mercoledì 31 gennaio 2024

METAVERSO WOKE (FLUIDO E METABOLIZZATO)



Il concetto di mondo fluido è stato fatto accettare ai consumatori di ogni latitudine per salvare il neoliberismo, oramai a fine corsa e sputtanato su tutti i fronti. Per resuscitare il cadavere, ancora tanto utile al padronato, il concetto di fluidità, nell'accezione moderna del termine, è stato abbinato ai tanto paventati e mai realizzati diritti civili, alle fantomatiche lobby LGBTQ+, alla libertà sessuale delle nuove generazioni. 
Ad una iattura di un modello economico reazionario, è stata associata una speranza di progresso dei costumi.
Concettualmente, in economia un sistema fluido equivale a precarietà, abolizione di qualsiasi livello di coscienza di classe, spersonalizzazione dell'individuo, salari al ribasso e sfruttamento dei lavoratori. Se il sistema politico capitalista riesce nel miracolo di far accettare questo modello ai suoi cittadini, presentandolo come ineluttabile conseguenza dei tempi moderni, imprescindibili ed inarrestabili, in qualche modo collegato con tutta la sfera dei diritti civili, denominati da quel momento FLUIDI, ecco che l'incantesimo è servito.
Fluido diventa improvvisamente la parola magica con un grande potenziale, illudendoci di essere quel che vogliamo senza essere nulla, fino all'atomizzazione finale ed al nichilismo senza fine. 
Ecco che, fluido diventa terminologia trendy e funzionale al marketing liberista e chi non si sente compreso da questa nuova ondata di modernità, viene relegato al passatismo e salutato come conservatore.
Quindi l'essere fluido è vincente in questa società, sinonimo di libertà, quando dovrebbe essere parificato a lavoratore precario, persona che frequenta tutti e nessuno, quindi sola, a personalità neutro, a numero indistinto.
Gli unici a non essere fluidi in questo incantesimo di società sono proprio i decisori, i nuovi demiurghi. I loro conti correnti sono fin troppo solidi, il loro potere è sempre più solido!

Come non bastasse, questo scisma ontologico di nuovo millennio, fa parte della dottrina di trasmutazione dell'umanesimo che ci prende per mano accompagnandoci nel futuro transumanesimo. 
Interessante notare come woke significhi letteralmente "sveglio". Un aggettivo inglese con il quale ci si riferisce allo "stare all'erta", nei confronti delle ingiustizie sociali o razziali che, poco alla volta è diventato un contenitore linguistico che tutto frulla e rigetta, tanto da assomigliare terribilmente proprio al tegame cinese Wok, una sorta di moderno Atanor che ingloba tutto ed il suo contrario. Dove, appunto, tutto rimane indistinto e neutro, dove l'individualità è bandita per favorire l'individualismo dei pochi, in una sorta di malintesa concezione di comunità, dove si elabora la negazione della rivolta, dove la rivoluzione è virtuale e sempre annunciata, meglio se proiettata nel metaverso, dove ci si esaurisce nell'idea senza mai realizzare l'azione, un po' come quando si perde tempo per la scelta di una serie su netflix, fino all'inesorabile sorgere del sonno. Nel nostro caso il sonno riguarda più la ragione che l'aspetto strettamente biologico.
Un metaverso Woke o ancor peggio Wok! Come ammansire un popolo, esorcizzando qualsiasi risveglio di classe, di coscienza, spirituale, andando a creare un sistema post-ideologico e para-religioso con i suoi codici poco fluidi.


Al netto di tutto ciò, la cosa più interessante è che questo metaverso woke, tra diritti civili paventati e mai realizzati, ambientalismo d'accatto e antifascismo da operetta, sia finanziato, manovrato ed utilizzato da ambienti ALTI e neoaristocratici. Proprio l'opposto di quello che dovrebbe essere, perché ancora una volta e per l'ennesima volta, tutto è rovesciato.
Think Tank che nulla hanno di sinistra, se non la facciata strumentale, che da sempre, in special modo oggi, sfruttano determinati mondi ed avanguardie per destrutturare il vecchio mondo ed aggiornarlo al nuovo che verrà, ovvero, compiere l'atomizzazione finale dei rapporti umani, implementando il transumanesimo passo dopo passo. 
Per questo motivo cavalcano ed utilizzano i cavalli di troia liberal, per farsi accettare ed al contempo creare una società più autoritaria, più capillare nel controllo avanzato e da remoto, il tutto in una nuova versione edulcorata ed accettata del vivere. 
Un po' come nel finale di Salo' di Pasolini, dove alle torture ed ai sacrifici dell'ancien regime perseguiti per tutto il film, a danno di giovani rapiti e brutalizzati, ne consegue una società nuova ed indistinta sessualmente, una società REALIZZATA ed ammansita da una pax conformista e quasi plasmata, ben rappresentata dall'ultima scena del ballo tra i due kapo', dove uno dei due ragazzi confessa all'altro di chiamarsi Margherita, tra le note di una musica laida e di fine impero, che annuncia tristemente il mondo che verrà.



sabato 20 gennaio 2024

EYES WIDE SHUT - (CONTRO CRITICA AD ALBERTO ARBASINO)



EYES WIDE SHUT (analisi e significato):
In EWS non c'è nulla di surreale, è un film drammaticamente realista e simbolico, per quanto possa apparire onirico.
Forse è la realtà stessa a essere surreale?
L'eterna metafora che Kubrick mette in campo in tutti i suoi film è quella del dominio che si declina nel macro come nel micro mondo.
Eyes Wide Shut racchiude definitivamente questo pensiero, che potrebbe essere esteso come monito a tutto il cinema moderno.
Da un lato le note elite che disegnano la realtà per come la conosciamo, con tutte le loro ritualità, dall'altro lato, i rapporti di forza, affettivi, sessuali tra uomo e donna, dove nascono prevaricazioni, tradimenti, compromessi e miserie umane.
Due grandi famiglie, quella del potere costituito e quella delle persone comuni, entrambe viste come gabbie sociali ed energetiche dell'umanità. Un'umanità prigioniera di un loop, di un cerchio magico che il sacrificio umano alimenta per impedirne l'evoluzione.
Crisi dei tempi, di fine impero, crisi del rapporto di coppia, ma potremmo estendere questo concetto alla crisi dell'occidente e, quindi, crisi di civiltà, o ancor meglio, incapacità dell'uomo a cambiare, imparando dagli errori passati.
EWS è anche un grande codice, presente in ogni sua scena topica, finale compreso.
Un film a tratti antimodernista, nella sua accezione più anticonformista, non necessariamente reazionaria del termine, ma come scoperta del declino di certi codici, della loro volgarizzazione piccolo borghese.
Un film profondamente antiborghese!
Il conflitto irrisolto tra Cruise e la moglie Kidman è la versione edulcorata dello scontro tra scimmie di 2001, dopo che il grande monolite aveva donato loro la coscienza e il libero arbitrio. 
Un conflitto che si risolve, o dovrebbe risolversi, solo con il sesso (utilizzato come ricatto) e non più con l'amore, dove tutto diventa merce e scambio, laddove si risolveva con la guerra e la violenza.
L'amore qui messo in scena però non è banalmente solo l'amore tra due persone adulte, ma è metaforicamente l'AMORE, anche inteso in termini iniziatici.
Come per i Fedeli d' Amore di Dante Alighieri, una delle prime confraternite medievali pre-massoniche.
Viene così messa in scena la crisi iniziatica, corrotta nella sua visione primordiale, oggi assente nei valori della società dei consumi occidentali che ha plasmato e dominato, dove tutto è diventato USA e getta.
Per entrare alla festa del Castello degli Altissimi, si ironizza drammaticamente sul codice, non a caso FIDELIO, diventato appunto mera password ordinaria di una società al tramonto, dove tutto è gioco, per quanto pericoloso ed esclusivo. 
Fidelio perde la sua aura Beethoviana e massonica delle origini, diventando simbolicamente un meme senza più alcuna magia intrinseca, una volgare parola d'ordine per accedere ad un'orgia di lascivi e laidi uomini di potere.
Un film iniziatico, di un grande iniziato e, forse, solo per pochi intimi, ma che si offre a tutti nei tanti livelli interpretativi e nelle tante tematiche contenute, oltre che nella bellezza delle scene, delle suggestioni e della stessa regia.
Kubrick denuda il Re, lo ha sempre fatto fin dall'inizio della sua carriera, nella sua miseria e non tanto nella sua apparente grandezza, non senza macabra ironia.
Racconta dello smarrimento dei nostri tempi, senza ricorrere mai a facili moralismi e giudizi, ma racconta anche della crisi del back-office del potere e del suo linguaggio, della sua grammatica sapienziale, della sua incapacità di sognare un mondo nuovo, immersa nella noia eterna.
Kubrick, attraverso Cruise, forse vuole esprime il suo disagio esistenziale, come fosse un "ragazzo selvaggio" che si trova, suo malgrado, a vivere e ribellarsi in un mondo strutturato sul nulla, sul nichilismo e sulla follia, un mondo che, per paradosso, ha fatto la sua fortuna.
In fondo, il Gerofante Rosso, come la Donna Scarlatta diventano false carte divinatorie, rimembranze di forze dell'ostacolo e salvifiche di un mondo completamente scevro dalla spiritualità, che rinnega la sua dimensione metafisica. Per questo il viaggiatore scientista Cruise non trova il bandolo della matassa e sembra non voler uscire dal suo labirinto mentale, fatto di schemi, convenzioni e sicurezze borghesi.
Un grande film sul dominio e sull'assoggettamento del prossimo, sulla non capacità di districarsi dall'oracolo vigente, sull'incapacità di ribellarsi alle ingiustizie, sulla impossibilità apparente di rinascimento collettivo (nonostante il bisogno), e sul declino inesorabile dell'alto e del basso mondo, con tutte le sue maschere sociali e con tutti i suoi ruoli, apparentemente prestabiliti da un eterno presente, ineluttabile e onnisciente.
L'occhio che tutto vede, anche in questo caso è multiplo. C'è un grande occhio che tutto vede, che segue per strada il povero Cruise, colpevole di aver assaggiato la mela proibita, che entra perfino in camera da letto, lasciando la sua maschera sul cuscino. 
Come c'è pure un altro occhio, interiore, che finge di non vedere, o vede senza vedere realmente, accontentandosi di sopravvivere, un po' come succede per il destino delle masse popolari, ignave e succubi delle convenzioni sociali.
La fuga e il rifugio in un focolare domestico, oramai tradito, dove appunto non rimane che consumare l'ultima cena carnale, tra i doni di un natale freddo e spettrale come una REDRUM qualsiasi e senza più bisogno di sangue. 
Il dominio è "finalmente" accettato e metabolizzato!



EYES WIDE SHUT (critica di Alberto Arbasino):
PREMESSA- Il noto critico Arbasino la butta in erudita caciara, inutile quanto fuori luogo.
Finge (spero) di non aver capito una mazza dei simboli e degli archetipi presenti nell'opera del Maestro, anzi, ne prova così invidia per cotanta beltade, che preferisce sfregiarli, ritenendoli pomposi e invadenti, tronfi e addirittura surreali.
Arbasino gioca con le parole, che diventano dotte supercazzole, per quanto divertenti e stilose, ma tutto rimane in superficie, come fosse un duello privato tra lui e Kubrick.

- Il pomposissimo e pompatissimo film "Eyes wide shut" appare così velleitario e soporifero e vuoto perché non tenta mai di scoprire un linguaggio o stile appropriato alle situazioni surreali-oniriche ormai imprescindibili da Kafka in poi: le puttanelle in fondo agli uffici sono già tutte nel "Processo", mentre lo Scorsese-Village e il Natale nella Grande Mela, appartengono ai sottoprodotti della telenovela Déjà Vu. La solenne lentezza dei dialoghi insulsi già parrebbe intollerabile fra un "Prometeo" di Eschilo e una "Mirra" di Alfieri. Recitati fra un profilo di tucano e una faccetta meno espressiva del suo culo, e con un birignao da parodia, la cosa non può stare in piedi. Anche perché le morali ("ringraziamo le prove del destino" e "qui bisognerà scopare") sono poi la saggezza della nonna: "facciamo un voto a Padre Pio" e "un purgantino o un clisterino risolvono tutto, purché sia salvo il sacramento del Matrimonio". (E infatti Almodòvar risulta molto più bravo nella direzione delle attrici come nel sesso far out).
Nell'orgia di Villa Sade, i più antichi riconoscono il più tradizionale Wagner a Bayreuth: simmetrie di ammantellati compunti intorno al Monte di Venere con sirene e naiadi nel Tannhäuser, porcellonerie di Fanciulla-Fiori col Mago Klingsor in déco moresco nel Parsifal. E anche mille storiche regie di Margherita Wallmann alla Scala: dal Simon Boccanegra ai Due Foscari alla Turandot, con la caratteristica serva grulla che dona la vita per amore di un principotto tontolone. Noi spettatori politicamente impegnati vogliamo invece sapere se quell'orgia è di sinistra o di destra. A beneficio dei repubblicani o dei democratici? Con wasp, ebrei, mafiosi, multietnici? C'è almeno la Lewinsky?
Così, tornando mogi al racconto- base di Arthur Schnitzler (Doppio sogno, Adelphi, pagg. 132, lire 12.000) si riconosce subito quel tipico fenomeno che i vecchi pensatori viennesi sull'Arte definivano la Persistenza degli Archetipi. L'Ostinazione dei Topoi, la Tenacia del luogo Comune, la Longevità del Cliché e del Poncif. "Maritino e mogliettina piccolo-borghesi e lievemente birichini si lasciano tentare da una scappatella: parallela, speculare, simmetrica! (Come in un grafico da Teoria del Racconto). Rasentano, nella cosiddetta "sbandata", il piano inclinato della frivola civetteria... Lì lì sul punto di commettere una leggerezza... Ma dove siamo, signora mia? Ma mi faccia il piacere, dottore! Facciamo un minimo di mente locale, e la morale sarà: scappatella rientrata nell'angolo-cottura, benedetta verità sul divano-letto! Ti conosco, mascherina! Il maritino è un'assicurazione sulle rate dell'appartamento, e la mogliettina vale più di dieci cocottes!".
La mia generazione si è già divertita come una pazza su questi spassosi corsi e ricorsi di topoi. Già negli anni Quaranta la narrativa di seduzione ungherese, presentata da Bompiani e Corbaccio e Baldini & Castoldi, accarezzava l'immaginario delle signore, degli ufficiali, dei giovani. E la "commediola ungherese" trionfava nel cinema dei "telefoni bianchi", perché nei primi anni di guerra tutte le frivolezze e leggerezze di costume e di intreccio - benché smaccatamente parioline - andavano ambientate a Budapest. Dove la brillante e ammiccante Elsa Merlini - attrice triestina e dunque mitteleuropea -appariva spesso tentata da tipici seduttori ungheresi come Amedeo Nazzari o Nerio Bernardi (soprattutto dietro piazza Ungheria, con Maraschini di Zara), ma presto rientrava presso Renato Cialente, con la regìa per lo più di Camillo Mastrocinque.
E noi piccini irriverenti scoppiavamo a ridere in platea, riconoscendo in quei salottini budapestini i tipici pacchetti delle sigarette fasciste e le bottiglie dei whisky bolognesi e dei cognac autarchici. Ora, il racconto di Schnitzler è degli anni Venti, e dunque rivive nella Vienna sconfitta e impoverita del dopoguerra - come sogno, semplice o doppio o "a tortiglione" - il mito della Vienna scatenata e forsennata di mezzo secolo prima. Una capitale straripante di soldi e speculazioni e bancarotte e fortune immediate o sperperate, con folle di avventurieri da tutta l'Europa, pletore di spropositati intrighi, e un proliferare di perversioni vivacissime dai castelli dei granduchi agli appartamentini col cesso sul ballatoio.
La mirabile gigantesca mostra storica "Sogno e realtà 1870-1930", a Vienna nel 1985, illustrava che negli anni 1873-1874 (quindi molto prima di Klimt e della Secessione), fra crisi di Borsa ed epidemie di colera e trattati con lo Zar e il Kaiser e aperture di tramvie e acquedotti e policlinici e del Sacher Hotel, in pochi mesi nascono Schönberg e Hofmannsthal e Karl Kraus, lavorano Brahms e Bruckner e Mahler, arrivano Adelina Patti e il Sigfrido e la Carmen e Verdi col Requiem, ma soprattutto si rappresenta il Pipistrello di Johann Strauss, in cui tutta la città immediatamente e per sempre si identifica (malgrado il crac finanziario e tutte le successive batoste belliche). Quando Carlos Kleiber soleva dirigere il Pipistrello a Capodanno e a Carnevale, l'immedesimazione dionisiaca si palesava in tutto il teatro di spettatori già in abito da sera e in maschera e in subbuglio per i pranzi e i veglioni subito dopo, molto simili a quelli in corso sul palco girevole, con tutti i cantanti e i cori e i corpi di ballo in folle movimento.
E nell'operetta è poi un tipico ballo di demi-monde: come quello dei "fiaccherai" nell'Arabella di Hofmannsthal e Richard Strauss. Con le chances e le combinazioni e gli equivoci di un travestimento generale tutt'altro che "esclusivo" o chic. Anzi, siamo a livello di sgallettate e stracciacule. Il padrone di casa, un principe Orlofsky (mezzosoprano in pantaloni) apre le porte agli smandrappati: e quando si presenta una cameriera come "artista" era indimenticabile il "Künstlerin???" di Brigitte Fassbaender che aveva mangiato non una ma cento foglie. Però, malgrado la numerosa popolazione di Vienna capitale dell'Impero, il maritino in vena di scappatelle in chi incappa invaghendosi perdutamente? Ma proprio sempre nella sua mogliettina, anche lei in vena di evasioni, e non per nulla travestita da "contessa ungherese", e con quell'arma di seduzione laggiù che è la czarda magiara.
Così tutto rientra nell'ordine, come nei teatrini crepuscolari dove non è vero che l'erba del vicino è più verde. Al contrario, il fiore sotto gli occhi è più profumato degli altri. E non sai che tesoruccio hai lì! La stessa storia, paradossalmente, viene riraccontata da Arnold Schönberg in un imbarazzante atto unico, del 1929 circa, Von Heute auf Morgen ("Dall'oggi all'indomani") che fu anche diretto da Pierre Boulez a Santa Cecilia, col suo Ensemble e la specialista Susan Anthony, cinque anni fa. Questa è un'operetta austerissima, di una dodecafonia severissima, su una coppietta borghese e mondana che poi finì male: lui era Franz Schreker, sfottuto da Adorno e poi soppresso da Hitler perché compositore di "musica degenerata" di successo.
Tornando da un veglioncino nell'appartamentino i due rielaborano i rispettivi flirt della seratina, con ripicche e dispettucci reciproci, e birignao coniugali stucchevoli. Nei pochi metri quadri, il pupo non riesce a dormire; e arriva addirittura un gasista. Ma non come l'Anacleto gasista di Franco Parenti, brechtiano e strehleriano e defilippiano. Proprio un dipendente municipale noioso che non trova mai nessuno ai contatori dei poveracci. Ed ecco che i due flirt della serata telefonano dal bar all'angolo ("Hungaria"?) e poi salgono all'angolo-cottura con prospettive di scambi di coppie. Tutto sempre più squallido. La moglie si trucca la faccia, e il marito la trova stupenda senza neanche la czarda magiara del Pipistrello. Ma la bolletta del gas incombe. La mattina ci sarà da lavorare. Le vestaglie incalzano e le ciabatte sovrastano. Chi pagherà poi la bolletta del telefono bianco?
La piccola borghesia grava sulla dodecafonia. E così si va a nanna. Come ai tempi della Scapigliatura di Illica e Giacosa: "stasera al teatro della Canobbiana, sotto le coperte di lana". E il povero piccino, nel suo pigiamino: "Mami, sarebbe questa la gente moderna?". (E cosa risponderebbe Thomas Bernhard, più tardi?). In Schnitzler c'è ancora il mito (come più tardi nella "Histoire d'O") del fastoso castello dove i piccoli borghesi normalmente alle prese con bollette del gas e pedalini per il pupo si possono librare onirici nel lusso delle candele costose e delle carrozze senza tassametro, con musica gratuita, champagne e mangiare a volontà, e rituali dove anche un pompino mai sarà un mero pompino, bensì un affare più verboso di un'orazione di Bossouet e più coreografico delle "Indes Galantes". E dove tutti si ripetono, in costumi complicatissimi, come sono empi, turpi, sadici, viziosi, scellerati, diabolici.
Scopano - degenerati e chic - coi vampiri, coi dromedari, con le zanzare. E come le anime semplici fanno lo scopone col morto, così loro degustano le scopate con le morte: mamme e nonne e zie e prozie di Georges Bataille, come a un buffet freddo. Ma sono pieni di complessi e tabù riguardo alla trasgressione più perversa: non lo prendono nel sedere. Lì scatta il bon ton. A tutto c'è un limite, signora mia. -



domenica 14 gennaio 2024

DAL POLITICAMENTE CORRETTO ALL' ANCIEN REGIME



Il politicamente corretto è il male assoluto, soprattutto, perché è scorrettissimo quando si trasforma in arma contro opinioni divergenti, con la malafede di pretendere di difendere le minoranze.
Non difende le cosiddette minoranze, non migliora il linguaggio e le usanze, ma abitua nel tempo l'utente a NORMARSI e CONFORMARSI verso il pensiero di pochi.
Vince metaforicamente e comunque sempre chi l'ha più lungo e, soprattutto, chi è più ricco e performante, questi avrà sempre i mezzi per scusarsi politicamente correttamente.
Questa è una forma di bigottismo laico che sostituisce i veli sulle statue nude del fu' Savonarola.
Un conto è non offendere il prossimo con un linguaggio violento e maleducato, ma non c'era certo bisogno di nessun paradigma nazi-linguistico per arrivare a ciò, pensando di cambiare le parole per scontentare tutti e fingere di difendere i presunti indifesi.
Un conto è usare un vocabolario di Stato che è consono e supino al sistema neoliberale, oggi decisamente più censorio ed oscurantista, altra cosa è educare il prossimo al rispetto di tutti senza sovrastrutture ideologiche. 
Questo sarebbe nulla o quasi nulla, peccato che poi il neo-linguaggio si trasforma in una mannaia, colpendo chiunque dissenta o esprima criticità politiche e anti-sistema, e questo a prescindere si abbia ragione o meno. Perché si passa sempre più velocemente dalla pretesa di coprire le vergogne, alla censura di chi vuol scoprire vergogne più pesanti, mettendo in discussione lo status quo, per esempio in campo economico e dei diritti dei lavoratori o della difesa dello Stato sociale.
Soprattutto, abitua l'utente medio (sia scolastico che social) a non pensare con la propria testa e con le proprie pulsioni, a scremare qualsiasi sfumatura e ad agire in automatico, come appunto una macchinetta o un soldatino, accumulando nel tempo aggressività inespressa. Aggressività che poi si sfogherà con chi non concorda con il pensiero unico previsto e vigente in una sorta di modello simile al famoso "Villaggio dei dannati".
Concettualmente, un paradigma reazionario, ma vestito di tutto punto. 
Non rutta e scorreggia, non puzza, è neutro, ma poi si trova concorde in qualsiasi orrore espresso dal mainstream, legittimato in questo dall'essere il 1° della classe.
Quindi e per esempio, si alla cancel culture ed anche all'occupazione della Palestina, perché bisogna pur sempre aderire allo stesso modello di partenza, proporzionalmente al proprio grado di aggressività passiva, al sistema che ti propone entrambi i piatti sulla tavola mediatica.
Una "cura Ludovico" più sottile e strisciante, quella che intellettuali come Reich, Kubrick, Pasolini, solo per fare i nomi più comuni, chiamavano "Fascismo bianco".
L'importante è rimpicciolire il range di possibilità di analisi e di comprensione, usando lo schema dei buoni e cattivi, del bianco e nero come unici colori possibili, come unico sistema possibile, che sfocia nel pensiero conformista della serie "c'è un invaso e un invasore", "siamo in presenza di un cambiamento climatico per colpa delle persone comuni", "se non ti vaccini muori", fino al conseguente "se sei povero è colpa tua".
Non esiste, fateci caso, l'unico politicamente corretto veramente utile, quello sulla povertà e sulla dignità economica. In quel caso è legittimo pensare in termini egoistici, di sopraffazione, di dominio.
Tutte forme linguistiche di propaganda che partono strumentalmente da presunti diritti civili, senza mai risolverli realmente, ma limitandosi ad annunciarli, quindi acuendo le divisioni e le atomizzazioni sociali, arrivano a plasmare un pensiero unico su altri fronti più caldi.
E' in termini di psicologia di massa e apparentemente democratici, una svolta autoritaria che annuncia nuovi scismi ontologici e contro-rivoluzionari.
Il progetto in corso è creare una forma pensiero alveare, un po' come in Cina, ma implementata in un sistema occidentale che, gioco forza, diventa sempre meno democratico, quindi più conformista e lontano sideralmente da chi dovrebbe in teoria proteggere.
Per questa restaurazione antropologica, l'ancien regime transnazionale da tempo manipola il senso di colpa del variegato quanto confuso mondo di sinistra, in questo più plagiabile e predisposto, per arrivare a realizzare una reazione anti-democratica, pur veicolandosi BUONO.
In realtà e su altri piani, questa trasfigurazione sociale e trasmutazione del piano del reale, è sempre stata fatta con l'ausilio del mondo variegato di sinistra, dell'attivismo, fino alla manipolazione di un certo antagonismo, reso talvolta cavallo di Troia per aggiornare il sistema, ma sempre in termini più autoritari.
L'attivismo declinato su più piani della realtà, fino appunto all'antagonismo più radicale non consapevole, fu manipolato per uccidere Moro o ancor peggio, credere di farlo, giustificando il conseguente spostamento dell'asse politico valoriale a destra su posizioni economiche neocon, non a caso, introiettate in pochi anni anche dalla sinistra partitica dalla caduta del muro di Berlino in avanti.
Lo stesso schema manipolatorio, nato ai tempi dei romani, fu adottato con Mani Pulite nei primi anni 90, dove il cambiamento di Mani Pulite, serviva ad instaurare un fronte neoliberista rappresentato sia dalla rinascente sinistra dell'epoca, oramai resa strumento del capitale, contro Berlusconi, nuovo paladino mafioso del cambiamento in peggio, ma gli esempi sono molteplici.
In piccolo, il sistema strumentalizza i sacrosanti diritti civili, svuotandoli del loro vero impatto egualitario tra persone, sostituendolo con il decalogo dei comportamenti da utilizzare come in una sorta di Collegio universale, pena la scomunica sociale.
Ci troveremo alla fine in un mondo dove dovrai pesare il linguaggio come si pesa l'oro, facendo salti mortali per non offendere il nano del Katonga, perché è nato in un paese sfortunato e non puoi dire NANO, appoggiando però dall'alto il dittatore del Katonga perché ci dona il petrolio a miglior prezzo sulla pelle dei suoi abitanti, e allora tana libera tutti.

Con il vostro senso di colpa, come quello di credere di vivere in un sistema patriarcale dove bisogna sentirsi in colpa a prescindere dalle colpe altrui, il sistema ci campa e compie ben altri riti sulle vostre teste, peggio, è legittimato a farlo come unico modello possibile, anche attraverso il suo nuovo linguaggio, quello BUONO contro quello CATTIVO, che legittima il piano di realtà in cui viviamo e, per osmosi, tutti gli orrori che esprime facendosi accettare.



giovedì 11 gennaio 2024

CAPODANNO A ROSAZZA


A ROSAZZA E' SUONATA LA CAMPANA DI CAPODANNO E LA MELONI E' FINITA NEL POZZOLO. SI SALVINI CHI PUO'...
cit. Anonimo pistolero


Chi avrebbe immaginato un finale del genere. Una bella festa con tanta bella gente, ministri e minestre con le relative scorte e parenti annessi, perfino bambini ignari del pericolo, tutti riuniti a Rosazza per celebrare l'ultimo dell'anno. Tanto buon cibo, tanto alcol, musica e... il botto!
Sembra una scena di un film di Tarantino, però in versione decisamente trash, un po' all'italiana, dove fortunatamente non muore nessuno, ma tutto diventa tristemente ridicolo, come in una commedia di serie B, dove tutti fanno lo scaricabarile sulle responsabilità del fattaccio. Ovviamente, a rimetterci è un parente del capo-scorta del ministro Delmastro, un elettricista di 31 che inizia malissimo il suo 2024 con un colpo nella coscia.
A sparare pare sia stato tal Pozzolo, scalmanato deputato di FdI, già noto per alcune sue uscite infelici a favore del Duce, contro gli immigrati, oltre a prese di posizione violente e provocatorie sulle donne, tramite social. Un novello fascistello con un pistolino, scambiato da alcuni per un accendino da donna, deriso, secondo testimonianze, appena giunto ubriaco al termine della festa per rallegrare l'ambiente.
Le dinamiche sono ancora incerte, c'è chi indica Pozzolo come il pistolero matto che perde il controllo e per sbaglio colpisce il povero Luca Campana, c'è chi parla di un secondo e terzo uomo, poi scomparsi dai radar e non meglio identificati. Pare che il pistolino sia girato su più mani, come fosse un trofeo da esibire, e già qui cala un velo pietoso. Bisognerebbe capire il livello di miseria umana che questi cialtroni raggiungono in pochi secondi. Solo 20 secondi da qualdo esibisce l'arma ai festeggianti, fino allo sparo. Cosa è successo in quei fantomatici 20 secondi?
Pozzolo giura di non aver sparato, Luca Campana, dopo lo spavento e dolorante, si limita a dire "Perché mi hai sparato?... Non mi chiedi neanche scusa?". L'unica priorità di Pozzolo, invece, è stata quella di invocare immediatamente l'immunità parlamentare, rifiutandosi di dare i suoi vestiti alle forze dell'ordine (aveva dietro qualcosa da nascondere, motivo della sua vivacità?), ma rimane impietrito e muto dinnanzi al povero malcapitato che, dopo qualche giorno, lo denuncia.

Cosa ho pensato fin da subito riguardo questo fatto tragicomico? Due possibilità...
1- A sparare è stato lui: Pozzolo tergiversa per non attribuirsi la colpa, capisce il disastro che ha combinato e si inventa che a sparare sia stato qualcuno presente accanto a lui, mentre erano tutti intenti a visionare il pistolino per vedere chi l'ha più lungo. Si rifugia dietro l'immunità parlamentare, e via andare verso nuove avventure.
2- A sparare è stata un'altra persona: Pozzolo ripete ossessivamente di non aver sparato, di aver dato l'arma ad una persona che dopo è sparita (?). Non capisce cosa sia successo, rimane imbambolato ed intrappolato in un cul de sac. Oggi afferma che dirà la sua versione dei fatti davanti ai giudici e parlerà finalmente dell' uomo che avrebbe colpito il giovane operaio.

Nel 1° caso la triste vicenda finirebbe qui, con un povero ferito che nulla c'entrava, con una denuncia che finirà nel nulla, con una grande sputtanata, con la sospensione dal partito e una grande incazzatura per la Meloni che, tutto voleva, tranne che iniziare l'anno nuovo con grattacapi del genere.
Nel 2° caso, invece, la storia potrebbe essere più interessante.
Perché fin da subito non ha dato la colpa all'agente che avrebbe sparato?
Perché afferma che questa persona sarebbe sparita?
Chi è costui, dato che gli era accanto?
Perché questa figura risulta così intoccabile e misteriosa, da rimanere ancora nell'ombra, tanto da non essersi autoaccusata dell'accaduto?
Trattasi di agente, magari, legato ai Servizi e quindi non facilmente sputtanabile?
Perché mai un agente, ben addestrato, un capo-scorta, avrebbe fatto un errore del genere?
Credo sia improbabile! Se veramente è stato un altro a sparare, secondo me, non l'ha fatto certo per errore.

Risulta tutto molto confuso! Se fosse vera la 2° versione dei fatti, Pozzolo sarebbe stato inguaiato, magari strumentalizzato da chi ha esploso il colpo, dopo il passa mani del pistolino. Non credo per una ragione personale tra l'eventuale "agente fantasma" e il sottosegretario, forse per altre motivazioni a noi ignote.
Potrebbe essere banalmente un messaggio alla Meloni (non è il 1° messaggio di morte politica che riceve). Un messaggio neanche tanto subliminale, perché si guardi le spalle, perché continui a difendere l'occupazione di Israele senza alcuna critica, affinché continui a seguire l'agenda, oppure, messaggi dagli alleati per conto terzi. Nel senso che potrebbe riguardare faide interne al governo, create ad hoc da chi sta ai piani alti, per coprire scandali, ma al tempo stesso ricattare, ancora meglio e su nuovi fronti, i diversi attori coinvolti nel governo. Ci sarebbe anche una ulteriore motivazione, sempre considerando che Pozzolo sia davvero innocente, ovvero, che l'eventuale messaggio sia il classico evento scaccia evento, nella miglior tradizione italica, ovvero creare un fatto per distrarre l'attenzione mediatica e del popolino da altri fatti più gravi (Verdini family, Crosetto e le armi, ecc...). Pozzolo rivendica il possesso dell'arma perché sarebbe minacciato da uomini legati ai Servizi iraniani, ma anche su questo fatto nessuno sembra incalzarlo a dovere.

Ci sono diverse curiosità intorno al paesello di Rosazza. 
Intanto, Rosazza e Rennes-le-Château sono due borghi uniti in gemellaggio esoterico, tra Templari, Rosacroce e simbologie massoniche.
Rosazza infatti è conosciuto come “Il Borgo più misterioso d’Italia”. La particolarità di questo borgo si deve ad un celebre personaggio che ha indissolubilmente legato il nome della piccola borgata alla magia e all’esoterismo. Si narra infatti che Federico Rosazza, filantropo e sognatore, Senatore del Regno, membro della Giovane Italia mazziniana e Gran Maestro Venerabile della massoneria biellese, organizzasse qui le riunioni della loggia massonica, con la collaborazione del suo grande amico Giuseppe Maffei, pittore e architetto anche lui originario della zona biellese. E sarà proprio grazie alla collaborazione con il Maffei che Federico Rosazza realizzerà all’interno del borgo tutta una serie di opere con chiari richiami alla magia e all’esoterismo, ma anche a particolari contesti storici come per esempio le merlature della torre Guelfa, i colonnati dei templi di Paestum e l’arco etrusco della città di Volterra.

Aspettando la "verità", attraverso la deposizione di Pozzolo ai giudici, ci tengo solo a sottolineare le solite sincronicità e coincidenze significative presenti; e voi lo sapete bene che in certi fattacci le rose non mancano mai, incredibile vero?
Scatta allora il meme onomantico:
"A Rosazza ha suonato 13 (31) volte (la) Campana e la Meloni è finita nel Pozzo(lo). Si Salvini chi può..."