giovedì 10 febbraio 2022
PERCHÉ SAN REMO È SAN ROMA
Intanto, volevo informarvi che, se non siete ancora vaccinati, potete tranquillamente partecipare al prossimo Festival di San Remo, quella è una terra di mezzo e non chiedono il Pass. Cosa rimane della passata gara canora più famosa d'Italia? Poco o nulla, sicuramente tanta propaganda, tanta melassa, i soliti buoni sentimenti declinati in salsa fluida, ammiccamenti sessuali finto trasgressivi, tanti, troppi tatuaggi inutili, malvestitismo ed ascolti da record. Etero costretti dalle produzioni a scimmiottare gay, gay che scimmiottano maci, poche o niente lesbiche, tutto rigorosamente declinato al maschile, travestiti tristissimi da anni 30 che manco ne "Il Vizietto" di Tognazzi, battesimi pagani che invogliano a diventare cattolici anche i più ferventi atei, ma con tanto di coro gospel che certifica la confusione in atto, zeppe come se piovessero dal cielo dell'Ariston, canzoni che non rimangono in testa manco a martellate e pubblico adorante che balla in maschera, nel senso proprio della mascherina. Note positive, sicuramente un'ottima scenografia, un'eccezionale conduzione orchestrale, arrangiamenti moderni, quasi perfetti, nonostante i brani proposti e la penuria di voci.
Un festival molto formale, troppo, sicuramente molto borghese. Una kermesse che vuole imporci solo la liturgia dell'apparenza e su questo ha spinto sull'acceleratore. Bisognava dare un contentino agli italiani di seconda generazione, al mondo gender, agli ultimi che poi saranno i primi, il tutto con una sempreverde icona gerontocratica, Gianni Morandi l'immortale. Quello che traspare è il giovanilismo forzato come fede e come miraggio, la forma fisica o la finta femminilizzazione, sempre in salsa macista. Un Festival molto maschile, e non importa mettersi una gonna o un tutù per lottare per i diritti civili, dove le donne hanno avuto ancora una volta un ruolo ancillare, appena coreografico e, quando diventano protagoniste, sono sempre uomini travestiti.
Un Festival da anni 50, solo adattato ai tempi moderni, ma con quello spirito conservatore proprio nell'esagerare il bisogno di mostrare una presunta diversità, giustificandone la strumentalizzazione, che diventa bandiera, anzi, bandierina da calcio d'angolo senza goal, e quindi ancora una volta divisione. Tanto domani è un altro giorno, si spengono le luci e tutti tornano a lavorare, almeno chi ha il GP. Un festival dove si celebrano le nudità da operetta e ci scandalizza di quanto Grignani sia ingrassato. La forma fisica prima di tutto, l'efficienza, l'esteriorità. Sembra di essere nel ventennio, ma un ventennio dove le maschere sono cadute e ci si mescola annoiati durante l'orgia di Stato. Mancava solo Papa Bergoglio in calza maglia e sarebbe stato perfetto, peccato sia andato da Fazio. Poi i soliti comici penosi, Zalone e Fiorello ad alzare l'età media, che vomitano gag stupidine, miserevoli e noiose. Intorno una masnada di sbarbi usciti da una festa in maschera, felici di rappresentare la generazione del progresso. Loro c'erano!
Il messaggio che viene proposto di "saturazione sessuale", e quindi di una sorta di conseguente censura, è chiaro. Vince la sublimazione, vedere ma non toccare, ci si esaurisce nell'idea di libertà sessuale, castrandola e ridicolizzando le cosiddette diversità, ufficializzandole secondo i canoni estetici classici, patriarcali, di come vede e percepisce il cittadino comune benpensante la modernità e le sue curiose avanguardie. Perché non si può essere legittimamente e normalmente omosessuali senza avere parrucconi e fondo tinta? Si attinge dal loro immaginario, però in chiave fumettistica, senza una reale provocazione, ma scimmiottandone i ruoli. Nessuna rivoluzione, semmai una rivoluzione senza palle in tutti i sensi. Tutto è percepito possibile, però filtrato dai media, della serie "Io sono io, voi non siete un cazzo...", sesso quasi esorcizzato, eros a zero, voglia di bromuro, altro che grafene, altro che diritti civili, sembra la parodia di Salo' di Pasolini, realizzata in tempi neoliberisti, dove tutto è tragicamente ridicolo, anche il piagnisteo della ragazza italiana di colore alla quale hanno detto di lamentarsi di essere ancora percepita come nera. Al posto che esserne fiera, di vantarsi della sua negritude oggi purtroppo perduta, ci tiene a farci sapere quanto si senta "italiana e bianca" come noi, sai che bello!
Orgoglio e pregiudizio piccolo, piccolo borghese.
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La musica è morta...viva i riverside.w gli hypocrisi e in fine viva Vivaldi.
RispondiEliminaE peró carissimo Mdd tu lo vedi
RispondiEliminaNon l'ho seguito, ho visto solo qualche stralcio dopo in rete.
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