martedì 16 aprile 2024

LA PULIZIA ETNICA DELLA PALESTINA di ILAN PAPPE' 2° parte


INTRODUZIONE DOVEROSA E PERSONALE:
Quello che racconta Pape' nei suoi libri è un'altra verità che non troverete mai nella storiografia ufficiale, proprio perché scritta da un intellettuale ebreo dissidente, quindi non accusabile di antisemitismo, SEMMAI, di antisionismo. Una verità scomoda ed allo stesso tempo atroce, che lascia senza fiato, ma sempre documentatissima e molto centrata.
Mi limiterò a pubblicare in questa 2° parte il 1° capitolo del suo libro "La pulizia etnica della Palestina", perché merita di essere conosciuto più di quanto non lo sia oggi, essendo stato isolato dal mainstream e, comunque, conosciuto solo da una nicchia di lettori e addetti ai lavori che, puntualmente e salvo rare eccezioni, evitano di citarlo.
Nella speranza di fornire qualche spunto di riflessione, senza mai voler scadere nell'odio gratuito quanto inutile.
In questo modo è possibile arrivare alla genesi del conflitto, senza essere accusati vigliaccamente di antisemitismo, favorendo anche tutti quegli israeliani democratici che oggi lottano per destituire l'attuale premier in patria.
La genesi del conflitto, da quando nacque lo Stato di Israele, ha risvolti molto simili all'attuale conflitto in corso.
Personalmente, amo la cultura ebraica, il loro cosmopolitismo, la loro capacità di unione fraterna, il loro ingegno, la loro capacità di risollevarsi da qualsiasi tragedia subita, come mi sento vicino ad un certo mondo intellettuale ed artistico, compreso il loro umorismo surreale.
Purtroppo, conosco molto bene la tragedia delle deportazioni nazifasciste della 2° Guerra Mondiale, dato che mia nonna paterna rischiò di finire in un lager, avendo un cognome ebreo.
Sono semplicemente molto critico sul sionismo che, nella sua accezione più estrema e fondamentalista, si rivela in primis il peggior alleato di Israele e della religione ebraica, oltre ad aver causato massacri e guerre senza fine alle popolazioni native di Palestina.
Mi sento vicino a Pappe' ma anche, per esempio e tra i tanti, a Moni Ovadia, orgoglioso e fiero ebreo dissidente contro le derive reazionarie e autoritarie del suo paese.
Se vogliamo ripartire da zero e, quindi dalla ricostruzione di una pace realistica e duratura tra le due popolazioni, bisognerà iniziare seriamente a studiare la storia del 48, gli orrori silenziati, le deportazioni di massa, le stragi, senza occultare più nulla, con coraggio e senza falsi pudori, perché la verità ci renderà liberi, almeno un po' più di prima.
Spero vivamente!

BIOGRAFIA ILAN PAPPE':
Ilan Pappé è uno dei maggiori storici del Medio Oriente. Intellettuale e studioso socialista, ebreo e anti-sionista, di formazione comunista, è uno dei rappresentanti della cosiddetta Nuova storiografia israeliana. Nato ad Haifa da genitori ebrei sfuggiti alla persecuzione nazista, ha conseguito il dottorato a Oxford. Nel 2005 ha sostenuto il boicottaggio di Israele e per questo, dopo aver insegnato per anni a Haifa, si è dovuto trasferire in Gran Bretagna, all’Università di Exeter. 
Docente di Storia all’Istituto di studi arabi e islamici presso il College of Social Sciences and International Studies e direttore del Centro europeo per gli studi sulla Palestina presso l’Università di Exeter, ha pubblicato numerosi saggi. 
Fra le sue opere tradotte in italiano, Storia della Palestina moderna. Una terra, due popoli (Einaudi, 2005), La pulizia etnica della Palestina (Fazi, 2008); con Noam Chomsky ha scritto Ultima fermata Gaza (Ponte alle Grazie, 2010) e Palestina e Israele: che fare? (Fazi 2015). Nel 2022 Fazi pubblica La prigione più grande del mondo. Storia dei territori occupati, entrato nelle classifiche di vendita a ottobre 2023 a causa del drammatico riacutizzarsi del conflitto israelo-palestinese.

CAPITOLO 1. Una “presunta” pulizia etnica?
È parere di chi scrive che la pulizia etnica sia una politica
ben definita di un particolare gruppo di persone
per eliminare sistematicamente un altro gruppo da un
certo territorio, su basi di origini religiose, etniche o
nazionali. Tale politica implica violenza ed è spesso
associata a operazioni militari. Deve essere realizzata
con tutti i mezzi possibili, dalla discriminazione allo
sterminio, e comporta l’inosservanza dei diritti umani
e delle leggi umanitarie internazionali... La maggior
parte dei metodi di pulizia etnica costituiscono
gravi violazioni della Convenzione di Ginevra del
1949 e dei Protocolli supplementari del 1977. 

Definizioni di pulizia etnica
La pulizia etnica è oggi un concetto ben definito. Da astrazione associata quasi esclusivamente a quanto accaduto nell’ex Iugoslavia, “pulizia etnica” ha finito per indicare un crimine contro l’umanità, punibile secondo il diritto internazionale. Il modo particolare in cui alcuni generali e politici serbi usavano questa espressione fece tornare in mente agli studiosi di averla già sentita prima. Era stata usata infatti nella seconda guerra mondiale dai nazisti e dai loro alleati, tra i quali le milizie croate in Iugoslavia. 
Le radici dell’espropriazione collettiva sono di certo più antiche. 
Invasori stranieri hanno usato quel termine (o suoi equivalenti) e quel concetto, applicandoli regolarmente contro popolazioni indigene, dai tempi biblici fino all’età del colonialismo più sfrenato.
L’enciclopedia Hutchinson definisce la pulizia etnica come l’espulsione forzata volta a omogenizzare una popolazione etnicamente mista in una particolare regione o territorio. Scopo dell’espulsione è causare l’allontanamento del maggior numero possibile dei residenti, con tutti i mezzi a disposizione, inclusi quelli non violenti, come accadde con i musulmani in Croazia, espulsi dopo gli accordi di Dayton del novembre del 1995.
Tale definizione è accettata anche dal Dipartimento di Stato statunitense, i cui esperti aggiungono che parte essenziale della pulizia etnica è l’annullamento della storia di un territorio con ogni mezzo possibile. 
Il metodo più comune è quello dello spopolamento «in un’atmosfera che legittimi atti di rappresaglia e vendetta». Il risultato finale di simili azioni è l’insorgere del problema dei profughi. Il Dipartimento di Stato ha considerato, in particolare, quanto avvenuto nel maggio del 1999 a Peck nel Kosovo occidentale. Peck fu svuotata in ventiquattr’ore, un risultato che sarebbe stato possibile raggiungere solo grazie a una pianificazione pregressa seguita da una messa in atto sistematica. Per velocizzare l’operazione ci furono anche sporadici massacri. Quel che accadde a Peck nel 1999 ebbe luogo, quasi allo stesso modo, in centinaia di villaggi palestinesi nel 1948.
Se prendiamo in considerazione le Nazioni Unite, troviamo definizioni simili: nel 1993 si esaminò e discusse a fondo il concetto. 
Il Consiglio dell’ONU per i Diritti Umani (UNCHR) collega il desiderio di uno Stato o di un regime di imporre regole etniche su un’area mista – come per la formazione della “Grande Serbia” – al ricorso all’espulsione e ad altre azioni violente. 
La relazione che l’UNCHR pubblicò definiva atti di pulizia etnica quelli che includevano «la separazione degli uomini dalle donne, l’imprigionamento degli uomini, la distruzione delle case», assegnando poi quelle ancora in piedi a un altro gruppo etnico. 
Il rapporto rilevava che in alcune zone del Kosovo le milizie musulmane avevano opposto resistenza e, laddove c’era stata resistenza a oltranza, l’espulsione si era tramutata in massacri.

Il Piano israeliano del 1948, citato nella prefazione, contiene un repertorio di metodi di pulizia etnica che rientrano nelle modalità descritte dall’ONU e atte a definirla, preparando il retroterra per i massacri che accompagnarono l’espulsione di massa.
Queste definizioni di pulizia etnica sono anche quelle in auge negli ambienti colti e accademici. Drazˇen Petrovic´ è autore di uno dei più ampi saggi sulle definizioni di pulizia etnica, che associa al nazionalismo, alla formazione di nuovi Stati-nazione e alle lotte nazionali. In quest’ottica egli dimostra la stretta relazione tra politici ed esercito nel perpetrare i crimini ed esamina il ruolo dei massacri: i capi politici delegano l’attuazione della pulizia etnica al livello militare, senza necessariamente fornire alcun piano sistematico o istruzioni esplicite pur non lasciando dubbi sull’obiettivo finale.
Così, a un certo punto – e anche questo rispecchia esattamente ciò che accadde in Palestina –, i politici smettono di partecipare attivamente non appena l’ingranaggio dell’espulsione entra in azione come un enorme bulldozer che, spinto dalla sua stessa inerzia, si ferma soltanto quando ha completato il suo compito. 
I politici che hanno messo in moto questo meccanismo non si preoccupano minimamente di chi è schiacciato e ucciso. 
Petrovic´ e altri sottopongono alla nostra attenzione la differenza tra massacri che fanno parte di un genocidio, laddove siano premeditati, e massacri “non pianificati” che sono diretta conseguenza dell’odio e della vendetta, fomentati dai capi sullo sfondo di una direttiva generale per portare avanti la pulizia etnica.
Quindi, la definizione data dall’enciclopedia e da noi riportata sembra corrispondere al modo più dotto di concettualizzare il crimine della pulizia etnica. Secondo entrambi i punti di vista, la pulizia etnica è un tentativo di rendere omogenea una nazione a etnia mista, espellendo un particolare gruppo di persone, trasformandole in profughi e demolendo poi le case dalle quali sono state cacciate. 
Ci può ben essere un master plan, ma la maggior parte delle truppe impegnate nella pulizia etnica non ha bisogno di ordini diretti: sa in anticipo cosa deve fare. 
I massacri accompagnano le operazioni, ma quando si verificano non fanno parte di un piano di genocidio: sono la chiave tattica per accelerare la fuga della popolazione destinata all’espulsione. In seguito, gli espulsi saranno cancellati dalla storia ufficiale e popolare del paese ed esclusi dalla memoria collettiva. Quanto è accaduto in Palestina nel 1948, dalla fase di pianificazione all’esecuzione finale, secondo queste informate e dotte definizioni rappresenta un chiaro esempio di pulizia etnica.

Definizioni popolari
L’enciclopedia elettronica Wikipedia è una fonte di conoscenze e di informazioni accessibile a tutti. Chiunque può entrare, aggiungere o modificare le definizioni esistenti in modo che riflettano – intuitivamente piuttosto che empiricamente – un’ampia percezione pubblica di una certa idea o concetto. Come le definizioni accademiche o enciclopediche summenzionate, Wikipedia descrive la pulizia etnica come espulsione di massa e anche come crimine. Cito: Parlando in generale, per pulizia etnica si può intendere l’espulsione forzata di una popolazione “indesiderata” da un certo territorio, come risultato di una discriminazione religiosa o etnica, di considerazioni politiche, strategiche o ideologiche, o da una loro combinazione.
La voce elenca diversi casi di pulizia etnica nel XX secolo, cominciando dall’espulsione dei bulgari dalla Turchia nel 1913 sino ad arrivare all’evacuazione israeliana dei coloni ebrei da Gaza nel 2005. Questo elenco può sembrare un po’ strano perché pone nella stessa categoria la pulizia etnica nazista e l’allontanamento da parte di uno Stato sovrano di componenti della sua stessa popolazione dopo averli dichiarati coloni illegali. 
Ma questa classificazione diventa possibile grazie al criterio politico adottato da chi scrive – in questo caso tutti coloro che accedono al sito – cioè quello di accertarsi che l’aggettivo “presunto” preceda nel loro elenco ogni caso storico.
Wikipedia include anche la Nakba palestinese del 1948, ma non si evince se i curatori la giudichino un caso di pulizia etnica che non lascia spazio ad ambivalenze – come negli esempi della Germania nazista o della ex Iugoslavia – o se la considerino un caso più dubbio, simile forse a quello dei coloni ebrei che Israele evacuò dalla Striscia di Gaza. 
Un criterio accettato generalmente da questa e altre fonti per valutare la fondatezza delle accuse è un processo davanti a un tribunale internazionale. 
In altre parole, se i colpevoli sono stati assicurati alla giustizia, cioè processati da un tribunale internazionale, cade ogni ambiguità e quindi il crimine di pulizia etnica non è più “presunto”. Dopo un’ulteriore riflessione lo stesso criterio andrebbe applicato anche ai casi che avrebbero dovuto essere portati davanti alle corti di giustizia internazionali, ma non lo sono mai stati. La discussione rimane spesso aperta, tanto che alcuni crimini eclatanti contro l’umanità richiedono una lunga battaglia prima che il mondo li riconosca come fatti storici. Ben lo sanno gli armeni, il cui genocidio fu perpetrato quando nel 1915 il governo ottomano intraprese la sistematica decimazione del loro popolo. 
Si calcola che fino al 1918 siano morte un milione di persone, senza che siano mai stati portati in giudizio singole persone o gruppi di individui.

Pulizia etnica come crimine
La pulizia etnica è dichiarata crimine contro l’umanità nei trattati internazionali – per esempio in quello istitutivo della Corte Criminale Internazionale (ICC) –, soggetto al giudizio di un tribunale internazionale, sia che il crimine sia “presunto” o ampiamente conclamato. Nel caso della ex Iugoslavia è stato istituito appositamente all’Aia un Tribunale internazionale per giudicare responsabili ed esecutori, come pure ad Arusha, in Tanzania, nel caso del Ruanda. Altrove, la pulizia etnica è stata definita crimine di guerra anche quando non è stato aperto alcun procedimento legale vero e proprio (per esempio, per l’operato del governo sudanese nel Darfur).
Questo libro è scritto con la profonda convinzione che la pulizia etnica in Palestina debba radicarsi nella nostra memoria come crimine contro l’umanità ed essere tolta dall’elenco dei crimini presunti. 
Qui i responsabili non sono sconosciuti – sono un gruppo specifico di persone: gli eroi della guerra ebraica d’indipendenza, i cui nomi sono noti alla maggior parte dei lettori. 
Il primo è quello dell’indiscusso leader del movimento sionista, David Ben Gurion, nella cui residenza furono discussi e completati i primi e gli ultimi capitoli della storia della pulizia etnica. Lo aiutò un piccolo gruppo di persone che in questo libro chiamo la «Consulta», riunito in gran segreto con il solo scopo di progettare e pianificare l’espropriazione dei palestinesi. In uno dei rari documenti che registra una riunione della Consulta, questa è chiamata Comitato consulente, Haveadah Hamyeazet. 
In un altro documento compaiono gli undici membri del Comitato, i cui nomi, benché cancellati dal censore, sono tuttavia riuscito a ricostruire.
Questa cricca preparò i piani per la pulizia etnica e ne controllò l’esecuzione fino allo sradicamento di metà della popolazione autoctona palestinese. 
Ne facevano parte in primo luogo gli ufficiali di più alto grado dell’esercito del futuro Stato ebraico, come i leggendari Yigael Yadin e Moshe Dayan
A loro si univano personaggi poco conosciuti fuori d’Israele, ma profondamente radicati nel sentimento popolare, come Yigal Allon e Yitzhak Sadeh
Questi militari legarono con quanti noi oggi chiameremmo “orientalisti”, conoscitori del mondo arabo in generale e dei palestinesi in particolare, sia perché provenienti essi stessi da paesi arabi, sia perché esperti nel campo degli studi mediorientali, il nome di alcuni dei quali incontreremo in seguito.

Sia gli ufficiali che gli esperti erano assistiti da comandanti regionali, come Moshe Kalman, che ripulì la zona di Safad, e Moshe Carmel, che spopolò la maggior parte della Galilea. Yitzhak Rabin operò tanto a Lyyd quanto a Ramla, come pure nell’area della Grande Gerusalemme. Ricordatene i nomi, ma cominciate a non considerarli solo come eroi di guerra israeliani. Hanno di certo partecipato alla fondazione dello Stato ebraico ed è comprensibile che gli stessi israeliani diano il giusto valore alle azioni che li hanno aiutati a salvarsi da attacchi esterni, permettendogli di superare le crisi e soprattutto di trovare un rifugio sicuro dalle persecuzioni religiose in diverse parti del mondo. 
Ma la storia giudicherà il peso di queste conquiste quando sull’altro piatto della bilancia ci saranno i crimini da loro commessi contro il popolo nativo della Palestina. 
Tra gli altri comandanti regionali troviamo Shimon Avidan, che operò nel Sud e che Rehavam Zeevi – suo compagno di battaglie – ricordava molti anni dopo come «Comandante della brigata Givati, che ripulì il fronte da decine di villaggi e città». 
Era assistito da Yitzahak Pundak, che nel 2004 dichiarò su «Ha’aretz»: «C’erano duecento villaggi [sul fronte] e sono stati spazzati via. Abbiamo dovuto distruggerli altrimenti avremmo avuto qui gli arabi [cioè nella parte meridionale della Palestina] come li abbiamo in Galilea. Avremmo avuto un altro milione di palestinesi».
E inoltre c’erano gli ufficiali dei servizi segreti. Invece di limitarsi a raccogliere informazioni sul “nemico”, non solo ebbero un ruolo di primo piano nella pulizia etnica, ma parteciparono anche ad alcune delle peggiori atrocità parallele alla sistematica evacuazione dei palestinesi. Veniva lasciata loro l’autorità di decidere quali villaggi distruggere e quali abitanti giustiziare. 
Secondo quanto ricordano i sopravvissuti palestinesi, dopo che un villaggio o un quartiere era stato occupato, stava a questi decidere se il destino finale degli abitanti sarebbe stata la reclusione o la libertà, la vita o la morte. 
Nel 1948 Issar Harel – poi divenuto primo capo del Mossad e del Shabak, i servizi segreti israeliani – supervisionava le operazioni di questi ufficiali. 
La sua figura era ben nota a molti israeliani: basso e tozzo, nel 1948 era solo colonnello, ma malgrado ciò era l’ufficiale di più alto grado a sovrintendere gli interrogatori, a preparare le liste nere e ogni altra forma di oppressione dei palestinesi sotto l’occupazione israeliana.

4 commenti:

  1. A me invece della cultura ebraica non interessa proprio nulla, e quando sento che le radici d'Europa sono giudaico-cristiane mi viene un'orticaria pazzesca.
    Ho radici normanne-vikinghe di cui vado assai fiera e le radici d'Europa sono pagane, altro che minchiate.
    Quelle giudaico-cristiane sono semmai infiltrazioni, come quelle del bagno quando si rompono i tubi, e infatti fanno solo danni e niente più.
    E questi danno durano da millenni, è ora di cambiare decisamente paradigma e tornare agli albori in tutti i sensi.

    Detto ciò, Pappè nel suo libro dice anche come mai gli stati arabi confinanti se ne sbattono altamente dei Palestinesi-ricordiamo SEMITI anche loro alla faccia di sto cazzp di antisemitismo sparato ogni due per tre da tutti- e del loro destino?
    Altrimenti rispondo io, che so tutto come le nerd secchione a scuola che stavano sul cazzo a tutti perché studiavano e facevano il compitino mentre gli altri perdevano tempo in cazzate:
    Avendo inventato l'Islam (così come il Cristianesimo) le élite prima ebraiche oggi apolidi e amanti della Luce capisciamme, hanno creato pure stati e governi arabi, ergo che cazzo gliene frega a quelli del destino di islamici per i quali non hanno mai perso tempo a creare un territorio e uno stato e un governo?
    La storia dello Scià e di Khomeini la conoscete sì? Basta quella a capire la farsa lunga 80 anni tra Iran e Israele. Ma può essere applicata a tutti i paesi del Medioriente.
    Sono sempre *loro* con vesti, religiosi e usanze diverse a seconda dell'utilità e convenienza, nulla più.
    E quindi chi va a salvare i Palestinesi? Stomaco, ecco chi.
    Sono condannati da millenni, e se ne restano alcuni in piedi verranno buttati fuori dalla striscia e relegati altrove, come Curdi e Armeni.
    Ma nemmeno Israele è infinita come Bibi "Netanyahu" (cognome non suo, cambiato, loro fanno tutti così d'altronde) e la setta a cui appartiene credono.
    Anzi, al contrario...

    RispondiElimina
  2. Stomaco doveva essere "stocazzo" ma il correttore è più politicamente corretto e corrotto di Renzi quando mise il drappo sulle statue nude agli Uffizi perché arrivavano i sauditi in visita.
    Vive la mèrde! 🤣🤣🤣

    RispondiElimina
  3. anna, ancora non mi hai scritto le tue fonti...ma comunque volevo farti notare una cosa.... qui tu scrivi che hai radici normanne e vichinghe... come se fossero 2 popoli diversi.... NOR/MANNI NORD/MAN uomini nord, uomini del nord.... i vichinghi e i normanni sono la stessa cosa..... prima a me mi dai dell'uomo bianco come se tu fossi una comunista, femminista ,di sinistra, amante dei negri, poi qui parli di avere il lignaggio da superman....stai andando in conflitto principalmente con la tua ideologia da FEMMINISTA, e perfino in conflitto con te stessa, io credo che tu ti debba decidere.... o sei femminista, amante dei negri e degli ebrei, comunista, oppure sei favorevole alla rinascita del puro popolo normanno....

    RispondiElimina
  4. Hai la scatola cranica piena di merda, uomo bianco.
    Non provare a capire ciò che non sei pronto a capire.

    RispondiElimina