l’economia non può tornare alla normalità”. Ecco cosa, quindi chi, deciderà sulla sospensione dello stato di emergenza.
Di fatto attraverso CEPI e la già citata GAVI, viene lanciata una sorta di gara o di bando globale per la preparazione di un vaccino salvifico in grado di riavviare il sistema. Ingenti somme di denaro pubblico stanno già confluendo al settore privato attraverso questi due grandi contenitori a partecipazione mista, entrambi promossi e largamente finanziati dalla Fondazione Gates. Lo stesso governo italiano, che dovrà affrontare la crisi economica più devastante del dopoguerra, ha stanziato 140 milioni di euro per il vaccino, di cui 10 a CEPI, 10 all’OMS e 120 a Gavi in cinque anni.
L’innovazione per sconfiggere il nemico
Durante la seconda guerra mondiale, un’impressionante quantità di innovazione, incluso il radar, siluri affidabili e decifratori di codici, aiutarono a terminare prima la guerra. Sarà la stessa cosa con la pandemia. Io divido l’innovazione in cinque categorie: terapie, vaccini, test, tracciamento dei contatti e politiche per la riapertura. Senza avanzamenti in ognuna di queste aree, non potremo tornare agli affari come al solito o fermare il virus. Sotto analizzerò nel dettaglio ogni area.
Di nuovo Gates ritorna sulla metafora bellica e ribadisce l’importanza delle innovazioni tecnologiche nella risoluzione della guerra. Ci sembra interessante far notare che Gates, nel suo breve elenco di innovazioni che aiutarono a terminare prima, ovvero a vincere, la seconda guerra mondiale, ometta di citare la bomba atomica. La rimozione dello spettro nucleare, che sembra aver magicamente esaurito il suo potenziale terrorizzante con la caduta del muro di Berlino, (benché sia stato periodicamente agitato per iniziare qualche guerra), non ha certo contribuito a metterci in guardia dai pericoli di autodistruzione resi possibili dal prometeismo scientifico.
E la questione del limite alla scienza si dimostra in questi giorni, ancora una volta, una questione politica di improrogabile centralità.
Scrive Illich:
“Le conseguenze tecniche della medicina istituzionale, fondendosi con quelle non tecniche, generano una nuova specie di sofferenza: la sopravvivenza anestetizzata, impotente e solitaria in un mondo trasformato in una corsia d’ospedale. La nemesi medica è quella che prova l’individuo spogliato d’ogni capacità autonoma di affrontare la natura, i vicini e i sogni, e conservato tecnicamente dentro a sistemi ambientali, sociali e simbolici. (…) La percezione della nemesi porta a una scelta. O i confini naturali dello sforzo umano vengono considerati, riconosciuti e tradotti in limiti determinati politicamente, o come alternativa all’estinzione si accetta la sopravvivenza obbligata in un inferno pianificato e tecnicizzato (…) o la società si decide di sottoporre i vari beni che produce alle medesime rigorose limitazioni, tali da garantire eguale libertà a tutti i suoi membri, o dovrà accettare controlli gerarchici senza precedenti per fornire a ciascun cittadino quello che le burocrazie assistenziali diagnosticheranno essergli di bisogno.”
La medicina assurta a religione porta all’estremo il carattere imperialista della società industriale. Nuovo terreno di conquista, come ben individuato da Illich nel 1976, dell’imperialismo capitalista, attraverso la medicalizzazione, è il bisogno degli individui di delegare a degli esperti la sofferenza, la malattia e la morte. Il grande evento spettacolare Covid-19 ne è ulteriore dimostrazione, laddove la medicina, nella sua accezione farmaceutica, si erige a sovrana.
La medicina, con la casta sacerdotale dei medici e più in generale degli scienziati, non solo si sostituisce al capitalismo come religione ma si sovrappone ad esso diventandone la nuova incarnazione. Il capitalismo e la medicina tendono ora a coincidere in religione fornendo insieme ai pazienti consumatori, che coincidono ormai con tutta l’umanità, le risposte ai loro bisogni indotti di sicurezza sanitaria.
Per scongiurare “l’inferno pianificato e tecnicizzato” preconizzato da Illich, ora alle porte, è quanto mai urgente quella traduzione, auspicata da Illich, in limiti determinati politicamente dei “confini naturali dello sforzo umano”.
E tali limiti andrebbero attentamente considerati nella disamina delle innovazioni tecnologiche che Gates andrà ora a trattare.
Se c’è una cosa che il Novecento avrebbe dovuto insegnarci è che tutto ciò che la tecnologia rende possibile non dovrebbe necessariamente essere usato.
Terapie
Ogni settimana, si leggerà di nuove terapie che saranno sperimentate, ma molte di loro falliranno. Eppure sono ottimista che alcune di queste terapie ridurranno significativamente il carico della malattia. Alcune saranno più facili da distribuire nei paesi ricchi che in quelli poveri, e alcune necessiteranno di tempo per implementarsi. Una parte di queste potrebbero essere disponibili per l’estate o l’autunno.
Se nella primavera del 2021 le persone andranno a grandi eventi pubblici – come una partita sportiva o un concerto in uno stadio – sarà perché abbiamo un terapia miracolosa che renderà le persone fiduciose nell’uscire di nuovo. È difficile sapere precisamente qual è la soglia, ma credo che sia qualcosa come il 95%; questo significa che necessitiamo di una terapia efficace al 95% perché le persone si sentano di nuovo sicure in grandi raduni pubblici. Nonostante sia possibile che una combinazione di terapie abbia più del 95% di efficacia, non è però verosimile, quindi non ci possiamo contare. Se le migliori terapie riducono le morti di meno del 95%, allora avremo ancora bisogno di un vaccino prima di poter tornare alla normalità.
Una potenziale terapia, che non si può definire un farmaco, è quella di raccogliere il sangue dai pazienti che sono guariti dal COVID19, dopo essersi assicurati che sia libero da coronavirus o altre infezioni, e dare il plasma alle persone malate. Le principali aziende in quest’area stanno lavorando insieme per elaborare un protocollo standard per vedere se questo funziona. Dovranno misurare ogni paziente per vedere quanto sono forti i suoi anticorpi. Una variante di questo approccio è prendere il plasma e concentrarlo in un composto chiamato globulina iperimmune, che è più semplice e veloce da somministrare ad un paziente che il plasma non concentrato. La fondazione sta supportando un consorzio di molte delle principali aziende che lavorano in quest’area per accelerare la valutazione e, se la procedura funziona, essere pronti ad implementarla. Queste aziende hanno sviluppato un’alleanza per il plasma (https://www.covig-19plasmaalliance.org/en-us#recruitment) per aiutare i pazienti guariti dal COVID-19 a donare plasma per questo sforzo.
Un altro tipo di potenziale terapia consiste nell’identificare gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario umano che sono i più efficaci contro il nuovo coronavirus. Una volta che questi anticorpi sono stati trovati, essi possono essere costruiti e usati come terapia o come modo per prevenire la malattia (in questo caso è nota come immunizzazione passiva). L’approccio anticorpale ha delle buone probabilità di funzionare, sebbene sia poco chiaro quante dosi possano essere fatte. Dipende da quanto materiale anticorpale si necessiti per dose; nel 2021, le industrie potrebbero essere in grado di produrre da un minimo di materiale anticorpale utile per 100.000 terapie ad un massimo di molti milioni. I tempi per la fabbricazione sono di circa sette mesi nel migliore dei casi. I beneficiari dei nostri finanziamenti stanno lavorando per comparare i differenti anticorpi e fare in modo che solo i migliori possano essere prodotti, stante una ridotta capacità di fabbricazione.
C’è una categoria di farmaci chiamati antivirali, che impediscono al virus di funzionare o riprodursi.
L’industria farmaceutica ha creato dei meravigliosi antivirali per aiutare le persone con HIV, nonostante ci siano voluti decenni per implementare una vasta scelta di efficaci terapie a tre farmaci. Per il nuovo coronavirus, il candidato farmaco principale in questa categoria è il Remdesivir delle Gilead, che è in sperimentazione adesso. Fu creato per l’Ebola. Se dimostra di essere efficace, allora la fabbricazione dovrà essere implementata drasticamente.
La fondazione ha chiesto recentemente alle industrie farmaceutiche di avere accesso alle loro sperimentazioni di farmaci antivirali così che i ricercatori finanziati dal Therapeutics Accelerator (https://www.gatesfoundation.org/TheOptimist/Articles/coronavirus-mark-suzman-therapeutics) possano fare delle selezioni per vedere quali debbano iniziare per primi le sperimentazioni umane. Le industrie farmaceutiche hanno risposto molto velocemente, e quindi c’è una lunga lista di antivirali da selezionare.
Un’altra classe di farmaci funziona perché cambia il modo in cui il corpo umano reagisce al virus.
L’idrossiclorochina è in questo gruppo. La fondazione sta finanziando una sperimentazione che darà indicazioni se funziona sul COVID-19 per la fine di maggio. Sembra che i benefici saranno alla fine modesti, nel migliore dei casi.
Un altro tipo di farmaco che cambia il modo in cui un umano reagisce al virus è chiamato modulatore del sistema immunitario. Questi farmaci sarebbero d’aiuto per la malattia all’ultimo stadio di gravità. Tutte le aziende che lavorano in quest’area stanno facendo tutto quello che possono per aiutare la sperimentazione.
Gates in questo paragrafo, costellato di lodi alle industrie farmaceutiche, fa un elenco di alcune terapie di cui abbiamo sentito parlare in questi mesi, tra le quali quella che prevede l’uso del plasma delle persone guarite e che in Italia, benché sembri aver prodotto risultati incoraggianti, è stata nei media trattata timidamente, quando non ostracizzata.
Quello che sembra importare a Gates, in questa breve trattazione sulle terapie, è di affermare la tesi, senza portare alcuna dimostrazione, che sia altamente improbabile il “ritorno alla normalità”, identificato qui con “i grandi raduni pubblici”, attraverso il solo uso di terapie efficaci. Esse dovrebbero superare, non si capisce in base a quale evidenza scientifica, il 95% di efficacia per poter garantire il “ritorno alla normalità”. In mancanza del raggiungimento di questa soglia, ci assicura Gates in maniera sbrigativa, avremo ancora bisogno di un vaccino.
E qui entriamo in una delle questioni nodali dell’evento Covid-19.
Vaccini
I vaccini hanno salvato più vite che ogni altro strumento nella storia. Il vaiolo, che uccideva milioni di persone ogni anno, fu eliminato con un vaccino. I nuovi vaccini hanno giocato un ruolo chiave nel ridurre le morti infantili da 10 milioni all’ anno nel 2000 a meno di 5 milioni all’anno oggi.
Siccome non disponiamo di una cura miracolosa e non possiamo contare su di essa, l’unico modo di far tornare il mondo al punto in cui era prima che arrivasse il COVID-19, è un vaccino molto efficace che prevenga la malattia. Sfortunatamente, il tipico tempo di sviluppo per un vaccino contro una nuova malattia è più di 5 anni. Questo tempo si suddivide in: a) scegliere il vaccino candidato; b) testarlo sugli animali; c) un test di sicurezza su un piccolo numero di persone (conosciuta come fase 1); d) un test di efficacia e sicurezza su un numero medio di persone (fase 2); e) un test di efficacia e sicurezza su un grande numero di persone (fase 3); f) approvazione normativa finale e produzione mentre il vaccino viene registrato in tutti i paesi.
I ricercatori possono risparmiare tempo comprimendo le fasi cliniche di sicurezza/efficacia mentre conducono in parallelo test sugli animali e contestualmente pianificano la capacità di produzione. Anche così nessuno saprà in anticipo quale approccio vaccinale funzionerà, quindi ne devono essere finanziati un bel numero così possono avanzare insieme ad alta velocità. Molti approcci vaccinali falliranno perché non genereranno una forte risposta immunitaria che fornisca protezione. Gli scienziati avranno delle risposte in questo senso entro tre mesi di sperimentazione di un dato vaccino sugli umani, guardando alla generazione di anticorpi. Di particolare rilevanza è capire se il vaccino proteggerà le persone più anziane, i cui sistemi immunitari non rispondono solitamente molto bene ai vaccini.
La questione della sicurezza è ovviamente molto importante. Gli enti di controllo sono molto severi sulla sicurezza, per evitare effetti collaterali e anche per proteggere largamente la reputazione dei vaccini, in quanto se uno di loro dà origine a problemi significativi, le persone diventeranno più riluttanti a prendere qualsiasi vaccino. I controllori in tutto il mondo dovranno lavorare insieme per decidere quanto grande deve essere il database di sicurezza per approvare un vaccino per il COVID- 19.
Un passo intrapreso dopo che la fondazione e altri nel 2015 chiesero investimenti per essere pronti ad affrontare una pandemia, fu la creazione della Coalition for Epidemic Preparedness Innovation (CEPI). Sebbene le risorse fossero abbastanza modeste, esse hanno aiutato a far avanzare nuovi approcci alla produzione di vaccini che possono essere usati per questa pandemia. CEPI ha aggiunto delle risorse per lavorare su di un approccio chiamato “vaccini RNA”, che la nostra fondazione ha supportato.
Tre aziende stanno approfondendo questo approccio. Il primo vaccino a iniziare una sperimentazione umana è un vaccino RNA di Moderna, che ha cominciato la fase uno di valutazione di sicurezza clinica a marzo.
Un vaccino RNA è significativamente diverso da un vaccino convenzionale. Una dose di anti-influenzale, per esempio, contiene tracce di virus influenzale che il sistema immunitario impara ad attaccare. Questo è quello che fornisce l’immunità. Con un vaccino RNA, piuttosto che iniettare frammenti del virus, si dà al corpo il codice genetico necessario per produrre diverse copie di questi frammenti.
Quando il sistema immunitario vede i frammenti virali, impara come attaccarli. Un vaccino RNA essenzialmente trasforma il corpo nella sua propria unità di produzione del vaccino.
Ci sono anche almeno 5 ipotesi principali che sembrano promettenti e che usano altri approcci che insegnano al sistema immunitario a riconoscere e attaccare un’infezione virale. CEPI e la nostra fondazione seguiranno gli sforzi di tutto il mondo per far sì che quelli più promettenti abbiano le risorse. Una volta che il vaccino sarà pronto, il nostro partner GAVI farà sì che sia disponibile anche nei paesi a basso reddito.
Una grande scommessa per le sperimentazioni dei vaccini è che il tempo richiesto per i trials dipende dal trovare luoghi di sperimentazione dove la percentuale di contagio è piuttosto alta. Mentre si sta preparando il sito per il trial e si sta ottenendo l’approvazione dei controllori, la percentuale di contagio in quel luogo può scendere. E le sperimentazioni devono coinvolgere un numero sorprendentemente alto di persone. Per esempio, supponiamo che il tasso atteso di contagio sia dell’1% all’anno e che si voglia avviare un trial nel quale ci si aspetta che 50 persone siano contagiate senza vaccino. Per avere un risultato efficace in 6 mesi, il trial necessiterebbe l’inclusione di 10.000 persone.
Lo scopo è quello di prendere uno o due dei migliori costrutti vaccinali e vaccinare il mondo intero – e cioè produrre 7 miliardi di dosi se è un vaccino a dose singola, e 14 miliardi se è un vaccino a due dosi. Il mondo avrà fretta di averlo, quindi le dimensioni e la portata della fabbricazione saranno senza precedenti e dovranno presumibilmente coinvolgere più aziende.
Mi chiedono spesso quando inizierà la vaccinazione su larga scala. Come sostengono i funzionari americani di alto grado della salute pubblica, penso che ci vorranno circa 18 mesi, anche se potrebbero essere 9 mesi o quasi due anni. Determinante sarà la lunghezza della sperimentazione della fase 3, quando si determina la piena sicurezza ed efficacia.
Quando il vaccino sarà prodotto, sorgerà la questione di chi dovrebbe essere vaccinato prima. Idealmente dovrebbe esserci un accordo globale su chi dovrebbe avere per primo il vaccino, ma dati i numerosi interessi in competizione, questo accordo probabilmente non ci sarà. I governi finanziatori, i paesi dove vengono condotte le sperimentazioni e i paesi dove la pandemia ha colpito più duramente: tutti questi soggetti porteranno avanti l’idea che loro dovrebbero avere la priorità.
Qui Gates prende le mosse da quello che viene presentato come un dogma di fede indiscutibile: il ruolo salvifico e miracoloso dei vaccini nella storia della medicina.
In realtà la letteratura sull’argomento, molto vasta, presenta tesi anche molto discordanti e vi sono numerosi studi che dimostrano come l’incidenza delle vaccinazioni nella diminuzione delle epidemie causate dalle malattie infettive non sia così preminente come spesso viene propagandata. Molte ricerche indicano come determinante, nella regressione della morbilità e della mortalità per malattie infettive, l’introduzione dell’uso di acqua pulita e delle fogne.
“In particolare i dati statistici indicano che:
la regressione delle epidemie si è verificata con curve simili sia nei Paesi e/o nei gruppi non vaccinati che nei Paesi e/o nei gruppi vaccinati a parità di condizioni igieniche;
l’efficacia delle vaccinazioni non è stata tale da impedire il verificarsi di epidemie, nonostante l’ampia copertura vaccinale della popolazione;
la riduzione della morbilità e mortalità per le malattie per cui sono stati creati i vaccini sono iniziati ben prima della immunizzazione stessa.”
Gates ribadisce poi, per l’ennesima volta, che non esiste cura miracolosa al Covid-19 e che l’unica innovazione che potrà farci tornare alla “normalità” sarà il vaccino. Sottintendendo due falsità: che possano esistere cure miracolose in generale (di nuovo la medicina come religione) e che la cura miracolosa per il Sars-CoV-2, un virus potenzialmente mutevole, sia, senza dimostrazione alcuna, un vaccino.
Lo stesso Gates ammette che abitualmente occorrono cinque anni di ricerche e di sperimentazioni per lo sviluppo di un vaccino per una nuova malattia. Più avanti profetizza che per il Sars-CoV-2, (visto forse la gara globale che è stata bandita per la sua produzione, e magari qualche scorciatoia nella procedure di sicurezza), occorreranno tra i 9 e i 24 mesi. Ma se il Sars-CoV-2 può subire mutazioni è legittimo chiedersi da cosa immunizzerebbe il vaccino prodotto.
Una risposta a questa domanda potrebbe essere nelle parole di Gates sui vaccini a RNA che, a differenza dei vaccini classici (i quali inoculano, insieme ad adiuvanti di non sempre provata innocuità quando non di comprovata dannosità, lo stesso virus attenuato vivo o inattivato) sono vaccini biotecnologici in corso di sperimentazione che agiscono attraverso la genetica.
“Con un vaccino RNA, piuttosto che iniettare frammenti del virus, si dà al corpo il codice genetico necessario per produrre diverse copie di questi frammenti. Quando il sistema immunitario vede i frammenti virali, impara come attaccarli. Un vaccino RNA essenzialmente trasforma il tuo corpo nella sua propria unità di produzione del vaccino.”
Trasformare il nostro corpo, peraltro già dotato di un naturale sistema immunitario, in una “unità di produzione del vaccino”, ci sembra un passo oltre uno di quei limiti da determinare politicamente di cui parla Illich. Attraverso quali biotecnologie avverrebbe questa trasformazione? In che modo esse potrebbero interagire con il Dna individuale? E soprattutto non si ribadisce in questo modo, ancora più che con i vaccini classici, l’inadeguatezza dell’essere umano di fronte alla malattia e dunque la totale, e ancor più grave poiché strutturalmente preventiva, espropriazione della capacità naturale di un corpo di reagire alla sua, personale, malattia?
Ci pare interessante far notare come in un passaggio della sua trattazione Gates ammetta come i sistemi immunitari delle persone più anziane non rispondano solitamente molto bene ai vaccini.
Le campagne vaccinali per l’influenza rivolte alle persone più anziane sono state negli ultimi anni sempre più pressanti.
Cosa intende Gates quando scrive che le persone più anziane non rispondono solitamente molto bene ai vaccini? Sta parlando di inefficacia o di qualche forma di iatrogenesi clinica, ovvero di danni ed effetti inattesi provocati dal vaccino stesso?
Immediatamente dopo Gates scrive: “La questione della sicurezza è ovviamente molto importante.”
Qui si entrerebbe in un campo sterminato. Ci sembra rilevante riportare il comma 1 dell’articolo 1 delle legge italiana 210/92:
“Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge.”
Leggi simili esistono in molti altri paesi a riprova del fatto che il danno da vaccino non è una “fake news”.
Per aggiungere un elemento utile alla comprensione di ciò che sta accadendo nel nostro paese ci pare interessante far rilevare come nel settembre del 2014 l’Italia sia stata nominata a Washington, dal “Global Health Security Agenda”, paese capofila nel mondo per le strategie e le campagne vaccinali.Tre anni dopo questa nomina, viene approvata in Parlamento, provocando un rumoroso dibattito pubblico, la legge 119/2017 che istituisce l’obbligo di dieci vaccinazioni nella fascia d’età 0-16.
Nel settembre del 2019 si tiene a Bruxelles una conferenza dal titolo “Global Vaccination Summit” che ha tra i suoi propositi quello di realizzare “dieci azioni verso la vaccinazione per tutti”.
Tutto il dibattito sulle vaccinazioni in Italia è stato, e continua, ad essere falsato da una mistificante impostazione della questione, avvallata soprattuto dai media, che attraverso un’etichetta (No Vax) ha voluto appiattire il dibattito alla misera semplificazione di essere contro o a favore dei vaccini, mentre la questione era ed è di ben altra portata ed ha a che fare con la libertà dell’individuo di potersi sottrarre a un trattamento sanitario obbligatorio imposto in nome di un presunto, tutto da dimostrare, bene collettivo.
Ancora una volta le parole di Illich risultano illuminanti:
“ L’individuo è subordinato alle superiori <> del tutto, le misure preventive diventano obbligatorie, e il diritto del paziente a negare il consenso alla propria cura si vanifica allorché il medico sostiene ch’egli deve sottoporsi alla diagnosi non potendo la società permettersi il peso d’interventi curativi che sarebbero ancora più costosi.”
Si tratta dello stravolgimento, da lui descritto, dei diritti civili in doveri civici.
L’articolo 2 della Convenzione di Oviedo, il primo trattato internazionale sulla bioetica del 1997, sembra aver accolto le preoccupazioni di Illich:
“Primato dell’essere umano. L’interesse e il bene dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della scienza.”
Su questo dovrebbe vertere oggi il dibattito pubblico in tema di vaccinazioni e una politica, libera finalmente da ogni subalternità rispetto a una scienza attraversata da molti conflitti di interesse, dovrebbe agire in difesa di questo primato.
Oltre alla libertà di cura e all’inviolabilità del corpo, in gioco vi è anche una pericolosa idea di umanità fondata sull’immunità, un’umanità che, ben lungi dal mettere in comune un prendersi cura reciproco, si sente solipsisticamente immune, ovvero, etimologicamente, esente da obblighi e doveri, dal momento che vi ha assolto attraverso i dispositivi imposti dal governo medico-tecnologico.
Ma gli interessi in gioco forse sono troppo grandi. La scala di produzione, ci dice Gates, sarà senza precedenti, “lo scopo è quello di prendere uno o due dei migliori costrutti vaccinali e vaccinare il mondo intero – e cioè 7 miliardi di dosi se è un vaccino a dose singola, e 14 miliardi se è un vaccino a due dosi.”
Ci sarà, vaticina Gates, una disputa internazionale su quali paesi potranno ricevere per primi il prodotto miracoloso, e tra questi, ci informa Gates, accamperanno certamente i loro diritti i paesi finanziatori…
E di nuovo risuonano profetiche le parole di Illich:
“Prima la medicina moderna controllava un mercato di dimensioni limitate; oggi il suo mercato non ha più confini. Si è arrivati al punto che persone non malate si assoggettano a un’assistenza professionale nell’interesse della loro salute futura. Risultato: una società morbosa che chiede una medicalizzazione universale, e un’istituzione medica che attesta una universale morbosità”.
I vaccini sono evidentemente l’emblema di questa tendenza della medicina moderna alla medicalizzazione totale. Si sta parlando, senza mezzi termini, di vaccinare l’intera umanità.
Il mercato farmaceutico, diffondendo la distorta convinzione che si faccia prevenzione molto più con i farmaci che con una forma di vita sana e prossima alla natura, programma ora di estendere la domanda dei suoi prodotti, propagandandone il bisogno, alla fetta di mercato più grande della storia del capitalismo: sette miliardi di persone.
È certo più proficuo, invece che concentrarsi sullo sviluppo di farmaci che possano aiutare le sole persone malate a guarire, investire nello sviluppo di un farmaco che consideri tutte le persone sane dei malati in potenza. Come nelle distopie in cui il crimine viene, attraverso una tecnologia avanzata, impedito ancor prima che accada e i criminali assicurati alla giustizia prima che commettano reato, ora si programma di prevenire una malattia considerando malata l’intera umanità.
I test
Tutti i test per il nuovo coronavirus prevedono un tampone nasale che viene poi elaborato in una macchina per la reazione a catena della polimerasi (PCR). La nostra fondazione ha investito nella ricerca e ha dimostrato che il paziente che si esegue il tampone da solo, nel fondo del naso, è affidabile come il dottore che fa il tampone fin dentro la gola. I nostri ricercatori stanno anche lavorando per progettare tamponi economici e capaci di essere prodotti in larga scala ma che funzionano bene come gli altri. Questo approccio dell’auto-tampone è più veloce, protegge gli operatori sanitari dai rischi dell’esposizione, e dovrebbe consentire agli enti di controllo di approvare la sua esecuzione in virtualmente qualsiasi luogo invece che solamente al centro medico. Il test PCR è molto sensibile – ed è in grado di mostrare se si ha il virus anche prima che si abbiano sintomi e si possano infettare altre persone.
C’è stata molta attenzione sul numero di test fatti in ogni paese. Alcuni, come la Corea del Sud, hanno fatto un grande lavoro intensificando la capacità di fare i test. Ma il numero dei test da solo non mostra se essi siano usati efficacemente. Si deve anche assicurarsi di dare priorità ai test sulle persone giuste. Per esempio, gli operatori sanitari dovrebbero essere in grado di avere indicazione immediata sul fatto di essere contagiati o meno, così da sapere se possono continuare a lavorare. Le persone senza sintomi non dovrebbero essere testate fino a quando non abbiamo abbastanza test per tutti coloro che hanno sintomi.
Inoltre, i risultati del test dovrebbero arrivare in meno di 24 ore così da sapere velocemente se si deve continuare ad isolarsi e a mettere in quarantena le persone conviventi. Negli Stati Uniti, ci volevano sette giorni in alcuni luoghi per avere i risultati, il che riduce il loro valore in maniera netta. Questo tipo di ritardo è inaccettabile.
Ci sono due tipi di macchine PCR: quelle ad alto volume di lavorazione e quelle a basso volume di processazione. Entrambe hanno un ruolo da giocare. Le macchine ad alto volume hanno una grande capacità. Quelle a basso volume sono migliori quando è importante avere un risultato in meno di un’ora. Tutti coloro che fabbricano queste macchine, e alcune nuove, stanno costruendo quanti più esemplari possibili. Aggiungere questa capacità e fare un uso completo di tutte le macchine già disponibili incrementerà la capacità di testare. La fondazione sta parlando con i fabbricanti sui modi differenti per far funzionare le macchine grandi in modo che possano farle rendere più del doppio.
Un altro tipo di test che si sta sviluppando è chiamato test diagnostico rapido (RDT). Questo sarebbe come un auto-test di gravidanza. Ci si potrebbe fare un tampone al naso come il test PCR ma invece di mandarlo in laboratorio a sviluppare, lo si potrebbe mettere in un liquido e poi versare quel liquido su una striscia di carta che cambierebbe colore se rileva il virus.
Questo tipo di test potrebbe essere disponibile in pochi mesi. Anche se potrebbe non essere sensibile come un test PCR, per chi presenta i sintomi dovrebbe essere abbastanza preciso. Si dovrebbe comunque comunicare il risultato del test al proprio governo dal momento che il risultato deve essere inserito nei trend della malattia.
Molte persone parlano del test sierologico, con il quale, attraverso il sangue, il test rileva se si hanno anticorpi contro il virus. Se li si ha, significa che si è stati esposti. Questi test danno risultati positivi solo tardi nella malattia, quindi non aiutano a decidere se mettersi in quarantena. E in più questi test hanno problemi con i falsi positivi. Fino a quando non capiremo quale livello di anticorpi sia protettivo e fino a quando non avremo dei test sicuri senza falsi positivi, è un errore dire alle persone di non preoccuparsi della loro esposizione al contagio, basandosi sui test sierologici che sono disponibili oggi. Nel frattempo i test sierologici potranno essere usati per capire chi può donare sangue e per comprendere le dinamiche della malattia.
Molti paesi hanno fatto un buon lavoro focalizzando la capacità PCR sui pazienti prioritari. La maggior parte dei paesi giocano un ruolo centrale in questo processo. Negli Stati Uniti non c’è un sistema per essere sicuri che questi test siano distribuiti razionalmente. Alcuni stati sono intervenuti nella regolazione ma anche negli stati migliori, l’accesso non è interamente controllato.
Fare i test diventa estremamente importante quando un paese prende in considerazione la riapertura. È necessario avere molti test così che si possano vedere i focolai ed essere pronti ad intervenire cambiando politiche prima che il numero aumenti. Non è possibile aspettare fino a quando si riempiono gli ospedali e sale il numero delle morti.
In pratica ci sono due casi critici: tutti coloro che presentano sintomi e tutti coloro che sono stati in contatto con qualcuno trovato positivo. Idealmente entrambi i gruppi dovrebbero ricevere un test che possono fare a casa senza andare in un centro medico. I test sarebbero ancora disponibili nei centri medici ma la cosa più semplice sarebbe averne la maggioranza fatti a casa. Per fare questo lavoro, un governo dovrebbe avere un sito web dove si può andare, si inseriscono i propri dettagli, inclusi i sintomi. Si dovrebbe quindi essere inseriti un una scala di priorità e a tutti i fornitori di test dovrebbe essere richiesto di fornire risultati veloci ai massimi livelli di priorità. A seconda di quanto accuratamente i sintomi predicono i contagi, da quante persone risultano positive e quanti contatti ha tipicamente una persona, si può capire quanta capacità di testare ci serve per gestire questi casi critici. Per adesso, la maggior parte dei paesi userà tutta la sua capacità di effettuare test per questi casi.
Ci sarà la tentazione per le aziende di comprare macchine per fare i test ai loro impiegati o clienti. Un hotel o un tour operator delle crociere vorrebbero essere in grado di fare test ad ognuno anche se non hanno sintomi. Vorranno procurarsi macchine PCR che diano risultati veloci o test diagnostici veloci. Queste aziende saranno in grado di offrire prezzi molto alti – molto più di quello che può offrire un sistema di sanità pubblica – quindi i governi dovranno determinare se c’è abbastanza disponibilità per consentire ciò.
Una questione importante è che le persone che devono essere testate si isolino e mettano in quarantena le persone della loro famiglia. Alcuni governi controllano attentamente attraverso la polizia che questo avvenga, mentre altri semplicemente presumono che le persone seguiranno la raccomandazione. Un’altra questione è che un governo provveda a trovare un posto dove isolarsi, per coloro che non lo possono fare a casa. Questo è particolarmente importante se hai persone anziane a stretto contatto nella tua casa.
In questo paragrafo Gates si sofferma sui vari dispositivi diagnostici, sottolinenando come essi sarebbero di fondamentale importanza soprattutto nel momento in cui un paese prende in considerazione la riapertura. A questo proposito Gates non manca di criticare la gestione statunitense del testing, polemizzando nemmeno troppo velatamente con l’amministrazione in carica. Mentre la Corea del Sud, dice Gates, sta facendo un grande lavoro, negli Stati Uniti ci sono, per i risultati dei test, ritardi inaccettabili.
Il monitoraggio costante, diffuso e aggiornato quotidianamente sui media, del contagio, attraverso il suo conteggio, è servito, e serve, a mantenere alta la percezione dell’emergenza. Questa funzione acquista ancora più importanza nelle fasi di distensione, o fase cronica, dell’evento Covid-19, in cui viene meno l’immediata convinzione, provocata dal confinamento, di vivere una situazione effettivamente straordinaria.
La società stessa deve diventare, per potere tenere alto il livello di allarme, una grande clinica diagnostica dove chiunque, attraverso l’utilizzo diffuso e arbitrario di tamponi e termoscanner, deve poter essere in grado di diagnosticare la malattia e di segnalarlo alle autorità, che, in alcuni casi, potranno separare le persone “positive” dalle proprie famiglie e isolarle in strutture apposite. Il solo considerare possibile questa separazione coatta, suggerita da alti funzionari dell’OMS e auspicata anche da alcuni amministratori italiani, si configura come un attentato contro l’umanità che Basaglia avrebbe probabilmente annoverato tra i suoi “crimini di pace”.
Il dispositivo del testing generalizzato eletto a forma biopolitica di governo dei corpi sembra essere il figlio ipertrofico della diagnosi come epidemia già denunciata da Illich:
“ La diagnosi, sempre aggrava lo stress, stabilisce un’incapacità, impone inattività, concentra i pensieri del soggetto sulla non-guarigione, sull’incertezza e sulla sua dipendenza da futuri ritrovati medici: tutte cose che equivalgono a una perdita di autonomia nella determinazione di sé. Inoltre, isola la persona in un ruolo speciale, la separa dai normali e dai sani ed esige sottomissione all’autorità di un personale specializzato. Quando tutta una società si organizza in funzione di una caccia preventiva alle malattie, la diagnosi assume allora i caratteri di un ‘epidemia. Questo strumento tronfio della cultura terapeutica tramuta l’indipendenza della normale persona sana in una forma intollerabile di devianza.”
Così come la polizia “dà la caccia ai criminali” il test deve dare la caccia ai contagiati che, un amministratore italiano ci promette, saranno scovati casa per casa e isolati.
La più grave epidemia in corso sembra a questo punto essere non tanto quella di Sars-CoV-2, che alcuni importanti istituti di ricerca sostengono abbia quasi esaurito la sua diffusione, quanto quella della sua diagnosi, la quale genera disturbi iatrogeni di varia natura e tutti correlati all’interno del corpo sociale: disturbi mentali, fisici, sociali e culturali.