lunedì 31 gennaio 2022

TODO MODO MATTARELLUM (EPIDEMIA E CONTRAPPASSO)


Ho scritto diversi articoli su TODO MODO, ho parlato dei suoi simboli, delle sue metafore, ho perfino comparato in tempi non sospetti l'attuale situazione con quella descritta da Petri/Sciascia, ma continuo ad emozionarmi come fosse la prima volta quando riguardo la scena iniziale e poi quella finale, dell'inferno così ben rappresentato in questo grande capolavoro della cinematografia mondiale. Un autore troppo spesso dimenticato, non a caso, che meriterebbe di essere conosciuto da tutti. L'incipit del racconto, in realtà, è uno schema ben noto a certi ambienti, questa è la motivazione principale per cui si ripete nel tempo in maniera così precisa. 

L'epidemia nell'inconscio collettivo rappresenta la paura atavica a cui segue un bisogno di essere protetti. L'epidemia ha diversi connotati religiosi, vedi peste Manzoniana, e funziona sia a livello letterario che reale. 
L'epidemia si porta dietro connotati di natura apocalittica e quindi di morte e rinascita, di purificazione, in tempi moderni di reset e quindi di aggiornamento dell'agenda del potere in termini sempre più centralizzati. 
La paura atavica ed invisibile dell'ignoto e di un male oscuro, certificato dall'autorità, scatena la peste mistica nell'uomo comune, mentre nell'ade del potere corrisponde sempre ad una trasformazione della realtà e della percezione della realtà. 
Nel film tutti i protagonisti cadono l'uno dopo l'altro in un personale contrappasso presieduto e organizzato da menti invisibili, attraverso i suoi agenti, fino all'implosione finale nell'eremo Zafer, che in turco significa vittoria, gloria. Implosione a cui seguirà l'edificazione del tempio del nuovo mondo, sulle ceneri di quello abbattuto.
 
In sottofondo, nel mondo reale, la malattia che dilaga con le sue sirene e i megafoni che ci ricordano la necessità di vaccinarci, i memento mori che alimentano la paura, dall'altra parte il bunker sotterraneo Zafer, raggiungibile con un ascensore verso l'inferno e la voce del responsabile dei servizi che accompagna il nostro Volonté fino alla fine. "Come fino alla fine?" chiede intimidito il nostro martire/carnefice, risposta "...FINO ALLA FINE". 
Quello che volevo sottolineare è che rivendendolo nuovamente, oggi, l'interpretazione di Volonté mi ricorda la maschera di Mattarella, oltre al già citato Moro. 
Habemus Papam reloaded, in aiuto del Drago e quindi niente ferie siciliane, forse in altra vita. Per ora bisogna adempiere ai doveri istituzionali, in realtà una commedia anche questa, un film scritto e già programmato.
In questo senso l'opera di Elio Petri diventa eterna ed adattabile ad ogni epoca, perché in Italia ci sarà sempre un servo democristiano, sapientemente camuffato, ad incarnare ruoli di potere. 
Ieri Moro, sacrificato dalla sovragestione, perché ritenuto un simbolo scomodo alla trasformazione della società dell'epoca, oggi Mattarella, sacrificato all'altare della patria e "costretto" a rimanere a fare il custode dello status quo.
Voi direte che il primo però è stato eliminato ufficialmente dalle BR, vero, ma al secondo fu ucciso il fratello due anni dopo Moro, nel 1980, ufficialmente da Cosa Nostra.
Entrambi in modi diversi e per ragioni diverse hanno pagato pegno alla Patria anzi, alla patria degli altri. Muore l'oracolo e rinasce più forte ed organizzato di prima, ma con la stessa costante democristiana, una sorta di schema buono per ogni stagione italica.



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